Matteo Renzi è un politico molto vecchio e molto banale. Un democristiano debole e senza troppo talento, ma comicamente appoggiato da larga parte dei media nostrani. Se poi lui è debole, la sua “classe dirigente” è persino peggio di lui. Rotta, Gozi, Picierno, Nardella, Boschi, Faraone, Carbone: il nulla assoluto. E pure arrogante. Auguri.
Una delle caratteristiche della vecchia politica, che il vecchio Renzi dice di voler combattere ma che ovviamente rinvigorisce e reitera, è fingersi vincente quando si è in realtà perso. Nel nervoso monologo di lunedì mattina, Renzi ha finto di ammettere la sconfitta, salvo poi sparare che quasi ovunque il Pd è sopra il 40%. Matteo: de che? Dove? Quando? Forse nella sua testa o alla Playstation. Il Pd non raggiunge quasi mai il 40%, anche perché si vergogna così tanto di essere Pd da presentarsi quasi sempre sotto mentite spoglie: liste civiche, nomi fantasiosi. Tutto pur di vivere in clandestinità. Il simbolo Pd c’era solo 130 volte su più di 1300 Comuni: l’11% circa. Una miseria. Persino meno del M5S, che come noto si presenta da solo, con il suo simbolo e non certo ovunque: più o meno in 250 Comuni. Pochi.
E’ errato dire che i 5 Stelle abbiano trionfato domenica. Sono ancora molto incostanti e spesso neanche esistenti. A volte hanno avuto prestazioni trionfali (Roma, Torino), a volte discrete (Bologna), a volte pressoché pietose (Napoli, Milano). E’ però un dato di fatto che, complessivamente, il loro risultato sia stato buono e in crescita ovunque in termini percentuali. Oltretutto, da sempre, le Amministrative sono il loro tallone d’Achille.
Esiste però la realtà e la percezione della realtà. Ed è la percezione della realtà che interessa Renzi e renziani, sempre più costretti a edulcorare la loro (triste) realtà con la creazione del favoloso mondo di Renzì. La tattica è sempre la stessa: si inventa una cazzata e la si riverbera anzitutto sui social. E’ qui che arriva la grande bufala dell’Istituto Cattaneo. Per carità: nel mondo reale non se n’è fregato nessuno, ma in Rete ieri ha avuto un discreto successo e ovviamente qualche giannizzero renzino l’ha pure sdoganata in radio, giornali e tivù. Daje.
La “notizia”: secondo l’Istituto Cattaneo il Pd ha vinto, il centrodestra è andato bene e i 5 Stelle hanno perso. E’ vero? No, ma questo è secondario. A Renzi la realtà non interessa, e va capito, perché se gli interessasse sarebbe depresso da mane a sera.
Cos’è l’Istituto Cattaneo? E’ una Fondazione bolognese, presieduta fino a poco tempo fa da Elisabetta Gualmini, oggi renzianissima in servizio permanente nonché vicepresidente della Giunta regionale. Una tipetta sopra le parti, ecco. Come gli esponenti del Pd che siedono nel cosiddetto “board” – lo spiega sontuosamente oggi Marco Palombi sul Fatto – e che ha tra i finanziatori la Regione, 3 ministeri, Legacoop, eccetera. Davvero: un istituto sopra le parti.
L’articolo in oggetto, che ha esaltato – in mancanza di orgasmi migliori – le Meli e i Rondolino, ha per titolo “Comunali 2016: chi ha vinto e chi ha perso”. E qui si sogna davvero, perché il metodo “analitico” seguito dall’Istituto è una roba che se solo mi fossi azzardato a usarlo io quando facevo il Liceo, il mio professore di matematica mi avrebbe soppresso a badilate. Giustamente.
Sogniamo quindi con i Cattaneo (old) boys: il centrosinistra prende il 34.2% (+1 rispetto al 2013), il centrodestra il 29.5% (più 4 rispetto al 2013) e gli appestati grillini scendono al 21.4% (4 punti in meno del 2013). E’ vero? No. I renzini-cattanei prendono (a caso) i dati di 18 capoluoghi di provincia su 24 e li raffrontano (a caso) ora con le Comunali 2011 e ora con le Politiche 2013. Perché non con le Europee 2014? Perché Renzi quella volta aveva ottenuto un plebiscito, e il calo sarebbe stato evidente. Loro dicono: “è il confronto politico più prossimo e politicamente più pregnante”. Chi lo decide? I renzini-cattanei, giudici e arbitri di loro stessi. Daje. Attenzione poi a quel “18 su 24”. Quali sono i 6 capoluoghi di provincia esclusi, con la scusa puerile della “non disponibilità tempestiva dei dati”? Guarda caso sono capoluoghi in cui il Pd è andato malissimo: Latina (dal 18.7 al 12.4), Benevento (dal 23.6 al 16.9). Eccetera.
E gli zozzoni 5 Stelle? Sempre per puro caso, non erano presenti in 3 dei 18 capoluoghi “analizzati”: Varese, Rimini, Ravenna. Chiaramente quei tre “0” abbassano e non poco la media del M5S, ma i renzini-cattanei garantiscono – dopo simulazioni di voto col Vic20 di Nardella – che “questo non altera significativamente il risultato finale”.
Qual è la sintesi di tutto questo? Che ci prendono in giro. Sempre. La famosa storia del pisciarci in testa, per poi dirci che piove.
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