A Palazzo Madama il “verdetto” sulla prescrizione e le linee guida di Bonafede: clima “pesante”.
La tentazione è lì, pronta a esplodere martedì quando Camera e Senato dovranno approvare le linee guida sulla giustizia del Guardasigilli Alfonso Bonafede. Ed è a Palazzo Madama che il manipolo di renziani italo-viventi proverà a far ballare la maggioranza, proprio nel giorno in cui alla Camera si voterà sulla pdl del forzista Costa sulla prescrizione. Ma come voteranno i renziani in Senato? In pratica, è la domanda e quindi il segnale che conferma l’agitazione del leader di Iv in questi giorni, con gli spin che arrivano numerosi alle redazioni sulle manovre per far sloggiare Giuseppe Conte da Palazzo Chigi. Anche nel caso di vittoria del centrosinistra in Emilia-Romagna, sia chiaro. L’allarme è arrivato soprattutto ai piani alti del governo dove ci si limita a dire che “c’è uno strano clima”.
Ed è per questo che a poche ora dal decisivo voto regionale di oggi c’è una crescente ansia nel Palazzo. Al punto che resuscita l’antica formula dell’unità nazionale. Ieri due esponenti molto diversi tra di loro, Maurizio Lupi da destra e l’ex grillino Lorenzo Fioramonti da sinistra, hanno rilasciato due interviste per invocare un nuovo governo qualora il Conte II dovesse cadere. Insomma lo spettro che s’aggira è quello delle elezioni anticipate, e che fa paura anche a Silvio Berlusconi, in teoria uno dei capi del centrodestra che domani dovrebbe andare a citofonare Mattarella per chiedere le urne in caso di sconfitta emiliana del Pd.
Ma davvero il quadro politico è così in fibrillazione? Sì e no allo stesso tempo. È vero che Renzi minaccia e provoca i giallorossi sul tema della giustizia e in particolare sulla prescrizione (la prossima settimana ci sarà pure l’ennesimo vertice di maggioranza in merito), con Dario Franceschini che sarebbe pronto a incunearsi come aspirante premier in un’eventuale crisi di governo. Epperò è impossibile prevedere cosa succederà se Matteo Salvini dovesse conquistare la più importante roccaforte rossa dal Dopoguerra in poi, l’Emilia-Romagna. Si possono tracciare scenari a iosa ma bisogna attenersi anche alle dichiarazioni rassicuranti del premier e del segretario dem sulla prosecuzione di questo esecutivo a prescindere dal risultato.
Senza dimenticare che il pessimismo di queste ultimissime ore appare irrazionale per un semplice motivo: nessun sondaggista può calcolare quanto sarà l’affluenza, la vera incognita elettorale. Al Nazareno confidano che un numero alto di elettori soprattutto a Bologna, Reggio Emilia e Modena (e in alcuni casi c’è stata la fila per ritirare il certificato elettorale a differenza di cinque anni fa quando l’astensionismo superò il 60 per cento) possa trainare al successo Bonaccini. Vedremo.
Nel frattempo, il post-voto emiliano-romagnolo (e calabrese, ma qui la vittoria del centrodestra appare scontata) partorirà la data chiave del referendum sul taglio dei parlamentari. Forse il consiglio dei ministri la fisserà già la prossima settimana. Si parla di una delle quattro domeniche tra l’ultima decade di marzo e la prima di aprile. Un modo ulteriore per blindare la legislatura. Con le urne referendarie fissate e in caso di crisi, Mattarella dovrebbe assumersi la responsabilità di sospendere il referendum e consentire il voto politico. Il quale potrebbe anche slittare in autunno, invece, per fare il referendum in primavera.
Scenari, appunto. Che devono tenere conto, poi, del fatto non secondario che nessuno, tranne Matteo Salvini, vuole andare al voto. Certo, Renzi potrebbe essere tentato dal voto anticipato per congelare il Parlamento attuale (945 componenti al posto di 600) e il Rosatellum, ma il suo sembra più un bluff che altro. Non c’è nulla da fare, bisogna aspettare le urne. In un’atmosfera di grande paura giallorossa.