Pietro Orsatti
MISTERI Nell’udienza romana nuove rivelazioni di Antonino Giuffrè. Il collaboratore racconta delle missioni di don Vito nella Capitale e come “Binnu”, nel periodo di sommersione, fosse impegnato a riformare l’organizzazione.
E’ in trasferta a Roma, nell’aula bunker di Rebibbia, il processo al generale Mori e al colonnello Obinu, per ascoltare il collaboratore Nino Giuffrè. Il processo è relativo alla fuga di Bernardo Provenzano, come denunciato dal colonnello dei carabinieri Michele Riccio, il 31 ottobre 1995 in una cascina a Mezzojuso. Secondo Riccio, l’ex capo dei Ros avrebbe in qualche modo consentito che il boss si allontanasse indisturbato.
«Informai il colonnello Mori - ha dichiarato al processo Riccio -. Lo chiamai subito a casa per riferirgli dell’incontro e rimasi sorpreso, perché, non me lo dimenticherei mai, non vidi alcun cenno di interesse dall’altra parte». Secondo il collaboratore di giustizia, ascoltato invece in questi giorni, durante il cosiddetto periodo di sommersione, il capo della nuova Cosa nostra, Bernardo Provenzano, avrebbe portato avanti una trattativa per risolvere i gravi problemi che stava attraversando la mafia e causati dalla forte pressione dello Stato in seguito alle stragi del ’92. I temi erano la confisca dei beni, gli ergastoli, i collaboratori di giustizia, i benefici carcerari.
La trattativa, in una prima fase, avvenne tramite Vito Ciancimino. Giuffrè, in relazione alla trattativa, ricorda come Provenzano dicesse di Ciancimino, quando questi si recava a Roma, che era «andato in missione», e poi in seguito come si consolidasse il contatto che avrebbe consentito l’aggancio con un nuovo interlocutore politico: Marcello Dell’Utri. I rapporti con il senatore Dell’Utri, sempre secondo Giuffrè, sarebbero stati intrattenuti tramite diversi intermediari, in particolare il costruttore Ienna e i fratelli Graviano. A conclusione dell’udienza, il collegio giudicante ha deciso di ascoltare in aula, questa volta a Palermo, Luciano Violante e Giovanni Ciancimino, l’altro figlio di Vito Ciancimino che ha iniziato a rilasciare dichiarazioni solo di recente. Ma torniamo alla vicenda che ha dato il via a questo processo, e quindi all’incontro di boss a Mezzojuso dal quale fuggì indisturbato il capo di Cosa nostra.
Il colonnello Riccio era sul posto, avrebbe potuto intervenire immediatamente appena avuto il via libera dal capo dei Ros in Sicilia. «Mi disse che preferiva impegnare i propri strumenti, dei quali al momento era però sprovvisto - prosegue Riccio nel suo racconto -. Noi eravamo pronti e non ci voleva una grande scienza per intervenire ». L’ufficiale ha parlato anche di un incontro a Roma fra Luigi Ilardo, vice del capo mafia di Caltanissetta “Piddu” Madonia e affidato direttamente a Riccio, del quale era diventato confidente, il colonnello e Mori. «Quando lo portai da Mori, Ilardo gli disse: “In certi fatti la mafia non c’entra, la responsabilità è delle istituzioni e voi lo sapete”. Io raggelai». Dopo qualche mese Ilardo venne ucciso a Catania, pochi giorni prima del suo ingresso “ufficiale” nel programma di protezione per i collaboratori.
Ilardo aveva parlato esplicitamente anche di un contatto tra Provenzano e Dell’Utri, «l’uomo dell’entourage di Berlusconi», e di un «progetto politico», la nascita di Forza Italia, che interessava ai vertici della Cupola mafiosa. E motore di quel nuovo progetto politico, non a caso, era proprio l’allora capo di Publitalia Dell’Utri. Nel 2002, nel corso di un’altra udienza, Riccio ha raccontato di un incontro con l’avvocato Taormina e Marcello Dell’Utri: «Mi venne detto che sarebbe stato positivo per il senatore Dell’Utri se nella mia deposizione avessi escluso che era emerso il suo nome nel corso della mia indagine siciliana».
http://www.terranews.it/news/2009/10/al-processo-contro-provenzano-nuove-ombre-su-forza-italia
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