I componenti sono consiglieri regionali e quasi tutti sono sotto inchiesta per lo scandalo dei rimborsi ai partiti. A spingere per la creazione di questo organismo era stato il consigliere Pd Boeti, ex sindaco di Rivoli citato nell'indagine Minotauro per i contatti con un presunto boss della 'ndrangheta.
Deve promuovere la “cultura della legalità”, ma a farne parte ci sono molti indagati per reati contro la pubblica amministrazione. Ha cominciato la sua attività la Commissione antimafia della Regione Piemonte, approvata con un voto unanime a luglio. I suoi componenti sono 39 consiglieri regionali, molti dei quali sono sotto inchiesta per lo scandalo dei rimborsi ai gruppi politici. Solo sei sono gli eletti non coinvolti nell’indagine: c’era una chance per eleggere alla presidenza della commissione tre non indagati, eppure il consiglio regionale piemontese è stato capace di mancarla.
Il vertice A presiederla è Andrea Buquicchio (Idv), a cui i pm Giancarlo Avenati Bassi, Andrea Beconi, Enrica Gabetta contestano spese per 55mila euro. Accanto a lui siederanno due vice, Daniele Cantore (Pdl) e Andrea Stara (Insieme per Bresso). Al primo i magistrati contestano rimborsi per 27mila euro, tra cui 12mila euro di ristoranti e 6mila per acquisti di lusso come tre cravatte di Marinella più orologi e set da scrivania acquistati in gioiellerie. Stara, facendo parte di un gruppo composto da un solo rappresentante (se stesso), è stato uno dei primi a ricevere l’avviso di garanzia dalla Procura di Torino per rimborsi da 57mila euro, tra cui gli acquisti di un tosaerba da 4mila euro, di una sega circolare e di un frigorifero.
I componenti Presidente e vicepresidenti sono in buona compagnia. Tutti i consiglieri del Pdl (ora scisso in tre gruppi, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Progett’azione) sono indagati per essersi spartiti 760mila euro circa. Tutti i consiglieri della Lega Nord – tranne Claudio Sacchetto, poi diventato assessore, ma incluso Roberto Cota – sono indagati per aver ottenuto 289mila e 500 euro. E così via anche i gruppi consiliari di minoranza (Udc, Pd, Idv, Sel, FdS, M5S e altri del misto). A salvarsi sono ben pochi e fanno tutti parte della commissione antimafia. C’è Sara Franchino, subentrata al posto di Michele Giovine (il consigliere dei Pensionati sospeso per la condanna relative alle firme false, pure lui indagato per rimborsi da 120mila euro) e cinque consiglieri del Pd: Mauro Laus, Gianni Oliva, Gianna Pentenero, Roberto Placido e Elio Rostagno.
Le attivitàLa commissione antimafia del consiglio regionale dovrà proporre norme per contrastare l’espansione delle mafie in Piemonte, soprattutto nell’attività pubblica. Nella sua attività la commissione antimafia dovrà anche interagire e cooperare con i magistrati, coi quali alcuni dei consiglieri indagati non hanno affatto collaborato nell’ambito dell’indagine sui rimborsi gonfiati: in tanti al momento dell’interrogatorio si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Nella nota del Consiglio regionale si legge pure che i consiglieri dovranno monitorare “gli eventi di infiltrazione criminosa segnalati dalle autorità competenti”. Compito difficile per alcuni politici che per anni non hanno visto le infiltrazioni della ‘ndrangheta nel tessuto economico e amministrativo della loro regione.
A spingere per la creazione di questo organismo era stato il consigliere Pd Nino Boeti, ex sindaco di Rivoli citato nell’ordinanza di custodia cautelare dell’indagine Minotauro per i contatti con il presunto boss della ‘ndrangheta Salvatore De Masi. L’aveva proposta a luglio, dopo la dura requisitoria con cui il procuratore capo di Torino Giancarlo Caselli aveva criticato il comportamento dei politici a contatto con persone poco raccomandabili.