Mario Rosso scrive, Viviana Vivarelli condivide:
Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
mercoledì 22 marzo 2023
Opinioni scambievoli su temi attuali di dibattito su Fb.
martedì 21 marzo 2023
Victoria amazonica.
Victoria amazonica (Poepp.) Sowerby, 1850 è una pianta acquatica della famiglia delle Nymphaeaceae, originaria del bacino dell'Amazzonia[1].
Questa ninfea sudamericana presenta le foglie più grandi del mondo tra le specie acquatiche. Queste foglie sono in grado di galleggiare e sopportare pesi grazie alla particolare tessitura delle nervature della pagina inferiore. Le foglie fungono quindi da supporto per diverse specie di uccelli che le usano come piattaforma per la pesca, nonché per vari rettili che le utilizzano per esporsi al sole.
In orticoltura, questa specie spettacolare è molto apprezzata, anche se è difficile coltivarla lontano dall'equatore e cresce solo in serre appositamente attrezzate.
Ha foglie di dimensioni molto grandi, fino a 3 metri di diametro, con un bordo rialzato di circa dieci centimetri e costole profonde sul lato inferiore che gli consentono di intrappolare delle sacche d'aria e quindi di galleggiare molto bene. La superficie delle foglie è idrorepellente grazie ad una spessa cuticola cerosa idrofoba.
Gli steli sono lunghi 7-8 metri, e sono ancorati al terreno. Sono piante rizomatose.
I fiori possono arrivare a 40 cm di diametro, con 4 sepali coriacei e spinosi di colore marrone con bordi rosa. I petali sono numerosi da 50 a 70 per fiore. Gli stami sono da 100 a 300. Il gineceo è composto da 20 a 40 carpelli sincarpici. L'ovario è pluriloculare. Il fiore è proterogino.
La prima notte dopo essere sbocciati i fiori sono bianchi, e dalla seconda notte in poi assumono una colorazione rosa. Questo avviene a causa delle reazioni chimiche durante l'impollinazione che producono una grande quantità di antociani che determinano la variazione cromatica.
Il frutto è una bacca ovoidale con un diametro leggermente superiore a 10 cm che contiene 100-700 semi ovali, lunghi un centimetro.
Biologia
I fiori sono impollinati da scarabei della sottofamiglia Dynastinae.[2] È una pianta molto competitiva. Utilizza infatti i suoi germogli pieni di spine, come una mazza chiodata, facendoli roteare sulla superficie dell'acqua per rimuovere da essa le piante in competizione. Oltre a ciò, date le enormi dimensioni, è in grado di sottrarre luce solare alle piante sottostanti e la rapida espansione della foglia (più di 20 centimetri al giorno) è in grado di allontanare e soppiantare i competitori.[3][4]
Distribuzione e habitat
La specie è nativa delle acque poco profonde del bacino del Rio delle Amazzoni.
Fallujah. La strage nascosta.
Fallujah. La strage nascosta è un documentario di Sigfrido Ranucci e Maurizio Torrealta andato in onda per la prima volta sulle reti televisive della Rai l'8 novembre 2005.
L'inchiesta
L'indagine documenta le prove dell'uso di armi chimiche, in particolare ordigni incendiari e armi basate sul fosforo bianco e altre sostanze simili al napalm, come la bomba incendiaria Mark 77, e l'uso indiscriminato della violenza contro i civili da parte delle forze militari statunitensi nella città irachena di Falluja durante l'offensiva del novembre 2004.
Le interviste con ex militari statunitensi che affermano di essere stati presenti all'offensiva di Falluja supportano l'ipotesi dell'uso di armi da parte degli Stati Uniti, mentre i giornalisti che erano in Iraq discutono dei tentativi degli Stati Uniti di bloccare la diffusione delle notizie.
Vi sono filmati di armi al fosforo bianco sparate da elicotteri in aree urbane, così come riprese dettagliate mostrano i resti di persone che si suppone siano state uccise da quelle armi, tra cui donne e bambini. Nel documentario viene intervistato l'ex soldato statunitense, ora attivista contro la guerra, Jeff Englehart, il quale discute dell'uso del fosforo bianco, chiamato “Willie Pete” (nome alternativo per "White Phosphorus" "WP"), da parte degli Stati Uniti in aree edificate e descrive l'offensiva di Falluja come «un'uccisione di massa di arabi». Englehart ha trascorso due giorni a Falluja durante la battaglia.[1]
Nel reportage si afferma che i militari statunitensi hanno deliberatamente mirato a civili iracheni e bambini durante l'offensiva di Falluja per debellare l'opposizione all'occupazione statunitense. Viene intervistato l'ex soldato statunitense Garret Reppenhagen il quale afferma che le morti civili erano frequenti e intenzionali.
Per le rivelazioni in anteprima il documentario è stato ripreso dalle maggiori testate mondiali, fra le quali Le Monde[2], El País[3], il New York Times[4], il Guardian[5], oltre alle italiane La Repubblica[6] e Corriere della Sera[7]; su quest'ultimo, Enzo Biagi richiamò il filmato e i suoi autori nella sua rubrica “Strettamente personale”[8].
Nel 2006 Ranucci ha vinto per il documentario il premio Alpi con la seguente motivazione: «Sigfrido Ranucci svela in esclusiva l'utilizzazione del fosforo nei bombardamenti americani su Falluja. L'inchiesta di Rai News 24 ha fatto il giro del mondo denunciando un drammatico retroscena della guerra in Iraq.»[9]
Ricordando Falluja. - Viviana Vivarelli
La battaglia di Falluja nel novembre del 2004, fu la battaglia più imponente, sanguinosa e disconosciuta della guerra irachena: 10 giorni di assedio e distruzione di una città di 350.000 abitanti. Su di essa gli USA imposero il più assoluto silenzio e ancor oggi il Pentagono nega questo crimine enorme.
lunedì 20 marzo 2023
Perché negli USA il mercato del GNL è cresciuto così in fretta. - Antonino Neri
I piani e le previsioni dell’industria statunitense del GNL si basano sul presupposto di una crescita continua e robusta sia dall’Europa che dall’Asia
L’anno scorso, gli Stati Uniti hanno scavalcato il Qatar e l’Australia come maggior esportatore mondiale di gas naturale liquefatto (GNL). Ciò è stato possibile grazie all’aumento della domanda di GNL dall’Europa, che cercava urgentemente un’alternativa alla fornitura di gas russo.
Dopo un anno così eccezionale per i produttori statunitensi di GNL, nonostante l’interruzione di mesi dell’impianto di Freeport, in Texas – che ha influito sul volume totale esportato – era prevedibile che l’industria avesse dei seri piani di crescita della capacità.
Tre nuovi impianti di produzione GNL potrebbero prendere le loro decisioni finali di investimento già quest’anno. Entro il 2027, gli Stati Uniti potrebbero avere una capacità di 169 milioni di tonnellate, superando il Qatar, che sta espandendo la propria capacità in questo momento, puntando a 110 milioni di tonnellate entro lo stesso anno.
LA DOMANDA DI GNL IN EUROPA E LE RIPERCUSSIONI SUL MERCATO GLOBALE
Va ricordato, però, che nel settore dell’energia non vi è nulla di certo. I piani e le previsioni dell’industria statunitense del GNL si basano sul presupposto di una crescita continua e robusta sia dall’Europa che dall’Asia. Tuttavia, anche prima che la maggior parte di questa nuova capacità inizi ad essere costruita, emergono delle preoccupazioni per le minacce di fonti energetiche alternative a basse emissioni di carbonio e per l’affidabilità stessa dell’approvvigionamento globale di GNL.
Gli analisti di recente hanno avvertito che, se tutti gli impianti di produzione di GNL proposti verranno costruiti, entro il 2030 la capacità globale potrebbe aumentare del 67%, a 636 milioni di tonnellate all’anno. Questo, secondo l’agenzia Reuters, potrebbe portare alla saturazione del mercato e far scendere i prezzi.
Alla luce delle carenze di elettricità e dei conseguenti blackout che il Pakistan, ad esempio, ha vissuto lo scorso anno a causa dei prezzi proibitivi del GNL per l’insaziabile domanda europea, un futuro con prezzi bassi non sarebbe una cosa così negativa per tutti. Considerando le ambizioni delle compagnie energetiche di entrare nel mercato GNL proprio a causa dei prezzi del 2022, è improbabile che la saturazione del mercato venga apprezzata ovunque.
Per quanto riguarda la concorrenza delle fonti a basse emissioni di carbonio, il timore per il momento è più facile da accantonare, visto che i costi sia dell’eolico che del solare sono aumentati notevolmente, gettando un’ombra sull’ipotesi che siano e saranno sempre la fonte a minor costo di energia. Basti pensare che gli Stati Uniti e l’Unione europea sono bloccati in una corsa ai sussidi che punta molto proprio su queste due fonti di energia.
LE PROSPETTIVE DEL GNL NEL BREVE PERIODO
Il futuro immediato del GNL sembra abbastanza certo. Secondo Refinitiv, quest’anno le importazioni in Europa e Turchia aumenteranno del 10% rispetto ai volumi record dello scorso anno, per raggiungere un altro livello record di circa 190 miliardi di metri cubi. Fin qui tutto bene. Tuttavia, guardando un po’ più avanti nel futuro, sempre con l’ipotesi di una forte crescita delle rinnovabili, secondo alcuni in Germania questo record potrebbe verificarsi una tantum. Di recente l’amministratore delegato di RWE, Markus Krebber, ha avvertito che parte della capacità di importazione di GNL che si sta sviluppando nel Paese potrebbe finire per essere inutilizzata. “Può darsi che i terminal GNL non siano completamente utilizzati, ma ne abbiamo bisogno come premio assicurativo”, ha dichiarato Krebber ai media tedeschi ad inizio marzo.
È interessante notare che Krebber ha detto che la Russia sta ancora fornendo gas naturale alla Germania per obblighi contrattuali, però non attraverso il gasdotto Nord Stream – che nel settembre scorso è stato sabotato – ma attraverso l’Ucraina. Questo nonostante le assicurazioni dei leader tedeschi secondo cui il Paese si è ormai liberato con successo del petrolio e del gas russi.
Comunque sia, non c’è dubbio che la domanda di GNL rimarrà robusta, almeno nel medio termine. E, se il tema delle rinnovabili a basso costo verrà smentito, anche nel lungo termine. E questo è il momento in cui l’affidabilità dell’offerta globale di GNL potrebbe iniziare a raccogliere più attenzione della domanda.
LA QUESTIONE DELLA MANUTENZIONE DEI TERMINAL GNL
Come ha recentemente notato la società di analisi energetica Kayrros, “l’approvvigionamento di GNL è intrinsecamente soggetto a interruzioni. Gli incidenti e la manutenzione non pianificata sono un evento comune nei terminal GNL di tutto il mondo e uno dei principali fattori di volatilità del mercato”. La società ha riferito che il 32% degli impianti di produzione globali di GNL, pari al 55% della fornitura globale, subisce interruzioni non pianificate oltre 5 volte l’anno, con una durata media dell’interruzione di 90 giorni.
Teoricamente, questo non è ciò che si potrebbe definire affidabile, soprattutto in vista della domanda futura, che è considerata notevolmente superiore alla domanda attuale. Ci sono poi anche i ritardi e il superamento dei costi degli impianti futuri. La maggior parte dei progetti di GNL su larga scala nel mondo ha subito notevoli ritardi e massicci superamenti dei costi. Con un mondo che chiede più GNL, questo potrebbe diventare un problema.
È probabile che la soluzione a questo problema sia la stessa soluzione al problema del prezzo del GNL, che ha fatto precipitare il Pakistan in seri blackout: il carbone. Quando il carburante più pulito non è disponibile, per qualsiasi motivo, i consumatori tendono a ricorrere all’alternativa più economica, anche se più sporca, piuttosto che a quella più pulita, anch’essa presumibilmente più economica ma più complicata da costruire. Sia che ci sarà un eccesso di GNL o una penuria prolungata, il futuro di quel combustibile sarà sicuramente interessante.
https://energiaoltre.it/perche-negli-usa-il-mercato-del-gnl-e-cresciuto-cosi-in-fretta/
Natura meravigliosa.
E, se invece di costruire il già costosissimo e, probabilmente, pericolosissimo "Ponte sullo Stretto di Messina" decidessero di mettere a norma tutte la infrastrutture del paese?
Otterremmo risultati migliori sotto tutti i punti di vista!!!
Conte lo aveva pensato, attuando il "SuperBonus 110%, ma non è piaciuto a chi non si adopera per realizzare il nostro benessere, ma per mantenere il proprio interesse.
cetta.
domenica 19 marzo 2023
L'Arte dei muretti a secco.
Nella foto qui sotto Richard Clegg e Lewyn, due costruttori di muretti a secco hanno realizzato "l'albero di pietra" in granito e ardesia.
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