sabato 15 maggio 2010

Clava sul web col codice Maroni- Federico Mello


15 maggio 2010
Potrebbe succedere davvero, e molto presto: si apre la casella di posta elettronica e si trova una mail in arrivo. A scriverci, uno dei mille fornitori di servizi web: Google, Facebook, YouTube, Telecom, Fastweb, Tiscali, Libero, e chi più ne ha più ne metta. Nella mail ci viene comunicato che un contenuto da noi pubblicato su Internet, una foto postata su un blog, un’opinione su un forum, una pagina Facebook, ha urtato la sensibilità di qualcuno, è ritenuto inopportuna o “malevola”. In allegato un invito a provvedere alla rimozione, in caso contrario il contenuto potrebbe essere rimosso d’imperio o segnalato alle autorità competenti.

Questo lo scenario verso il quale, secondo quanto risulta al
Fatto Quotidiano, stanno spingendo il ministro Maroni e il sottosegretario Romani. Nel dicembre 2009, dopo l’aggressione a Silvio Berlusconi in piazza Duomo a Milano, proliferarono su Facebook gruppi inneggianti all’aggressore Massimo Tartaglia. Si scatenò allora un’offensiva politica e mediatica senza precedenti con Internet e i social network nel mirino: mentre nel salotto televisivo di Barbara D’Urso si urlava che Facebook andava chiuso, la seconda carica dello Stato, Renato Schifani, arrivò a definire i social network “più pericolosi degli anni Settanta”.Roberto Maroni annunciò che il governo stava predisponendo una legge “per oscurare i siti Internet che incitano alla violenza”.

Contro la proposta Maroni si alzarono barricate: “Le leggi ci sono già - dissero opposizioni e associazioni per le libertà civili - e un sito può essere chiuso dalla magistratura, non dal governo”. Maroni fece un passo indietro, l’idea di una legge (se non addirittura di un decreto) per chiudere d’autorità siti web, venne accantonata e il ministro annunciò un non meglio definito “codice di autoregolamentazione” che sarebbe stato approntato da lì a breve. Ebbene, solo qualche giorno fa, l’11 maggio, il ministro Maroni ha incontrato le associazioni dei provider di servizi web per presentare una bozza del “Codice di autodisciplina a tutela della dignità della persona sulla rete Internet” accompagnato da un protocollo d’intesa. La premessa al Codice è la seguente: “La rete Internet può costituire una piattaforma di divulgazione e propagazione di messaggi, informazioni e contenuti destinati ad un uso malevolo, come quelli che incitano all’odio, alla violenza, alla discriminazione, ad atti di terrorismo, o che offendono la dignità della persona, o costituiscano una minaccia per l’ordine pubblico”. Per contrastare questi comportamenti, il codice punta ad un “bollino di qualità” per i siti “sicuri”, ma soprattutto a coinvolgere i fornitori di servizi. Tra i loro compiti: “Fornire agli utenti tutte le informazioni utili per poter avanzare eventuali reclami” e questo anche inserendo “un apposito
link ai modelli di segnalazione e reclamo”. In parole povere vuol dire che il soggetto che offre servizi web agli utenti (come una piattaforma blog), dovrebbe inserire sotto ogni pagina un pulsante al quale rivolgersi per avanzare un reclamo.

La questione è molto più scivolosa di quanto potrebbe apparire: i fornitori di servizi, già adesso, sono obbligati per legge a segnalare all’autorità giudiziaria e alla polizia postale reati che riscontrano su Internet. Quindi, il reclamo al quale si fa riferimento nel codice, non riguarda reati, ma contenuti “destinati ad un uso malevolo”. Non fatti, verrebbe da dire, ma opinioni. Il video, per esempio, del calcione rifilato da
Totti a Balotelli durante la finale di Coppa Italia, pubblicato anche su YouTube e su mille blog, potrebbe essere uno dei “contenuti destinati ad un uso malevolo” in quanto potrebbe incitare “all’odio e alla violenza”. Ma sarebbe giusto invitare chi lo ha pubblicato a rimuoverlo? Nel tavolo aperto sul codice si confrontano varie posizioni. Da una parte il governo vorrebbe affidare proprio ai fornitori di servizi il compito di valutare quali contenuti rimuovere.

Su questo i provider non ci stanno: la direttiva sul commercio elettronico approvata dalla Ue, chiarisce che non possono in nessun modo intervenire sui contenuti ma limitarsi a fornire un servizio (è una garanzia per la libertà e la privacy degli utenti). Per questo i provider stanno pensando di proporre un punto di mediazione, un meccanismo di alert: ricevuta una segnalazione (per esempio il video Totti-Balotelli), loro si limiterebbero a girarla all’utente (il blogger che ha pubblicato il video). Una misura comunque gravosa (in costi e burocrazia) ma forse inevitabile: d’altra parte, sul tavolo aperto da Maroni pesa anche la tagliola di una legge che andrebbe a regolare la materia.

Che tutto questo meccanismo poi possa davvero evitare episodi di violenza su Internet, appare del tutto improbabile: la Rete è globale e non funzionano regole imposte in un solo Stato. Inoltre nessun Paese del mondo, se non le dittature, ha attivato strumenti che colpiscono le opinioni. Proprio ieri, infine, è stato annunciato che Silvio Berlusconi sta per sbarcare su Facebook (“entro un mese” promettono i suoi). Un tentativo – legittimo – di colonizzazione della rete che però, guarda caso, procede di pari passo con la promulgazione del codice volto a spaventare gli utenti. A pensar male, sembrerebbe che lo scopo finale di tutta l’operazione, sia quello di ridurre la grande rete Internet ad un piatto strumento di propaganda.

Da
il Fatto Quotidiano del 15 maggio

http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2487869&yy=2010&mm=05&dd=15&title=clava_sul_webbrcol_codice_maro


NESSUN TELEGIORNALE HA AVUTO IL PERMESSO DI DIFFONDERE QUESTA NOTIZIA!


Ieri il Senato ha approvato il cosiddetto pacchetto sicurezza (D.d. L.733) tra gli altri con un emendamento del senatore Gianpiero D'Alia(UDC) identificato dall'articolo 50-bis: "Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet"; la prossima settimana Il testo approderà alla Camera come articolo nr.60.

Questo senatore NON fa neanche parte della maggioranza al Governo...il che la dice lunga sulle alleanze trasversali del disegno liberticida della Casta.
In pratica in base a questo emendamento se un qualunque cittadino dovesse invitare attraverso un blog (o un profilo su fb, o altro sulla rete) a disobbedire o a ISTIGARE (cioè.. CRITICARE..??!) contro una legge che ritiene ingiusta, i providers DOVRANNO bloccarne il blog o il sito.

Questo provvedimento può far oscurare la visibilità di un sito in Italia ovunque si trovi, anche se è all'ESTERO; basta che il Ministro dell'Interno disponga con proprio decreto l'interruzione dell'attività del blogger, ordinandone il blocco ai fornitori di connettività alla rete internet. L'attività di filtraggio imposta dovrebbe avvenire entro 24 ore; pena, per i provider, sanzioni da 50.000 a 250.000 euro.

Per i blogger è invece previsto il carcere da 1 a 5 anni oltre ad una pena ulteriore da 6 mesi a 5 anni perl'istigazione alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico o all'ODIO (!) fra le classi sociali. MORALE: questa legge può ripulire immediatamente tutti i motori di ricerca da tutti i link scomodi per la Casta.
In pratica sarà possibile bloccare in Italia (come in Iran, in Birmania e in Cina) Facebook, Youtube e la rete da tutti i blog che al momento rappresentano in Italia l'unica informazione non condizionata e/o censurata.

ITALIA: l'unico Paese al mondo in cui una media company (Mediaset) ha citato YouTube per danni chiedendo 500 milioni euro di risarcimento.
Con questa legge non sarà più necessario, nulla sarà più di ostacolo anche in termini PREVENTIVI.

Dopo la proposta di legge Cassinelli e l'istituzione di una commissione contro la pirateria digitale e multimediale che tra meno di 60 giorni dovrà presenterà al Parlamento un testo di legge su questa materia, questo emendamento al "pacchetto sicurezza" di fatto rende esplicito il progetto del Governo di "normalizzare" con leggi di repressione internet e tutto il sistema di relazioni e informazioni che finora non riusciva a dominare.

Fatela girare il più possibile per cercare di svegliare le coscienze addormentate degli italiani perché dove non c'è libera informazione ediritto di critica la "democrazia" è un concetto VUOTO.


Ricevuta per e-mail da un amico, diffondetela.


Ecco il verbale di Bertolaso - Antonio Massari


15 maggio 2010
Buchi e “non ricordo” nel suo interrogatorio. Per questo la procura di Perugia sta valutando di convocarlo nuovamente

"Bottiglie di vino". Erano queste le utilità che il capo della Protezione civile,
Guido Bertolaso, avrebbe ricevuto dall’imprenditore Diego Anemone in questi anni. O meglio: questo ha raccontato ai pm Sergio Sottani e Alessia Tavarnesi il 12 aprile quando è stato interrogato. Nessuna traccia, nel verbale, dei 130 mila euro guadagnati da suo cognato Francesco Piermarini, nei lavori alla Maddalena con la società Cogecal, riconducibile agli Anemone. Nessuna traccia della consulenza da 99 mila euro per sua moglie Gloria, per il verde del Salaria Sport Village, riscossi soltanto in parte, e cioè per 25 mila euro. Alcun cenno della ristrutturazione nell’appartamento in via Simon Saint (...). Né, infine, dei lavori effettuati, sempre in appalti gestiti dagli Anemone, per la sede dei servizi segreti in via Zama. Troppi buchi, nella sua deposizione, ed è per questo che la Procura di Perugia sta valutando di convocare nuovamente Bertolaso.

Troppe omissioni. Sciolto ieri il nodo fondamentale della competenza – l’inchiesta rischiava di essere trasferita a Roma – i pm Sergio Sottani e Alessia Tavarnesi stanno pianificando i passi successivi dell’indagine. Tra questi, convocare Bertolaso, per coprire le falle dell’interrogatorio che potrete leggere, in parte, nelle righe che seguono. “Ha mai ricevuto utilità da Anemome?”, chiedono gli inquirenti il 10 aprile. “In occasione delle festività natalizie ho ricevuto delle bottiglie di vino, dell’azienda degli Anemone, che ho condiviso con i miei dipendenti. I regali mi sono sempre arrivati in ufficio. Diego Anemone ha sempre manifestato la sua disponibilità a soddisfarmi per qualsiasi mia richiesta. Mi chiedete se ero a conoscenza dei rapporti economici tra Angelo Balducci e Diego Anemone e ne sono venuto in qualche modo a esserne informato solo con gli articoli di stampa. Ho chiesto spiegazioni a entrambi, che mi hanno negato qualsiasi loro cointeressenza comune”.

Amici da dieci anni. Bertolaso, spiegando il suo rapporto con Anemone, racconta: “Ho conosciuto Dino Anemone una decina di anni fa e in quel contesto ho conosciuto anche Diego Anemone, cioè per i lavori del Giubileo”. “Quando ha saputo che Diego Anemone era uno degli imprenditori dei lavori?”, domandano i pm. “Diego Anemone m’è venuto a trovare a Roma, nel mio ufficio, per una visita di amicizia per informarmi che stava lavorando alla Maddalena. Con Diego Anemone ci davamo del “tu”. (...). Sapevo che Anemone e Angelo Balducci erano amici”. Dal verbale emerge anche il nome dell’ex ministro Claudio Scajola. “Nella previsione della contabilità speciale”, chiede l’accusa, “viene coinvolto il dipartimento dello Sviluppo economico?” “Sì”, risponde Bertolaso. “Faccio presente che il capo del dipartimento dello Sviluppo economico era Mancurti, mentre il ministro di riferimento di questo dipartimento è Scajola”. “Sa se Anemone conosce il ministro Scajola?” “Non sono a conoscenza di questo”, risponde il capo della Protezione civile, “però sono a conoscenza che effettuato numerosi lavori con il ministero dell’Interno”.

La Cogefal e Piermarini. Come abbiamo anticipato, la Cogecal, lavora nell’ambito delle bonifiche alla Maddalena, per i lavori del “G8”. E dalla Cogecalottiene una consulenza da 130mila euro il cognato di Bertolaso, il quale, però, dichiara di non aver conosciuto prima l’azienda in questione. Non fa alcun riferimento, invece, ai lavori effettuati da Piermarini con Anemone per l’appalto di piazza Zama, ottenuto dai servizi segreti nel 2004. Domandano i pm: “Vediamo tra i destinatari della nota di nomina del Rup nella persona di Calvi alcune società. Quali conosceva personal-mente?”. Risposta: “Allora non sapevo che fosse la Cogecal, mentre, invece, ho conosciuto per la Giafi, sul posto, Valerio Carducci. (...). All’epoca non avevo riferimenti per le altre società”. I pom insistono sul cognato: “In Abruzzo ha lavorato suo cognato Piermarini?” “No”, risponde Bertolaso, “non è mai venuto in Abruzzo, neppure a trovarmi”. “Con suo cognato ha mai parlato dei lavori alla Maddalena?”. “Sì che ne abbiamo parlato”, risponde il capo della Protezione Civile, “anzi a volte mi dava utili informazioni sull’andamento dei lavori, visto anche il rapporto di parentela che c’è tra noi”.

Infine, i rapporti a pagamento al Salaria sport village. Conferma di aver avuto rapporti sessuali a pagamento?”, chiede l’accusa. “Nego tale circostanza. (...). Preciso che sono stato acompagnato dalla scorta che mi è stata assegnata. (...). Voi credete che io sarei andato da una prostituta con il rischio di essere interrotto nella mia intimità da un membro della scorta? (…). In quella circostanza è stata l’unica volta che ho incontrato Monica e, per quanto mi rigiuarda, il massaggio è stato identico agli altri, anche se secondo me Francesca è più qualificata ed efficace. (…). Non ho consumato alcun rapporto sessuale all’interno del centro (...). Mi contestate la telefonata tra Morandi e Rossetti delle ore 23.59 in cui si parla di ‘armadietti e pulizia’ nonchè di preservativi e in effetti io avevo un armadietto personale. Mi contestate la telefonata del 17 febbraio 2009 dove si parla di ‘pacchettini’ all’interno dell’armadio che sarebbero stati predisposti per me. Non so cosa si intenda per pacchettini, anche se ricordo che una volta ho trovato un accappatoio nuovo del centro. In fondo si trattava di gadget con prodotti da bagno. Ripeto che in nessuna occasione ho visto pacchettini, men che meno di natura sessuale”.

Il generale e il costruttore: guarda il fumetto di Emanuele Fucecchi



Da
il Fatto Quotidiano del 15 maggio

http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2487806&title=2487806


venerdì 14 maggio 2010

"Sabina se non c’è Bondi con te ci siamo noi" - Arrigo di Sant Agata


da Cannes

I giornalisti riportano i minuti di applausi piovuti dal buio in sala sulla pelle di Sabina Guzzanti alla fine del suo “Draquila”.

Saranno tre o saranno quattro i minuti poco importa.

Perche’ cio’ che conta in quella sala e’ il sapore di quel battere le mani, pieno di terra, detriti, luci lasciate accese fuggendo in quella notte da terremoto d’aprile, sangue e dolore.

E macerie.

E il pubblico si alza con lo stomaco chiuso, con rabbia e profonda tristezza esce dalla sala di proiezione in silenzio, dopo aver visto un paese, l’Italia, descritto come venduto alla mafia e alla corruzione e una citta’ d’arte di gente orgogliosa, l’Aquila, messa in ginocchio prima dal terremoto poi dalla ricostruzione e dall‘ assedio mediatico.

E dall’avidita’ di chi vede in un terremoto solamente possibilita’ di lucro.

Svetta l’abito d’argento da sera di Guzzanti in mezzo a un pubblico impegnato, attento e poco simile a quel « barnum » che e’ il festival di Cannes.

Il direttore del festival, Thierry Fremauux, sostiene Guzzanti dall ‘inizio del film «inconcepibile l’atteggiamneto della politica italiana verso la liberta’ di espressione » e poi sulle scale rosse di moquette nel finale tra gli applausi, mentre ragazze italiane urlano « Sabina se non c’ e’ bondi con te ci siamo noi ».

Come un grande ufficio stampa il ministro fa salire gli incassi del film con le sue dichiarazioni e forse promuove proprio un passa parola che non si potra’ piu’ fermare : cosa e’ stata realmente la ricostruzione in Abruzzo.

Con la sua gente felice di entrare nelle case consegnate lo scorso settembre e con quelle persone disperate di non poter entrare piu’ nel centro antico, nella vita centenaria della propria, bella citta’.

La vita nelle tende regolata da una protezione eccessiva : no caffe’ no coca cola, no alcol.

Gli accampati non si possono agitare.

Ne possono entrare da una tendopoli all’altra, non possono uscire dal campo quando e come vogliono.

Né possono protestare.

Chi scrive e’ un terremotato friulano, un abitante della « piccola patria » di Pasolini che ha visto cadere interi paesi e poi in vent’anni ha visto un territorio assistito, aiutato e ricostruito pietra su pietra.

Giorni in cui non esisteva nemmeno la protezione civile.

Giorni in cui, nel 1976, lo stato affidava ai sindaci dei comuni crollati il 6 maggio l’incarico di decidere « come » ricostruire il proprio paese.

« Draquila » racconta questo : l’impossibilita’ di decidere cosa fare della propria casa e del vivere insieme, solidale, di una comunita’ che ha vissuto tanto, tanto dolore.

Un mese fa a Udine ho sentito un ingegnere sessantenne esclamare : « il periodo piu’ bello della mia vita ? quello dopo il terremoto, vivevamo tutti insieme, ci aiutavamo gli uni con gli altri.

Ci volevamo bene, ci eravamno perdonati tutto ».

A l’ Aquila forse hanno rubato anche questo.


http://www.articolo21.org/1140/notizia/sabina-se-non-ce-bondi-con-te-ci.html



ue: olaf, frodi tolgono 20 mld l'anno a fondi ue


Roma, 13 mag. - (Adnkronos) -

Giro d'affari ghiotto per i furbetti delle truffe europee, che ogni anno sottraggono ai fondi Ue quasi 20 miliardi di euro.

Un fenomeno dilagante, gestito in buona parte dalle mafie.

L'Italia occupa i primi posti della lista, tra i paesi in cui vengono messe in campo le frodi, ma anche grazie ai controlli che sono molto piu' scrupolosi rispetto ad altri Stati.

Nel Belpaese i fondi che finiscono nelle mani sbagliate, nel 50% dei casi vengono incassati dalla criminalita'.

Ad essere colpito dal fenomeno non e' solo il sud, ma tutto il paese.

E' quanto evidenzia l'Olaf, l'Ufficio europeo per la lotta antifrode, al termine del ciclo di seminari che si sono tenuti presso la Corte dei conti sulle risorse comunitarie.

I fondi europei ammontano a 180 miliardi di euro l'anno, di questi l'11% finisce nel giro delle frodi.

In Italia dal 2007 al 2009 le citazioni in giudizio sono state 294, mentre i fondi recuperati sono stati pari a 82 milioni nel primo biennio e 136 milioni nel 2009 per un totale di 218 milioni di fondi europei e nazionali.

Il lavoro di contrasto alle frodi rischia pero' di venire vanificato in buona parte: a causa delle norme sulla prescrizione in questo momento un caso su due e' destinato a non essere riscosso. 'Il problema delle frodi -spiega il procuratore generale della Corte dei conti, Mario Ristuccia- e' estremamente rilevante.

Non e' possibile che vengano utilizzati dalle strutture mafiose'.

Stesso problema viene evidenziato anche dal direttore generale dell'Olaf, Nicholas Ilett, che sottolinea: 'sono oggetto del desiderio perverso di appropriazione della criminalita' organizzata e dei piccoli frodatori'.

Il presidente della commissione per il controllo dei bilanci del Parlamento europeo, Luigi De Magistris, spiega che viene data 'grandissima importanza a come vengono gestiti i fondi perche' siamo consapevoli che si realizza un perverso meccanismo criminale tra politica, strutture che fanno da tramite e criminalita''.

In particolare, per quanto riguarda il caso Italia, De Magistris mette in evidenza l'anomalia delle procedure che vengono utilizzate nei casi di emergenza ambientale, con la procedura d'urgenza che sostituisce il normale iter, attraverso la Protezione civile.

'Se non c'e' una classe onesta diventa un modo per affidare i lavori agli amici', dice il presidente.

Nella gestione del denaro pubblico 'negli ultimi anni si e' istituzionalizzata la criminalita' organizzata', prosegue De Magistris, sottolineando che il discorso riguarda tutta l'Europa e non solo l'Italia.

'Bisogna darsi una regolata perche' molti stati membri non tollerano piu' che immani risorse siano destinate a paesi, per costatare poi che i risultati raggiunti sono modesti rispetto a quanto dato.

Bisogna dare delle certezze sul fatto che questi soldi non vadano ad arricchire la borghesia mafiosa'.




prof picchia con violenza studente di 13 anni


Mi domando cosa avrà imparato il ragazzino dalla sua insegnante.



giovedì 13 maggio 2010

DRAQUILA. L'Italia che trema nuovo trailer



Visto ieri “Draquila”, il documentario di Sabina Guzzanti sulla gestione del terremoto all’Aquila. Merita. Con buon taglio narrativo Sabina spiega lo sfruttamento politico del “grande evento” terremoto e la speculazione affaristica sulle “grandi opere” e le strumentali emergenze da “protezione civile spa”: il contesto in cui operava la Cricca. Un dopo terremoto letto come frammento esemplare di un metodo di sgoverno, con alcune costanti: concentrazione del potere, abbattimento dei controlli, liquidazione delle procedure, stregoneria mediatica, marginalità delle opposizioni, repressione del dissenso, fondamentalismo del business. Raccontare queste cose è da antitaliani, come osservano molto offesi alcuni degli attuali governanti, ministra Brambilla in testa? No, significa cercare di aprire gli occhi agli italiani. Un assai arduo programma.
Non scaricatelo gratis. Andate al cinema. Perché produrre opere, anche non grandi, costa.