giovedì 2 giugno 2011

Al capezzale di Papi Silvio per salvare l’impero. - di Sara Nicoli.



Salvare le aziende. Anche ieri sera a cena a Palazzo Grazioli, Papi Silvio ha parlato di questo con quattro dei suoi cinque rampolli (Piersilvio, Marina, Luigi e Barbara, Eleonora è rimasta in America). Il Cavaliere non è come Bossi, ma ha anche lui un discreto fiuto politico, soprattutto quando si tratta della salvaguardia dei gioielli di famiglia e quello che è apparso subito chiaro dai numeri emersi dalle urne di Milano, è che adesso per lui non sarà solo difficile tenere in piedi il governo, ma soprattutto salvaguardare il patrimonio di famiglia.

L’attesa sentenza sul Lodo Mondadori, che dovrebbe arrivare tra la metà e la fine di giugno, è solo la punta dell’iceberg di quelli che sono i reali problemi sul futuro delle imprese della real casa del Biscione. Il primo aspetto riguarda la costante dissipazione dell’immagine internazionale del Cavaliere, dovuta più che altro agli scandali riportati dalla stampa estera con lo stupore che si prova quando un uomo politico così compromesso resta aggrappato alla poltrona anzichè dimettersi. Berlusconi, dimostrandosi un piccolo despota disposto a tutto pur di mantenere il potere, ha finito con il farsi il vuoto attorno; l’immagine di un Obama imbarazzato mentre lui tenta di trovare scuse, come un discolo qualsiasi, sui suoi guai con la giustizia, è stata la pietra tombale della sua credibilità. Il guaio è che il Cavaliere ha costruito la sua fortuna economica anche con lo sfruttamento dei rapporti politici internazionali ottenuti attraverso gli incarichi istituzionali. Qualche nome per tutti: Putin, Gheddafi (finchè è durato), ma anche Sarcozy. Accanto, ormai, gli è rimasto solo Putin e forse non per molto ancora. In prospettiva, dunque, c’è da mettere un discreto abbattimento delle potenzialità economiche internazionali, sia quelle in essere che quelle, ovviamente, possibili e future. Un conto è trattare da presidente del Consiglio, un conto come semplice imprenditore.

L’altro aspetto riguarda il futuro delle sue televisioni. Mediaset e Fininvest sono gravate da forti debiti con le banche, Sky è ormai una realtà ineludibile del panorama televisivo (nonostante gli sforzi fatti da Romani per boicottarne la crescita) e ora si rincorrono le voci secondo cui De Benedetti potrebbe usare il denaro del multone Mondadori (forse “solo” 500 milioni di euro anzichè 750) per comprare La7 da Telecom e farne l’arma letale mediatica proprio contro il nemico Silvio.

E, ancora, i guai di famiglia, con la moglie Veronica che ancora aspetta la decisione definitiva del tribunale sul suo – s’immagina- più che congruo vitalizio e il Milan. Che sì, ha vinto lo scudetto, ma non è servito a riempire le urne di Milano. Insomma, tutto sembra congiurare contro il Cavaliere. E i figli sono preoccupati. Intanto: secondo i calcoli della vera manager di famiglia, la figlia Marina, il danno economico derivante dal multone Mondadori costringerà a ridimensionare – almeno per un po’ – l’impero Mediaset; sono previsti possibili tagli al personale per le produzioni interne mentre non verrebbe toccata Endemol, che continua ad essere una gallina dalle uova d’oro. I tagli potrebbero invece riguardare proprio Mondadori ed Einaudi che potrebbe essere messa in vendita per ripianare almeno una parte del buco. E, comunque, forse non basterebbe neppure.

Insomma, tempi duri all’orizzonte che hanno convinto il Cavaliere a tentare, comunque, di blindare le prossime nomine Rai per non incorrere nel problema (in caso di un’accelerazione ulteriore della crisi del sistema) di trovarsi pure la tv pubblica contro. Prima di partire per Bucarest, Berlusconi avrebbe visto a cena alcuni consiglieri d’amministrazione Rai (Rositani, Gorla, Verro) per raccomandare la massima coesione su quanto proporrà il neo dg Lorenza Lei, ovvero nomine che vanno da Susanna Petruni al Tg2 al fedelissimo Carlo Nardello al personale. Insomma, il lupo perde il pelo, ma non il vizio.

Detto questo, la famiglia resta in grande apprensione, soprattutto sul fronte degli affari televisivi. In caso di acquisto de La7 da parte di De Benedetti (o di una società da lui partecipata) si dovrebbero mettere in campo dei seri sbarramenti per tutelare la torta pubblicitaria che oggi fagocita da sola Mediaset e che si troverebbe, inevitabilmente, sotto tiro. E un conto è essere a capo del governo, un altro essere solo un concorrente sul mercato. Su questo ha messo l’accento la figlia Marina, altro che invito alle dimissioni, al ritiro a vita privata; il Caimano dovrà restare sul campo fino a consunzione; quando c’è di mezzo la cassaforte di famiglia, ogni sacrifico è lecito.



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