mercoledì 31 maggio 2017

Totti e gli affari d’oro col Campidoglio: 75mila euro al mese dalle case popolari. - Lirio Abbate e Marco Lillo

Totti e gli affari d’oro col Campidoglio: 75mila euro al mese dalle case popolari

Le società del capitano della Roma affittano immobili in periferia al Comune di Roma per l'emergenza abitativa. E il canone è extra large: 900mila euro l'anno per 35 alloggi del residence di Tor Tre Teste. A capo della commissione di gara, l'ex vice capo di gabinetto di Veltroni Odevaine, ora in carcere per Mafia Capitale. Un palazzo in locazione anche all'ex Sismi.

* Pubblichiamo uno stralcio de ”I Re di Roma. Destra e sinistra agli ordini di Mafia Capitale” di Lirio Abbate e Marco Lillo, (Chiarelettere, 272 pagine, 14.90 euro)
Il 19 maggio 2014, meno di tre mesi prima di presentare la richiesta di arresto per i protagonisti di “Mafia Capitale”, i pubblici ministeri romani mettono nel mirino i Caat, una parolina criptica che sta per Centri di assistenza abitativa temporanea, uno scherzetto da quasi 43 milioni di euro di spese all’anno nel bilancio di Roma Capitale. (…) Questi centri vengono creati nel maggio del 2005 con una delibera del consiglio comunale ai tempi in cui è sindaco Walter Veltroni. Negli anni successivi vengono attivati alloggi di emergenza in numerosi palazzi, quasi sempre in periferia, di proprietà dei soggetti che ne fanno richiesta dopo un apposito bando del Comune. (…) L’amministrazione spende 42 milioni e 597.000 euro all’anno per 33 residence, a cui si sommano i centri della Eriches 29, di Salvatore Buzzi, che ospitano complessivamente 584 persone. Nell’elenco dei Caat troviamo grandi immobiliaristi (…). La procura finora non ha mosso accuse sull’emergenza abitativa. Non mancano casi di estrema “concentrazione”. Su 18 strutture a disposizione del Dipartimento Politiche sociali, ben 16 sono delle solite “coop bianche” (…). Alla fine le cooperative vicine a Comunione e liberazione racimolano grazie ai Caat del Comune più di 8 milioni di euro. Secondo il prospetto del Campidoglio, consegnato ai pm nel maggio del 2014 e poi girato al Ros dei carabinieri, Eriches 29 – quindi il versante “rosso” – costa alle casse dell’amministrazione pubblica ben 5 milioni e 179.000 euro, circa 740 euro al mese per immigrato (…).
Grazie a Odevaine 5 milioni vanno alla società di Francesco TottiNella lista consegnata dal pm Luca Tescaroli al Ros per le “concordate verifiche” c’è anche, all’undicesimo rigo della tabella dei Caat, il residence della Immobiliare Ten, amministrata dal settembre del 2009 da Riccardo Totti, fratello del capitano della Roma, e controllata indirettamente per l’83 per cento proprio dal fuoriclasse giallorosso, mentre il restante 17 per cento è diviso tra la mamma e il fratello stesso. 
La catena societaria a monte del palazzo di via Tovaglieri, zona Tor Tre Teste, è composta da tre società che fanno tutte riferimento al numero impresso sulla maglia del“Capitano”: a valle c’è l’Immobiliare Ten, proprietaria dell’immobile affittato al Comune; più su c’è invece l’Immobiliare Dieci che possiede – oltre al 100 per cento delle quote della Ten – anche altri due palazzetti (ora uniti in un unico stabile, ndr) in via Rasella, a due passi da via Veneto. Più su ancora c’è la holding di famiglia, la Numberten Srl: per l’83 per cento di Francesco Totti, per il 6,7 per cento del fratello maggiore Riccardo, amministratore di tutte e tre le società, e per il 10 per cento circa della mamma Fiorella Marrozzini. La società Immobiliare Ten del Capitano ha ottenuto dal Comune di Roma più di 5 milioni di euro in sei anni, per l’affitto di 35 appartamenti arredati in una zona dell’estrema periferia romana. Grazie al canone accordato dall’amministrazione, la società ha potuto realizzare negli anni utili interessanti: nel 2013 (ultimo bilancio depositato in Camera di commercio), 128.000 euro; nel 2012 addirittura 184.000.
Il punto è che il grande affare di Francesco Totti con il Campidoglio è stato fatto, come è accaduto per il gruppo Pulcini e per Salvatore Buzzi, grazie anche a un signore che oggi è in galera: Luca Odevaine. Nessuno è indagato per queste storie, ma resta lo sperpero di denaro pubblico (…). Il 16 ottobre 2007, dopo la pubblicazione di un bando sulla Gazzetta ufficiale il 13 agosto 2007 e dopo l’arrivo delle offerte, viene nominata dal direttore del Dipartimento Politiche abitative del Comune di Roma in carica, Luisa Zambrini, una commissione di gara. (…) Il presidente della commissione è il “dottor Luca Odevaine”.
Qualche giorno prima, il 27 settembre, l’Immobiliare Dieci Srl “spara” l’offerta: per l’affitto di via Tovaglieri chiede un canone annuale complessivo di 1 milione e 280.851 euro. Una cifra spropositata. In pratica Francesco Totti, o meglio, l’amministratore di allora che non era il fratello Riccardo – subentrato solo nel 2009 – ma il commercialista Adolfo Leonardi, chiede al Comune di Roma di pagare più di 3.000 euro al mese per ognuno dei 35 appartamenti del palazzo di Tor Tre Teste.
Lo stesso giorno il Campidoglio dispone di sottoporre l’offerta a un “parere di congruità tecnica” e “a seguito di tali verifiche l’amministrazione di Roma ha informato l’Immobiliare Dieci Srl di essere interessata all’offerta in locazione della struttura” però “a un canone di locazione di 15 euro/mq per mese e 9,50 euro/mq per mese per i servizi gestionali pari a un canone annuo di 714.481 euro oltre Iva al 20 per cento (in tutto fanno 857.000 euro) di cui 437.437 euro oltre Iva al 20 per cento per le unità abitative e 277.000 e 44 oltre Iva al 20 per cento per i servizi di pulizia delle parti comuni (tre volte alla settimana), la portineria 24h, la pulizia al cambio inquilino e la manutenzione ordinaria”.
Il contratto, dalla cifra originaria di 857.000 euro, forse per gli aumenti automatici, sale poi a 908.000 euro l’anno. Un’enormità se si pensa che la società di Totti ha comprato l’immobile con un leasing, poco prima di affittarlo al Comune di Roma, e lo ha pagato 6 milioni di euro più Iva. In pratica, se il Campidoglio avesse acquistato a rate il palazzo invece di pagare la locazione e i servizi di portierato e pulizie alla società di Totti, avrebbe speso quasi la stessa cifra entrando, però, in possesso di un bene.
Il contratto è scaduto il 31 dicembre 2014 ma l’amministrazione continua a pagare anticipatamente ogni mese i 75.000 euro di affitto per le 35 unità immobiliari di questo palazzo di periferia. (…) La società, inoltre, incassa gli affitti dei negozi – per un totale di 1900 metri quadrati – che sono esclusi dal contratto con il Comune. Al piano terra, infatti, troviamo un bel bar, della catena Blue Ice, e un supermercato Conad. Nel 2007 questi affitti extra erano pari a 231.000 euro all’anno. (…)
“Infiltrazioni in camera da letto, piove dal bagno di sopra, gli scarafaggi ci tormentano.”Lo stabile è il classico immobile costruito per ospitare uffici, non certo appartamenti residenziali. “Quando siamo entrati qui – racconta Elisa Ferri che abita con il marito e tre figli piccoli in un appartamento di 75 metri quadrati al primo piano – era tutto in ordine con i mobili ancora imballati. Dopo sei anni e mezzo la situazione è ben diversa. La manutenzione è fatta male. Da un mese nella nostra camera da letto e nel bagno ci sono le infiltrazioni che vengono dall’appartamento del piano di sopra. Uno schifo! Non possiamo fare intervenire i nostri idraulici e siamo costretti ad aspettare quelli della proprietà”. E ancora: “In realtà qui in via Tovaglieri non c’è nessuno della Immobiliare Ten di Francesco Totti. Siamo costretti a passare tramite il portiere che mi risulta lavori per una cooperativa (…)”. “Non sappiamo nemmeno il cognome del responsabile con cui parliamo. Io – si lamenta Elisa Ferri – so solo che si chiama Stefano. Nonostante le promesse, però, a casa mia dopo un mese non è venuto nessuno, piove da sopra e la macchia si allarga a vista d’occhio. Anche l’ascensore è rimasto rotto per settimane questa estate senza che nessuno intervenisse nonostante la presenza di anziani. La casa è molto umida. Le pareti e i tramezzi sono troppo sottili e questo palazzo non è stato costruito per essere abitato ventiquattr’ore al giorno, ma solo per lavorarci”. E come se non bastasse, “il Comune spende tanto per la bolletta elettrica. Inoltre siamo tormentati dagli scarafaggi. Io penso che Francesco Totti non immagini nemmeno in che situazione ci troviamo. Qui non lo ha mai visto nessuno. Pensi che nel palazzo si era diffusa la voce che aveva regalato tutto al Comune”.
In realtà non è così. La Immobiliare Ten, amministrata da Riccardo Totti, in questa storia si è comportata come una società che massimizza il profitto. Semmai è il Comune che ha fatto beneficenza al calciatore più ricco di Roma. Tra affitto e spese, gli appartamenti “ci” costano l’uno 2.161 euro di affitto al mese. Un canone degno del centro di Roma, non certo di Tor Tre Teste. Un bell’autogol per tutti.
Quello stabile a due passi da via Veneto che ospita gli uffici dell’Aise.A questo punto è interessante capire la storia del palazzo di via Tovaglieri. Inizialmente il proprietario, come accaduto per altri residence poi affittati come Caat al Comune, è la società Fimit Sgr, un grande fondo immobiliare italiano nato nel 1998 per iniziativa di Inpdap e Mediocredito Centrale. Fino a maggio del 2007, alla guida c’è Massimo Caputi, un manager molto importante che ha guidato colossi come Invitalia e Grandi Stazioni (…).
Il 30 maggio 2007 l’Immobiliare Dieci Srl stipula un preliminare con Fimit per comprare il palazzo di via Tovaglieri e due stabili in via Rasella. La società del Capitano si impegna ad acquistare il “pacchetto” a 16 milioni e 950.000 euro. Il prezzo è buono per gli acquirenti e permette al fondo di fare una plusvalenza di 3,3 milioni.
Il vero affare per i Totti sono i due palazzetti accanto a via Veneto, mentre quello di Tor Tre Teste viene infilato giusto per venderlo. In via Rasella, infatti, il Capitano compra immobili quasi totalmente liberi da inquilini, con una superficie netta da affittare pari a 1.860 metri quadrati al prezzo di 10 milioni e 950.000 euro, tutt’altro che elevato per quella zon (…)
Ben diversa, almeno sulla carta, la situazione di via Tovaglieri. (…) Nel maggio del 2007, quando la società di Totti firma il contratto preliminare di acquisto al prezzo di 6 milioni con Fimit, è un mezzo bidone: difficile da affittare e con un valore in calo. Tra il preliminare e il definitivo però le cose cambiano. (…) Il 16 ottobre viene nominata la commissione che deve valutare le offerte, presieduta da Luca Odevaine, e venti giorni dopo, il 7 novembre, la società di Totti stipula il contratto definitivo di acquisto con Fimit per il palazzo di via Tovaglieri. Sembra un azzardo ma il 16 dicembre 2008, il Comune e l’Immobiliare Ten firmano il contratto di locazione. (…) Via Tovaglieri, grazie al contratto per sei anni rinnovabile tacitamente, è una gallina dalle uova d’oro (…)
I due palazzi di via Rasella sono stati invece uniti e ristrutturati. Oggi ci sono gli uffici amministrativi dei servizi segreti italiani. L’Immobiliare Dieci detiene in leasing lo stabile e ottiene, nel 2013, ricavi per 1 milione e 70.000 euro. Probabilmente pagati tutti dall’Aise (Agenzia informazione e sicurezza esterna). Sul palazzo c’è anche la targa della presidenza del Consiglio. L’Immobiliare Dieci sostiene per via Rasella una rata del leasing pari a 545.000 euro ai quali bisogna assommare altri costi e ammortamenti. Alla fine, il netto utile è di 182.000 euro nel 2013.  (…) Francesco Totti, pur essendo il maggiore azionista delle due società immobiliari e quindi “il beneficiario” economico principale, non è amministratore delle due società e potrebbe non essere a conoscenza della genesi e dell’evoluzione dei rapporti con il Comune di Roma e con la presidenza del Consiglio per la locazione dei palazzi di via Tovaglieri e di via Rasella.
Francesco e Luca, romanista sfegatato, si incontravano negli uffici del ComuneIn Comune raccontano che Francesco Totti, ai tempi di Veltroni sindaco, aveva un buon rapporto personale con Luca Odevaine. L’allora braccio operativo del primo cittadino è un romanista sfegatato. Il Capitano lo conosceva bene e andava anche a trovarlo talvolta nel suo ufficio in Campidoglio. A testimonianza di un rapporto profondo tra i due, c’è un necrologio pubblicato in occasione della morte del padre di Luca, Remo Odevaine (…): “Sinceramente addolorati per la triste circostanza porgiamo le nostre condoglianze. Vito Scala e Famiglia, Francesco Totti e Ilary Blasi”.
Il necrologio è datato 15 novembre 2005, quindi precedente alla decisione, da parte della commissione presieduta da Luca Odevaine, di affittare per sei anni a un canone complessivo che supera i 5 milioni di euro il palazzo di proprietà della società dell’amico Francesco. Nonostante ciò, Odevaine non riterrà più opportuno astenersi da quel ruolo che spetterebbe a persone “terze” e in Comune nessuno dirà nulla.
Il rapporto tra i due non si è mai interrotto, come il contratto di affitto. Una traccia di questa stima reciproca si trova anche sui quotidiani del 24 gennaio 2013. Quel giorno Odevaine, sotto la bandiera di Fondazione Integra/Azione e in collaborazione con Legambiente e cooperativa Abitus, organizza una partita contro il razzismo (…). “L’iniziativa – scrive Repubblica – è stata apprezzata dal capitano dell’A. S. Roma, Francesco Totti” (…).
Un’altra “battaglia giusta” potrebbe essere anche quella contro gli sprechi, che dovrebbe imporre a Totti – certamente all’oscuro dei malaffari di «mafia Capitale» – di migliorare la condizione degli inquilini del palazzo di via Tovaglieri e al Comune di chiudere al più presto il contratto con la società Immobiliare Ten e trovare una sistemazione più degna per 35 famiglie.
da Il Fatto Quotidiano del 6 marzo 2015

Nuovi occhi per riscrivere l'origine dei pianeti. - Enrica Battifoglia

Una interpretazione artistica del momento in cui masse caotiche di gas e polveri cominciano ad aggregarsi per dare origine a un pianeta (fonte: NASA/JPL-Caltech) © Ansa
Una interpretazione artistica del momento in cui masse caotiche di gas e polveri cominciano ad aggregarsi per dare origine a un pianeta (fonte: NASA/JPL-Caltech)

Sono quelli del radiotelescopio Alma.


CHAJNANTOR - Occhi molto speciali si preparano a riscrivere la storia di stelle e pianeti: sono quelli del radiotelescopio più grande del mondo, Alma, che si trova a 5.000 metri di quota sulle Ande cilene, a Chajnantor, al confine con la Bolivia. In questo momento di particolare entusiasmo per il susseguirsi delle scoperte di pianeti esterni al Sistema Solare, i telescopi ottici sono letteralmente a caccia di immagini mentre i radiotelescopi come Alma puntano a studiare con un dettaglio maggiore i meccanismi grazie ai quali masse caotiche di gas e polveri cominciano ad aggregarsi per dare origine a pianeti e stelle.

"Non abbiamo idea di come le teorie attuali possano cambiare, ma con Alma potremo avere nuovi dati e raggiungere una precisione tale da poter individuare anche le molecole organiche alla base dei mattoni della vita", ha detto l'astronomo Bill Dent, che nel centro di controllo di Alma gestisce insieme ai suoi colleghi l'enorme quantità di dati raccolti dalle 66 antenne del radiotelescopio nato dalla collaborazione tra Osservatorio Europeo Australe (Eso), Stati Uniti, Giappone, Canada, Taiwan, Corea del Sud e Cile.

Le antenne sono state costruite in Italia dalla Thales Alenia Space (Thales-Leonardo). L'obiettivo ambizioso è riscrivere la storia delle origini, chiarendo i meccanismi che hanno portato alla formazione di pianeti, stelle e galassie. La chiave per raggiungerlo è esplorare nel cosmo il mondo dell'infinitamente piccolo utilizzando lunghezze d'onda inferiori a un millimetro. Soltanto in questo modo diventa possibile analizzare i singoli granelli delle polveri che potranno generare nuovi pianeti o i gas che daranno origine a nuove stelle. "Le polveri sono oggetti interessanti e che possono rivelarci molte cose", ha osservato Dent. 

Fare un salto in avanti in questa direzione è necessario, ha aggiunto, perché "le teorie attuali della formazione dei pianeti considerano aspetti macroscopici, che non riescono a spiegare i meccanismi con i quali le polveri si aggregano e acquisiscono una massa sempre maggiore". Alma promette di fornire una grandissima mole di dati e per analizzarli, negli edifici che si trovano vicino alle antenne è al lavoro uno dei supercomputer più potenti, chiamato Correlator. "ci aspettiamo - ha concluso Dent - risultati fantastici".

http://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/spazio_astronomia/2017/05/30/nuovi-occhi-per-riscrivere-lorigine-dei-pianeti_ebf32178-1ab8-400f-b0cc-3ebb4a2f7eae.html

Manovrina, trionfa la restaurazione. Dai direttori dei musei alle concessioni del Bingo, passando per gli appalti Consip. - Chiara Brusini e Thomas Mackinson

Manovrina, trionfa la restaurazione. Dai direttori dei musei alle concessioni del Bingo, passando per gli appalti Consip

Doveva essere un decreto agile con cui correggere i conti come imposto da Bruxelles. Poi è iniziato l'assalto alla diligenza dei partiti e dello stesso governo a suon di mance e prebende. Ma soprattutto con l'irresistibile tentazione di restaurare norme morte e sepolte riportando indietro le lancette della storia. Da Alitalia agli appalti Consip fino alle concessioni per il Bingo scadute, ecco le misure che portano l'Italia nel futuro. A passo di gambero.

Rewind. Riecco i doppi incarichi per i politici locali. Riecco il lavoro occasionale: lo strumento non si chiama più voucher, ma la strada per gli abusi resta spianata. E nuovi direttori dei musei, che secondo il Tar sono stati nominati senza rispettare la legge? Dopotutto potranno rimanere in sella. La manovrina di primavera, su cui il governo alla Camera ha posto la fiducia, doveva essere un decreto agile per racimolare i 3,4 miliardi di euro necessari a correggere i conti, come imposto da Bruxelles. Poi è iniziato l’assalto alla diligenza dei partiti e dello stesso governo con le solite mance e prebende, ma soprattutto l’irresistibile tentazione di restaurare norme morte e sepolte riportando indietro le lancette della storia. Ora poi, mentre prende corpo l’ipotesi di elezioni in autunno con annessi dubbi sui tempi della legge di Bilancio, addio indugi: bisogna assicurarsi di salvare il salvabile. Da Alitalia agli appalti Consip fino alle concessioni per il Bingo e al rinnovo della “vita tecnica” degli skilift abruzzesi. Proroga e restaurazione in 13 mosse, così l’Italia cammina verso il futuro. A passo di gambero.

il resto dell'articolo qui:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05/31/manovrina-trionfa-la-restaurazione-dai-direttori-dei-musei-alle-concessioni-del-bingo-passando-per-gli-appalti-consip/3623253/

Autobomba a Kabul, 80 morti e 350 feriti.

 © EPA

Nel distretto diplomatico di Wazir Akbar Khan.

 Un'autobomba e' esplosa questa mattina sulla piazza Zanbaq di Kabul, nella zona diplomatica della capitale afghana, provocando almeno 80 morti e 350 feriti. Lo riferisce l'emittente 1TvNews citando un portavoce del ministero della Sanità. Da parte sua il coordinatore del governo, Abdullah Abdullah, ha sostenuto in un tweet che "quelli che ci uccidono nel mese sacro di Ramadan non meritano appelli alla pace, ma devono solo essere distrutti ed estirpati".

L'attacco e' avvenuto nel distretto di Wazir Akbar Khan, vicino a diverse ambasciate e non lontano dal palazzo presidenziale e dalla sede della missione Nato 'Resolute Support'
La missione Nato ha confermato che l'attentato è avvenuto vicino al suo quartier generale, sostenendo di essere impegnata a verificare le condizioni di tutto il suo personale.
L'esplosione e' stata così violenta che ha distrutto o danneggiato oltre 30 vetture ed ha mandato in frantumi i vetri degli edifici circostanti per un raggio di circa un chilometro.

Sono 65 i feriti già assistiti dall'ospedale di Emergency a Kabul, che pure ha subito danni per la forza dell'esplosione. "E altre decine e decine sono in attesa al pronto soccorso".  Lo rende noto in una serie di tweet la stessa ong guidata da Gino Strada. Sua figlia Cecilia spiega da parte sua che "il nostro centro a Kabul è stato scosso dall'esplosione. I colleghi stanno bene, sono al lavoro per i feriti; poi vedremo i danni".

Quasi tutte le vittime sono civili e molti di essi sono dipendenti della compagnia di telefonia cellulare afghana Roshan. Lo sostiene la tv Ariana. Queste informazioni sono rilanciate anche da 1TvNews che segnala come l'esplosione abbia danneggiato anche l'edificio dove si trovano i suoi studi.


Definitemi anche complottista, ma io sono convinta che la matrice dell'attentato è di origine occidentale. 
Nessuno, credo, potrebbe essere così masochista da farsi scoppiare a casa propria.

martedì 30 maggio 2017

Basta la parola. - Alessandra Daniele




Dopo essersi scagliato varie volte contro i mercanti d’armi, Papa Bergoglio la settimana scorsa ha ricevuto in pompa magna il più grosso mercante d’armi del mondo, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Il quale, dopo aver piazzato 110 miliardi di dollari di armi ai principi sauditi, maggiori sponsor del terrorismo islamista, gli ha raccomandato con un solenne discorso ufficiale di combattere il terrorismo islamista.
Basta la parola.
Quello che s’è svolto in Vaticano è stato dal punto di vista mediatico una specie d’incontro fra materia e antimateria. 

Se Donald Trump è unanimemente disprezzato dai media main stream, che tifano per il suo impeachment con una furia da ultras, Papa Bergoglio gode d’una estasiata idolatria indiscussa. Persino fra gli opinionisti atei solitamente mangiapreti è considerato un imprescindibile obbligo sociale adorarlo, e dichiararlo l’unico leader credibile del pianeta, l’unica speranza di riscatto per i poveri e i perseguitati.
Se Wojtyla era famoso ma controverso come una rockstar, Bergoglio in arte Francesco non è nemmeno in discussione. È santo subito. A prescindere.


Ma perché i media mainstream ci tengono tanto a santificare qualcuno che dice cose apparentemente così contrarie all’establishment? Perché le dice, ma non le fa.
Al netto di slogan e gadget tipo la Misericordina, quali sostanziali cambiamenti concreti il suo pontificato ha davvero portato finora?


La Chiesa ha rinunciato alle sue ricchezze terrene per devolverle ai poveri, aprendo i propri palazzi a profughi e rifugiati?
No.


Non ha nemmeno rinunciato all’otto per mille, né alle detrazioni fiscali.


La Chiesa ha abolito il malsano celibato obbligatorio per i consacrati, ha aperto al sacerdozio femminile, ha smesso di definire l’aborto un infanticidio?
Macché.


Non ha nemmeno smesso di fare pressioni indebite sul parlamento italiano, cercando di soffocare le poche già esili leggi sui diritti civili.


Forse però aspettarsi mutamenti così radicali è troppo. Bisogna accontentarsi d’un repulisti, una Mani Pulite oltretevere. Almeno quella c’è stata?
Figuriamoci.


La narrazione, come sempre in questi casi, è che Papa Bergoglio ci stia provando, ma non ci riesca perché bloccato dalle gerarchie, dalle burocrazie, dalle consorterie. Dal TAR. Dal CNEL.


Benché nessun autentico rinnovamento stia avvenendo, Bergoglio è quindi considerato comunque un grande rinnovatore, per quello che dice.
Basta la parola.
E così, con la sua fotogenia ruffiana, il gesuita Bergoglio restaura la maschera benevola del potere che Trump con la sua spudorata mostruosità ogni giorno distrugge.
In un mondo nel quale ormai le élite sono giustamente considerate il Nemico, un leader, anzi un sovrano assoluto che riesca a dare l’impressione che il potere non sia un male in sé, purché si trovi nelle mani “giuste”, è in realtà una benedizione per tutti i potenti.


Fonte: www.carmillaonline.com

https://comedonchisciotte.org/basta-la-parola/

Risparmio e Pir, l’ultima trovata del Tesoro per rilanciare l’economia a spese delle famiglie. - Fiorina Capozzi

Risparmio e Pir, l’ultima trovata del Tesoro per rilanciare l’economia a spese delle famiglie

Non è detto che i Piani individuali di risparmio siano un affare per i piccoli investitori che da un lato non pagheranno tasse sui rendimenti, ma dall’altro non avranno garanzie su guadagni e capitale. Come nel caso dei fondi di investimento, i ritorni sono infatti legati a doppio filo con la performance delle aziende su cui il gestore deciderà di puntare investendo in azioni ed obbligazioni.

Si chiamano Piani individuali di risparmio (Pir). E sono l’ultima trovata del Tesoro per racimolare denaro fra i risparmiatori nell’intento di finanziare le imprese e sostituire il più possibile il credito bancario. Non è detto però che siano un affare per i piccoli investitori che da un lato non pagheranno tasse sui rendimenti, ma dall’altro non avranno garanzie su guadagni e capitale. Come nel caso dei fondi di investimento, i ritorni dei Pir sono infatti legati a doppio filo con la performance delle aziende su cui il gestore deciderà di puntare investendo in azioni ed obbligazioni.
A differenza degli altri prodotti finanziari in circolazione, i Pir hanno come maggior vantaggio l’esenzione dall’imposta sui redditi da capitale (26% per azioni e bond, 12,5% per i titoli di Stato). A patto di non toccare i soldi per almeno cinque anni. Inoltre promettono rendimenti cospicui, anche se non stellari. I gestori dei Pir proposti dalla società di gestione di risparmio di Banca Intesa, Eurizon, prevedono, ad esempio, un rendimento annuo fra il 3 e il 7 per cento. Si tratta di guadagni consistenti in tempi di tassi bassi. Ma non è tutto oro quel che luccica: questi prodotti che, al momento, sono distribuiti da banche e assicurazioni, ma che ben presto faranno capolino anche allo sportello postale, potrebbero riservare sorprese inattese ad un risparmiatore poco avvezzo al gergo finanziario.
Innanzitutto il rendimento atteso non è una certezza, ma una previsione lorda di redditività. Dall’eventuale guadagno bisognerà poi sottrarre le commissioni bancarie che, a seconda dell’intermediario e del prodotto, variano fra l’1,15 e il 5 per cento. Inoltre, si dovranno anche detrarre le spese di gestione che variano fra l’1 e il 2,5 per cento del capitale investito. Nel caso poi la performance del Pir sia positiva, va anche detratta una commissione di risultato che varia fra il 10 e il 25 per cento. Così alla fine la convenienza rispetto ad un buon conto deposito o ad un altro prodotto finanziario è tutta da verificare.
Quanto al profilo di rischio, poi, il Pir non è certo sicuro al 100%: se il gestore sbaglia investimenti, rendimento e capitale saranno a rischio. Nulla esclude quindi performance deludenti come accaduto, ad esempio, per i fondi immobiliari collocati fra i piccoli risparmiatori all’alba della crisi sul mattone. Infine, a differenza dei fondi di investimento che puntano su grandi società quotate, su titoli di Stato o su obbligazioni di gruppi internazionali, i Pir hanno un focus specifico su piccole e medie imprese italiane. Per legge, questi prodotti investono fino al 70% del patrimonio in azioni o obbligazioni di aziende italiane quotate o europee con “stabile organizzazione” in Italia. Di quel 70%, il 30%, pari al 21% del portafoglio complessivo, deve andare in società medio-piccole quotate e non. Di conseguenza la redditività del Pir dipenderà dal successo delle aziende selezionate dal gestore. Che peraltro ha anche a disposizione un numero limitato di opportunità di investimento fra le piccole e medie imprese italiane quotate in Borsa sui segmenti Star e Aim (124 società in totale). Resta poi il fatto che per il risparmiatore investire in un Pir è un’operazione di fiducia nella banca e nel gestore dal momento che, come accade per i fondi, il cliente non può sapere in anticipo su quali imprese investirà né quali saranno i parametri di selezione che qualificheranno un’azienda come solida.
I Pir non sono quindi un prodotto per tutti come possono esserlo i buoni postali o i Btp, con bassissimi rendimenti ma a garanzia pubblica. Sono piuttosto uno strumento destinato alla diversificazione di portafoglio. Che cosa significa? In pratica, se ho 10mila euro di risparmi, è sconsigliabile investirli tutti in un piano di risparmio seguendo lo specchietto per le allodole dei vantaggi fiscali. Al limite, solo una piccola quota. Non a caso anche il governo ha fissato dei tetti massimi all’investimento in Pir (30mila euro l’anno per cinque anni senza superare la soglia dei 150mila euro). Limiti che tuttavia non sono sufficienti ad evitare il rischio che, in un Paese con un basso livello di alfabetizzazione finanziaria, i piccoli risparmiatori rimangano scottati. Anche perché la legge che ha introdotto i Pir con il positivo intento di sostenere le imprese, nulla dice sui parametri di solidità che devono avere le aziende in cui investiranno gli intermediari. Con il risultato che la discrezionalità del gestore regnerà sovrana sull’investimento e l’unica certezza saranno commissioni e spese bancarie.
Nonostante il fatto che il Pir sia un prodotto destinato ad un investitore consapevole, il Tesoro spera possa attirare l’interesse di un gran numero di risparmiatori: il ministero guidato da Pier Carlo Padoan confida nel fatto che, complice l’esenzione d’imposta, gli italiani possano destinare ai Pir buona parte dei 4mila miliardi dei loro risparmi e contribuire così al rilancio dell’economia. E c’è da dire che finora la risposta dei risparmiatori italiani è stata molto positiva: “La raccolta è al di là di ogni aspettativa”, ha spiegato al Sole24Ore del 18 maggio 2017 il capo della segretaria tecnica del ministero dell’Economia e delle finanze, Fabrizio Pagani, lo stesso che ha tirato le fila della fallimentare operazione Alitalia-Ethiad. Ed, in effetti, i numeri sono da capogiro, come da tempo la finanza italiana non ricordava: secondo Assogestioni, fra gennaio e aprile 2017 i Pir hanno raccolto tre miliardi e mezzo di euro e secondo il Tesoro si potrebbe raggiungere la cifra record di 10 miliardi entro fine 2017. Se il target dovesse essere centrato, la somma sarebbe decisamente superiore alle più rosee previsioni del Tesoro che si attendeva una raccolta fra i 16 e i 18 miliardi in cinque anni. L’altra faccia della medaglia è che il grande successo nella vendita dei Pir aumenterà anche la probabilità che il prodotto finisca nei portafogli “sbagliati” tradendo le aspettative dei piccoli risparmiatori e ripetendo così un copione già visto.

lunedì 29 maggio 2017

Manovrina, l’emendamento Pd ripristina doppi incarichi per 143mila politici locali. - Thomas Mackinson

Manovrina, l’emendamento Pd ripristina doppi incarichi per 143mila politici locali

Nel 2012 è stata introdotta l'incompatibilità tra eletti e incarichi professionali retribuiti nelle pubbliche amministrazioni. Ma in Commissione Bilancio si riapre il capitolo delle consulenze. Unico limite: non potranno essere affidate dallo stesso ente in cui si è eletti. Ma basta andare nel comune a fianco o in un'altra regione. Ecco come hanno resuscitato il doppio lavoro degli eletti.

Zac e zac, un colpo di forbici e una penna. E 143mila politici locali di tutta Italia hanno riacquistato di colpo il diritto al “doppio incarico”, quello di consigliere per il quale ricevono emolumenti e rimborsi dal proprio ente d’elezione e quello ​di consulente geometra, avvocato, progettista o ingegnere collaudatore. Unico limite: non farlo nell’amministrazione in cui occupano​ la poltrona. Ma basta andare in quella a fianco e l’incompatibilità, come d’incanto, non c’è più. E’ una delle sorprese della “manovrina” che in fase emendativa sta funzionando come una macchina del tempo che sposta le lancette della legge secondo i desiderata del momento.
Il Tar ha bocciato le nomine dei nuovi direttori dei musei? L’indomani spunta l’emendamento ad hoc che reinterpreta la legge 16 anni dopo, annullando il divieto. La stessa cosa succede oggi per consiglieri di 6mila comuni ​e 20 regioni d’Italia cui il governo Monti, cinque anni fa aveva messo un freno. A garanzia del risparmio e del buon andamento delle pubbliche amministrazioni, agli eletti venne vietato per legge di svolgere incarichi professionali remunerati. Al massimo, potevano percepire il rimborso delle spese sostenute e gettoni di presenza non superiori a 30 euro ma limitatamente a quelli obbligatori per legge, come il revisore dei conti. Per il resto, niente incarichi.
Quell’impiccio, evidentemente, dà fastidio a molti. Così nella prima versione della manovrina l’incompatibilità è stata rimossa per i 1.117 consiglieri regionali, purché la pubblica amministrazione conferente operi in ambito territoriale diverso da quello dell’ente presso il quale è rivestita la carica elettiva. Per i soli consiglieri comunali la limitazione era estesa all’area provinciale o metropolitana in cui esercita la carica elettiva. Troppo, deve aver pensato il deputato Pd Giuseppe Sanga. Ed ecco che l’onorevole si fa promotore in Commissione Bilancio di un emendamento ad hoc all’articolo 22 che riduce il divieto al solo comune d’elezione.
Così il consigliere o assessore che volesse svolgere incarichi di progettista per un’amministrazione pubblica potrà farlo semplicemente in quella a fianco. Ad esempio un consigliere regionale del Lazio che svolge la professione d’avvocato potrà essere remunerato nel caso in cui sia chiamato ad assistere legalmente in una causa (o incaricato per una consulenza) un ente locale di qualsiasi livello in Liguria o in una qualunque altra Regione diversa dal Lazio. ​Idem per il consigliere comunale di Forlimpopoli che potrà esercitare la sua professione al servizio del comune di Ospedaletto con cui la sua amministrazione confina.
Il blitz a favore del doppio lavoro dei consiglieri passa, ma non inosservato. Attaccano, ad esempio, i deputati di Alternativa Libera: “La scelta del Partito Democratico di cancellare il divieto per le pubbliche amministrazioni di dare incarichi professionali retribuiti a quanti sono già titolari di cariche elettive in enti locali è un vero e proprio insulto ai tanti professionisti, soprattutto giovani, che, in un periodo di crisi come quello attuale, si vedono ridurre le opportunità lavorative e di guadagno in favore dei rappresentati dei partiti”.
Va anche detto che ​dal 2012 ad oggi molti consiglieri avevano fatto ricorso​ e sollevato eccezioni​ contro la legge. I ricorsi erano poi andanti però a sbattere sul portone della Corte Cost​it​uzionale che giusto l’anno scorso si è espressa ​in difesa dei vincoli riferiti a tutte le ipotesi di incarico​. Perché la ratio della legge, spiegava la Corte, non era la “preclusione dello svolgimento degli incarichi in favore delle pubbliche amministrazioni da parte dei titolari di carica” elettiva bensì “escludere che il titolare di tali cariche potesse percepire ulteriori emolumenti”. In pratica che gli incarichi venissero subordinati a logiche politiche anziché di garanzia della buon andamento dell’amministrazione. Con la manovrina quegli incarichi non saranno più vietati ma facoltativi. Basterà spostarsi di qualche chilometro per uscire dal perimetro dei divieti. Magari coperti con rimborso della benzina. E i consiglieri d’Italia, fin d’ora, ringraziano.

Ecco perché il capitale vuole l’immigrazione di massa. - Diego Fusaro




Lo spettacolo pornografico televisivo, la chiacchiera vacua giornalistica, l’opinare ortodosso con tratti di lirismo servile proprio dei chierici accademici hanno come obiettivo portante la distrazione di massa e la conservazione santificante dell’ordine simbolico che superstrutturalmente legittima l’ordine strutturale dei realissimi rapporti di forza. 

Distrazione di massa, giacché l’attenzione delle masse pauperizzate deve senza posa essere spostata dalla contraddizione economica classista. 
Conservazione dell’ordine simbolico dominante, in quanto le masse asservite devono accettare le categorie e i concetti che prevedono e legittimano il loro stesso asservimento. 
L’obiettivo è garantire che i servi lottino sempre solo in difesa delle proprie catene e contro ogni eventuale liberatore. 

Perché il Capitale vincente giubila all’arrivo dei migranti? 
Perché, pur potendo farlo, non ne regola i flussi? 
Non è difficile capirlo, per chi voglia procedere con la propria testa e senza seguire le correnti del politicamente corretto e del pensiero unico artatamente preordinato. 
Il Capitale ha bisogno di masse di schiavi ricattabili e senza diritti, disperati e disposti a tutto pur di sopravvivere. 
Ne ha bisogno per tre ragioni: 
1) perché può sfruttarli senza riserve, nel modo più efficace, come materiale umano disponibile; 
2) perché può usarli, nella lotta di classe, come strumenti per abbassare il costo della forza lavoro, costringendo il lavoratore italiano e francese a lavorare nelle stesse condizioni del migrante (è la marxiana legge dell’esercito industriale di riserva); 
3) perché può far sì che prosperino le lotte tra gli ultimi (autoctoni contro immigrati) e che la lotta resti nel piano orizzontale dei servi in lotta con i servi e mai si verticalizzi nella forma del conflitto tra servo e signore.

http://www.forzadelpopolo.org/ecco-perche-il-capitale-vuole-limmigrazione-di-massa/

Corea del Nord lancia un nuovo missile, Seul convoca Consiglio di sicurezza.

North Korea Koreas Tensions © AP
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Il vettore ha coperto la distanza di circa 450 km prima di finire nelle acque del mar del Giappone.

La Corea del Nord ha lanciato oggi un missile di tipo Scud dalle vicinanze di Wonsan, città della provincia nordorientale di Gangwon: è l'ipotesi più accreditata dai militari di Seul, secondo cui il vettore ha coperto la distanza di circa 450 km prima di finire nelle acque del mar del Giappone. Il test è avvenuto alle 5:39 sudcoreane, le 22:39 di domenica in Italia, in base ai dati diffusi dal Comando di Stato maggiore di Seul. Se fosse confermato, si tratterebbe del terzo modello di missile diverso lanciato in poche settimane. La mossa di Pyongyang suona come la risposta al G7 di Taormina del fine settimana, in cui i leader dei Sette Grandi hanno concordato che la Corea del Nord "pone nuovi livelli di minaccia in crescita di grave natura alla pace e alla stabilità internazionale", invitandola all'immediato stop dei suoi piani missilistici e nucleari nella piena conformità delle diverse risoluzioni Onu sull'argomento. I missili Scud, di derivazione sovietica, usano carburante liquido e hanno una capacità di 300-500 km, avendo per target la copertura del territorio sudcoreano. Di recente, Pyongyang avrebbe sviluppato una variante, nota come Scud-ER (extended range), in grado di doppiare la distanza e di mettere nel mirino anche il Giappone, tra speculazioni che vorrebbero il Nord impegnato sul fronte dei missili terra-mare contro le portaerei Usa, sempre più numerose intorno alla penisola. Il lancio di oggi è il nono da inizio anno e il terzo da quando il presidente Moon jae-in si è insediato il 10 maggio alla presidenza della Corea del Sud: il primo test, il 14 maggio, ha interessato un Hwasong-12, vettore a medio-lungo raggio che ha raggiunto l'altitudine di 2.111,5 chilometri e la gittata di 787 chilometri (secondo il Nord); il secondo, il 21 maggio, ha visto il missile terra-aria a medio raggio Pukguksong-2, su cui il leader Kim Jong-un ha disposto la produzione di massa.

Il presidente sudcoreano Moon Jae-in ha convocato una riunione d'urgenza del Consiglio sulla sicurezza nazionale, iniziata alle 7:30 (00:30 in Italia), come risposta immediata al lancio del missile a corto raggio deciso e fatto oggi da Pyongyang. La nuova intemperanza del Nord giunge nel mezzo degli sforzi di Seul per riaprire un canale almeno sull'assistenza umanitaria. La scorsa settimana, infatti, il ministero dell'Unificazione di Seul ha approvato la richiesta di un gruppo locale per la fornitura e la consegna di reti e sostanze repellenti contro gli insetti. Seul "replicherà con decisione alle provocazioni della Corea del Nord, ma allo stesso tempo, saremo flessibili sulla revisione dei mezzi per consentire aiuti umanitari e scambi tra civili senza compromettere le sanzioni internazionali", ha detto un funzionario ministeriale citato dall'agenzia Yonhap. 

sabato 27 maggio 2017

Il totalitarismo dell’odio è anche nostro. - Massimo Fini

AttentatoMolti giornali hanno pubblicato in prima pagina la fotografia di Saffie Rose Roussos la più piccola delle vittime (8 anni) della strage di Manchester. Uccidere dei bambini è una cosa orribile, ma strumentalizzarli è qualcosa che sta solo un paio di gradini sotto. Nella prima guerra del Golfo furono uccisi dai bombardieri americani e della Nato 32.195 bambini, dati inoppugnabili perché forniti, sia pur involontariamente, dal Pentagono. Se dovessimo stare nella stessa logica i giornali occidentali dovrebbero pubblicare ogni giorno, per riparazione, la fotografia di uno di questi piccoli, cioè almeno per una decina di anni. Non è che i bambini degli altri sono diversi dai nostri, se non per qualche caratteristica fisica (i bambini dei paesi musulmani, i piccoli Alì, sono in genere tutti riccioluti).
Sul Corriere della Sera Cazzullo si chiede “quale responsabilità possono portare i ragazzi che vanno a un concerto”. Nessuna, ovviamente. Ma quale responsabilità potevano portare i bambini uccisi a Baghdad e a Bassora e le altre decine di migliaia uccisi dai bombardieri americani e Nato in Afghanistan, in Iraq, in Libia?
Certo, in questi macabri conteggi, c’è un’indubbia differenza fra i bambini uccisi a Manchester e i bambini uccisi dai bombardieri americani e Nato. L’attentatore jihadista di Manchester e i suoi complici (perché tutto fa pensare che questa volta non si tratti di un ‘lupo solitario’ ma di una cellula incistata sul suolo britannico) non solo sapevano che avrebbero ucciso dei bambini ma volevano uccidere dei bambini. I piloti, e anche i non piloti nel caso dei droni, americani e Nato non volevano premeditatamente uccidere dei bambini, anche se sapevano che li avrebbero inevitabilmente uccisi e in una misura molto maggiore di quella che può fare un kamikaze. Gli jihadisti non fanno differenze. Noi occidentali qualche differenza la facciamo ancora. In questa orribile ‘guerra asimmetrica’ c’è in questa differenza il solo punto di vantaggio a nostro favore, sul piano morale, rispetto alla jihad.
Sul Foglio Giuliano Ferrara, questo acrobata professionale nel manipolare i fatti, scrive: “Attaccare, per non essere attaccati. Annientare, per non essere annientati…E noi, invece di esportare con una violenza incomparabilmente superiore alla loro l’unico modo di vita che preveda la possibilità della pace, invece di rispettare il loro progetto distruggendone le radici sociali e politiche dove risiedono, noi a baloccarci, a piangerci addosso, a ricusare la violenza e l’odio”. Ferrara riprende in toto, quasi aggravandola, la teoria di George W. Bush: esportare la democrazia con la violenza. Questo irresponsabile individuo sembra non rendersi conto, non so se volutamente o meno, che proprio da questa esportazione violenta della democrazia, in Serbia, in Afghanistan, in Iraq, in Somalia e in Libia, è nata la guerra che oggi ci contrappone non solo all’Isis ma, sia pure in forme diverse, all’intero mondo musulmano e anche a quei pochi altri mondi che ci sono restati estranei. Gli effetti devastanti, sia nelle terre arabe che nelle nostre, della ‘teoria Bush’ sono sotto gli occhi di tutti. Ma non di quelli di Ferrara. Che, pare capire (“con una violenza incomparabilmente superiore”), non sarebbe alieno da gettare qualche atomica sul “mondo della violenza e dell’odio”.
Mi piacerebbe anche capire come “l’unico modo di vita che preveda la possibilità della pace” si concili, per fare un esempio recente, con le armi che Trump si appresta a fornire nella misura di 120 miliardi di dollari all’Arabia Saudita, secondo l’accordo firmato l’altro giorno a Riad.
Questo totalitarismo della violenza, dell’odio, dell’orrore non appartiene solo agli jihadisti, appartiene anche a noi. Anzi siamo stati proprio noi, ubbriacati e resi irresponsabili dalla nostra apparente superiorità militare, a provocarlo.

G7: intesa su freno al protezionismo. Trump e Merkel disertano le conferenze stampa finali.

G7: intesa su freno al protezionismo. Trump e Merkel disertano le conferenze stampa finali

Insolita decisione dei leader di Stati Uniti e Germania. Concluso il vertice con i Paesi africani sul tema delle migrazioni. Nuova riunione dei Grandi Sette fino alle 15. Prime indiscrezioni sul dossier: stallo sul clima, "più tempo agli Usa" per prendere decisione sull'accordo di Parigi.

TAORMINA - Quello di oggi è il secondo e ultimo giorno di quello che è stato definito "il G7 più impegnativo degli ultimi anni". Dopo la prima giornata di vertice, conclusasi con l'accordo sul terrorismo, restano ancora divergenze tra i leader riguardo al clima, alla questione migranti e al commercio internazionale. Secondo le prime indiscrezioni sul dossier finale del G7, è stata raggiunta un'intesa comune sul nodo della lotta al protezionismo. Stallo invece sul rispetto degli accordi di Parigi sui cambiamenti climatici: agli Stati Uniti è stato concesso più tempo per prendere una decisione.

Il vertice con i Paesi africani. Il programma di inizio mattina prevedeva all'hotel San Domenico a Taormina una sessione "outreach" dedicata al tema delle grandi migrazioni. Presenti i leader di Tunisia, Niger, Nigeria, Kenya ed Etiopia, alcune organizzazioni internazionali, il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres e Christine Lagarde, direttore generale del Fondo monetario internazionale. Assente la premier britannica Theresa May, ripartita ieri pomeriggio per seguire da vicino le indagini sulla strage avvenuta lunedì a Manchester. Al termine del vertice, foto di gruppo in giardino, prima dell'inizio del nuovo vertice tra i 'Sette Grandi'.

Ad aprire i lavori il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni: "Quest'anno abbiamo messo al centro di questa sessione aperta i rapporti con l'Africa. Già Taormina e la Sicilia dicono quanto è importante per noi il rapporto con l'Africa, ci troviamo nel cuore del Mediterraneo e oggi la discussione si concentra sull'esigenza di partnership a tutto campo tra G7, organismi internazionali e Paesi africani". Il premier ha aggiunto che "oltre all'innovazione della produttività", all'Africa servono "infrastrutture di qualità e investimenti per lo sviluppo del capitale umano", per poi ricordare che il prossimo G20, in programma il 7 e 8 luglio in Germania, "avrà una linea di continuità con l'incontro di oggi, dedicando attenzione particolare all'Africa e all'attrazione degli investimenti". Il primo ministro italiano ha sottolineato come l'agenda del G7 debba dialogare "con quella per lo sviluppo per l'Africa, l'agenda 2063, che è un caposaldo strategico per lo sviluppo del Continente".

E al termine della sessione estesa ai leader dei Paesi africani è arrivato un post di Donald Trump su Twitter: "Un grande meeting del G7 oggi. Molte importantissime questioni in discussione. In cima alla lista naturalmente il terrorismo".

Il presidente americano ha anche comunicato che "molti Paesi della Nato sono stati d'accordo ad aumentare il loro contributo considerevolmente, come dovrebbero. Se il denaro comincerà ad essere versato la Nato sarà molto più forte".

Niente conferenza stampa finale per Trump e Merkel. A sorpresa, la cancelliera tedesca e il presidente americano non parleranno al termine della seconda giornata di lavori del G7. Merkel avrà solo un breve colloquio con i giornalisti tedeschi e non con la stampa internazionale. 


Trump invece lascerà Taormina dopo il pranzo di lavoro con gli altri leader, per recarsi alla base di Sigonella, dove parlerà in quello che secondo il suo portavoce Sean Spicer "non sarà solo un messaggio alle truppe" Usa. Poi l'imbarco sull'Air Force One che lo riporterà con la first lady Melania a Washington. Al suo posto, parleranno con la stampa il consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, generale H.R. McMaster, ed il direttore del Consiglio economico, Gary Cohn.

Decisioni insolite, che sottolineano il gelo tra i due leader dopo le polemiche emerse ieri in seguito ad alcune dichiarazioni di Trump, che ha definito i tedeschi "molto cattivi" sul commercio internazionale. Si terranno invece regolarmente le conferenze del premier italiano Paolo Gentiloni alle 15, e a seguire, salvo cambiamenti di programma, quelle del presidente francese Emmanuel Macron, del premier giapponese Shinzo Abe e del premier canadese Justin Trudeau.

Commercio internazionale. Il tema del commercio internazionale risulta essere "ancora una questione aperta". Il nodo riguarda la decisione di includere o meno nel documento finale una condanna ad "ogni forma di protezionismo". Ma da quanto emerge, gli Stati Uniti, pur continuando a prediligere la strada degli accordi bilaterali, avrebbero accettato che nel comunicato finale sia inserita l'espressione "lotta al protezionismo". Un traguardo che, secondo fonti diplomatiche, è un grande successo della presidenza italiana e del G7 nel suo insieme.

Clima. Secondo quanto trapela da alcune fonti al G7, dopo "un confronto franco e onesto" sulla questione del clima ci sarà "un'unica dichiarazione a sette" al termine del vertice, nella quale i sei altri partner si impegneranno "a lasciare più tempo agli Stati Uniti per prendere una decisione sull'accordo di Parigi". Una presa d'atto dello stallo sul tema del rispetto dell'accordo sui cambiamenti climatici. I Paesi europei, sostenuti da Giappone e Canada, si sono impegnati a fondo per spiegare agli Usa le ragioni "non solo ambientali, ma anche economiche" che spingono a favore dell'accordo di Parigi.

Migranti. Il tema è ancora in discussione nella riunione di oggi, ma da quanto trapela da Taormina c'è consenso sulla formulazione degli impegni sui migranti nel comunicato finale dei Sette. Non vi sarà tuttavia un documento separato, allegato al comunicato, contenente un piano per la gestione dei flussi migratori.

Caso Russia-Ucraina. All'ordine del giorno anche una discussione sulla crisi tra Russia e Ucraina: nel dossier finale i Sette Grandi si impegneranno a prendere "ulteriori azioni" nei confronti della Russia, se non rispetta gli accordi di Minsk sull'Ucraina. Sulla necessità di non levare le sanzioni a Mosca ci sarebbe quindi anche l'accordo degli Usa.

Tensione a Giardini Naxos. Proprio mentre a Taormina i leader saranno impegnati nelle conferenze stampa finali, nella vicina Giardini Naxos è previsto un corteo "no summit", in cui sono attese più di tremila persone. Un'ordinanza del sindaco Lo Turco ha previsto per oggi la chiusura di negozi, scuole e uffici. Tuttavia, molte attività sono chiuse già da ieri per timore di scontri tra i manifestanti e le forze dell'ordine. I commercianti della zona hanno realizzato barriere in legno e alluminio a protezione delle proprie vetrine.


http://www.repubblica.it/esteri/2017/05/27/news/taormina_g7_secondo_giorno-166531413/

G7?
Più che di G7 io parlerei del G1+6...: gli USA + gli altri.
Grande confusione, pertanto, su "protezionismo" e "clima", uniche certezze, invece, sulle sanzioni alla Russia.
Gentiloni: "..all'Africa servono "infrastrutture di qualità e investimenti per lo sviluppo del capitale umano.."
Questi personaggi alquanto bizzarri, son bravi a stabilire ciò che serve alle altre popolazioni, mentre sono pessimi amministratori delle popolazioni che sono stati chiamati a governare.
Paradossi e dintorni.
"Niente conferenza stampa finale per la Merkel." 
Ha, ha, ha....La Merkel non si fida dei nostri giornalisti...neanche io mi fiderei...
"Trump, invece, lascerà Taormina per recarsi alla base di Sigonella."
Naturamente, Trump a Sigonella è a casa sua....