Il premier: “Vince chi amministra bene come il governatore. E come i giallorosa, se faremo riforme serie senza sabotaggi”.
Niente baratro, niente “barbari” alla porta a urlare al governo di sloggiare, di arrendersi all’alluvione sovranista. Nella notte dall’Emilia Romagna piovono solo i numeri della vittoria del governatore dem Stefano Bonaccini e Matteo Salvini ha un volto che è un sudario di delusione. Così il presidente del Consiglio Giuseppe Conte può sbattere in faccia la sconfitta al suo primo nemico: “Esce sconfitto chi, come Salvini, ha pensato di strumentalizzare il voto regionale pur di pregiudicare il percorso del governo nazionale”. Il premier rivendica il suo ruolo, il suo lavoro, ed è un altro affondo contro il leghista: “Il risultato conferma che la via maestra per avere la fiducia dei cittadini sono le buone pratiche di governo e non gli slogan e le declamazioni sui social”. A brevissimo, Conte sfornerà anche un post contro il Salvini che se ne è andato a fare campagna parlando ai citofoni, “un fatto indegno”. Ma nell’attesa rilancia “il confronto con le forze di governo sull’agenda”, cioè il cronoprogramma. E insiste: “La strada è lavorare per i prossimi tre anni sulle riforme, senza sabotaggi”
Però il Pd in Emilia Romagna sta sopra il 30 per cento, come nelle Europee, e già dicono che i dem si preparino a chiedere un “riequilibrio” ai Cinque Stelle, cioè un rimpasto. Perché invece il M5S veleggia poco sopra il 5 per cento: meglio del 2-3 per cento raccontato da certi sondaggi, ma comunque un disastro. Lo sa benissimo Conte, pronto a lavorare come al solito di mediazione, e come lui tanti 5Stelle di governo. Pronti a difendersi rivendicando il voto disgiunto del Movimento in favore di Bonaccini, di cui si possono solo intuire le dimensioni, con il candidato del M5S Simone Benini che affonda dalle parti del 4 per cento. Più giù della sua lista, quindi un po’ di grillini hanno votato sicuramente per il governatore dem uscente.
Ma per i 5Stelle resta un tonfo annunciato. “Fare questa lista era una scelta priva di senso” picchia in nottata il veterano bolognese Max Bugani. Mentre tace Luigi Di Maio, ministro degli Esteri e capo politico dimessosi mercoledì scorso. Lui non vuole andare oltre l’alleanza di governo, e prima di lasciare il timone ha chiuso ad accordi in altre regioni (le Marche). Ma la vittoria di Bonaccini riapre i giochi, ridà fiato ai 5Stelle pro intesa, innanzitutto in Campania e Liguria. E comunque prima delle trattative ci sono tante partite dentro e a margine del governo. C’è la giornata di domani, un martedì disseminato di trappole, perché alla Camera si vota sulla proposta di legge del forzista Costa che vuole uccidere la riforma della prescrizione del Guardasigilli del M5S, Alfonso Bonafede.
E in Parlamento ci sarà anche lui, Bonafede, a raccontare le sue linee guida sulla giustizia a Montecitorio e in Senato. Seguirà un voto sulle relative risoluzioni, e mette già ansia. Ma la stessa votazione sulla pdl Costa resta una nube nera sopra l’esecutivo. E in entrambi i casi il pericolo arriva da Matteo Renzi e dalla sua Italia Viva, che non ha mai rinunciato alla minaccia di partenza, quella di votare la proposta di Fi. Per questo, la prima speranza di Conte e di diversi ministri grillini è che la vittoria di Bonaccini spenga la voglia di baruffa del fu rottamatore.
Nell’incertezza per evitare guai, soprattutto sugli emendamenti con voto segreto, la maggioranza potrebbe rispedire la pdl Costa in commissione. Ma le votazioni sulla relazione di Bonafede restano. D’altronde sempre martedì nelle commissioni si cominceranno a votare gli emendamenti al decreto milleproroghe. E sempre i renziani erano pronti a fare muro contro la revisione delle norme sulle concessioni autostradali. Ergo, è presto per rilassarsi. Ma sorridere un po’, si può: almeno di Salvini.
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