domenica 30 agosto 2009

Il paese dei manganelli - di Luca Telese.

Un benvenuto tra noi a Luca Telese.

Leggo sulla prima pagina del Giornale che Feltri attacca Dino Boffo direttore di Avvenire, pubblicando una sentenza con l’unico scopo di sputtanarlo: omosessuale e molestatore della moglie del suo amante. Meraviglioso il dispositivo giustificatorio, approntato dall’anziano (per testa, non per età) neo direttore di via Negri. Siccome Avvenire ha attaccato il Cavaliere, noi adesso lo massacriamo, così impara. Sembra di sentire quella canzone in cui Lillo e Greg si fingevano naziskin all’amatriciana e cantavano con il manganello di plastica in mano: “E noi a Gino lo menamo/ lo menamo lo menamo/ pampà…”. A lui – dice Feltri - rovistare nei fatti personali fa schifo. Però è costretto a farlo purtroppo, poverino.

E’ così fragile questa pallida foglia di fico da moralizzatore-inzaccheratore-castigatore, che pare un brutto scherzo. Invece è tutto vero. Ovviamente, avendo rassegnato da pochi giorni le dimissioni da quel giornale, tiro - se non altro per fatto personale - un sospiro di sollievo. Ma sono, ovviamente, solidale con i miei colleghi rimasti ostaggio della linea mettinculista, e dispiaciuti per il fatto che siano costretti a fronteggiare il cattivismo mannaro del nuovo corso “feltrusconiano” (come lo definisce Dagospia), con licenza di uccidere tutti i nemici del capo, a partire da quei pretacci bolscevichi (i prelati di Ratzinger!) e dei loro giornali che si permettono di difendere gli extracomunitari. C’è qualcosa di surreale, negli articoli del giornale in questi giorni: le telescriventi di De Benedetti del 1991, la sentenza di Boffo per un fatto del 2002… Non è l’Almanacco del giorno dopo, insomma, ma un fenomeno nuovo, il primo quotidiano del secolo prima (Aspettiamo trepidanti nuove rivelazioni sul caso Montesi).

Ma c’è di più. In questa estate, ben due direttori di area di centrodestra hanno lasciato i loro posti, sia pure in modo diverso, perché non hanno sposato questa linea disperata, il Muoia-Sansone-ma-con-tutti-i filistei, il vendetta-tremenda-vendetta, il big stick, il grande bastone da abbattere sulle teste del "nemico". Come molti sanno, nelle redazioni di questi giornali e delle testate vicine al centrodestra, circola da mesi un mandato particolare che nessuno, per fortuna, ha ancora voluto (o potuto) portare a termine: quello di colpire Ezio Mauro e la sua attuale compagna. Sarebbe la vendetta finale di Papi, quella che fa il paio con la denuncia presentata dal Cavaliere contro le domande (avete letto bene, "le domande", del quotidiano di piazza Indipendenza). Adesso: per quanto molti antiberlusconiani siano convinti che tutti i giornalisti di destra siano dei prezzolati e dei pennivendoli, non è e non non sarà mai così. Di più: considero una fatto di grande civiltà che molti colleghi - anche molti che sono solidamente su posizioni di centrodestra - non condividano una virgola della campagna occhio-per-occhio di Feltri, perché la considerano aliena ai principi del giornalismo (anche di quello schierato) e sostanzialmente truce. Però attenzione, gli obiettivi originari erano almeno quattro: la Chiesa, l’Opposizione, l’editore progressista e il direttore di piazza Indipendenza. Se nei prossimi giorni non troverete questo articolo sulla moglie di Ezio Mauro sulle pagine del Giornale, dovrete fare un po’ di conto, e capire che se non c’è è per un solo motivo: perché qualcuno si è rifiutato di scriverlo. Sarebbe molto bello, dopotutto, se l’anziano (di testa, non di anagrafe) cavallerizzo di via Negri, questa, e altre polpette al cianuro, fosse costretto a cucinarsele da solo.

P.s. Non avrei mai pensato, un giorno, di trovarmi solidale, sui temi dei diritti dei gay con Dino Boffo e con i Vescovi. E’ una di quelle cose belle che possono accadere nei tempi sbandati.

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Feccia Tricolore - di Marco Travaglio.

Silvio Berlusconi ha vissuto ieri una delle giornate più nere della sua vita politica (e non). La cosiddetta opposizione naturalmente non c’entra nulla: il Pd è troppo impegnato a farsi le pippe sulle primarie e il congresso, nonché a inseguire la Carfagna dopo la ferale notizia che la ministra delle Troppe Opportunità diserterà il Democratic Party di Genova, per pensare di opporsi. No, il venerdì nero di Al Pappone è tutto interno al suo mondo. E’ in casa sua che si annidano ormai da mesi i più temibili oppositori. La sua signora, la sua diciottenne preferita (con famiglia al seguito), la sua escort ufficiale, il suo presidente della Camera che si dissocia su tutto, il senatore Guzzanti che svela ogni particolare della Mignottocrazia arcoriana, l’amico Bossi che ne combina una al giorno e ora perfino l’amico Putin che s’è sfilato all’ultimo momento dalla festa di Gheddafi lasciando Silvio solo col beduino e le frecce tricolori. Come se non bastasse, ora si son messi a remare contro anche l’on. prof. avv. Niccolò Ghedini, in arte Mavalà, e il megadirettore galattico de Il Giornale, Littorio Feltri (che pare gli costi quanto Ronaldinho).

L’Avvocato Mavalà ha avuto la splendida idea, finora inedita, di querelare dieci domande, chiedendo a Repubblica 1 milione di euro (figurarsi quanto chiederebbe per le risposte) e, per soprammercato, minaccia di trascinare in tribunale anche i giornali e i tg stranieri – alcune centinaia in tutto, dalla Turchia all’Australia, dal Canada alla Terra del Fuoco - che han parlato di Puttanopoli. Si salvano, per ovvi motivi, tutti i telegiornali e la gran parte dei giornali italiani. Così le famose dieci domande, che stavano diventando un tantino stucchevoli, e il sexy scandalo, che iniziava a denunciare l’usura del tempo, riprendono improvvisamente vigore e ricominciano a circolare su tutta la stampa mondiale, come nuovi. Un capolavoro. Perfettamente sincronizzato con Mavalà, Littorio Feltri si dedica quotidianamente a rovinare i rapporti del suo padrone con tutti i poteri forti che ancora non gli appartengono: non solo quelli tradizionalmente ostili, come l’ingegner De Benedetti e il suo gruppo, ma anche quelli benevolmente neutrali o decisamente favorevoli. Prima la famiglia Agnelli-Fiat, poi i fratelli Moratti (compreso Gianmarco, il marito di Letizia), infine il Vaticano.

Geniale anche la scelta dei tempi: Il Giornale spara in prima pagina un vecchio patteggiamento di Dino Boffo, direttore di Avvenire, per aver molestato la fidanzata del suo ex fidanzato, proprio nel giorno della Perdonanza abruzzese, cioè dell’annunciata cenetta a lume di candela fra Al Pappone a il cardinal Bertone. Cenetta subito annullata, con scomunica incorporata dal cardinal Bagnasco e sdegno del mondo cattolico. Altro che Perdonanza. Ora manca soltanto un editoriale feltriano che dà del pedofilo a Putin e un’inchiesta su Ratzinger che non paga le multe della Papamobile per eccesso di velocità, magari affidato a un condannato a caso fra Betulla Farina e Geronimo Pomicino, per completare l’opera. Nel ringraziare i compagni terzinternazionalisti Mavalà e Littorio per il generoso tributo offerto all´antiberlusconismo e per l'impegno profuso nell'organizzare le opposizioni, mi si consenta un appello al Cainano: Silvio, dai retta, licenzia i servi infidi. E fìdati soltanto di noi del Fatto Quotidiano. Anche noi, sia chiaro, vogliamo mandarti a casa, anzi possibilmente al fresco. Ma almeno lo sai già: te lo diciamo da sempre, con franchezza, senza tramare alle tue spalle. E non ti costiamo un euro. Dai falsi amici ti guardi Iddio. E ricordati dei nemici veri che, in fondo in fondo, ti hanno sempre voluto bene.

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sabato 29 agosto 2009

Le dieci domande poste a Berlusconi da Repubblica.

1. Quando e come Berlusconi ha conosciuto il padre di Noemi Letizia, Elio?

2. Nel corso di questa amicizia, che il premier dice "lunga", quante volte si sono incontrati e dove e in quale occasioni?

3. Ogni amicizia ha una sua ragione, che matura soprattutto nel tempo e in questo caso - come ammette anche Berlusconi - il tempo non è mancato. Come il capo del governo descriverebbe le ragioni della sua amicizia con Benedetto Letizia?

4. Naturalmente il presidente del Consiglio discute le candidature del suo partito con chi vuole e quando vuole. Ma è stato lo stesso Berlusconi a dire che non si è occupato direttamente della selezione dei candidati, perché farlo allora con Letizia, peraltro non iscritto né militante né dirigente del suo partito né cittadino particolarmente influente nella società meridionale?

5. Quando Berlusconi ha avuto modo di conoscere Noemi Letizia?

6. Quante volte Berlusconi ha avuto modo di incontrare Noemi e dove?

7. Berlusconi si occupa dell'istruzione, della vita e del futuro di Noemi. Sostiene finanziariamente la sua famiglia?

8. E' vero, come sostiene Noemi, che Berlusconi ha promesso o le ha lasciato credere di poter favorire la sua carriera nello spettacolo o, in alternativa, l'accesso alla scena politica e questo "uso strumentale del corpo femminile", per il premier, non "impoverisce la qualità democratica di un paese" come gli rimproverano personalità e istituzioni culturali vicine al suo partito?

9. Veronica Lario ha detto che il marito "frequenta minorenni". Al di là di Noemi, ci sono altre minorenni che il premier incontra o "alleva", per usare senza ironia un'espressione della ragazza di Napoli?

10. Veronica Lario ha detto: "Ho cercato di aiutare mio marito, ho implorato coloro che gli stanno accanto di fare altrettanto, come si farebbe con una persona che non sta bene. E' stato tutto inutile". Geriatri (come il professor Gianfranco Salvioli, dell'Università di Modena) ritengono che i comportamenti ossessivi nei confronti del sesso, censurati da Veronica Lario, potrebbero essere l'esito di "una degenerazione psicopatologica di tratti narcisistici della personalità". Quali sono le condizioni di salute del presidente del Consiglio?


http://temi.repubblica.it/repubblicaspeciale-altre-dieci-domande-a-silvio-berlusconi/2009/06/25/le-dieci-nuove-domande-al-cavaliere/

De Magistris: Donne rompete il tetto di cristallo - di Luigi De Magistris

da liberacittadinanza.it

Rompere il "tetto di cristallo", come sostiene il movimento femminile e femminista, per guardare il cielo senza filtri opprimenti: il cammino delle donne è un percorso che parte dagli anni '70 e che dura tutt’ora.
Scandito da molte vittorie che hanno permesso il progresso non solo delle donne ma dell’intero Paese: dalla liberazione sessuale al diritto ad una maternità consapevole, dal divorzio fino alla battaglia per l’accesso paritario all’istruzione e al lavoro.
Le conquiste sono state faticose, nella dimensione pubblica come in quella privata. Il percorso è stato lastricato di ostacoli: una Chiesa resistente e un potere fortemente patriarcale hanno spesso creato un muro di gomma, con il mondo maschile che, altrettanto spesso, si è dimostrato silenzioso spettatore, incapace in alcuni frangenti di capire veramente la portata del cambiamento.
Eppure questo cammino, che ancora cerca di arrivare a distruggere completamente il “tetto di cristallo”, è oggi minacciato da una rivoluzione culturale regressiva: quella dell’ “utilizzatore finale”, delle veline in Parlamento, dei soli corpi in tv, del “papi” pubblico-istituzionale e dei tanti “papi” privati che il primo giustifica e alimenta come modello.
Se la politica si è macchiata trasversalmente dell’incapacità di rispondere alle domande che provenivano e provengono dal mondo femminile, con l’epoca Berlusconi l’incapacità è diventata imponente e spudorata. Oggi per le donne trovare risposta alle proprie rivendicazioni è ancora più difficile nella (in)cultura berlusconiana. Ridotte a solo corpo, possibilmente bello e appariscente; convinte che esso sia la garanzia di successo (anche politico) e per questo indotte a venderlo; di fatto considerate merce tra le merci nell’epoca in cui tutto si vende perché tutto si può comprare.
Mai come in questi mesi la cronaca del potere ha confermato che è forse nella “nuova” concezione della donna che meglio si ravvisano i segni della distorsione prodotta dal berlusconismo. Si oscilla tra “l’angelo del focolare” e “l’oggetto impudico”. Il primo ispira leggi e scelte sempre più restrittive da parte del governo (fecondazione assistita, assalto alla 194, incapacità di lottare contro la discriminazione salariale, assenza di welfare), il secondo, imposto per mezzo delle tv, alimenta invece il mercato e possibilmente allieta anche i circoli del potere (maschile). In entrambi i casi, comunque, oggetto passivo del volere dell’uomo: da santificare o da usare, ma sempre da gestire, perché mai considerato nella sua capacità di scegliere liberamente.
Così nella cultura e nell’epoca di “papi”, le ragazze possono e devono anche studiare o impegnarsi, consapevoli però che il successo, in ogni ambito, passa per l’auto-promozione e l’auto-svendita del proprio corpo come strada più rapida per l’ascesa.
Per le donne la sfida è allora doppia. Contrastare la tradizionale discriminazione e continuare ad estendere la frontiera della loro libertà, ma anche respingere un modello, quello di “papi”, che rischia di diventare un ostacolo al loro cammino. Sono convinto che la sfida non potranno che vincerla loro.

http://temi.repubblica.it/micromega-online/de-magistris-donne-rompete-il-tetto-di-cristallo/

Dai Silvio, vieni in tribunale - di Giuseppe Giulietti.

Per una volta ci sentiamo di elogiare in pubblico Berlusconi e i suoi avvocati, infatti hanno deciso di denunciare il quotidiano Repubblica per le 10 domande che continua a rivolgere, per altro invano, al presidente medesimo.
Adesso, tuttavia, debbono davvero farci sognare e non fermarsi qui.
Dal servizio d’ordine berlusconiano ci attendiamo in rapida successione denunce a pioggia contro la stampa estera, querele a catinelle contro la stampa cattolica che ha osato sollevare la questione morale, il ritiro delle concessioni a quelle poche emittenti che hanno dato le notizie contestate, lo stralcio delle interrogazioni parlamentari già presentate, l’immediata cacciata, per altro già programmata, dei direttori di Rai Tre e del Tg3 che non hanno ancora riunciato spontaneamente al libero esercizio del diritto di cronaca, contro il quale per altro è già pronta la legge cappuccio sulle intercettazioni.
Da re Silvio ci aspettiamo tutto questo, aiutato magari da Bossi che ci ha fatto sapere che il vecchio amico è forse vittima di un complotto ordito dalla mafia, subito dopo si è chiuso in bagno e si è fatto una pantagruelica... risata.
Un solo dubbio ci tormenta: il presidente accetterà di presentarsi in tribunale e di rispondere almeno alle domande del giudice? Magari vorrà farne qualcuna più di dieci, magari convocherà in aula il signor Letizia, grande protagonista dimenticato di questa storia, oppure vorrà sentire la signora Veronica che ha dato inizio alla vicenda e che non ha mai voluto ritrattare alcunché.
Accetterà il vecchio leone di presentarsi nelle aule oppure non concederà facoltà di prova, oppure rifiuterà ogni contraddittorio magari nascondendosi dietro il dolo Alfano?
Vogliamo sperare di sì, forse non ha voluto rispondere a Repubblica solo perchè gli stanno sulle scatole, forse ha riservato il suo pubblico pentimento alla processione della Perdonanza e al processo contro il quotidiano diretto da Ezio Mauro, forse in quell’aula ci stupirà tutti con effetti speciali e rassegnerà le dimissioni, smentendo tutte le nostre cattiverie di questi anni.
Se fossimo in un paese semi normale, da domani tutti i giornali, anche i più distanti da Repubblica, dovrebbero impegnarsi a ripubblicare le 10 domande, tanto per far capire che a nessuno può essere concesso scherzare con l’articolo 21 della Costituzione.
Probabilmente non accadrà, allora ciascuno di noi le rimetta sul suo sito, sul suo blog, dove cavolo può e vuole, persino sulla tovaglia di carta della pizzeria, ma facciamogli capire che non riuscirà mai a comperare tutto e tutti.
Giuseppe Giulietti

http://temi.repubblica.it/micromega-online/ora-silvio-vieni-in-tribunale/

venerdì 28 agosto 2009

I venditori di cammelli - di Peter Gomez

Tra tutti i supporter di Silvio Berlusconi quello che non delude mai è Renato "Betulla" Farina.

L'ex (?) fonte a pagamento dei servizi segreti militari in questi giorni sta dando il meglio di sé per convincere i suoi lettori (de "Il Giornale) ed elettori (del Pdl) che la visita del premier in Libia, per celebrazioni del colpo di Stato del dittatore Muammar Gheddafi, è una buona cosa.
La vicenda è nota.
La scorsa settimana il colonnello Gheddafi ha accolto come un eroe Abdelbaset al-Megrahi, lo 007 libico condannato in Scozia per la strage di Lockerbie.
Le immagini delle manifestazioni di giubilo riservate in patria a un terrorista responsabile di 270 morti hanno suscitato imbarazzo in tutto il mondo. In Gran Bretagna, dove pure si discute di un possibile accordo commerciale segreto che starebbe dietro la decisione scozzese di liberare per motivi di salute al-Megrahi, il premier Gordon Brown si è detto «infuriato e disgustato» per l'accoglienza ricevuta dalla spia e il principe Andrea ha annullato una visita ufficiale a Tripoli. Negli Stati Uniti verrà impedito a Gheddafi di impiantare la propria tenda a Central Park. In Italia l'opposizione è insorta e anche nel centro-destra vi sono parecchi mal di pancia.

Per giustificare il viaggio di Berlusconi, la Farnesina e il governo ricorrono così alla realpolitik: spiegano che il petrolio e il gas sono importanti; che la Libia è essenziale per arginare le ondate di migranti; che l'elenco delle attività economiche libiche in Italia e di quelle italiane in Libia è particolarmente corposo.

Fin qui tutto normale. Ciascuno di questi argomenti può essere condiviso o respinto a seconda dei punti di vista. Certo, si potrebbe ricordare che proprio Berlusconi il 5 dicembre del 2003, in un'intervista al New York Times, aveva teorizzato l'uso della della forza per convincere i dittatori a venire a più miti consigli. E ci si potrebbe persino rallegrare del fatto che oggi abbia abbandonato l'idea di fare la guerra per «esportare la democrazia», anche se tra un premier guerrafondaio e un premier zerbino esiste senz'altro una via di mezzo.

Meno normali sono invece gli argomenti messi sul tavolo da Farina. Betulla, a chi protesta dicendo che non si fanno accordi con i paesi che non rispettano i diritti umani, risponde per iscritto sostenendo che in fondo «nella partita dell'orrore» Italia e Libia sono alla pari. Infatti: «La Libia considera l’aborto un crimine e non lo legalizza. L’Italia invece lo consente. Autorizza una strage, nega i diritti umani di un bambino nascituro».

Poi, a voce, aggiunge al suo ragionamento un carico da 90. Anzi un'inquietante rivelazione. Quando su Skynews gli chiedono se sarebbe egualmente favorevole ai buoni rapporti con Gheddafi se i libici oltre ad aver ammazzato quasi 300 persone in Scozia, avessero fatto altrettanto in Italia, lui spiega che la questione non si pone visto che per Lockerbie, Gheddafi è senz'altro innocente. Dice Farina: «In molte cancellerie occidentali si sa che quella strage è di responsabilità dell'Iran». Il fatto che al-Megrahi sia stato condannato per lui non conta. E non conta nemmeno che la Libia abbia risarcito con centinaia di milioni di dollari le famiglie delle vittime, ammettendo così di fatto la propria responsabilità. Risponde Farina: «Tripoli era sotto ricatto (cioè temeva rappresaglie ndr)».

Ovviamente Betulla, da vero venditore di cammelli, non cita nemmeno un dato o un elemento di fatto che possa corroborare le sue tesi. E così la sua uscita lascia spalancata la porta a un interrogativo, questo sì, decisamente inquietante: ma se nel Sismi c'era qualcuno (il vecchio vertice scelto da Berlusconi) disposto a pagare le informazioni ricevute da una fonte del genere, siamo davvero sicuri che i gli 007 nostrani siano ancora in grado di garantire la sicurezza del Paese?

Tratto da:
http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/

Tipi da spiaggia crescono. - di Marco Travaglio.

da "A" (penultimo numero in edicola)
Dal villaggio globale al villaggio turistico: tre categorie di italiani in vacanza che si ispirano ai (peggiori) format di politica e televisione.
Osservando i tipi da spiaggia in un villaggio turistico italiano all’estero, interamente popolato da nostri connazionali, non si riesce a sciogliere il dilemma: sono gli italiani “normali” a imitare i cosiddetti vip delle cronache politico-mondane, o viceversa? Quest’estate, sbirciando disteso sotto l’ombrellone attraverso gli occhiali da sole la varia umanità che zampettava sul bagnasciuga, sono rimasto molto colpito da alcune tipologie di italiani in vacanza: gli emblemi della classe dirigente italiota di oggi e di domani. Una visione comunque incoraggiante, che induce all’ottimismo.

Il Supercafonal. Tizio di mezza età, capello brizzolato ma ben curato, bermuda rosa, maglietta bianca con enorme patacca firmata sul petto e colletto rialzato sulla nuca, ciabatta infradito, mani in tasca, pancia in fuori, camminata da ganassa con piedi piatti, suoneria del cellulare a manetta. Segni particolari: timbro della voce a prova di sordomuto. Quando saluta un amico, lo fa con urla lancinanti da distanze chilometriche (“carissimoooooooo!”), affinchè chi riposa si svegli, chi legge sia costretto a smettere, chi chiacchiera debba interrompere il discorso a metà, e tutti si concentrino sulla sua persona e si interroghino sui suoi educatori, cioè verosimilmente il canaro e Vanna Marchi. I decibel si moltiplicano vieppiù quando il raffinato figuro parla al telefono: trovandosi lontano dall’interlocutore rimasto in Italia, tenta di coprire la ragguardevole distanza con la voce, per sopperire a eventuali carenze di “campo” telefonico. Tutti i presenti nel raggio di alcune migliaia di chilometri devono sentire che sta bene, che si sta divertendo un mondo e che non sanno che cosa si perdono a non trascorrere le ferie in sua compagnia. Ha un futuro assicurato in politica, o in televisione, o in tutt’e due le attività.

Il Papi. Individuo di sesso maschile, ormai prossimo alla settantina, statura inferiore al metro e sessanta, cuoio capelluto frontale devastato da vani tentativi di trapianto pilifero, chioma canuta e rada sul davanti ma lunga e fluente sulle spalle, collanine variopinte e giovanilistiche a impreziosire il petto villoso e grinzoso lasciato in bella mostra da camicie di lino rosso spalancate fino all’ombelico, si accompagna con due o tre ragazze slave con cui comunica a rutti e gesti e che potrebbero essere le sue figlie o, più probabilmente, le sue nipoti. Sempre attentissimo a non farsi sorprendere con libri o giornali sotto il braccio, ritiene La Settimana Enigmistica e il tressette pericolosi sintomi di intellettualità, dunque passa le sue giornate a non fare una beneamata mazza bighellonando su e giù e lanciando occhiatacce a chi estraesse dalla sacca un qualunque oggetto cartaceo, foss’anche una copia di Topolino o un mazzo di napoletane. Incrocio perfettamente riuscito fra il presidente del Consiglio e Briatore, dev’essere per forza impegnato in politica o in televisione, o in entrambe le attività.

Veline & Velini. I nove decimi delle ragazze e dei ragazzi presenti nel villaggio si aggirano ciabattando con sguardo tra l’annoiato e il depresso, espressione da condannato a morte consenziente o rassegnato. Il taglio di capelli è fisso, d’ordinanza: per i maschi quello del calciatore medio o dell’inquilino della casa del Grande Fratello (capelli sparati qua e là da forti scosse dell’alta tensione), per le femmine quello della velina media o dell’inquilina della casa del Grande Fratello (capelli lunghi lisci con frangia da una parte). Si capisce benissimo che faranno politica e/o televisione, ma non subito: sono ancora troppo freschi di studi

Da http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/