Spin doctor e sociologi (quasi) tutti d'accordo: il segretario del Pd ha finito per favorire il gioco del leader del Movimento 5 Stelle. Solo Mannheimer vede positivo: "E' per serrare le file". Amadori: "Possibili effetti negativi sugli indecisi". Crespi: "Come un'accelerata contro un muro". Piepoli: "Lo scontro non produce ricchezza".
L’uscita di Pierluigi Bersani è stato un errore. Non avrebbe dovuto rispondere alle critiche di Beppe Grillo, avrebbe dovuto e anzi dovrebbe ancora evitare lo scontro a distanza, che si è rinnovato oggi. Gli esperti di sondaggi, spin doctor e sociologi contattati dal Fattoquotidiano.it bocciano la strategia del segretario del Partito Democratico. Anzi, per alcuni di loro non c’è stata proprio strategia: il leader dei democratici ha risposto perché innervosito dalle critiche di Grillo. Ed è caduto nella sua rete. Resta da interpretare l’effetto che le parole di Bersani avranno sull’elettorato democratico. L’elettorato di centrosinistra è in un momento di smarrimento (con l’avvicinamento all’Udc e la rottura con Di Pietro): questo messaggio forte e chiaro a Grillo servirà a serrare le file? O piuttosto è una “caduta di stile”? E il modo, le forme: perché Bersani non ha contestato nel merito Grillo? Il rischio è che come minimo tutto questo non porterà un solo voto in più. Anzi, il rischio è di un effetto boomerang o di un’emorragia di voti.
Mannheimer: “Bersani vuole rafforzare il senso d’appartenenza”. “Bersani lo ha fatto per rafforzare il senso di appartenenza del suo elettorato contro le ‘sirene’ di Grillo” riflette Renato Mannheimer, guida dell’Ispo (l’Istituto di ricerca sociale, economica e di opinione). “C’è il rischio di sottovalutare il malcontento – spiega – quello che sta sotto Grillo il cui movimento rappresenta e raccoglie una disaffezione forte rispetto alla politica”. Su possibili ricadute sulla popolarità dei Democratici Mannheimer appare sicuro: “Rispetto alla situazione attuale non è detto che il Pd, da questo scontro, non abbia dei vantaggi. La strategia di Bersani non è quella di ledere Grillo, ma ancorare il senso di appartenenza del suo elettorato. Il segretario del Pd – riflette Mannheimer – dovrà piuttosto affrontare una serie di questioni per comprendere quello che sottostà a Grillo per poterlo inglobare”.
Sui toni accesi dei due duellanti il sociologo non si mostra sorpreso: “A mio parere la durezza del linguaggio è stata usata apposta appunto per rinsaldare il proprio elettorato in un momento di difficoltà del Pd, un partito che appoggia il governo. Ed è contro questo sbandamento elettorale che viene usato un linguaggio forte”. Ricorrere alle parole incisive non è una strategia nuova: “E’ sempre stato utilizzato anche in passato – aggiunge Mannheimer – Per esempio negli anni Cinquanta si diceva di non votare per i democristiani ‘perché sono tutti ladri’”. Tuttavia, secondo il sondaggista del Corriere della Sera e di Porta a Porta, lo scontro tra Bersani e Grillo non provocherà danni ai consensi del Pd allo stato: “Non ho idee per il futuro, ma allo stato questo scontro non sembra avere prodotto danni per il Pd, almeno a mio parere”.
Amadori: “Sarà effetto boomerang”. Secondo Alessandro Amadori di Coesis Research e autore di “Mi consenta” non c’è invece nessuna strategia dietro le dure repliche di Bersani. Eppure questa scelta “potrebbe avere un effetto boomerang dal punto di vista elettorale”. Specie per gli elettori indecisi, che “sono circa il 50%”. Il segretario del Pd infatti prende di mira i modi e non le accuse lanciate dal leader 5 Stelle che, di fatto, sono “in gran parte condivisibili”. L’assenza di contenuti è quindi il tallone d’Achille della polemica dei democratici. Di fatto “in vent’anni – spiega il sondaggista – centrodestra e centrosinistra si sono spartiti il potere, e non hanno fatto nessuna legge contro la corruzione e il conflitto di interessi“. Proprio come ha scritto Grillo, insomma. La replica di Bersani, in sostanza, “non fa che rafforzare le accuse del comico, visto che non contraddicono i contenuti e si limitano a contestarne i modi”. “Fascisti”, appunto. Il botta e risposta “evidenzia inoltre che il Movimento 5 Stelle, unico elemento di vivacità e perturbazione nello scenario di stallo della politica italiana, è un problema per il Pd, perché è in grado di intercettare diverse correnti di elettori, da destra a sinistra. Ma soprattutto a sinistra”. E alle prossime elezioni “può raccogliere l’8% su base nazionale e pesare così più dell’Udc”.
Crespi: “Un’accelerata contro un muro”. Per Luigi Crespi, storico sondaggista e spin-doctor di Silvio Berlusconi prima di una valanga di guai giudiziari, per i Democratici il confronto con il Movimento 5 Stelle potrebbe essere un bagno di sangue: “Più che uno scontro è una accelerata contro il muro – spiega – Quella di Bersani è una posizione totalmente sbagliata. Non è uno scontro volgare, non sono solo battute: è ancora peggio, è un conflitto necessario. Bersani dice quello che dice, come Ezio Mauro dice scrive quello che scrive perché uno deve fermare l’emorragia di voti dal Pd al movimento di Grillo e l’altro da Repubblica al Fatto. Entrambi temono l’alternativa alla loro posizione. Mauro dice occhio che quelli – per colpa di Berlusconi – sono di destra, l’altro (Bersani,ndr) dice dei militanti del 5 Stelle che sono fascisti”.
Secondo Crespi il motivo è semplice: “Il nemico non è più Berlusconi che è stato sconfitto, ma è Grillo. Ma è evidente che con questa operazione Bersani perde la credibilità. Berlusconi, per esempio, ha sempre espresso con coerenza la sua posizione contro i giudici e la giustizia, chi lo ha votato sapeva benissimo come la pensava. Chi ha votato il Pd sapeva che per quel partito la magistratura era uno strumento per cambiare la società. Ora lo schema è cambiato perché i magistrati toccano uno di loro, toccano Napolitano. Stessa riflessione sul caso Ilva di Taranto per cui i magistrati diventano i nemici. In questa situazione – secondo il sondaggista – vince chi rimane coerente, chi non cambia posizione e per questo il Pd subirà un danno gravissimo”. Un errore politico, ma anche di comunicazione quello del possibile capo di un governo di centrosinistra: “Bersani usando l’espressione ‘fascisti del web‘ ha ha girato la testa verso il Novecento con un linguaggio vecchio e arcaico. Il Pd ha usato lo stesso linguaggio che usava Berlusconi con i comunisti. Quelli del Pd si sono berlusconizzati, di fatto legittimando Berlusconi. Con la sua affermazione, separando la rete dalla realtà Bersani ha sbagliato. Non ha capito che la realtà è nella rete. Non è solo una battuta infelice la sua, è un errore culturale che rischia di emarginalizzare il Pd. Temo che se continueranno così si renderanno non competitivi”.
Piepoli: “Lo scontro non produce ricchezza”. Anche Nicola Piepoli considera quello di Bersani un errore. Frutto, sostiene, di un “cattivo vizio”, cioè quello di “intendere il dialogo sottoforma di scontro e lo scontro non produce ricchezza. E la ricchezza in politica è il consenso”. Piepoli, insomma, spiega che così il segretario del Pd è stato al gioco di Grillo che definisce “malato: non so come si possa chiamare, se paranoia o schizofrenia”. Quindi altro che strategia: Bersani c’è caduto con entrambe le gambe. E l’errore è stato doppio: non solo perché è stato al gioco di Grillo. Ma anche perché il Pd non è in difficoltà, secondo i sondaggi. “Secondo Alessandra Ghisleri (sondaggista di fiducia di Berlusconi, ndr) il Pd ha il 24% dei consensi. Secondo noi ha il 26. E dall’altra parte il Pdl secondo la Ghisleri ha il 20 per cento e secondo noi il 18. Ma non cambiano molto le cose. Bersani doveva tacere. Il tacere è bello. Del resto lo diceva anche Dante, no?”.
Altre notizie da Tiscali
Nessun commento:
Posta un commento