mercoledì 14 ottobre 2009

L'illusionista

Signorini, altro che Feltri

FACCIO SERVIGI FINI, SONO SIGNORINI - di Peter Gomez

Ecco come il direttore di “Chi” distrugge le carriere dei nemici del capo di Peter Gomez e Marco Lillo

Che sia un figlio del demonio lo dice persino il suo padrone. “Le foto del compleanno di Noemi a Caso-ria? Me le ha chieste quel diavolo di Alfonso Signorini”, ripeteva in maggio Silvio Berlusconi dagli schermi di “Porta a porta”. E anche se allora nessuno se ne rendeva conto quella frase equivaleva a un investitura: Signorini da cortigiano era diventato principe. La sua metamorfosi era conclusa. Perché da giornalista si era trasformato in spin doctor. Ovvero, come recita il dizionario inglese-italiano, in “dottore del raggiro” o, se preferite, in “manipolatore di opinioni”. Sì, perché ormai è questo il vero mestiere del potentissimo direttore di “Tv sorrisi e canzoni” e di “Chi”, il settimanale di gossip della Mondadori, scelto dal Cavaliere per diffondere interviste, condurre attacchi mezzo stampa contro giornalisti e avversari politici, spacciare per vere notizie false. Un mestiere difficile che, in questi giorni, ha spinto Signorini a scatenare i suoi cronisti a caccia di elementi utili per infangare Raimondo Mesiano, il giudice civile autore della sentenza con cui la Finivest è stata condannata a risarcire con 750 milioni di euro la Cir del “nemico” Carlo De Benedetti. Berlusconi, del resto, del direttore di “Chi” si fida. Anche perchè è uno di casa. Amicissimo della sua primogenita Marina, la numero uno della Mondadori, con la quale trascorre ogni giorno ore e ore al telefono, Signorini è stato negli ultimi due anni uno dei pochi uomini ammessi alle “cene con le ragazze” organizzate dal Cavaliere e da Giampaolo Tarantini a Palazzo Grazioli. Il suo nome ricorre spesso nei verbali delle ospiti (a volte a pagamento) del premier, spesso associato a quello del direttore di Rauno, Fabrizio De Noce, e a quello del numero uno di Medusa Cinematografica, Carlo Rossella. Non per niente il dandy, Signorini - nelle interviste lo ripete sempre - considera il dandy Rossella, come il proprio maestro di giornalismo. Una confessione significativa visto che Rossella nel 2003 è stato sottoposto a procedimento disciplinare da parte dell’ordine dei giornalisti per aver “taroccato” una copertina di “Panorama” aggiungendo un folta capigliatura a un’immagine del premier ripreso di spalle. Eravamo ancora in epoca pre trapianto pilifero e alla fine Rossella aveva strappato un’archiviazione dalle motivazioni imbarazzanti: “La piaggeria non è un illecito disciplinare anche se è qualcosa si peggio sul piano morale e individuale”.

Ma tant’è. Ciascuno è libero di scegliersi i propri maestri come gli pare. Così non deve stupire se, non appena scoppia il caso della protegè minorenne del premier Noemi Letizia, le vacanze di Signorini, sono interrotte, da una telefonata. È palazzo Chigi che lo vuole far rientrare a Roma, su un aereo privato. Signorini saluta in tutta fretta il suo compagno e la sua maga-sensitiva personale, Maddalena Anselmi, e vola dal mago di Arcore. D’ora in poi lui e Rossella faranno parte dell’unità di crisi che in questi mesi tenta di difendere l’immagine del Cavaliere dagli scandali e dai rovesci giudiziari. A 45 anni suonati, con in tasca una laurea in filologia medievale e alle spalle un passato d’insegnante, Signorini spicca, dunque, il gran salto. Tanto che ora è a un passo dal prendere il posto di Maurizio Costanzo nel dopo serata di Canale 5 e, sostengono in molti, di diventare persino direttore della rete ammiraglia del Biscione. Che sia un intoccabile, del resto, a Mediaset se ne sono accorti tutti. A partire da quei ragazzacci delle Iene che già nel 2007 hanno visto l’editore censurare un servizio a lui dedicato. Che cosa era successo? “Chi” aveva pubblicato in copertina un’intervista all’attore Riccardo Scamarcio.

Ma l’intervista era falsa. Spiega a “Il Fatto”, Gianni Galli, collaboratore di Scamarcio: “Riccardo non l’aveva mai rilasciata e lo disse alle Iene. Loro però se ne erano accorte da sole visto che il testo era molto simile a un’altra intervista data invece da Riccardo a Vanity Fair”. Ma le balbettanti giustificazioni del giornalista (si fa per dire) davanti alle telecamere, non le vedrà mai nessuno. “Non va in onda”, ordini superiori. Se questo è lo stile non ci si deve stupire per quello che si è visto e letto sulle pagine di “Chi” a partire dallo scorso maggio. Dopo il primo scoop - le foto della festa di compleanno di Noemi a Casaoria alla quale partecipò anche il premier - Signorini fornisce ai suoi 400 mila lettori “rivelazioni ” a ripetizione. Si parte con il padre di Noemi che sostiene di essere “un ex socialista” vicino a Craxi e di aver per questo conosciuto Berlusconi diventato “un amico di famiglia”, per arrivare al primo vero capolavoro: l’invenzione di un fidanzato. Ai giornalisti che nelle prime ore l’avevano intervistata, Noemi aveva giurato di essere single. Ci voleva dunque un partner che allontanasse il sospetto di un rapporto troppo stretto tra Nemi e il Cavaliere. Così sbuca fuori dal nulla Domenico Cozzolino, ventunenne modello di Boscotrecase, ex tronista di “Uomini e donne”, il programa di Maria De Filippi. Domenico e Noemi vengono fotografati da “Chi” a Rimini e poi sul lungomare di Napoli, mentre si baciano sotto gli occhi dei genitori di lei che assicura: “Sono illibata”. Peccato che Cozzolino per le amiche di Noemi sia un perfetto sconosciuto. Nemmeno l’ex fidanzato della minorenne, Gino Flaminio, ne ha mai sentito parlare. E di lui non si trova traccia neppure nelle foto del compleanno di Casoria.

Alla fine sarà proprio il muscoloso Domenico a spiegare come stavano realmente le cose. “È stata tutta una montatura”, dice a un settimanale concorrente. Ma ormai lo spin è riuscito. Tv e giornali hanno rilanciato le prime immagini della coppia. Nell’immaginario collettivo di una buona parte dell’elettorato si è formata la convinzione che il caso Noemi è tutta una montatura, non di Signorini, ma dei nemici del premier. Signorini così ci prende gusto. Ride quando il migliore dei suoi cronisti, Gabriele Parpiglia, organizza una trappola nei confronti del vero ex fidanzato di Noemi, Gino Flaminio, e di due giornalisti de “L’espresso”. Seguendo le lezioni di Fabrizio Corona, Parpiglia al ristorante la Scialuppa di Napoli allestisce una sorta di set fotografico con tanto di microfoni. Bisogna dimostrare che Gino - il quale ha raccontato come Berlusconi scoprì Noemi consultando un book fotografico - intasca soldi per parlare. E che L’espresso offre altro denaro a chiunque sia disposto ad infangare Berlusconi. Non è vero niente. Ma il paradosso è un altro. Chi è abituato a pagare le interviste è proprio Signorini. A raccontarlo, agli investigatori del caso Vallettopoli che sfocerà in un processo contro Corona, è proprio il giornalista. Il caso di scuola è una sua intervista a Patrizia, il transessuale che passò una notte brava con Lapo Elkan. Per quel faccia a faccia “Chi” tira fuori 50 mila euro. Signorini però si confessa deluso. Tra il suo settimanale e la Fiat c’è un accordo. Il testo del colloquio deve essere vistato da viale Marconi. E così lui è amareggiato, perché avrebbe “voluto fare delle domande scabrose, perchè era l’unica cosa che mi interessava, ma non ho potuto farle (in aula dirà poi che era solo per curiosità personale ndr)”.

Poco male. Perchè poi sulla scena politico-finanziaria irrompe un’altra Patrizia, la escort di Bari, che ha dormito nel lettone del Premier (e “di Putin”). Ogni curiosità potrà insomma trovare risposta. Anche perché, come scrive proprio Signorini, l’intervista che Berlusconi gli rilascia “si svolge nel clima ideale per affrontare con serenità anche le domande più difficili». Seguono quattro pagine di interrogativi del tipo: «Come convive il Berlusconi nonno con il Berlusconi Superman?»; «Bisogno di vacanze? Dove andrà questa estate?». Il cavaliere risponde a tutto. La patria è salva. Il giornalismo un po’ meno.

da Il Fatto Quotidiano n°19 del 14 ottobre 2009

http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578

martedì 13 ottobre 2009

Questo o quello per me pari son

Se nel Pd volano gli stracci (è un bene) di Luca Telese

Avete letto le frasette al vetriolo di Massimo D'Alema contro Dario Franceschini?
Se non lo avete ancora fatto divertitevi: "E' curioso che il segretario del mio partito, per andare sui giornali, debba attaccare me.
Forse – ha aggiunto l'ex premier rincarando la dose - è una delle regioni per cui bisogna cambiare il segretario".
Immagino già che qualcuno storcerà il naso, che molti lo criticheranno, che fra poco sentiremo qualche richiamo all'ordine e qualche tentativo di rappacificazione più o meno ipocrita o maldestro.
Io invece penso che tutto il congresso del Pd, se fosse autentico, dovrebbe far emergere senza filtri o veli il conflitto terribile che in queste ore è in atto dentro il partito piuttosto che nasconderlo sotto il tappeto del politicamente corretto.

Contiua su: http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578

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E' la sensazione che si palpa a pelle: nel Pd c'è tutto che non va, perchè il pesce puzza dalla testa: e la testa che puzza è D'Alema.

E' lui a dirigere il partito, da sempre.Lui ha decretato che nel PD non c'era posto per i partiti estremisti di sinistra, lui ha scelto i suoi uomini, proprio come ha fatto Berlusconi.

E' lui l'unico antagonista di Berlusconi.E guai a contraddirlo!

Ama agire nell'ombra e tessere le sue trame.

E se esiste un coplotto creato dalla sinistra per far cadere Berlusconi ed il suo governo, certamente a manovrarne i fili è lui, D'Alema.

D'Alema ha fatto cadere il governo Prodi, D'Alema ha permesso che al governo salisse Berlusconi.

Ora c'è solo da capire perchè i due amanti si danno battaglia.........tradimenti reciproci?Promesse di fedeltà non mantenute?

Son fatti della stessa pasta i due, meglio guardare altrove.



lunedì 12 ottobre 2009

Berlusconi eletto direttamente dal popolo? Balle

La frase “eletto direttamente dal popolo” domina la scena.

Il sempre più pensoso Pecorella l’ha usata in modo preventivo per convincere la Corte Costituzionale che al presidente del consiglio devono essere accordate guarentigie speciali, superiori a quelle che toccano alle altre cariche dello Stato.

La Corte ha cestinato il suggerimento.

Ora il presidente del consiglio non passa minuto che non ci ripeta “sono stato eletto direttamente dal popolo”.

L’affermazione dovrebbe smontare secondo lui l’impianto logico che la Consulta ha opposto al Lodo Alfano: preminente su tutto è l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge; se per caso si deve derogare al principio essenziale della Costituzione si deve per forza farlo con una legge di rango costituzionale; ma, qui è il punto, una legge costituzionale non può intaccare il principio di uguaglianza.

Non c’è scampo per il Lodo Alfano.

Ma è poi vero che Berlusconi è stato eletto direttamente dal popolo?

Niente affatto.

I cittadini italiani sono stati costretti a votare da una legge elettorale infame che, oltre a impedir loro di votare per chi volevano, li ha obbligati a votare per simboli in cui era stato infilato il logo “Berlusconi presidente” o “Veltroni presidente”.

Una forzatura cui a suo tempo la classe dirigente di centrosinistra non seppe e non volle opporre tutte le necessarie riserve di ordine costituzionale.

Quali? Per esempio: la repubblica è parlamentare e non presidenziale; imporre il trucco di quella scritta è una precisa lesione alla natura della repubblica.

Oppure: nella Parte II della Costituzione, al Titolo III (Il Governo) è contemplato nella Sezione I il Consiglio del Ministri e nel suo contesto il presidente del consiglio compare con chiarezza come primus inter pares. Non c’è una sezione dedicata a lui: infatti la Sezione successiva, la II, è dedicata alla Pubblica Amministrazione.

Nell’indice il presidente del consiglio è saltato a piè pari.

Secondo Pecorella invece, in virtù della formuletta inserita nel logo del simbolo elettorale, Berlusconi sarebbe primus super pares.

E’ una colossale panzana.

La cosiddetta elezione diretta è solo un subdolo artificio iconografico: una scritta nel simbolo e niente di più.

Quanto alla vera elezione diretta del presidente del consiglio l’unico caso è quello di Israele. Considerato universalmente un disastro istituzionale, che giuristi di tutto il mondo hanno illustrato e commentato.

Ma se proprio Berlusconi ritiene di ispirarsi a Israele potrebbe seguire l’esempio del suo presidente del consiglio Olmert che ha lasciato la carica e si è fatto processare per corruzione.

Si è anche detto onorato di aver guidato un paese in cui il capo del governo non ha diritti superiori a quelli di tutti i cittadini.

Che dirà il sempre più pensoso Pecorella?

Pancho Pardi (12 ottobre 2009)

http://temi.repubblica.it/micromega-online/berlusconi-eletto-direttamente-dal-popolo-balle/

Report, la via del mattone.

Le norme edilizie in Italia sono le più restrittive d'Europa, eppure in nessun paese europeo è possibile costruire abusivamente interi quartieri come da noi.
La prima inchiesta di Report, andata in onda domenica 11 ottobre alle ore 21.30 su Raitre, è entrata nei meandri della burocrazia in cui si perde chi vuole costruire o ristrutturare seguendo le regole.

In Italia, per una semplice ristrutturazione interna serve quasi 1 anno di tempo per tutti i permessi e circa 5.000 euro tra oneri e bolli, mentre un appartamento in Germania è condizionato al rilascio di permessi solo per le altezze, il tetto e i muri esterni. Il regolamento edilizio tedesco è raccolto in 3 paginette, quello italiano in 3 libri. Gli abusi in Germania sono rarissimi…

L’inchiesta di Bernardo Iovene analizza poi cosa succede in Italia ad una costruzione abusiva, seguendo tutti i passaggi e i costi che vanno dal sequestro fino alla demolizione e illustrando le situazioni in cui invece si applica il condono.

Il nuovo piano casa, che prevedeva una semplificazione delle procedure statali 10 giorni dopo la firma dell’accordo con le regioni, ad oggi ancora non c'è.

L’inchiesta propone un esempio di come sia possibile - nel caso di nuovi insediamenti dentro le città - snellire le procedure e assumere le decisioni in tempi brevi, con soddisfazione di tutti i soggetti coinvolti. L’esempio è quello dei “Laboratori di Urbanistica Partecipata” di Bologna, dove a progettare il futuro sono gli stessi abitanti dei quartieri.

http://www.report.rai.it/R2_HPprogramma/0,,243,00.html

Avete visto "report" ieri sera?

Io ho avuto l'impressione che qui da noi si faccia di tutto per complicare ogni cosa, e che le complicazioni vengano studiate artatamente a tavolino per creare nuovi enti appaltanti e subappaltanti idrovori di danaro pubblico.

Ci stanno mettendo con le spalle al muro, ci stanno negando ogni tipo di libertà, in qualunque direzione ci si proietti.

Stiamo vivendo in una bolgia infernale creata da individui privi di intelligenza e scarsi di preparazione.

Ci propongono l'assurdo e, se non dessimo ogni tanto un'occhiata fuori da questa fogna, saremmo portati a pensare che tutto rientri nella normalità.

Ciò che interessa i pessimi individui che ci governano è solo estorcerci la maggior parte di danaro possibile.

E poi che dire dei parametri adottati dall'attuale governo per la distribuzione dei fondi per la sicurezza ai comuni, provincie e regioni?

Se l'amministrazione è in mano al PdL, fondi a profusione anche quando non necessitano.
Se, invece, è in mano all'opposizione...............ebbè, son uccelli senza zucchero!

Governo? No! Roba da matti!

Intervista a Claudio Martelli - AnnoZero 8/10/09

Al processo contro Provenzano nuove ombre su Forza Italia

Pietro Orsatti

MISTERI Nell’udienza romana nuove rivelazioni di Antonino Giuffrè. Il collaboratore racconta delle missioni di don Vito nella Capitale e come “Binnu”, nel periodo di sommersione, fosse impegnato a riformare l’organizzazione.

E’ in trasferta a Roma, nell’aula bunker di Rebibbia, il processo al generale Mori e al colonnello Obinu, per ascoltare il collaboratore Nino Giuffrè. Il processo è relativo alla fuga di Bernardo Provenzano, come denunciato dal colonnello dei carabinieri Michele Riccio, il 31 ottobre 1995 in una cascina a Mezzojuso. Secondo Riccio, l’ex capo dei Ros avrebbe in qualche modo consentito che il boss si allontanasse indisturbato.

«Informai il colonnello Mori - ha dichiarato al processo Riccio -. Lo chiamai subito a casa per riferirgli dell’incontro e rimasi sorpreso, perché, non me lo dimenticherei mai, non vidi alcun cenno di interesse dall’altra parte». Secondo il collaboratore di giustizia, ascoltato invece in questi giorni, durante il cosiddetto periodo di sommersione, il capo della nuova Cosa nostra, Bernardo Provenzano, avrebbe portato avanti una trattativa per risolvere i gravi problemi che stava attraversando la mafia e causati dalla forte pressione dello Stato in seguito alle stragi del ’92. I temi erano la confisca dei beni, gli ergastoli, i collaboratori di giustizia, i benefici carcerari.

La trattativa, in una prima fase, avvenne tramite Vito Ciancimino. Giuffrè, in relazione alla trattativa, ricorda come Provenzano dicesse di Ciancimino, quando questi si recava a Roma, che era «andato in missione», e poi in seguito come si consolidasse il contatto che avrebbe consentito l’aggancio con un nuovo interlocutore politico: Marcello Dell’Utri. I rapporti con il senatore Dell’Utri, sempre secondo Giuffrè, sarebbero stati intrattenuti tramite diversi intermediari, in particolare il costruttore Ienna e i fratelli Graviano. A conclusione dell’udienza, il collegio giudicante ha deciso di ascoltare in aula, questa volta a Palermo, Luciano Violante e Giovanni Ciancimino, l’altro figlio di Vito Ciancimino che ha iniziato a rilasciare dichiarazioni solo di recente. Ma torniamo alla vicenda che ha dato il via a questo processo, e quindi all’incontro di boss a Mezzojuso dal quale fuggì indisturbato il capo di Cosa nostra.

Il colonnello Riccio era sul posto, avrebbe potuto intervenire immediatamente appena avuto il via libera dal capo dei Ros in Sicilia. «Mi disse che preferiva impegnare i propri strumenti, dei quali al momento era però sprovvisto - prosegue Riccio nel suo racconto -. Noi eravamo pronti e non ci voleva una grande scienza per intervenire ». L’ufficiale ha parlato anche di un incontro a Roma fra Luigi Ilardo, vice del capo mafia di Caltanissetta “Piddu” Madonia e affidato direttamente a Riccio, del quale era diventato confidente, il colonnello e Mori. «Quando lo portai da Mori, Ilardo gli disse: “In certi fatti la mafia non c’entra, la responsabilità è delle istituzioni e voi lo sapete”. Io raggelai». Dopo qualche mese Ilardo venne ucciso a Catania, pochi giorni prima del suo ingresso “ufficiale” nel programma di protezione per i collaboratori.

Ilardo aveva parlato esplicitamente anche di un contatto tra Provenzano e Dell’Utri, «l’uomo dell’entourage di Berlusconi», e di un «progetto politico», la nascita di Forza Italia, che interessava ai vertici della Cupola mafiosa. E motore di quel nuovo progetto politico, non a caso, era proprio l’allora capo di Publitalia Dell’Utri. Nel 2002, nel corso di un’altra udienza, Riccio ha raccontato di un incontro con l’avvocato Taormina e Marcello Dell’Utri: «Mi venne detto che sarebbe stato positivo per il senatore Dell’Utri se nella mia deposizione avessi escluso che era emerso il suo nome nel corso della mia indagine siciliana».

http://www.terranews.it/news/2009/10/al-processo-contro-provenzano-nuove-ombre-su-forza-italia