Vertice decisivo a Palazzo Chigi. Il presidente del consiglio: "Nessuno ha il diritto di veto". Le proposte del governo: "L'articolo 18 resta solo per i licenziamenti discriminatori". La Camusso furente: "L'esecutivo pensa al mercato, ma non alla coesione sociale". Bonanni: "Il giudizio è positivo, la spaccatura con la Cgil è un intoppo".
Trattative a oltranza, incontri bilaterali o collegiali, quasi senza pausa. Per il confronto sulla riforma del mercato del lavoro potrebbe essere stata la giornata decisiva, anche questa conclusa a tarda sera. Nel pomeriggio le parti sociali si sono presentate di nuovo di fronte al presidente del Consiglio Mario Monti e al ministro del lavoro Elsa Fornero, dopo il vertice della notte scorsa durato 3 ore. Giovedì è fissato l’ultimo incontro a Palazzo Chigi: in quella sede sarà sottoscritto un verbale, nel quale saranno registrate le posizioni delle parti sociali su ciascuna delle questioni toccate. Dopo il governo porterà in Parlamento la proposta elaborata in questi due mesi di trattative. Con quale forma l’esecutivo deve ancora deciderlo: forse con una legge delega, meno probabile con un decreto, perché la Fornero ha già detto che se i tempi si allungassero si perderebbero gli effetti della riforma.
La proposta del governo ha ottenuto il “consenso di massima” dalle parti sociali, ma non sull’articolo 18. Il presidente del Consiglio fa subito il nome dell’unico partecipante al tavolo che ha detto no: ”Tutte le parti sociali acconsentono alle modifiche dell’articolo 18 che ha proposto il Governo ad eccezione della Cgil”. Per il governo “la questione è chiusa”. Significa che giovedì di questo aspetto non si parlerà. Il premier ha precisato che “durante il lungo percorso della riforma del lavoro compiuto finora ciascuna della parti, sindacati e datori di lavoro, raccogliendo anche l’appello del capo dello Stato, ha deciso di fare qualche rinuncia rispetto ad obiettivi iniziali per raggiungere obiettivi generali come, d’altronde, hanno fatto i partiti”. D’altro canto “massimo rilievo alle parti sociali, ma nessuno ha il diritto di veto” ha chiosato Monti.
Era d’altronde la sfida più difficile, come ha riflettuto Monti: “Pensavo se ci sia una sfida imminente nel campo della politica economica difficile come quella della riforma del mercato del lavoro: probabilmente no, non ci sono cose così irte di difficoltà sociali e tecniche, che solo una forte e femminile determinazione come quella del ministro Fornero poteva affrontare con successo”. Prossimo obiettivo, per il governo, è la spending review, cioè i tagli agli sprechi, “perchè non basta ridurre i voli di Stato o le auto blu, c’è molto altro da fare”.
VIDEO – MONTI: “L’ARTICOLO 18 E’ UNA QUESTIONE CHIUSA”
La riforma secondo Fornero. Il ministro Fornero alla fine dell’incontro ha delineato per l’ennesima volta i contorni il progetto di riforma del governo che ha come obiettivi “meno disoccupazione strutturale, più occupazione soprattutto per giovani e donne e un miglioramento della qualità dell’occupazione, cioè la riduzione del precariato”. Risultati, ha precisato Fornero, che non potranno essere visibili nei prossimi mesi o il prossimo anno, ma nel lungo tempo. Una riforma “complessa. Domani continueremo a lavorare su alcuni dettagli. Se volete una valutazione personale, posso dire che questa riforma ha grandi aspetti di equilibrio”.
Le tipologie dei contratti. Il ministro ha ribadito tutte le proposte del governo in materia di tipologie di contratti, licenziamenti, ammortizzatori sociali; proposte che erano già trapelate durante il vertice. “Vogliamo che un contratto diventi dominante, migliore rispetto agli altri ed è il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato”. Il contratto a tempo determinato costerà l’1,4% in più e finanzierà l’indennità di disoccupazione. Oltre a ciò ci sarà un premio per la stabilizzazione. Non solo: dopo 36 mesi di rapporto di lavoro dovrà necessariamente diventare un contratto a tempo indeterminato. “Non vogliamo smantellare tutele, ma rendere meno blindato il contratto subordinato a tempo indeterminato – ha aggiunto – Il contratto a tempo determinato è il contratto dominante, ma gli altri non li buttiamo via”. Insomma il senso è: “Tenere la flessibilità buona e contrastare quella cattiva”.
“Eliminare gli stage gratuiti”. A proposito di flessibilità cattiva il governo intende eliminare gli stage gratuiti: “Dopo la laurea o dopo un master vai in azienda ma non fai più uno stage gratuito, magari sarà una collaborazione, magari un lavoro a tempo determinato ma è un lavoro e l’azienda lo deve pagare”.
L’articolo 18. La modifica delle norme sui licenziamenti è stata da subito e fino all’ultimo istante il nodo impossibile da scogliere. “Abbiamo scelto una posizione equilibrata – ammette il ministro Fornero – per la quale qualcuno dirà è troppo e qualcuno dirà è troppo poco”. Secondo la bozza del governo la norma cambia nel seguente modo. Per i licenziamenti discriminatori il giudice ordina sempre il reintegro in qualsiasi caso e dimensione di impresa. Diverse le soluzioni per quelli disciplinari: se il motivo del licenziamento è inesistente, per non aver commesso il fatto o per riconducibilità alle ipotesi punibili ai sensi del contratto collettivo, il giudice ordina il reintegro. In altri casi residui se i motivi addotti dai datori di lavoro sono inesistenti, il giudice può indennizzare da 15 a 27 mensilità. Infine per i licenziamenti per motivi economici il giudice dispone un indennizzo da 15 a 27 mensilità. La nuova formulazione si applicherà a tutti i lavoratori. “Mi dispiace molto che la Cgil abbia assunto una posizione negativa – ha spiegato il ministro Fornero – ma la nostra proposta non è contro i lavoratori. Spero che i lavoratori comprendano che è una proposta non contro qualcuno ma perchè vorremmo che il mercato del lavoro sia più dinamico e inclusivo”. La Fornero ha anche riconosciuto “il fatto che la modifica dell’articolo 18 ha un valore simbolico per la Cgil e lo dobbiamo rispettare. Mi dispiace non abbiano detto: su questo no, ma sul resto siamo d’accordo”.
Congedi di paternità e fondi per gli anziani. La riforma del lavoro prevede anche la sperimentazione dei congedi di paternità obbligatori che saranno finanziati dal ministero del lavoro. Questo per “favorire l’occupazione delle donne” e per conciliare i tempi di lavoro e famiglia. Il governo vuole anche mettere in campo “fondi di solidarietà” pagati dalle imprese per il sostegno dei lavoratori anziani che dovessero perdere il lavoro, precisando che non si parla di esodi o di prepensionamento ma solo di “sostegno ai lavoratori anziani” perchè la riforma delle pensioni e quella del mercato del lavoro devono tenersi insieme.
Indennità di disoccupazione. L’Aspi, la nuova indennità di disoccupazione, ha l’obiettivo di essere uno strumento “esteso” e di rendere il sistema “universalistico” spiega il governo. Servirà a tutelare “il lavoratore anche nella ricerca di un nuovo posto” secondo la Fornero. L’obiettivo dei nuovi ammortizzatori sociali è che “il lavoratore non sia lasciato solo nel deserto”. “E’ una filosofia radicalmente mutata – spiega il ministro – Se sarà compresa fino in fondo potrà avere successo. Ma se la applichiamo alla mentalità vecchia e non viene richiesto alcun attivismo al lavoratore, allora potrà avere difficoltà di funzionamento”. L’Aspi, in definitiva, rimpiazza il vecchio assegno di disoccupazione e la sua importanza, secondo il governo Monti, risiede nell’universalità dello strumento a difesa del lavoratore nel periodo di disoccupazione. Una difesa che non è solo monetaria, ma prevede anche e soprattutto l’attivazione di politiche attive. L’Aspi durerà un anno per lavoratori fino a 54 anni e, in termini di assegno, al massimo potrà arrivare a 1119 euro prevedendo anche un “decalage” del 15% nei primi 6 mesi e di un ulteriore 15% nei casi di lavoratori sopra i 54 anni che avranno una tutela fino a 18 mesi. La cassaintegrazione ordinaria sarà mantenuta, mentre quella straordinaria resterà, ma sarà “ripulita” (parole del ministro), cioè non verrà più assegnata in caso di cessazioni di attività.
Norma contro le dimissioni in bianco. Nella riforma del mercato del lavoro c’è anche una norma contro le dimissioni in bianco.
Confindustria: “Da noi senso di responsabilità”. Senso di responsabilità, adesione all’architettura costruita dal governo, ma molti dubbi. La presidente di Confindustria Emma Marcegaglia in particolare si concentra sulle ipotesi di indennizzo elaboratore per la riforma dell’articolo 18: “Le ipotesi di indennizzo sono troppo alte. Se vogliamo fare riferimento all’Europa, in Germania ad esempio siamo attorno ai 18 mesi”. E però Confindustria ha aderito “alla mediazione del governo. E’ una posizione meno avanzata di quanto avevamo chiesto ma in una logica di senso responsabilità abbiamo aderito alla proposta del governo”. ”Abbiamo accolto le richieste che ha fatto il presidente Napolitano – aggiunge la Marcegaglia – dimostrando grande senso di responsabilità”. Neanche le proposte del Governo sulla flessibilità in entrata non sono condivise del tutto da Confindustria perchè “c’è irrigidimento e aumento dei costi per le imprese”. Gli industriali, ha annunciato la presidente, lavoreranno per “evitare l’eccesso di costi e di burocrazia”. ”Noi tutti – conclude la Marcegaglia – abbiamo auspicato l’adesione della Cgil, però ora ci aspettiamo che un grande sindacato come la Cgil che ha deciso di non aderire dimostrerà senso di responsabilità”.
Camusso: “Articolo 18, effetto deterrente annullato”. “Una proposta totalmente squilibrata, molto lontana da tutti i suggerimenti dati”. Non poteva dire altro che no la Cgil, così come lo riferisce la segretaria Susanna Camusso. Con la proposta del governo sui licenziamenti “l’effetto deterrente dell’articolo 18 viene profondamente annullato”. Il giudizio è negativo su tutto il fronte. Le dichiarazioni della Camusso dopo il vertice sono molto più severe di quanto si potesse immaginare: ”Tutte le volte che questo governo ha preso provvedimenti, dalla manovra alle liberalizzazioni, gli unici che subiscono le dirette conseguenze sono i lavoratori”. E ancora: ”E’ evidente che l’attenzione che il Governo dedica al mercato non ha un’altrettanta attenzione alla coesione sociale del Paese e alle condizioni dei lavoratori. Questo squilibrio è nei provvedimenti e nell’insieme delle modalità con cui si manifesta. E’ evidente che per la terza volta, dopo la riforma delle pensioni e le liberalizzazioni, i provvedimenti del governo si scaricano sui lavoratori: davvero una strana idea della coesione sociale”.
La Camusso esprime anche qualche rammarico, quasi che nel governo Monti ci credesse almeno un po’: “La responsabilità (riferendosi alle parole della Marcegaglia, ndr) non è mai di qualcuno, responsabilità sarebbe stato costruire una riforma condivisa del mercato del lavoro”.
Nel merito anche se c’è “qualche elemento positivo sulle forme d’ingresso”, la riforma presentata dal Governo non “cancella la precarietà, quella che il ministro Fornero chiama flessibilità cattiva, è solo un primo passo”. ”Il governo non ha mai accettato alcuna modifica” sulla proposta di riforma dell’articolo 18 e ha inserito lo ‘stralcio’ sull’accelerazione processi dei tribunali del lavoro “nella riforma della giustizia e immagino per questo tempi rapidi ed efficaci”. Chiara l’ironia, visto che è verosimile che la riforma della giustizia avrà tempi tutt’altro che brevi. Insomma domani la Cgil riunirà il proprio direttivo per “decidere come accompagnare questa stagione rispetto alla quale faremo tutte le necessarie proposte per essere alle testa di un movimento che riporti il lavoro come tema centrale. Faremo tutto quello che serve per contrastare questa riforma. E non sarà una cosa di breve periodo”.
Resta la nuova spaccatura con gli altri sindacati, Cisl e Uil: “Il fatto che i miei colleghi di Cisl e Uil abbiano condiviso fino a ieri sera un’ipotesi comune e che l’abbiano abbandonata questa mattina è un problema. Il fatto che avevamo una ipotesi comune e l’abbiano abbandonata è un problema”.
Bonanni: “Un verbale per non certificare la spaccatura”. “Abbiamo voluto il verbale per evitare rotture sindacali profonde” che rimanessero su un accordo separato. A chiarirlo dopo il vertice di Palazzo Chigi è stato il segretario della Cisl Raffaele Bonanni, che al contrario della Cgil si è detto convinto dalla bozza di riforma presentata dal governo. La spaccatura con la Camusso è stato definito da Bonanni un “intoppo”: ”Non voglio commentare questo intoppo” ma “non ci siamo sentiti di fare un accordo separato”. Già tramontata la stagione dell’unità sindacale? “Spero non si ritorni ad un clima teso, che abbiamo già conosciuto negli anni precedenti”.
“Sulla riforma siamo riusciti a tenere una logica – continua il leader della Cisl – Abbiamo tenuto conto dell’appello di Napolitano e anche della richiesta di collaborazione del premier Monti. Siamo riusciti a tenere le linee guida che saranno completate nei prossimi giorni, abbiamo tenuto una logica”. Nella riforma del mercato del lavoro, secondo Bonanni, ci sono interventi “importanti di carattere universalistico” come la stretta sulla flessibilità in entrata e l’avvio dell’Aspi, il nuovo sussidio di disoccupazione. Una riforma da approvare, tanto che sull’articolo 18 “siamo lontani dal punto di partenza del Governo e della pretesa degli imprenditori” (come ha ammesso anche la stessa Marcegaglia). ”Il risultato finale – riflette Bonanni – è che grazie al lavoro di grande mediazione, aiutati anche dai partiti e dall’ascolto del governo possiamo dire che lo strumento anti discriminatorio e anti abuso non solo è stato mantenuto ma addirittura esteso anche alle aziende sotto i 15 dipendenti”. La Cisl si è sentita in definitiva responsabile, soprattutto per “non lasciare solo il Governo a decidere così come ha fatto sulla questione delle pensioni”. Del resto ”la capacità di deterrenza dell’articolo 18 rimane integra”.
Rete Imprese: “Non estendere l’articolo 18″. Prima impressione positiva anche da Marco Venturi, presidente di Rete Imprese Italia (che riunisce Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, Cna e Casartigiani): ”La prima valutazione è positiva anche se un giudizio definitivo lo daremo dopo una lettura attenta del testo”. Tuttavia Rete Imprese si dice contraria alla possibilità che l’articolo 18 venga esteso, in caso di licenziamenti discriminatori, anche alle piccole e medie imprese: “Noi non vogliamo cambiamenti all’impianto attuale. Le ‘pmi’ devono avere flessibilità”.
Una trattativa iniziata due mesi fa. La riforma del mercato del lavoro è arrivata a quest’ultimo round dopo due mesi di serrata trattativa, precisamente 58 giorni. Il confronto è iniziato il 23 gennaio a Palazzo Chigi ed è proseguito tra tavoli ufficiali, colloqui informali e incontri bilaterali.
Pd: “Serve un accordo”, Idv: “Scalpo alla Bce”. Molti dubbi dal Pd, silenzio dal Pdl, sinistra scatenata. La riforma del lavoro ora arriverà in Parlamento e i grattacapo principali saranno per il Pd. ”E’ chiaro che su quel che c’è di buono nell’impostazione del governo e su quel che c’è da migliorare e da correggere, a questo punto dovrà pronunciarsi seriamente il Parlamento” afferma il segretario del Pd Pierluigi Bersani. E l’ex ministro del lavoro Cesare Damiano (Pd) chiarisce il pensiero sulle modifiche all’articolo 18: “Non condividiamo l’idea di avere il solo risarcimento al lavoratore in caso di ingiusto licenziamento per motivi economici. Noi pensiamo che la reintegrazione debba valere in tutti i casi”. Usa parole che lasciano poco spazio all’interpretazione il leader dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro: ”L’esecutivo rimanda ad epoca lontana i nuovi ammortizzatori sociali, ma interviene da subito sull’articolo 18, trasformandolo in una specie di scalpo da consegnare alla Bce e non certo all’Europa che è ben attenta a non colpire, in questa fase delicatissima, i diritti e le capacità di consumo delle famiglie e dei lavoratori”. Oliviero Diliberto, segretario dei Comunisti Italiani, parla di “annullamento di fatto dell’articolo 18″ e con Paolo Ferrero (Rifondazione) invoca scioperi e manifestazioni. La Fiom ha già cominciato da ieri.
La proposta del governo ha ottenuto il “consenso di massima” dalle parti sociali, ma non sull’articolo 18. Il presidente del Consiglio fa subito il nome dell’unico partecipante al tavolo che ha detto no: ”Tutte le parti sociali acconsentono alle modifiche dell’articolo 18 che ha proposto il Governo ad eccezione della Cgil”. Per il governo “la questione è chiusa”. Significa che giovedì di questo aspetto non si parlerà. Il premier ha precisato che “durante il lungo percorso della riforma del lavoro compiuto finora ciascuna della parti, sindacati e datori di lavoro, raccogliendo anche l’appello del capo dello Stato, ha deciso di fare qualche rinuncia rispetto ad obiettivi iniziali per raggiungere obiettivi generali come, d’altronde, hanno fatto i partiti”. D’altro canto “massimo rilievo alle parti sociali, ma nessuno ha il diritto di veto” ha chiosato Monti.
Era d’altronde la sfida più difficile, come ha riflettuto Monti: “Pensavo se ci sia una sfida imminente nel campo della politica economica difficile come quella della riforma del mercato del lavoro: probabilmente no, non ci sono cose così irte di difficoltà sociali e tecniche, che solo una forte e femminile determinazione come quella del ministro Fornero poteva affrontare con successo”. Prossimo obiettivo, per il governo, è la spending review, cioè i tagli agli sprechi, “perchè non basta ridurre i voli di Stato o le auto blu, c’è molto altro da fare”.
VIDEO – MONTI: “L’ARTICOLO 18 E’ UNA QUESTIONE CHIUSA”
La riforma secondo Fornero. Il ministro Fornero alla fine dell’incontro ha delineato per l’ennesima volta i contorni il progetto di riforma del governo che ha come obiettivi “meno disoccupazione strutturale, più occupazione soprattutto per giovani e donne e un miglioramento della qualità dell’occupazione, cioè la riduzione del precariato”. Risultati, ha precisato Fornero, che non potranno essere visibili nei prossimi mesi o il prossimo anno, ma nel lungo tempo. Una riforma “complessa. Domani continueremo a lavorare su alcuni dettagli. Se volete una valutazione personale, posso dire che questa riforma ha grandi aspetti di equilibrio”.
Le tipologie dei contratti. Il ministro ha ribadito tutte le proposte del governo in materia di tipologie di contratti, licenziamenti, ammortizzatori sociali; proposte che erano già trapelate durante il vertice. “Vogliamo che un contratto diventi dominante, migliore rispetto agli altri ed è il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato”. Il contratto a tempo determinato costerà l’1,4% in più e finanzierà l’indennità di disoccupazione. Oltre a ciò ci sarà un premio per la stabilizzazione. Non solo: dopo 36 mesi di rapporto di lavoro dovrà necessariamente diventare un contratto a tempo indeterminato. “Non vogliamo smantellare tutele, ma rendere meno blindato il contratto subordinato a tempo indeterminato – ha aggiunto – Il contratto a tempo determinato è il contratto dominante, ma gli altri non li buttiamo via”. Insomma il senso è: “Tenere la flessibilità buona e contrastare quella cattiva”.
“Eliminare gli stage gratuiti”. A proposito di flessibilità cattiva il governo intende eliminare gli stage gratuiti: “Dopo la laurea o dopo un master vai in azienda ma non fai più uno stage gratuito, magari sarà una collaborazione, magari un lavoro a tempo determinato ma è un lavoro e l’azienda lo deve pagare”.
L’articolo 18. La modifica delle norme sui licenziamenti è stata da subito e fino all’ultimo istante il nodo impossibile da scogliere. “Abbiamo scelto una posizione equilibrata – ammette il ministro Fornero – per la quale qualcuno dirà è troppo e qualcuno dirà è troppo poco”. Secondo la bozza del governo la norma cambia nel seguente modo. Per i licenziamenti discriminatori il giudice ordina sempre il reintegro in qualsiasi caso e dimensione di impresa. Diverse le soluzioni per quelli disciplinari: se il motivo del licenziamento è inesistente, per non aver commesso il fatto o per riconducibilità alle ipotesi punibili ai sensi del contratto collettivo, il giudice ordina il reintegro. In altri casi residui se i motivi addotti dai datori di lavoro sono inesistenti, il giudice può indennizzare da 15 a 27 mensilità. Infine per i licenziamenti per motivi economici il giudice dispone un indennizzo da 15 a 27 mensilità. La nuova formulazione si applicherà a tutti i lavoratori. “Mi dispiace molto che la Cgil abbia assunto una posizione negativa – ha spiegato il ministro Fornero – ma la nostra proposta non è contro i lavoratori. Spero che i lavoratori comprendano che è una proposta non contro qualcuno ma perchè vorremmo che il mercato del lavoro sia più dinamico e inclusivo”. La Fornero ha anche riconosciuto “il fatto che la modifica dell’articolo 18 ha un valore simbolico per la Cgil e lo dobbiamo rispettare. Mi dispiace non abbiano detto: su questo no, ma sul resto siamo d’accordo”.
Congedi di paternità e fondi per gli anziani. La riforma del lavoro prevede anche la sperimentazione dei congedi di paternità obbligatori che saranno finanziati dal ministero del lavoro. Questo per “favorire l’occupazione delle donne” e per conciliare i tempi di lavoro e famiglia. Il governo vuole anche mettere in campo “fondi di solidarietà” pagati dalle imprese per il sostegno dei lavoratori anziani che dovessero perdere il lavoro, precisando che non si parla di esodi o di prepensionamento ma solo di “sostegno ai lavoratori anziani” perchè la riforma delle pensioni e quella del mercato del lavoro devono tenersi insieme.
Indennità di disoccupazione. L’Aspi, la nuova indennità di disoccupazione, ha l’obiettivo di essere uno strumento “esteso” e di rendere il sistema “universalistico” spiega il governo. Servirà a tutelare “il lavoratore anche nella ricerca di un nuovo posto” secondo la Fornero. L’obiettivo dei nuovi ammortizzatori sociali è che “il lavoratore non sia lasciato solo nel deserto”. “E’ una filosofia radicalmente mutata – spiega il ministro – Se sarà compresa fino in fondo potrà avere successo. Ma se la applichiamo alla mentalità vecchia e non viene richiesto alcun attivismo al lavoratore, allora potrà avere difficoltà di funzionamento”. L’Aspi, in definitiva, rimpiazza il vecchio assegno di disoccupazione e la sua importanza, secondo il governo Monti, risiede nell’universalità dello strumento a difesa del lavoratore nel periodo di disoccupazione. Una difesa che non è solo monetaria, ma prevede anche e soprattutto l’attivazione di politiche attive. L’Aspi durerà un anno per lavoratori fino a 54 anni e, in termini di assegno, al massimo potrà arrivare a 1119 euro prevedendo anche un “decalage” del 15% nei primi 6 mesi e di un ulteriore 15% nei casi di lavoratori sopra i 54 anni che avranno una tutela fino a 18 mesi. La cassaintegrazione ordinaria sarà mantenuta, mentre quella straordinaria resterà, ma sarà “ripulita” (parole del ministro), cioè non verrà più assegnata in caso di cessazioni di attività.
Norma contro le dimissioni in bianco. Nella riforma del mercato del lavoro c’è anche una norma contro le dimissioni in bianco.
Confindustria: “Da noi senso di responsabilità”. Senso di responsabilità, adesione all’architettura costruita dal governo, ma molti dubbi. La presidente di Confindustria Emma Marcegaglia in particolare si concentra sulle ipotesi di indennizzo elaboratore per la riforma dell’articolo 18: “Le ipotesi di indennizzo sono troppo alte. Se vogliamo fare riferimento all’Europa, in Germania ad esempio siamo attorno ai 18 mesi”. E però Confindustria ha aderito “alla mediazione del governo. E’ una posizione meno avanzata di quanto avevamo chiesto ma in una logica di senso responsabilità abbiamo aderito alla proposta del governo”. ”Abbiamo accolto le richieste che ha fatto il presidente Napolitano – aggiunge la Marcegaglia – dimostrando grande senso di responsabilità”. Neanche le proposte del Governo sulla flessibilità in entrata non sono condivise del tutto da Confindustria perchè “c’è irrigidimento e aumento dei costi per le imprese”. Gli industriali, ha annunciato la presidente, lavoreranno per “evitare l’eccesso di costi e di burocrazia”. ”Noi tutti – conclude la Marcegaglia – abbiamo auspicato l’adesione della Cgil, però ora ci aspettiamo che un grande sindacato come la Cgil che ha deciso di non aderire dimostrerà senso di responsabilità”.
Camusso: “Articolo 18, effetto deterrente annullato”. “Una proposta totalmente squilibrata, molto lontana da tutti i suggerimenti dati”. Non poteva dire altro che no la Cgil, così come lo riferisce la segretaria Susanna Camusso. Con la proposta del governo sui licenziamenti “l’effetto deterrente dell’articolo 18 viene profondamente annullato”. Il giudizio è negativo su tutto il fronte. Le dichiarazioni della Camusso dopo il vertice sono molto più severe di quanto si potesse immaginare: ”Tutte le volte che questo governo ha preso provvedimenti, dalla manovra alle liberalizzazioni, gli unici che subiscono le dirette conseguenze sono i lavoratori”. E ancora: ”E’ evidente che l’attenzione che il Governo dedica al mercato non ha un’altrettanta attenzione alla coesione sociale del Paese e alle condizioni dei lavoratori. Questo squilibrio è nei provvedimenti e nell’insieme delle modalità con cui si manifesta. E’ evidente che per la terza volta, dopo la riforma delle pensioni e le liberalizzazioni, i provvedimenti del governo si scaricano sui lavoratori: davvero una strana idea della coesione sociale”.
La Camusso esprime anche qualche rammarico, quasi che nel governo Monti ci credesse almeno un po’: “La responsabilità (riferendosi alle parole della Marcegaglia, ndr) non è mai di qualcuno, responsabilità sarebbe stato costruire una riforma condivisa del mercato del lavoro”.
Nel merito anche se c’è “qualche elemento positivo sulle forme d’ingresso”, la riforma presentata dal Governo non “cancella la precarietà, quella che il ministro Fornero chiama flessibilità cattiva, è solo un primo passo”. ”Il governo non ha mai accettato alcuna modifica” sulla proposta di riforma dell’articolo 18 e ha inserito lo ‘stralcio’ sull’accelerazione processi dei tribunali del lavoro “nella riforma della giustizia e immagino per questo tempi rapidi ed efficaci”. Chiara l’ironia, visto che è verosimile che la riforma della giustizia avrà tempi tutt’altro che brevi. Insomma domani la Cgil riunirà il proprio direttivo per “decidere come accompagnare questa stagione rispetto alla quale faremo tutte le necessarie proposte per essere alle testa di un movimento che riporti il lavoro come tema centrale. Faremo tutto quello che serve per contrastare questa riforma. E non sarà una cosa di breve periodo”.
Resta la nuova spaccatura con gli altri sindacati, Cisl e Uil: “Il fatto che i miei colleghi di Cisl e Uil abbiano condiviso fino a ieri sera un’ipotesi comune e che l’abbiano abbandonata questa mattina è un problema. Il fatto che avevamo una ipotesi comune e l’abbiano abbandonata è un problema”.
Bonanni: “Un verbale per non certificare la spaccatura”. “Abbiamo voluto il verbale per evitare rotture sindacali profonde” che rimanessero su un accordo separato. A chiarirlo dopo il vertice di Palazzo Chigi è stato il segretario della Cisl Raffaele Bonanni, che al contrario della Cgil si è detto convinto dalla bozza di riforma presentata dal governo. La spaccatura con la Camusso è stato definito da Bonanni un “intoppo”: ”Non voglio commentare questo intoppo” ma “non ci siamo sentiti di fare un accordo separato”. Già tramontata la stagione dell’unità sindacale? “Spero non si ritorni ad un clima teso, che abbiamo già conosciuto negli anni precedenti”.
“Sulla riforma siamo riusciti a tenere una logica – continua il leader della Cisl – Abbiamo tenuto conto dell’appello di Napolitano e anche della richiesta di collaborazione del premier Monti. Siamo riusciti a tenere le linee guida che saranno completate nei prossimi giorni, abbiamo tenuto una logica”. Nella riforma del mercato del lavoro, secondo Bonanni, ci sono interventi “importanti di carattere universalistico” come la stretta sulla flessibilità in entrata e l’avvio dell’Aspi, il nuovo sussidio di disoccupazione. Una riforma da approvare, tanto che sull’articolo 18 “siamo lontani dal punto di partenza del Governo e della pretesa degli imprenditori” (come ha ammesso anche la stessa Marcegaglia). ”Il risultato finale – riflette Bonanni – è che grazie al lavoro di grande mediazione, aiutati anche dai partiti e dall’ascolto del governo possiamo dire che lo strumento anti discriminatorio e anti abuso non solo è stato mantenuto ma addirittura esteso anche alle aziende sotto i 15 dipendenti”. La Cisl si è sentita in definitiva responsabile, soprattutto per “non lasciare solo il Governo a decidere così come ha fatto sulla questione delle pensioni”. Del resto ”la capacità di deterrenza dell’articolo 18 rimane integra”.
Rete Imprese: “Non estendere l’articolo 18″. Prima impressione positiva anche da Marco Venturi, presidente di Rete Imprese Italia (che riunisce Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, Cna e Casartigiani): ”La prima valutazione è positiva anche se un giudizio definitivo lo daremo dopo una lettura attenta del testo”. Tuttavia Rete Imprese si dice contraria alla possibilità che l’articolo 18 venga esteso, in caso di licenziamenti discriminatori, anche alle piccole e medie imprese: “Noi non vogliamo cambiamenti all’impianto attuale. Le ‘pmi’ devono avere flessibilità”.
Una trattativa iniziata due mesi fa. La riforma del mercato del lavoro è arrivata a quest’ultimo round dopo due mesi di serrata trattativa, precisamente 58 giorni. Il confronto è iniziato il 23 gennaio a Palazzo Chigi ed è proseguito tra tavoli ufficiali, colloqui informali e incontri bilaterali.
Pd: “Serve un accordo”, Idv: “Scalpo alla Bce”. Molti dubbi dal Pd, silenzio dal Pdl, sinistra scatenata. La riforma del lavoro ora arriverà in Parlamento e i grattacapo principali saranno per il Pd. ”E’ chiaro che su quel che c’è di buono nell’impostazione del governo e su quel che c’è da migliorare e da correggere, a questo punto dovrà pronunciarsi seriamente il Parlamento” afferma il segretario del Pd Pierluigi Bersani. E l’ex ministro del lavoro Cesare Damiano (Pd) chiarisce il pensiero sulle modifiche all’articolo 18: “Non condividiamo l’idea di avere il solo risarcimento al lavoratore in caso di ingiusto licenziamento per motivi economici. Noi pensiamo che la reintegrazione debba valere in tutti i casi”. Usa parole che lasciano poco spazio all’interpretazione il leader dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro: ”L’esecutivo rimanda ad epoca lontana i nuovi ammortizzatori sociali, ma interviene da subito sull’articolo 18, trasformandolo in una specie di scalpo da consegnare alla Bce e non certo all’Europa che è ben attenta a non colpire, in questa fase delicatissima, i diritti e le capacità di consumo delle famiglie e dei lavoratori”. Oliviero Diliberto, segretario dei Comunisti Italiani, parla di “annullamento di fatto dell’articolo 18″ e con Paolo Ferrero (Rifondazione) invoca scioperi e manifestazioni. La Fiom ha già cominciato da ieri.
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