Un viaggio a bordo di una Fiat Cinquecento rosso fiammante per capire se è meglio andarsene o rimanere nel paese affetto da berlusconismo e carenza di lavoro. Gustav Hofer, altoatesino, eLuca Ragazzi, romano, si sono dati sei mesi di tempo per deciderlo e nel docu-trip “Italy, Love it or leave it” hanno attraversato l’Italia in macchina, per scoprire se valesse la pena lasciare Roma, dove vivono insieme da 12 anni, per trasferirsi a Berlino. Un film che nelle settimane scorse ha fatto incetta di riconoscimenti al Milano Film Festival e che la prossima settimana sarà al festival di Rio de Janeiro, mentre il trailer su YouTube e Vimeo in due settimane è stato visto oltre 25mila volte.
“Volevamo presentare un paese vivo e appassionato, diverso da quello dei farabutti che infestano la politica”, spiega Luca. “E’ importante dare un messaggio di positività e speranza ai giovani, visto che quelli della nostra età, sui quarant’anni, sono spacciati”. La loro generazione degli ‘anta’ infatti, secondo i due autori, è ormai fuori dai giochi: oppressa dai baroni che non lasciano la poltrona, non avranno mai accesso al potere e a un vero riscatto. “Questo paese è un gerontocomio”, prosegue il regista. “Negli ultimi tre anni abbiamo visto tanti nostri amici lasciare l’Italia. Alcuni sono andati a Londra, altri in Nuova Zelanda e Germania. Oggi però, Berlusconi è al tramonto e le cose stanno cambiando. Certo, questo non significa la fine del berlusconismo perché cambiare cultura e mentalità richiede tempo. Per questo abbiamo voluto raccontare l’Italia che normalmente non viene rappresentata. Né al Tg1 né nelle fiction”.
Luca e Gustav, già registi del documentario sui DICO “Improvvisamente l’inverno scorso”, iniziano il loro viaggio alla Fiat di Settimo Torinese, con gli operai che vivono con mille euro al mese e il mutuo da pagare. Poi incontrano gli ex dipendenti oggi disoccupati e in cassa integrazione della Bialetti, brand del ‘made in Italy’, che ha deciso di delocalizzare tutta la produzione in Romania. Con Carlo Petrini di SlowFood smontano il luogo comune della cucina italiana, che “non è la migliore del mondo”, e scendono fino a Rosarno per documentare le condizioni di sfruttamento in cui versano gli immigrati. Eppure a questi squarci drammatici drammi fanno da contraltare gli imprenditori che lottano in Calabria e sfidano la ‘ndrangheta, la società civile che denuncia l’abusivismo edilizio ed è impegnata nell’antimafia. E oltre a questi segnali di reazione, i due registi intravedono negli avvenimenti politici degli ultimi mesi la volontà degli italiani di voltar pagina.
“La vittoria di Pisapia e De Magistris è stata un segnale di forte cambiamento dal basso, insieme alla valanga di sì per il referendum e alla manifestazione di ‘Se non ora, quando?’”, osserva Luca. “Certo, ci sono problemi strutturali. L’affitto a Berlino costa un terzo rispetto a Roma, siamo il paese europeo con meno laureati e un italiano su quattro è a rischio povertà”, osserva. “Eppure tanti dei nostri amici che sono partiti, all’inizio erano entusiasti delle metro che circolavano di notte e dei sussidi statali. Poi hanno affievolito l’energia iniziale”. Complice un sentimento di malinconia legato al calore umano, agli amici e alla cultura che potevano ritrovare solo in Italia.
“Ho vissuto tra Roma e New York per cinque anni – conclude Luca – . Vivevo bene dal punto di vista economico, ma sentivo che mancava la convivialità italiana”. Per Gustav è stato lo stesso: ha trascorso gli anni dell’università tra Vienna e Londra, poi si è trasferito nella Capitale per scrivere la tesi ed è rimasto. Vivere in Italia oggi non è facile secondo i due registi, ma il cambiamento è alle porte. E per averlo bisogna reagire: “Quello che i giovani devono fare è smettere di sottostare alle cattive abitudini imposte da chi vuole ancora rimanere al comando. Bisogna dire no al lavoro gratuito, rifiutarsi di firmare a nome di un professore un articolo scritto di proprio pugno. Basta farsi fottere da questa classe di vecchi al potere”. Messaggio per i trentenni: visto che dal basso le cose stanno cambiando, “non lasciate il paese o il vostro posto ve lo occuperà chi volete combattere”.
“Volevamo presentare un paese vivo e appassionato, diverso da quello dei farabutti che infestano la politica”, spiega Luca. “E’ importante dare un messaggio di positività e speranza ai giovani, visto che quelli della nostra età, sui quarant’anni, sono spacciati”. La loro generazione degli ‘anta’ infatti, secondo i due autori, è ormai fuori dai giochi: oppressa dai baroni che non lasciano la poltrona, non avranno mai accesso al potere e a un vero riscatto. “Questo paese è un gerontocomio”, prosegue il regista. “Negli ultimi tre anni abbiamo visto tanti nostri amici lasciare l’Italia. Alcuni sono andati a Londra, altri in Nuova Zelanda e Germania. Oggi però, Berlusconi è al tramonto e le cose stanno cambiando. Certo, questo non significa la fine del berlusconismo perché cambiare cultura e mentalità richiede tempo. Per questo abbiamo voluto raccontare l’Italia che normalmente non viene rappresentata. Né al Tg1 né nelle fiction”.
Luca e Gustav, già registi del documentario sui DICO “Improvvisamente l’inverno scorso”, iniziano il loro viaggio alla Fiat di Settimo Torinese, con gli operai che vivono con mille euro al mese e il mutuo da pagare. Poi incontrano gli ex dipendenti oggi disoccupati e in cassa integrazione della Bialetti, brand del ‘made in Italy’, che ha deciso di delocalizzare tutta la produzione in Romania. Con Carlo Petrini di SlowFood smontano il luogo comune della cucina italiana, che “non è la migliore del mondo”, e scendono fino a Rosarno per documentare le condizioni di sfruttamento in cui versano gli immigrati. Eppure a questi squarci drammatici drammi fanno da contraltare gli imprenditori che lottano in Calabria e sfidano la ‘ndrangheta, la società civile che denuncia l’abusivismo edilizio ed è impegnata nell’antimafia. E oltre a questi segnali di reazione, i due registi intravedono negli avvenimenti politici degli ultimi mesi la volontà degli italiani di voltar pagina.
“La vittoria di Pisapia e De Magistris è stata un segnale di forte cambiamento dal basso, insieme alla valanga di sì per il referendum e alla manifestazione di ‘Se non ora, quando?’”, osserva Luca. “Certo, ci sono problemi strutturali. L’affitto a Berlino costa un terzo rispetto a Roma, siamo il paese europeo con meno laureati e un italiano su quattro è a rischio povertà”, osserva. “Eppure tanti dei nostri amici che sono partiti, all’inizio erano entusiasti delle metro che circolavano di notte e dei sussidi statali. Poi hanno affievolito l’energia iniziale”. Complice un sentimento di malinconia legato al calore umano, agli amici e alla cultura che potevano ritrovare solo in Italia.
“Ho vissuto tra Roma e New York per cinque anni – conclude Luca – . Vivevo bene dal punto di vista economico, ma sentivo che mancava la convivialità italiana”. Per Gustav è stato lo stesso: ha trascorso gli anni dell’università tra Vienna e Londra, poi si è trasferito nella Capitale per scrivere la tesi ed è rimasto. Vivere in Italia oggi non è facile secondo i due registi, ma il cambiamento è alle porte. E per averlo bisogna reagire: “Quello che i giovani devono fare è smettere di sottostare alle cattive abitudini imposte da chi vuole ancora rimanere al comando. Bisogna dire no al lavoro gratuito, rifiutarsi di firmare a nome di un professore un articolo scritto di proprio pugno. Basta farsi fottere da questa classe di vecchi al potere”. Messaggio per i trentenni: visto che dal basso le cose stanno cambiando, “non lasciate il paese o il vostro posto ve lo occuperà chi volete combattere”.
Nessun commento:
Posta un commento