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giovedì 30 ottobre 2025

Perché Cina e Russia non temono più l'Occidente?

 

L'epoca in cui Washington abbaiava e il mondo tremava
è finita. L'"ordine basato sulle regole" ha perso il monopolio
della paura.
Cina e Russia non temono più l'Occidente perché l'equilibrio di potere, economico, militare e psicologico, è cambiato per sempre.
Per secoli, il dominio occidentale è stato imposto attraverso guerre, sanzioni e il dollaro. E adesso? Gli Stati Uniti stanno annegando in un debito di 35.000 miliardi di dollari, l'Europa si sta autoregolamentando verso la stagnazione economica e i BRICS+ ora superano la produzione del G7 in termini economici reali.
L'impero non può sanzionare metà del mondo quando metà del mondo non ne ha più bisogno.
Le sanzioni non hanno fatto crollare la Russia; l'hanno costretta a ricostruirsi e a rafforzare gli scambi commerciali con l'Asia. "Isolare la Cina"?
Buona fortuna.
Ogni gadget occidentale, dagli smartphone ai pannelli solari, dipende ancora dalle catene di approvvigionamento cinesi. Dopo Iraq, Afghanistan e Libia, il mito dell'"invincibilità" occidentale è svanito.
L'abbaiare è ora più forte del morso.
La Cina produce tecnologie verdi, batterie e chip di cui l'Occidente non può fare a meno. La Russia vende petrolio e gas a cifre record, ma non più all'Europa.
Quando i tuoi rivali dipendono da te per mantenere in vita le loro economie, la paura diventa un optional.
Dal punto di vista militare, la deterrenza ora funziona in entrambe le direzioni. I sistemi ipersonici e la portata navale della Cina rendono qualsiasi guerra nel Pacifico suicida per il commercio globale, mentre l'arsenale nucleare russo garantisce che la NATO non osi mai oltrepassare una linea rossa. Non hanno bisogno di superare in potenza di fuoco gli Stati Uniti, solo di rendere la guerra impossibile da vincere.
Nel frattempo, Africa, America Latina e Asia ora commerciano di più con la Cina che con l'Occidente.
La Belt & Road Initiative, la SCO e i BRICS+ hanno costruito interi sistemi paralleli al di fuori del controllo occidentale. Per la prima volta in 500 anni, le nazioni hanno una scelta e stanno scegliendo l'equilibrio anziché l'obbedienza.
L'Occidente, nel frattempo, sta crollando sotto le sue stesse contraddizioni, il caos politico, il debito pubblico record, le guerre culturali e la confusione morale. Difficile fare la predica al mondo sulla democrazia quando le tue città sono in fiamme e i tuoi governi non riescono ad approvare un bilancio.
La Cina pensa in termini di secoli. La Russia pensa in termini di sopravvivenza.
L'Occidente pensa in termini di cicli elettorali.
Ecco perché l'Oriente si sta sollevando e l'Occidente ne parla su Twitter.
La semplice verità:
Cina e Russia non temono più l'Occidente perché l'Occidente non sa più cosa rappresenta. Lo hanno superato in termini di costruzione, pianificazione e sopravvivenza.
Benvenuti nel secolo multipolare.
di James Wood

mercoledì 28 agosto 2019

Ascoltate Salvini. - Marco Travaglio sul Il Fatto Quotidiano del 26 agosto 2019



Qualcuno ha notizie di Salvini? Comunque finisca questa strana e impervia trattativa fra M5S e Pd, un risultato l’ha già ottenuto, purtroppo temiamo provvisorio: liberarci dell’onniprensenza ossessiva del Cazzaro Verde, che da un anno e più occupava prime pagine, titoli di telegiornale, dibattiti da talk, conversazioni in famiglia e tra amici prima, durante e dopo i pasti. Non si parlava che di lui, o per osannarlo o per attaccarlo, come se fosse l’ombelico del mondo, manco facesse capoluogo di provincia. Anche chi lo detestava finiva per fare il suo gioco, prendendolo terribilmente sul serio (“il nuovo Mussolini” o “il ministro della malavita”, cioè il nuovo Giolitti: figuriamoci), scambiandolo o spacciandolo per il padrone d’Italia, il vero presidente del Consiglio, l’autore di tutte le leggi e i decreti, l’uomo forte che si era “mangiato i 5Stelle” non solo sui media (grazie ai media), ma anche nel governo (dove, a parte tre inutili norme sull’illegittima difesa e sulla presunta sicurezza, non ha combinato un bel niente). Occupava tutti gli spazi, le menti, i pensieri, le energie altrui, come solo B. e per un po’ Renzi erano riusciti a fare.
Poi – pare trascorso un secolo, ma è stato solo 18 giorni fa – ha avuto la bella pensata di rovesciare il governo Conte in pieno agosto, all’indomani della fiducia sul Sicurezza-bis e della vittoria parlamentare sul Tav (grazie ai voti determinanti del Pd). Da allora si attende, anche da parte dei suoi fan superstiti, che spieghi quali sarebbero i fantomatici “no” che avrebbe ricevuto dai 5Stelle per buttar giù il governo in quel modo e in quel momento. Invano. Tant’è che oggi è ridotto alla mendicità ai piedi di Di Maio per rimettere insieme i (suoi) cocci e farfuglia di “no che sono diventati sì” senza precisare dire quali, chi, cosa, de che. La scena del premier di Conte che in Senato, davanti a milioni di italiani attoniti, lo brutalizza soavemente dall’alto verso il basso spiegandogli come vanno il mondo e la democrazia sarà difficile da dimenticare presto. Sono bastati quei 50 minuti per trasformare la sua immagine di vincente in quella di perdente. E i sondaggi ne hanno subito risentito: lo zoccolo duro leghista resta con lui, ma i saltatori sul carro del vincitore sopraggiunti alle Europee e dopo stanno tornando indietro: vedi mai che quello sia il carro del perdente e ne arrivino di più appetitosi. Potrebbe essere il caso della maggioranza giallo-rosa, casomai oggi l’incontro decisivo fra Di Maio e Zingaretti partorisse qualcosa di serio. Cioè un governo Conte 2, anzi 2.0, l’unico con qualche chance di successo e durata nella situazione data.
Ieri Roberto Fico ha bissato il beau geste di Luigi Di Maio, cioè ha sacrificato se stesso per Conte e respinto le incaute lusinghe del Pd (una pura e inutile provocazione: senza offesa per Fico, sarebbe come se Di Maio intimasse a Zinga di cedere il posto a Renzi). Dunque il quadro è chiaro: i 5Stelle hanno indicato Conte perchè lo ritengono l’unico premier possibile, e non perchè volessero “bruciarlo”, come sperava qualche pidino abituato a fare così e incredulo per l’esistenza di politici con una parola sola. La “discontinuità” si potrà ottenere sui ministri e sui programmi, ma senza fanatismi: altrimenti, a furia di reclamarla, finirà per riguardare tutte le magagne degli ultimi vent’anni (i governi con B., il Jobs Act, la Buona Scuola, la controriforma costituzionale…) e non si troverà più nessuno per fare il governo. Se nel Pd tutti credono davvero in questa nuova maggioranza, e se davvero privilegiano i programmi anzichè i personalismi e le meschine gelosie, l’impressione è che la trattativa sia andata troppo avanti per essere interrotta dall’impuntatura su un nome. Tra l’altro popolarissimo e degnissimo.
Con tempi così ristretti, idee così confuse e condizioni di partenza così sfavorevoli, l’unica bussola per orientarsi dovrebbe essere il desaparecido Salvini. Al quale bisognerebbe dare ascolto, per poi fare l’esatto contrario. Tutto ciò che vuole lui va assolutamente evitato. E cosa vuole Salvini? Lo ripete continuamente. 
1) Rifare il governo col M5S: dunque i 5Stelle diano retta a Conte e se lo levino dalla testa. 
2) Impedire in ogni modo un governo M5S-Pd e, se nascesse, sperare che sia una rissa continua: quindi M5S e Pd evitino di accontentarlo. 
3) Far dimenticare l’umiliazione di Palazzo Madama facendo sparire per sempre Conte, l’unico leader su piazza che da mesi lo supera nei sondaggi: ergo il Pd cerchi di deluderlo, accettando Conte premier. Altrimenti Zingaretti dovrà spiegare ai suoi elettori perchè ha mandato a monte una trattativa così avanzata per la sua assurda guerra al nemico pubblico numero 1 di Salvini. E sarà difficile trovare le parole.