“Virginio Merola? È meglio di Filippo di Edimburgo”. Ormai anche quelli del Pd bolognese ci scherzano su. A denti stretti. Il loro candidato sindaco si è guadagnato una fama di gaffeur da far tremare il marito della Regina d’Inghilterra. Prima il Bologna, adesso la festa della Liberazione. Ma ogni battuta fa scendere i sondaggi. Le ingenuità di Merola sono diventate un’arma politica per gli avversari che gli cuciono addosso l’etichetta di portasfiga.
L’ultima battuta che circola a Bologna: “L’avversario del Pd? Merola”. I cronisti assiepati ai dibattiti stringono la penna pronti a cogliere ogni defaillance. Più delle questioni politiche si discute delle battute del probabile futuro sindaco.
A cominciare dal Bologna Calcio. E pensare che Merola è un politico navigato: da casellante autostradale, sedici anni fa è diventato presidente di quartiere, quindi assessore all’Urbanistica con Cofferati, infine consigliere provinciale. Una carriera sotto l’ala del Partito. Eppure Merola ignora una regola aurea della politica: gli italiani perdonano concussione e prostituzione minorile, ma non le mancanze verso la squadra del cuore.
Così mentre Merola navigava con i sondaggi in poppa (venti punti sull’avversario leghista) se n’è uscito con una frase kamikaze: “Spero che il Bologna vada in serie A”. Peccato che in serie A ci sia già. Scoppia uno scandalo che neanche un’indagine per mazzette. E Merola va nel pallone: “Ho solo detto che speravo che il Bologna tornasse in serie B”. Oddio, addirittura la serie B. Poi arriva Report. L’intervistatore ricorda: oggi si gioca con il Brescia. E Merola trionfante: “Il Brescia non ha speranze”. Detto, fatto: il Bologna incassa un secco 3 a 1.
Aperta la breccia, gli avversari ci si buttano a capofitto. Quelli del centrodestra, ma anche quelli interni, perché il Pd non ha accettato compatto la candidatura. Le cronache ricordano che Merola era arrivato terzo alle primarie precedenti, dietro Flavio Del Bono e Maurizio Cevenini. Poi il destino, e il Pd, ci mettono lo zampino: il sindaco Del Bono viene indagato (patteggerà una condanna a un anno e sette mesi) e si dimette. Il testimone passa a Cevenini. Ma il candidato più caro alla Curva che al Partito, viene colto da un malore e rinuncia. Il partito, scartata l’eventualità di ricorrere a un esorcista, sonda la società civile: si parla di Lorenzo Sassoli De Bianchi, presidente di Valsoia e amico di Luca Cordero di Montezemolo. Poi di Andrea Segré, preside di Agraria di Bologna e padre del Last minute market. Ma qui Merola si comporta come un esperto terzino: vede gli attaccanti distratti, parte dalle retrovie e segna. Coglie il Pd alla sprovvista e si candida: alle primarie prende il 58%. Certo, Merola non è l’ultimo arrivato, può contare per esempio sull’appoggio dei vertici di Unipol.
La strada è spianata: il Pdl ha candidato Manes Bernardini, un leghista. E la Lega, per quanto in crescita, alle Regionali non ha superato l’8%. Ma a frenare la corsa del Pd ci si mette proprio lui, Merola. Così Antonio Amorosi, ex assessore della Giunta Cofferati uscito dopo aver denunciato uno scandalo nell’assegnazione delle case popolari, rispolvera una registrazione radiofonica in cui il candidato parlerebbe con voce un po’ “impastata”. Amorosi sul suo blog scrive: “Sembra alticcio”. Una battuta? La notizia comunque finisce sui quotidiani nazionali. Ed ecco un dibattito con i suoi avversari. Merola tiene testa agli altri candidati fino allo scivolone: “Da dieci anni non è in declino la città, ma il suo ceto politico”. E la claque dei leghisti gli salta al collo: “Ritirati!”.
Fino alla festa della Liberazione, che a Bologna si celebra il 21 aprile. Come ogni anno l’Anpi si ritrova in piazza. Sorpresa: l’unico candidato presente è il leghista. Merola? “È malato”, spiegano i suoi. Peccato che due ore dopo sia stato visto a un incontro con i dipendenti dell’azienda di trasporto pubblico. “Si era sentito meglio”, è la spiegazione ufficiale.
La Lega si frega le mani, pregusta un ballottaggio che sarebbe un successo. E nel Pd qualcuno si lascia scappare: “Virginio sarà sindaco. Ma speriamo che quando ricorderemo la strage della stazione, il 2 agosto, lui non faccia il ponte”.
L’ultima battuta che circola a Bologna: “L’avversario del Pd? Merola”. I cronisti assiepati ai dibattiti stringono la penna pronti a cogliere ogni defaillance. Più delle questioni politiche si discute delle battute del probabile futuro sindaco.
A cominciare dal Bologna Calcio. E pensare che Merola è un politico navigato: da casellante autostradale, sedici anni fa è diventato presidente di quartiere, quindi assessore all’Urbanistica con Cofferati, infine consigliere provinciale. Una carriera sotto l’ala del Partito. Eppure Merola ignora una regola aurea della politica: gli italiani perdonano concussione e prostituzione minorile, ma non le mancanze verso la squadra del cuore.
Così mentre Merola navigava con i sondaggi in poppa (venti punti sull’avversario leghista) se n’è uscito con una frase kamikaze: “Spero che il Bologna vada in serie A”. Peccato che in serie A ci sia già. Scoppia uno scandalo che neanche un’indagine per mazzette. E Merola va nel pallone: “Ho solo detto che speravo che il Bologna tornasse in serie B”. Oddio, addirittura la serie B. Poi arriva Report. L’intervistatore ricorda: oggi si gioca con il Brescia. E Merola trionfante: “Il Brescia non ha speranze”. Detto, fatto: il Bologna incassa un secco 3 a 1.
Aperta la breccia, gli avversari ci si buttano a capofitto. Quelli del centrodestra, ma anche quelli interni, perché il Pd non ha accettato compatto la candidatura. Le cronache ricordano che Merola era arrivato terzo alle primarie precedenti, dietro Flavio Del Bono e Maurizio Cevenini. Poi il destino, e il Pd, ci mettono lo zampino: il sindaco Del Bono viene indagato (patteggerà una condanna a un anno e sette mesi) e si dimette. Il testimone passa a Cevenini. Ma il candidato più caro alla Curva che al Partito, viene colto da un malore e rinuncia. Il partito, scartata l’eventualità di ricorrere a un esorcista, sonda la società civile: si parla di Lorenzo Sassoli De Bianchi, presidente di Valsoia e amico di Luca Cordero di Montezemolo. Poi di Andrea Segré, preside di Agraria di Bologna e padre del Last minute market. Ma qui Merola si comporta come un esperto terzino: vede gli attaccanti distratti, parte dalle retrovie e segna. Coglie il Pd alla sprovvista e si candida: alle primarie prende il 58%. Certo, Merola non è l’ultimo arrivato, può contare per esempio sull’appoggio dei vertici di Unipol.
La strada è spianata: il Pdl ha candidato Manes Bernardini, un leghista. E la Lega, per quanto in crescita, alle Regionali non ha superato l’8%. Ma a frenare la corsa del Pd ci si mette proprio lui, Merola. Così Antonio Amorosi, ex assessore della Giunta Cofferati uscito dopo aver denunciato uno scandalo nell’assegnazione delle case popolari, rispolvera una registrazione radiofonica in cui il candidato parlerebbe con voce un po’ “impastata”. Amorosi sul suo blog scrive: “Sembra alticcio”. Una battuta? La notizia comunque finisce sui quotidiani nazionali. Ed ecco un dibattito con i suoi avversari. Merola tiene testa agli altri candidati fino allo scivolone: “Da dieci anni non è in declino la città, ma il suo ceto politico”. E la claque dei leghisti gli salta al collo: “Ritirati!”.
Fino alla festa della Liberazione, che a Bologna si celebra il 21 aprile. Come ogni anno l’Anpi si ritrova in piazza. Sorpresa: l’unico candidato presente è il leghista. Merola? “È malato”, spiegano i suoi. Peccato che due ore dopo sia stato visto a un incontro con i dipendenti dell’azienda di trasporto pubblico. “Si era sentito meglio”, è la spiegazione ufficiale.
La Lega si frega le mani, pregusta un ballottaggio che sarebbe un successo. E nel Pd qualcuno si lascia scappare: “Virginio sarà sindaco. Ma speriamo che quando ricorderemo la strage della stazione, il 2 agosto, lui non faccia il ponte”.
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