mercoledì 30 novembre 2022

esploro CITTA' FANTASMA da $200,000,000 di castelli Disney. - Travel Majk


Esplorare una città fantasma è sempre affascinante, sopratutto questa dato che è composta da più di 700 castelli a tema Disney dal valore di circa 200,000,000$. Come avete capito, questo posto è stato "realizzato" per persona che hanno il portafoglio bello pieno dato che è un vero e proprio villaggio di lusso. Si progettava di costruire un centro commerciale, 3 laghi, campo da golf, una moschea e chissà cos'altro ancora.

Caso Assange, caso Renzi. - Alessandro Di Battista

 

Sul caso Assange sostengo da tempo una cosa: si vuole colpire Julian per educare tutti gli altri. “Colpiscine uno per educarne cento” fu lo slogan utilizzato dalle Brigate Rosse quando fecero il primo sequestro, quello di Idalgo Macchiarini. Le BR odiavano il sistema ma, come vedete, il sistema fa le stesse identiche cose e forse le fa in modo più subdolo. Il caso Assange è, chiaramente, molto diverso dalla vicenda Report incontro in autogrill Renzi-Mancini. Ma c’è qualcosa in comune. Ripeto, vogliono distruggere (e ci stanno riuscendo) Assange per evitare che vi siano altri Julian in futuro. Chi avrà ancora il coraggio di diffondere documenti scottanti sui potenti della terra, a cominciare dalla CIA, se Assange dovesse finire i suoi giorni in carcere? Colpirne uno per educarne 100. Tutti educati al silenzio, alla mansuetudine, ad abbassare la testa.

Ebbene guardiamo la vicenda Report Renzi-Mancini. Una cittadina italiana perbene, un’insegnante, un mattina in autogrill assiste ad un incontro molto strano tra un ex presidente del Consiglio, Renzi, ed un uomo che non riconosce. I due arrivano in auto di servizio e parlottano nella piazzola dell’autogrill. Lei ha la prontezza di riprenderli e invia il filmato a Report. I giornalisti di Report scoprono che quella persona è un agente dei servizi segreti italiani, tal Marco Mancini. Parte giustamente un’inchiesta giornalistica sull’incontro. Perché si sono incontrati lì, di cosa hanno parlato? Il prefetto Gabrielli, divenuto autorità delegata per la sicurezza della Repubblica emana, giustamente, una direttiva restrittiva sugli incontri tra politici e 007. Segno che filmare quell’incontro e dare il video a Report è stato un atto di pubblico interesse.

Ebbene quella donna, un’insegnante e, soprattutto, una fonte giornalistica, è indagata per aver filmato Renzi e per aver fornito il materiale a Report. Rischia 4 anni di carcere. Non rischia 175 anni di carcere come Assange, non finirà (speriamo) in prigione neppure per un giorno. Ma anche lei vuole essere colpita con l’obiettivo di educare altri cittadini attenti, coraggiosi e potenziali “giornalisti”.

Chi in futuro avrà il coraggio di filmare un politico in situazioni sospette o comunque “particolari” qualora l’insegnante che ha filmato l’incontro Renzi-Mancini dovesse finire sotto processo? Questa roba è vomitevole e ancor più vomitevole è il silenzio di gran parte della stampa italiana.

Oggi farò una diretta con Marco Lillo del Fatto Quotidiano. Giornalista che stimo e che ha sempre seguito queste vicende che sembrano di poco conto ma che hanno veramente a che fare con la libertà di stampa dunque con la libertà in generale. 

Alessandro Di Battista

https://www.facebook.com/photo/?fbid=10225229906828265&set=a.10200749524234000

venerdì 25 novembre 2022

Gli usa addestravano Kiev contro la Russia da 8 anni.

 

Ieri la Repubblica fa uno scoop, ma lo lascia in un articolo di spalla in una pagina interna.

Complimenti a Marco Travaglio e al fatto quotidiano per avergli dato oggi il giusto risalto.

Attendiamo con fiducia le prime pagine su:

1) otto anni di crimini di guerra contro la popolazione civile del Donbass;

2) il colpo di stato finanziato dagli stati uniti nel 2014 a Kiev;

3) la presenza di biolaboratori in Ucraina finanziati dagli USA;

4) L'inchiesta sul traffico di organi prelevati da civili e prigionieri russi da parte della sezione dei medici neri dei battaglioni nazisti ucraini;

5) La cancellazione di 12 partiti politici di opposizione e sistematica repressione del dissenso da parte del regime di Kiev, con uccisione di giornalisti scomodi;

6) il bombardamento sistematico della centrale di Zaporozhye da parte del regime di Kiev;

In questo caso si crede ovviamente alla versione ucraina secondo cui sono i russi ad autobombardarsi;

Del resto come fai a non credere ad un attore che ha lanciato missili in Polonia accusando i russi, nella speranza di far scoppiare una terza guerra mondiale ? 

https://www.facebook.com/photo/?fbid=1955895734612305&set=a.178060895729140

giovedì 24 novembre 2022

CORRUZIONE E EVASIONE: ECCO COSA PESA SULLE CASSE DELLO STATO. - Giorgio Fede

 

Mentre siamo costretti ad ascoltare menzogne su menzogne da questo governo del presidente Meloni in merito al #Superbonus e al #Redditodicittadinanza, perfettamente in linea col predecessore Mario Draghi, vi propongo ancora una volta la verità.

Le fonti sono la Guardia di Finanza e il Sole 24 Ore.
Negli ultimi 5 anni le frodi contro il bilancio dello Stato ammontano in totale a 34 miliardi di euro: come potete vedere, a gonfiare la cifra sono l'evasione, gli appalti truccati, la corruzione da parte di funzionari pubblici e le tangenti.
34 miliardi, una cifra enorme, l'equivalente di una legge di bilancio.
Soldi dei cittadini, soldi di ciascuno di voi che sta leggendo, che sono stati sottratti all’utilizzo collettivo a beneficio di pochi privati. Il Sole 24 ORE fa molti esempi interessanti.
Qui mi limiterò a ribadire un concetto molto semplice: questi sono i veri dati che dovrebbero allarmare un governo e non misure la cui bontà è stata riconosciuta a livello internazionale. Soprattutto se consideriamo che la capacità di riscossione di questo ammanco da parte dello Stato è di poco più di 2 miliardi in 5 anni.

mercoledì 23 novembre 2022

Guido Crosetto – Armi, affari e tweet: chi è consigliere fidato di Giorgia Meloni che è finito alla Difesa (con l’ombra del conflitto d’interessi) - Giuseppe Pipitone - 22.ott.2022

 

Cresciuto nella Dc, passato con Forza Italia con quattro legislature alla Camera e tre anni da sottosegretario, il neo ministro della Difesa (che in origine sembrava destinato allo Sviluppo economico) è uno dei pochi fondatori di Fdi che non è cresciuto nell'estrema da destra. Consigliere ascoltato dalla premier, è il volto moderato di Fdi nei salotti buoni. Da quando si è dimesso da deputato, nel 2019, si è dedicato agli affari: ha guidato aziende attive nel mondo delle navi da guerra, ma anche una srl familiare che si occupa di lobbying. Nel giorno della nomina al governo ha annunciato di voler lasciare ogni incarico.

Il primo tweet dopo la nomina doveva servire ad allontanare ogni accusa di conflitto d’interesse. O almeno a provarci. “Per tutti quelli che (non per amore) me lo stanno chiedendo, rispondo: mi sono già dimesso da amministratore, di ogni società privata (non ne ricopro di pubbliche) che (legittimamente) occupavo. Liquiderò ogni mia società (tutte legittime). Rinuncio al 90% del mio attuale reddito”, ha scritto Guido Crosetto, un minuto dopo che Giorgia Meloni ha letto il suo nome come nuovo ministro della Difesa. Non è bastato visto che, nel giorno della nascita del nuovo governo, in tanti ricordano il suo recentissimo passato – praticamente presente – da imprenditore attivo nel ramo Difesa: lo stesso delicatissimo settore che ora gestirà da ministro. Proprio per questo motivo i rumors della vigilia accreditavano Crosetto allo Sviluppo economico. Alla fine, però, al Mise è andato Adolfo Urso, che invece al contrario sembrava certo della nomina alla Difesa. E’ probabile che sul destino dell’ex presidente del Copasir abbia pesato la moglie, che viene dal Lugansk, repubblica russofona inglobata da Vladimir Putin. Dopo le “sparate” di Silvio Berlusconi sull’Ucraina e sull’inquilino del Cremlino, era dunque il caso di metterlo al vertice della Difesa italiana? Chissà, forse gli alleati atlantici non avrebbero gradito. In ogni caso Meloni ha deciso di dirottare Urso allo Sviluppo economico, che ora si chiama ministero delle Imprese e del Made in Italy. E ha preferito rischiare di prendersi le accuse di conflitto d’interessi (avanzate per esempio da Angelo Bonelli dei Verdi), pur di piazzare alla Difesa uno dei suoi consiglieri più fidati. Uno di quelli che sta in Fdi fin dal principio.

Il gigante e la bambina – All’inizio gli appassionati di Lucio Dalla se l’erano cavata senza troppa originalità: il gigante e la bambina li avevano ribattezzati. La bambina era Meloni, il gigante ovviamente era Crosetto, un uomo di quasi due metri che all’Auditorium Conciliazione, a Roma, si era caricato in braccio la piccola aspirante leader, oggi presidente del consiglio. Era il 2012 e stava per nascere Fratelli d’Italia: dal Pdl uscirono Meloni, Ignazio La Russa e tutta una serie di ex An che non avevano seguito Gianfranco Fini nello strappo di Futuro e Libertà. E poi c’era lui, il piemontese col fisico da gigante e il volto buono che veniva da tutt’altra storia: niente fiamme tricolori e botte giovanili, niente braccia tese, il culto di Giorgio Almirante e nostalgici souvenir del ventennio. Se La Russa faceva rissa nel Fuan degli anni di piombo e Meloni ha scalato Azione giovani nei primi Duemila, Crosetto, infatti, è cresciuto sotto la rassicurante ombra dello Scudo crociato. “Io ho la fortuna di essere stato democristiano, altrimenti pelato così chissà cosa mi direbbero…”, rivendicava su La7 con una mezza risata. Una battuta utile a difendere Meloni da chi ciclicamente insiste (o insisteva) chiedendole di prendere le distanze dal fascismo.

Il volto moderato di un partito non moderato – In effetti una delle cose che riesce meglio a Crosetto è proprio questa: offrire il suo corpo per difendere la ragazza della Garbatella che si è scelto come leader, in tempi non sospetti. Anni fa quando tutti parlavano ancora solo di Berlusconi e Matteo Salvini lui faceva notare come nei sondaggi Giorgia fosse avanti, anche se poi Fdi faticava a superare il 5 percento. I fatti gli hanno dato ragione: se oggi Meloni entra a Palazzo Chigi un po’ di merito è anche di Crosetto, il gigante buono che della capa di Fdi è ascoltatissimo consigliere. Da anni è Crosetto il volto moderato di un partito considerato troppo a destra: il profilo rassicurante, il mediatore, quello che ha accesso ai salotti bene e ha strappato alla Lega i voti degli imprenditori del Nord Ovest. La fonte che i giornalisti chiamano semplicemente per nome e il contatto al quale tutti possono sempre rivolgersi. Soprattutto ora che Fdi è la prima forza del Paese e “Guido” al telefono continua a rispondere a tutti. Tranne quando era all’estero e sosteneva di non saperne nulla delle trattative per la formazione del governo.

Lauree che non lo erano – Piccole bugie bianche. Come quando, meno di un mese fa, negava ogni ipotesi d’ingresso al governo. “Se aspetti me Ministro, muori di vecchiaia alla stazione”, scriveva sul suo seguitissimo profilo twitter (quasi 230mila follower). Dove ha dovuto aggiornare la sua biografia: “Libero da pregiudizi per convinzione, garantista per dna, conservatore per nascita, rispettoso per scelta. Ex tante cose. Ora uomo libero ed imprenditore”, è il modo con cui si presentava sul popolare social network, da quando – nel 2019 – riuscì finalmente a dimettersi dalla Camera al terzo tentativo. Da quel momento, pure senza mai lasciare Fdi, si è dedicato agli affari e ai commenti. Ogni giorno su twitter Crosetto spiega come la pensa su questo o quel fatto di cronaca politica, nera o sportiva: juventino, su twitter non si sottrae a risse e litigi a distanza. “Quando penso che una persona sia una ‘testa di beep‘ glielo dico tranquillamente”, spiegava al Sole 24 ore. Piemontese di Marene, provincia di Cuneo, dove ha fatto il sindaco per dieci anni e dove la sua famiglia produce rimorchi agricoli addirittura dal 1937, il gigante Crosetto comincia a interessarsi alla politica ai tempi dell’Università, leader del movimenti giovanili della Dc. Nel 1987, quando aveva solo 24 anni, Giovanni Goria, presidente del consiglio per nove dimenticabili mesi, lo vuole a Palazzo Chigi come consigliere economico. “Sì. Avevo 24 anni e mi ero appena laureato in Economia…”, raccontò lui a Sette del Corriere della Sera. E in effetti sul sito della Camera gli riconoscevano una laurea in Economia e Commercio che però, alla fine, lui non aveva mai preso. A scoprirlo fu un giornale locale piemontese, lo Spiffero. “Mi spiace. Ma lo ammetto: ho ceduto, sono stato debole… e ho raccontato una piccola, innocente bugia“, ammise Crosetto, che nel frattempo era già sottosegretario alla Difesa nel governo Berlusconi.

Gli affari: soprattutto nel settore armi – Con la fine della Balena Bianca, infatti, Crosetto aveva trovato riparo in Forza Italia: consigliere comunale a Cuneo, coordinatore regionale del partito e infine deputato per tre legislature. La quarta, dopo una pausa di cinque anni, è durata pochi mesi: nel 2018, ottenuto il seggio con Fdi, si dimette quasi subito per dedicarsi agli affari. Che affari? Armi soprattuto, ma anche turismo. Senza mai uscire da Fdi, infatti, dal 2014 Crosetto era senior advisor di Leonardo, l’ex Finmeccanica fiore all’occhiello del Paese. Ma era pure presidente di Orizzonte Sistemi Navali, società statale (controllata sempre da Leonardo e pure da Fincantieri) del settore delle navi da guerra, e al vertice dell’Aiad, la Federazione delle aziende italiane dell’Aerospazio. Incarichi dai quali ha annunciato di essersi dimesso, proprio nel giorno della nomina a ministro della Difesa.

Il conflitto d’interesse – Per provare ad allontanare ogni spettro di conflitto d’interesse, infatti, Crosetto aveva annunciato di volersi disfare anche la Csc & Partners Srl, società di lobbying che possiede in società col figlio Alessandro e la compagna Graziana Saponaro. Dopo un esordio record (fatturato da 272mila euro e utile da 179mila euro), il neo ministro ha fatto recentemente sapere – sempre via twitter – di volerla liquidare: “Sono fatto così male che adesso che una mia amica, che fino a due giorni fa non contava, conterà, ho deciso di liquidarla perché nessuno possa fare illazioni”. Ma con chi ha lavorato la Csc? Chi erano i suoi clienti? A questa domanda, posta dal Fatto Quotidiano, Crosetto non aveva voluto rispondere. E inevasa era rimasta anche la domanda sui suoi redditi. “Sarebbe più veloce chiedermi il 740, visto che sono solo redditi legittimi e corretti”, replicava sempre su Twitter. Adesso la sua dichiarazione dei redditi dovrà pubblicarla sul sito del governo.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/10/22/guido-crosetto-armi-affari-e-tweet-chi-e-consigliere-fidato-di-giorgia-meloni-che-e-finito-alla-difesa-con-lombra-del-conflitto-dinteressi/6846455/

Guerra in Ucraina - 20 novembre 2022


Gli Ucraini in questo momento stanno bombardando pesantemente la centrale nucleare di Zaporizhzhia. Dopo aver messo in scena un attacco sotto falsa bandiera con i missili sparati in Polonia per dare la colpa ai Russi, e tentare di tirare per la giacchetta la NATO dentro la guerra, continuano imperterriti nella strategia della provocazione per causare danni irreperibili. Il governo Ucraino a quanto pare non intende fermarsi. Continuare a bombardare una delle più grandi centrali nucleari presenti in Europa è una follia pericolosa che va fermata subito. Anche l'AIEA denuncia pesanti bombardamenti e chiede che vengano fermati subito; ma chissà perché, non rivolgono questo appello direttamente a Zelensky visto che ormai lo sanno anche i muri che la responsabilità di questi bombardamenti è la sua. Bisogna capire e anche in fretta che il più grande pericolo, oggi, si aggira dalla parte "buona" del mondo e ce l'abbiamo in casa nostra, quel pericolo è rappresentato dal governo Ucraino. I nostri governanti hanno creato un mostro che è totalmente sfuggito dal controllo occidentale, infatti il consigliere di Zelensky, secondo quanto riporta L'Ansa (non la Tass), definisce "bizzarri" e "senza senso" i tentativi dell'Occidente di tentare di far sedere gli Ucraini al tavolo delle trattative. I cretini della guerra hanno armato una combriccola pericolosa e l'hanno trasformata in un degli eserciti più forniti d'Europa. La Nato li addestra da ben 6 anni, e non lo dico io, ma lo dice un certo Biniek, ex vice comandante polacco della NATO. Hanno preparato tutto da tempi ormai remoti, ed il fatto che abbiano fatto tutto questo per una nazione non fa parte dell'alleanza atlantica, non fa parte dell'UE e mentre avevano una guerra civile al suo interno, la dice lunga su di chi siano le responsabilità maggiori dello scoppio di questo conflitto. È inutile girarci intorno per farsi belli con un conformismo che ci sta portando all'autodistruzione, bisogna dire le cose come stanno. Oggi il pericolo maggiore è rappresentato dal governo Ucraino. Dopo svariati attacchi terroristici, gli si sta abbuonando anche la storia dei missili sparati in Polonia, e lo si sta facendo in modo vergognoso. In modo vergognoso perché oggi, per non far ragionare la gente si questa questione, si parla di un singolo missile e non di due. Uno può sbagliare la traiettoria, ma due, caduti sullo stesso punto e nello stesso momento, come lo spiegate? Sicuro sia un errore? Questi non si fermeranno davanti a niente pur di causare qualche danno irreparabile all'intera Europa. La loro unica ossessione è distruggere la Russia per dare sfogo alla Russofobia che, anche l'Occidente ha ben inculcato a questa classe dirigente negli ultimi decenni. Vogliono estendere il conflitto e farlo a qualsiasi costo. Non hanno intenzione di trattare e lo dicono apertamente senza che nessuno osi sollevare la minima obiezione. Prendetemi per Putiniano o per spia del Cremlino, fate pure. Alla fine questa è solo la realtà che molti, o non riescono a vedere o peggio ancora fanno finta di non vedere!

(Giuseppe Salamone - fb)

giovedì 17 novembre 2022

Finiamola di sottometterci all’arroganza di Zelensky. - Massimo Fini

 

Adesso l’arroganza del presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha superato ogni limite: non si accontenta più di dettare l’agenda politica dell’Ue, ma vuole cancellare la cultura russa dall’Europa, la stessa pretesa di Putin con l’Ucraina. Come racconta Marco Travaglio […]
Adesso l’arroganza del presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha superato ogni limite: non si accontenta più di dettare l’agenda politica dell’Ue, ma vuole cancellare la cultura russa dall’Europa, la stessa pretesa di Putin con l’Ucraina.
Come racconta Marco Travaglio sul Fatto:
“Il console ucraino Andrii Kartysh ha intimato a Sala, a Fontana e al sovrintendente Meyer di cancellare la prima della Scala col Boris Godunov di Musorgskij e ‘rivedere’ il cartellone per ripulirlo da altri ‘elementi propagandistici’, cioè da opere di musicisti russi”.
Dà ordini perentori ai sindaci, ai presidenti di Regione, ai direttori artistici, vuole decidere lui, attraverso i suoi scagnozzi, quale deve essere il cartellone della Scala. La Scala, il più grande teatro al mondo di musica classica, di balletto, di operistica, dove sono stati messi in scena i maggiori compositori russi, da Tchaikovsky a Rimsy-Korsakov a Prokofiev a Khachaturian a Stravinsky, dove hanno ballato le più grandi étoile russe, da Rudy Nureyev a Baryshnikov e, per restare a casa nostra, sempre che rimanga tale, dove sono stati dati tutti i nostri grandi dell’opera, da Puccini a Rossini, da Verdi a Vivaldi, da Monteverdi a Bellini, dove hanno cantato Maria Callas e la Tebaldi.
Che cosa ci hanno dato gli ucraini in cambio? Zero, zero.
Volodymyr Zelensky è un filo-nazista, non perché lo ha bollato così Putin, ma perché una parte del suo popolo, sia pur carsicamente, lo è, non solo i miliziani del battaglione Azov che lo sono apertamente, sono inglobati nell’esercito regolare ucraino e vengono continuamente esibiti e magnificati dal loro presidente.
Infatti due settimane fa, come già l’anno scorso, il suo governo ha votato contro l’annuale risoluzione Onu che condanna l’esaltazione del nazismo: l’aveva già fatto l’anno scorso, insieme agli Usa, mentre stavolta Kiev si è tirata dietro i principali Paesi europei, Italia inclusa.
Quando in Ucraina c’era la Wehrmacht, con cui non si scherzava, gli ucraini sono stati attori, in proporzione, di uno dei più grandi pogrom antiebraici.
Volodymyr Zelensky gonfia il petto per la resistenza all’“operazione speciale” di Putin. Ma con le armi che gli hanno dato gli americani e disgraziatamente anche l’Unione europea, che continua a non capire dove sono i suoi veri interessi, pure il Lussemburgo avrebbe resistito al tentativo di occupazione russa.
Lo so, lo so che è obbligatorio premettere che qui c’è un aggressore, la Russia, e un aggredito, l’Ucraina.
Tutto vero, però queste sottili distinzioni non si sono fatte quando gli aggressori eravamo noi, Germania in parte esclusa, in Serbia 1999, in Afghanistan 2001, in Iraq 2003, in Somalia, per interposta Etiopia, 2006-2007, col bel risultato di favorire gli Shabab che hanno giurato fedeltà allo Stato Islamico, e infine in Libia, 2011, in una delle più sciagurate operazioni di alcuni Paesi Nato, Stati Uniti, Francia e Italia a governo Berlusconi.
Però solo Putin continua a essere massacrato dalla cosiddetta “comunità internazionale” che altro non è che il coacervo di Stati stesi come sogliole ai piedi degli States e che è sì internazionale, ma non è mondiale, perché a questa condanna sono estranei non solo la Cina e l’India, circa tre miliardi di persone, ma anche quasi tutti i Paesi sudamericani, tanto più che ora Lula ha cacciato a pedate il ‘cocco’ dell’Occidente, Bolsonaro.
Inoltre in questa damnatio memoriae qualche ragione ce l’ha anche la Russia di Putin. Non è rassicurante essere circondati da Paesi Nato e filo-Nato cioè, attraverso gli Stati Uniti, da Stati potenzialmente nucleari, oltre che dai nazisti ucraini.
Pistola alla tempia, io scelgo la Russia, anche l’attuale Russia, non l’Ucraina. E forse faccio anche a meno della pistola.
F.Q. 17 novembre