Gianadelio Maletti
L’ex capo del controspionaggio ha ammesso ai pm della Trattativa, andati ad interrogarlo in Sudafrica, di essere l’autore di un manoscritto sequestrato a casa sua negli anni ’80: una ventina di pagine in cui si racconta l’esistenza di un servizio segreto occulto che interveniva per depistare le indagini sui tentativi golpisti.
Un manoscritto in cui si racconta l’esistenza di un servizio segreto parallelo attivo negli anni ’70 dentro al Sid, il servizio informazioni della difesa, l’antenato del Sismi. Un appunto di una ventina di pagine, risalente agli anni di piombo, in cui si rivela l’attività di un Sid parallelo che interveniva per depistare le indagini sui vari tentativi golpisti messi in atto in Italia tra il 1970 e il 1974: primo tra tutti il golpe del principe Junio Valerio Borghese.
Quelle pagine scritte a penna furono sequestrate negli anni ’80 dall’allora pm di Roma Domenico Sica in casa di Gianadelio Maletti, il generale che guidò l’ufficio D del Sid fino al 1976, interrogato la settimana scorsa in Sudafrica dai pm Vittorio Teresi, Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene, che indagano sulla Trattativa Stato-mafia. L’appunto, già contenuto in copia nella rogatoria inviata a Johannesburg dal ministero degli Esteri italiano, è stato per la prima volta riconosciuto da Maletti, che ai pm ha ammesso di essere lui stesso l’autore di quell’approfondita analisi sulla situazione interna ai servizi negli anni ’70.
Il manoscritto top secret, non ancora depositato agli atti dell’inchiesta sulla Trattativa e di cui non si conosce ancora l’esatto contenuto, è una specie di promemoria su un’indagine svolta all’interno del Sid, che aveva individuato gli 007 appartenenti al servizio parallelo: tra questi il generale Mario Mori, imputato davanti la corte d’assise di Palermo per la Trattativa Stato mafia, il colonnello Federico Marzollo, l’uomo che arruolò nell’intelligence il futuro fondatore del Ros, e Gianfranco Ghiron, fonte dei servizi vicino all’estrema destra, fratello di Giorgio, avvocato che anni dopo sarà il legale di Vito Ciancimino. Ma non è l’unico documento che i pm hanno portato con loro in Sudafrica.
A Maletti, infatti, sono stati mostrati una serie di carteggi top secret, provenienti dagli archivi dei servizi, che delineano tutti l’esistenza di un Sid parallelo, organico e attivo all’interno di quello ufficiale, creato con lo scopo di bloccare le indagini sull’estrema destra e sui tentativi di colpo di Stato. Un servizio segreto più ampio rispetto al cosiddetto “gruppo dei sei” a cui fa cenno un altro appunto mostrato a Maletti, redatto dalla fonte Gian, in cui si racconta di come all’interno del Sid, una struttura composta da sei uomini (tra questi sempre Mori, Marzollo e Ghiron), nata per ostacolare le indagini sulla destra eversiva del reparto D, ovvero il controspionaggio guidato negli anni ’70 dal generale latitante in Sudafrica dal 1981.
In passato Maletti aveva già fatto cenno all’esistenza di un Servizio segreto parallelo davanti la commissioni Stragi, volata in Sudafrica per interrogarlo in un’audizione poi secretata. Adesso però è diverso: perché riconoscendo la paternità di quell’appunto, Maletti ha in pratica ammesso di avere compiuto lui stesso un’indagine interna al Sid, scoprendo di fatto la presenza di una struttura d’intelligence parallela. Ed è per questo che nel 1975 chiede e ottiene dal direttore del Sid Mario Casardi l’allontanamento di Mori dal Sid e il divieto di prestare servizio a Roma. “Le inclinazioni politiche di Mori, però, mi erano chiare” ha detto Maletti, riferendosi alla vicinanza del generale con l’estrema destra. Appena trenta giorni dopo l’allontanamento di Mori dal Sid, anche Marzollo viene restituito all’Arma dei Carabinieri, finendo poi coinvolto nel processo sul golpe Borghese.
Interrogato in un’aula del palazzo di giustizia di Johannesburg, Maletti è comparso davanti ai pm accompagnato dal suo avvocato Michele Gentiloni Silveri: sulla testa dell’ex 007 pesa infatti una richiesta di estradizione dell’Italia. Latitante in Sudafrica dal 1981, Paese che gli concede la cittadinanza nello stesso anno, condannato definitivamente per la prima volta nel 1996, per 17 anni Maletti rimane tranquillamente in esilio a Johannesburg: l’ordine di esecuzione pena viene infatti firmato dalla procura di Roma soltanto il 18 marzo del 2013. I poliziotti lo eseguiranno però solo dopo l‘8 maggio del 2013, e cioè poche ore dopo la morte di Giulio Andreotti. Il sette volte presidente del consiglio, il divo custode dei segreti di mezzo secolo, processato a prescritto per concorso esterno a Cosa Nostra, che quando Gentiloni andrà a chiedergli un parere per la richiesta di grazia presentata da Maletti al presidente Giorgio Napolitano, risponderà beffardo: “Avvocato, per me il generale sta bene in Sudafrica”.
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