venerdì 12 novembre 2010

Finanziaria: 245 milioni alle scuole private Gelmini: “Fatto un grande sforzo”




Una cifra ottenuta grazie alla riformulazione del comma 47 del maxiemendamento al disegno di legge di stabilità. Il provvedimento prevede inoltre finanziamenti agli atenei, fondi per le borse di studio e risorse per far partire i concorsi dei ricercatori in agitazione in tutti gli atenei

Le scuole private riconosciute dallo Stato riceveranno 245 milioni. Una cifra ottenuta grazie a un provvedimento, presentato stamane dal governo in Commissione Bilancio, che riformula il comma 47 del maxiemendamento al disegno di legge di stabilità. Il nuovo testo di fatto sblocca 800 milioni di euro utilizzabili per investmenti vari. Molto più di quanto annunciato: fino a ieri si parlava, infatti, di 150 milioni. Il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, mette fine alla polemica aperta col mondo cattolico per il taglio del 47 per cento (253 milioni) operato alle paritarie qualche settimana fa.

Soddisfazione è stata espressa dal ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, Mariastella Gelmini. “Credo – ha detto il ministro in occasione della conferenza per l’edilizia scolastica svoltasi a Palazzo Chigi – che sia stato fatto un grande sforzo da parte di tutto il governo e di questo ringrazio il presidente Berlusconi e il ministro Tremonti e tutti perché si è dato al sistema della formazione, scuola e università la giusta priorità, la giusta importanza. Sono state trovate – ha sottolineato la Gelmini – risorse per il sistema universitario, per il diritto allo studio perché questo è la vera emergenza di questo paese. Abbiamo bisogno di concretizzare il principio costituzionale che prevede che tutti i ragazzi meritevoli, ancorché primi di mezzi, devono ricevere il più alto livello di istruzione”. Conclude il ministro: “Sono state trovare le risorse non solo per le scuole paritarie ma anche per le spese di funzionamento e per le supplenze nella scuola pubblica, quindi credo che come ministro non possa dirmi che soddisfatta”.

Dura la reazione dell’opposizione e del sindacato. “I dati sul debito pubblico reale relativo a tutte le amministrazioni pubbliche, sull’andamento negativo del Pil – afferma Antonio Di Pietro – non fanno altro che confermare l’allarme lanciato da tempo dall’Italia dei Valori sulla malafede e sulla inadeguatezza di questo esecutivo”. Il leader dell’Italia dei Valori Antonio e il responsabile lavoro e welfare dell’IdV Maurizio Zipponi aggiungono: “L’assenza totale dell’azione di governo viene ulteriormente aggravata da provvedimenti scandalosi in queste ore l’esecutivo sta aumentando il finanziamento alle scuole private, e allo stesso tempo demolisce la scuola pubblica, mandando a casa oltre 140 mila insegnanti, servitori dello Stato”. In un comunicato della Cgil scuola, firmato dal segretario Mimmo Pantaleo, si legge: “Si compie il solito gioco delle tre carte. Si incrementano di 800 milioni i fondi per l’università, la cui ripartizione, tra concorsi fondo ordinario e diritto allo studio, non è chiara, ma si confermano i tagli di 1,4 miliardi previsti dal decreto fiscale del 2008. Agli istituti di ricerca pubblici resta la diminuzione di 95 milioni del fondo per il 2011. Sono confermati i tagli per la scuola, anche per il prossimo anno e nel contempo sono aumentati di 245 milioni i fondi per le scuole paritarie. Un governo in agonia vuole completare l’opera di demolizione della conoscenza pubblica per lasciare spazio alla privatizzazione”.

Il provvedimento prevede inoltre finanziamenti agli atenei, fondi per le borse di studio e risorse per far partire i concorsi per i ricercatori in agitazione in tutti gli atenei. 100 milioni verrano investiti per le borse di studio e prestiti d’onore agli studenti universitari meritevoli. Sarà un decreto dei ministri dell’Economia e dell’Istruzione a stabilire “le tipologie di interventi suscettibili di agevolazione e i soggetti beneficiari meritevoli di agevolazione”.



Dirigente banca: ''Quella visita Ciancimino e Dell'Utri...''




11 novembre 2010


Palermo. Nel 1986 l'ex sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino e Marcello dell'Utri, all'epoca manager di Publitalia, avrebbero chiesto all'allora direttore generale della Banca Popolare di Palermo, Giovanni Scilabra, un prestito di 20 miliardi di vecchie lire per le aziende di Silvio Berlusconi. A confermarlo ai pm di Palermo che, nei giorni scorsi, l'hanno interrogato per la prima

volta, è stato lo stesso Scilabra, ora in pensione. L'ex bancario aveva parlato della visita in un'intervista. Da qui la citazione da parte dei sostituti procuratori Nino Di Matteo e Paolo Guido che indagano sul riciclaggio dell'enorme tesoro illecito di don Vito. L'incontro sarebbe avvenuto nella sede dell'istituto di credito, allora appena inaugurata, che si trovava vicino al Teatro Massimo.

ANSA



EMANUELE RICIFARI IL VICEQUESTORE DI BRESCIA 8/11/2010 PROTESTA MIGRANTI



Per l'eutanasia



Da Micromega

"Dimissioni? Piuttosto la guerra civile"



Berlusconi si sfoga nella notte di Seul con i vertici del partito riuniti dopo l'incontro Fini- Bossi
UGO MAGRI
INVIATO A SEUL

«Non mi dimetterò mai», quasi grida al telefono Berlusconi dal ventunesimo piano dell’Hotel Hyatt, e dall’altro capo del filo lo ascoltano tramite interfono tutti i gerarchi del suo partito, riuniti a 8962 chilometri di distanza. Il tono di voce è concitato, «Fini vuole eliminarmi, mi vuole morto fisicamente per la storia di Montecarlo, è convinto che gliel’abbia montata io. Ma se questi faranno il governo tecnico noi gli scateneremo contro la guerra civile, avranno una reazione come nemmeno s’immaginano...».

Per tre volte il presidente del Consiglio si collega con il vertice Pdl, l’ultima quando in Corea è già l’una di notte, e sarebbe il momento di calare il sipario su una giornata bestiale: atterraggio a Seul dopo la notte passata in volo, il Cavaliere con la faccia gonfia di sonno e due fessure al posto degli occhi, colloquio in albergo con il premier vietnamita Nguyen Tan Dung, unico «bilaterale» di Berlusconi laddove in queste prime battute del G20 è stato tutto un fiorire di meeting, protagonisti Obama, il britannico Cameron, la tedesca Merkel. L’Italia a zero.
O meglio: non si sa. Magari di incontri ad alto livello ce ne saranno stati, per esempio durante la cena tra i capi di Stato e di governo che, tutti insieme, cercano una via d’uscita alla grande stagnazione.

Però il nostro premier s’è ben guardato dal renderne edotti i propri concittadini. Subito dopo il dolce, ciao ciao con la mano ai cronisti e via di corsa in albergo per farsi ragguagliare sull’unico incontro di cui davvero gli importasse qualcosa, quello a Roma tra Fini e Bossi. Che fosse la sua grande preoccupazione, lo s’era capito dal tentativo di farne partecipe perfino il rappresentante di Hanoi. La scenetta è un autentico cammeo. Berlusconi che si avvicina confidenziale a Nguyen Tan Dung e, tardando l’interprete, gli annuncia nel suo inglese non proprio oxfordiano: «I have some difficulties in this moment», ho qualche problemuccio a casa, perdonami caro amico del Vietnam se la testa è altrove...

Dunque Berlusconi torna dalla cena ufficiale, si chiude in camera col fido Bonaiuti e fa chiamare di corsa Cicchitto, nel cui studio alla Camera è adunato l’intero gotha del Pdl, da Bondi a Quagliariello, da Fitto a la Russa, da Romani alla Gelmini. Vuole sapere, Berlusconi, com’è andata veramente tra Umberto e «quello là» (Gianfranco). Vengono messe a confronto le versioni di Bossi, di Maroni e di Calderoli, risulta chiaro che non collimano affatto.
Qualcuno sente puzza di bruciato e lo dice. Silvio ribadisce alto e forte, «di Bossi io mi fido al 99 per cento», tuttavia aleggia la sensazione che siano in atto strani giochi per rimpiazzare il premier con chiunque purché non sia lui. E che la Lega sotto sotto stia valutando tutte le strade nel proprio interesse... Un incauto (o un’incauta?) propone al Capo di dimettersi come chiede Fini, salvo riavere subito l’incarico dal capo dello Stato.

Coro di «noooo, troppo pericoloso, sarebbe come mettere la testa tra le fauci del leone», e poi da qualche giorno il Presidente spara a raffica sul governo, come fidarsi di Napolitano? Mentre si parlano da un capo all’altro del pianeta, arriva in diretta la notizia che nemmeno la versione di Bossi è oro colato, anzi lo stesso Fini la smentisce. Si decide perciò di troncare gli indugi: basta così, «o Berlusconi oppure elezioni» riassume il ministro Matteoli in rima baciata. Viene stilato un documento, il premier se lo fa leggere, gli piace, lo approva. Il suo prossimo passo consisterà nel rimpasto, via il ministro Ronchi (finiano) e dibattito in Senato per rinnovare la fiducia: quanto alla Camera poi si vedrà, perché lì governo rischierebbe la bocciatura.

E non sta scritto da nessuna parte che in assenza di dimissioni del premier debbano pronunciarsi entrambi i rami del Parlamento, uno potrebbe anche bastare... Tocco surreale: mentre Berlusconi per tre ore al telefono coi suoi tenta di esorcizzare i governi tecnici, i due personaggi più titolati a guidarli si trovano pure loro a Seul. Uno, Tremonti, se l’è portato da Roma in aereo, per risparmio si capisce, e ha partecipato alle riunioni dei ministri economici.
L’altro, il governatore Draghi, ha gustato addirittura la cena dei Grandi nella sua veste di presidente del Financial Stability Board. Obama e gli altri non immaginano, ma seduti di fronte avevano il presente e, forse, il futuro della politica italiana.



Undici ore al giorno, 500 euro al mese Ferie e malattie? Non esistono più. - di ROSARIA AMATO




La campagna di affissioni e in Rete dei "Giovani disposti a tutto" punta l'indice sulle offerte impossibili per i giovani che cercano una occupazione. Dalle storie inviate in questi giorni a Repubblica: retribuzioni ridicole, assenza di contributi, il part time che diventa full time. Alla fine, gli annunci finti assomigliano tanto a quelli reali.


ROMA - Se questo è un lavoro. Perché è difficile definire come offerte quelle delle quali parlano i giovani che hanno inviato le loro storie professionali 1a Repubblica.it, prendendo spunto dalla campagna "Giovani disposti a tutto". Certo, i manifesti affissi 2dagli ignoti autori della campagna a prima vista sembrano molto ironici, ma poi, scorrendo 3le 'storie' inviate dai lettori 4, c'è da chiedersi quanto siano distanti dagli annunci veri, quelli che si trovano sui siti 'cercaimpiego', o sui giornali, o nelle bacheche delle università. Impieghi retribuiti quando va bene 500 euro lordi al mese, o in alternativa 3 euro lordi l'ora (anche 2,50, o 2), e persino 5 euro al giorno. Stage che sono lavori camuffati, non retribuiti (o che in alternativa prevedono 100 euro al mese). La domanda "Quanto vuole guadagnare?" che viene usata come trabocchetto per scartare i candidati che siano appena esigenti. Le tipologie contrattuali vanno dal contratto.

progetto a quello di collaborazione al part time (ma il tempo effettivo è decisamente full) al più classico lavoro in nero. Quindi, contributi da pochissimi a niente. Uno spreco che fa male: hanno scritto laureati spesso con il massimo dei voti, che in molti casi parlano bene più lingue straniere, che magari hanno anche frequentato un master, e che non riescono neanche a lavorare come commessi, perché in quel caso "ci vuole esperienza".

Tra le proposte 'indecenti' ce n'è anche qualcuna che lo è nel senso classico del termine. Mariangela racconta che attraverso un sito specializzato le è stato offerto un lavoro di segretaria per 2500 euro al mese, che prevedeva "trasferte in Italia e all'estero". "L'inserzionista - racconta - mi contatta chiedendomi "Ma secondo lei perché io pagherei una segretaria 2500 euro al mese e chiederei trasferte in Italia ed all'estero?". Io ho divagato e lui per "aiutarmi" ha detto: "Mi mandi una foto a figura intera". Ovviamente non l'ho fatto. Potete immaginare la rabbia e l'umiliazione che abbia provato". Le somiglia la storia di Sonia78: "Anno 2001, fresca di laurea, 23 anni. Cercavano promotori finanziari. Mi dissero che avevo l'aria troppo petrarchesca, da madonnina medievale, avrei dovuto rifarmi il seno".

Ma nella maggior parte dei casi l'indecenza delle proposte si misura invece sul tipo di contratto offerto, su retribuzioni bassissime, assenza di contributi, assenza di qualunque diritto acquisito dai lavoratori in cinquanta o cento anni di lotte sindacali. Niente malattie pagate, niente ferie, niente festività, si può essere mandati a casa in qualunque momento, spesso il contratto non viene rinnovato non perché il lavoratore non sia stato all'altezza di quanto gli è stato chiesto, ma perché sostituire continuamente le persone dopo brevi contratti a termine è una tecnica per evitare di doversi trovare nella condizione di assumerle.

Quelli pagati poco. I contratti 'da fame' si assomigliano tutti. Le cifre sono basse, spesso inaccettabili. La lista è lunghissima; qualche esempio. "Sono laureata in Lingue straniere, otterrò la laurea specialistica a dicembre. Un paio di mesi fa mi hanno offerto di lavorare per un call center a Palermo. Retribuzione: 2 euro l'ora! (3 ore di lavoro al giorno) quando avrei fatto carriera però sarebbero diventate ben 4! Un altro call center (ove giacciono tutti i laureati siciliani), invece, mi ha offerto 5 ore di lavoro al giorno senza fisso. Mi avrebbero dato 5 euro, però, se avessi preso un appuntamento, se il venditore si fosse recato sul luogo e se avesse concluso un contratto (lixi82)". Ancora: "Laureato in Teoria della comunicazione col massimo dei voti e lode ha ricevuto una sbalorditiva offerta di lavoro da una nota compagnia assicurativa italiana. Euro 200 al mese per otto ore di lavoro al giorno. Con la condizione di essere automunito, perché raggiungere l'ufficio significa fare 50 km all'andata e altrettanti al ritorno. Le spese sono a carico del dipendente. Ulteriori incentivi dipendono da quante polizze la risorsa è capace di vendere (rossomalpelo03)". "Da 3 settimane lavoro per una sostituzione maternità come centralinista in una azienda in piena crescita del N-Est, mi hanno proposto uno stage di 6 mesi con "stipendio" di 500 euro/mese (leggendo altre testimonianze ora non mi sembrano nemmeno pochi!), ma in realtà lavoro a tutti gli effetti, 8 ore al giorno e freneticamente!" (thingsoflight). "Commessa in un negozio di una grossa catena multinazionale, 40 ore settimanali sulla carta ma in realtà più di 60, 6 giorni su 7, per 600 euro al mese con contratto di stage ("perché non ha senso farti un indeterminato, sei laureata e quando troverai di meglio te ne andrai"). Allo scadere del contratto mi mandano via, "non ci hai dato ciò che ci aspettavamo da te" (leslie01). "Capo reparto in una nota catena di Ipermercati 13/14 ore giornaliere x 6 gg settimana stipendio 5,80 Euro ora circa................no comment prendere o lasciare...non vi dico i requisiti richiesti, e l'esperienza da dimostrare" (infeltrio).

Il diritto del lavoro, questo sconosciuto. Quando si discute, come è successo a più riprese negli ultimi anni, dell'abrogazione o della modifica dell'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, che prevede la reintegrazione nel posto di lavoro in caso di licenziamento ingiusto, bisognerebbe chiedersi cosa rimane della eccellente impalcatura del diritto italiano del lavoro per chi non riesce ad andare oltre i contratti 'flessibili'. Per gli atipici il diritto del lavoro non esiste, e non ci si riferisce solo all'art.18, ma a cose molto più banali, e date da tempo per acquisite nella coscienza e nel diritto dei Paesi occidentali da oltre 50 anni: le ferie retribuite, il riposo festivo, la malattia. "Ho lavorato per quasi un anno in un importante salone auto della mia zona come commerciale (sì, vendevo auto). Sapete quali erano gli orari? 9-13,30 e 15-19, con straordinari non retribuiti (se arriva un cliente alle 19.15 non lo si poteva certo mandare via, anche se poi facevi le 21 e non vendevi nulla). E i giorni lavorativi? Dal lunedì al sabato full-time, con 3, dico 3 domeniche pomeriggio al mese. E se lavoravi anche la domenica potevi avere un intera giornata di riposo (lunedì nel mio caso) ma per questo ti toglievano UN GIORNO DI FERIE!!!!!! Morale, dalle 6-7 settimane di ferie come da contratto ne rimanevano 2 scarse. (albertd)". "Lavoro da 6 mesi con uno schifosissimo contratto a progetto (niente ferie retribuite o giorni di malattia), in un ufficio che sembra uno scantinato, per 9 ore al giorno di fila, per la fantastica cifra di 200 euro al mese (i primi tre mesi ho lavorato gratis, s'intende!). Perché non me ne vado? Forse perché non posso permettermi di perdere quelle 200 euro...(stancamente1981)".

Quelli che lavorano gratis. Per qualcuno viene meno persino il primo dei diritti fondamentali dei lavoratori, quello alla retribuzione: "Mio figlio in uno studio di un commercialista, docente di scuola statale, ci ha trascorso, senza alcun compenso,i tre anni previsti dalle norme per le abilitazioni, in verità a Natale riceveva un panettone da 5€ e come lui prima e dopo altri studenti (domenico43)". Del resto i tirocinanti hanno vita difficile da sempre: se sono fortunati, però, ne vale la pena. Ecco il racconto di Cefrace: "Laurea in legge a 25 anni (lavorando), tre anni di pratica (2+1 esame) con "stipendio"partito da 100 € al mese (+ 50€ abbonamento autobus extraurbano) e finito a 600€ + pasti, per 12/14 ore al giorno, divenni avvocato e me ne offrirono 1.200 (sempre a partita Iva chiaro). Rifiuto e mi lancio nella libera professione, in una città diversa dalla mia e senza appoggi, molto lavoro ma decisamente buone soddisfazioni economiche (reddito netto circa 60.000 euro all'anno a 32 anni)". Ma è davvero scoraggiante lavorare senza percepire proprio nulla: "Posso raccontare di figli senza futuro. - scrive una mamma, che si firma Dulcinea - Laurea con lode, tirocinio di 6 mesi in struttura sanitaria,altro di 3 mesi in centro di psicoterapia,naturalmente entrambi a costo zero. Ricerche estenuanti ed invio curriculum in Italia ed Europa. Ultima offerta, tirocinio mortificante(senza tutor nè retribuzione per 8 ore al giorno)in struttura per anziani".

Quelli che se ne sono andati. Degli italiani che se ne vanno, perchè non ne possono più di essere sfruttati in Italia,
Repubblica.it ha già parlato in una precedente inchiesta, dedicata agli italiani all'estero 5. "Ho 27 anni, laureato magistrale nel 2009 con 100/110 in EC industriale, ho passato la formazione girando e lavorando per il mondo. Parlo perfettamente inglese spagnolo e cinese (scritto e parlato), programmo in SQL e sistemista server. Per amore ho cercato di tornare in Italia e mi hanno proposto ben 1200 euro lordi ed il primo mese come stage. Ora vivo ad Hong Kong, una delle capitali del mondo, prendo 3800 euro al mese e sto studiando un'altra lingua. I miei amici laureati in ingegnieria percepiscono 1500 euro al mese lordi. (alfassassina)".

Ma qualcuno è ottimista: farsi sfruttare alla fine serve. Non è detto che stage, co.co.pro e altri contratti da fame siano fine a se stessi. E' così che si comincia, sostiene qualcuno, più ottimista della maggioranza. Meggy80: "Ho 30 anni prendo 1400 euro al mese e ho un tempo indeterminato da 4 anni , e sono felice, perchè per quanto il mio stpendio è basso per vivere in una citta cara come bologna , riesco a togliermi piccole soddisfazioni fare il mutuo e a comprare casa (bilocale ovviamente!) come sono arrivata a un tempo indeterminato? Laurea a 23 anni con il massimo dei voti, 2 stage uno gratis e uno a 600 euro al mese, un anno di tempo determinato con contratto di inserimento e infine a tempo indeterminato passando da 1000 euro netti iniziali, ai 1400 di oggi. Perchè racconto la mia storia? Perchè purtroppo il mondo del lavoro in Italia è cosi, bisogna adattarsi adattarsi adattarsi e piano piano, a piccoli passi avanti si riesce ad andare".

Quelli che aspirano a una proposta indecente, ma non trovano neanche quella. Ci sono molti giovani, spesso neolaureati, che ci scrivono raccontando di non aver ricevuto alcuna proposta, neanche indecente. "Magari aver ricevuto almeno qualche proposta seppur indecente! Quando su Internet trovo un annuncio bello fresco dove si cerca un profilo esattamente uguale al mio, invio immediatamente il curriculum iscrivendomi obbligatoriamente al motore di ricerca dove ho rinvenuto l'annuncio. Tra settembre e ottobre ho inviato almeno una decina di curriculum e misteriosamente non sono mai stato contattato neppure per un primo colloquio, nonostante avessi ogni requisito necessario", lamenta lorenzo815.



GENOVESI: "IL FIGLIO DI DELL'UTRI VENDEVA CANDIDATURE A 150MILA €"




«Mi avvicinò una persona e mi disse che il figlio aveva lavorato con il figlio di Dell'Utri in un'agenzia di pubblicità e mi riferì praticamente che quelli che volevano una candidatura buona pagavano dai 150mila euro più o meno».

Così la pentita Perla Genovesi, ex assistente parlamentare del senatore del Pdl Enrico Pianetta, ha raccontato ai pm di Palermo, che la interrogavano nell'ambito di un'inchiesta su un narcotraffico, di una presunta compravendita di candidature che sarebbe ruotata attorno a un'agenzia pubblicitaria del figlio di Dell'Utri.

«Mi sfugge il nome dell'agenzia - prosegue la donna - che è sicuramente conosciuta. È un'agenzia pubblicitaria dove praticamente facevano risultare questi soldi come una campagna elettorale per il politico. Sui soldi si poteva trattare, si poteva scendere anche a 100 dipendeva dalla candidatura, da quanto poteva essere buona».

La pentita spiega che i soldi venivano formalmente imputati alle spese sostenute dall'agenzia per la pubblicità.

Invece, parte sarebbe andata realmente alla campagna elettorale - ad esempio all'allestimento dei cartelloni -; il resto, la somma maggiore, sarebbe stata, invece, il corrispettivo versato in cambio della candidatura. «Il figlio di Dell'Utri lavorava in questa agenzia, però comunque c'erano molti ragazzi che lavoravano per dell'Utri - racconta - e allora dissi al senatore (Pianetta n.d.r.) che c'era questa possibilità che avrebbe dovuto pagare sui 100-150mila euro. Lui era un taccagno. Non lo vidi interessato. Aveva l'atteggiamento di chi non ha nessuna intenzione di spendere quei soldi, ma come se sapesse che lui non ne aveva bisogno, come se fosse abbastanza ammanicato per avere un'altra candidatura senza pagare».
Al pm che le chiede a chi andavano i soldi, Genovesi risponde: «I soldi andavano al partito. Alla fine veniva pagata la candidatura. Era un'agenzia che faceva capo comunque a Dell'Utri o a Forza Italia». «Sarebbe stato legittimo - dice la pentita - se uno decideva di investire questi soldi per una campagna elettorale, ma non per avere una candidatura. E invece non era solo per la campagna pubblicitaria; era per avere la candidatura principalmente». Perla Genovesi sottolinea infatti ai magistrati che con la legge elettorale del 2006 fondamentale per l'elezione è la posizione nella lista. Essere nei primi posti garantisce di fatto il seggio. «La campagna pubblicitaria era una conseguenza, - conclude - anche perchè se era una candidatura non c'era bisogno della campagna pubblicitaria, perchè la campagna serviva per avere i voti, ma se loro mi davano una candidatura in una buona posizione non servivano i voti perchè entravano comunque poi a far parte dei senatori. Insomma per come è la legge elettorale non e più tanto in base ai voti ma in base alla posizion