Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
lunedì 18 aprile 2011
Genchi: colpevole per non aver commesso il fatto - Marco Travaglio.
Napolitano pronto a intervenire contro le leggi ad personam. - di Sara Nicoli
Il premier continua la sua offensiva contro Fini e contro i giudici, ma il Colle potrebbe presto intervenire con qualcosa di più di un monito. Pdl preoccupato per la possibilità che il Quirinale agisca direttamente nel dibattito su "processo breve" e "processo lunghissimo".
Sullo strumento che Napolitano userà per dare un messaggio più forte del solito al Paese, ma soprattutto alla sua classe politica, non è ancora stato deciso, ma quello che si sa è che i punti su cui ruoterà questo messaggio saranno l’esigenza di ripristinare un giusto “bilanciamento tra i poteri dello Stato” e che qualsiasi investitura politica popolare, per quanto plebiscitaria, ha pur sempre “dei limiti dettati dalle regole della democrazia” che non possono in alcun modo essere disattesi.
E’ noto che il Cavaliere si è sempre fatto beffe dei messaggi di Napolitano, limitandosi ad usare con il Quirinale – comunque di malavoglia – alcune attenzioni per evitare che le sue leggi ad personam finissero tutte respinte ancor prima di arrivare al momento della firma del Colle. Da un po’ di tempo a questa parte, tuttavia, anche le buone maniere sono state messe da parte. La legge sul processo breve è l’ultimo esempio di questo dialogo interrotto – e male – tra governo e Quirinale. Il Capo dello Stato non sa nulla, ufficialmente, della prescrizione breve, né delle sue terribili conseguenze su alcuni dei processi più pesanti dell’ultima parte della storia Repubblicana. Ufficiosamente, invece, sa perfettamente dove vuole andare a parare il Cavaliere e ha fatto chiaramente capire, a chi lo segue da vicino, che così com’è uscita dalla Camera la legge lui non la firmerà mai. Stessa questione riguarderà, a breve, la legge sulle intercettazioni, che il Cavaliere vuole tirare fuori al più presto dalla polvere della commissione Giustizia della Camera per farla approvare (e stavolta in via definitiva) entro la fine di maggio, ma forse anche prima. E che dire, poi, di quell’altra legge appena presentata al Senato e gergalmente chiamata “processo lunghissimo”, a firma del peone di palazzo Madama, Franco Mugnai, che nel Pdl puntano a mandare avanti rapidamente.
Insomma, un reticolo di nuove leggi per garantire l’impunità a Berlusconi che Napolitano non ha alcuna intenzione di avallare. Da un lato perché “un Parlamento totalmente bloccato sulle questioni giudiziarie del premier – sostengono fonti vicine al Capo dello Stato – non fanno che accrescere la sfiducia dei cittadini nella classe politica” e dall’altro perché si sta determinando – ed ogni giorno che passa diventa più profondo – un “allargamento del conflitto tra poteri dello Stato” a cui Napolitano è deciso a posse un freno. Questa settimana, dunque, mentre le truppe pidielline si muoveranno come formiche operose tra le commissioni si Camera e Senato per rendere più rapide possibili le discussioni sulle leggi che interessano al Caimano, il Capo dello Stato potrebbe far sentire la sua voce in modo più determinato (e determinante) del solito. Qualcuno ha ipotizzato che possa cogliere l’occasione della calendarizzazione, in commissione Giustizia del Senato, delprocesso breve per lanciare quello che non potrà più essere considerato solo un monito, ma un vero e proprio allarme per la democrazia.
D’altra parte, i toni del Cavaliere contro la magistratura, e in generale contro chi attenta alla sua impunità, sono destinati a salire nel corso delle prossime settimane. La campagna elettorale del Pdl, soprattutto a Milano e Napoli, ruoterà tutta intorno all’aggressione ai giudici, al presidente della Camera Fini, del quale continuerà a chiedere pubblicamente le dimissioni, e alla necessità di fare le riforme, prima fra tutte la Giustizia. E il clima che si sta creando, di contrapposizione pesante e di veleni, destano profondo allarme nel Capo dello Stato. Le indagini sull’ultimo episodio dei manifesti apparsi per le vie di Milano contro una magistratura paragonata alle Br sono seguite da vicino anche dal Colle, ovviamente preoccupato di una degenerazione poi difficilmente controllabile. Sapendo che Berlusconi continuerà a soffiare sul fuoco, convinto che lo scontro istituzionale più duro alla fine lo vedrà vincitore. Anche se i sondaggi dicono l’esatto contrario.
Frizioni in Procura a Bari Lascia il pm del caso D’Addario. - di Marco Lillo
Giuseppe Scelsi abbandona il ruolo di sostituto: troppi ritardi nelle indagini. E smentisce uno scambio di lettere 'dai toni forti' con il procuratore Laudati. Nei fascicoli, anche le intercettazioni tra le ragazze di Tarantini e Silvio Berlusconi
Davvero un brutto momento per il procuratore di Bari. Dopo essere stato messo nel mirino della stampa e del Consiglio superiore della magistratura per la partecipazione al convegno sulla giustizia finanziato dalla Regione presieduta dal suo indagato (poi archiviato) Nichi Vendola, venerdì pomeriggio un articolo dell’Ansa ha fatto emergere il conflitto che covava da mesi in Procura per l’inchiesta su Tarantini e le escort.
Alle 16 e 17, sotto il titolo “Indagini ferme, lascia il pm del caso D’Addario”, la solitamente compassata agenzia di stampa comunicava che: “Lascerà la procura di Bari il pm antimafia Giuseppe Scelsi … perchè ci sono attriti insanabili con il capo della procura, Antonio Laudati”. La nota Ansa chiariva senza mezzi termini la ragione dell’addio: “Uno scambio di lettere dai toni forti … sull’impostazione da dare alle indagini sul caso D’Addario che sono ferme da troppo tempo”. Un ritardo ingiustificabile, notava l’Ansa, visto che “le prime intercettazioni sono partite a fine 2008 e vi è la confessione di Tarantini, accusato di favoreggiamento della prostituzione, che ha riferito di aver fornito “ragazze” ed escort sia a Berlusconi …. sia all’allora vicepresidente Pd della Puglia,Sandro Frisullo”.
Da mesi ormai tutti gli osservatori notavano l’imbarazzante differenza di velocità della Procura di Bari rispetto ai pm di Milano. I primi erano fermi al palo da un anno e mezzo per fatti del 2008 mentre Ilda Boccassini e compagni erano giunti al processo per fatti del 2010. Lo smacco era ancora più cocente se si leggevano i nomi delle protagoniste di oggi nel faldone di Milano e di ieri in quello di Bari: Barbara Guerra, Ioana Visan e Marysthelle Polanco, stessi nomi, stesso utilizzatore finale. Cambiava solo il favoreggiatore (Tarantini contro il terzetto Mora-Fede-Minetti) e soprattutto cambiava l’atteggiamento e il ritmo delle due procure.
Tre ore e mezza dopo il lancio della notizia che aveva incrinato i delicati equilibri giudiziari baresi, l’Ansa lanciava in rete una tiepida smentita di Scelsi: “Non mi sono dimesso dalla magistratura ma, su mia richiesta… sono stato promosso presso la procura generale presso la corte d’appello di Bari. Quanto alle presunte lettere infuocate smentisco categoricamente che i miei rapporti con il procuratore Antonio Laudati siano stati improntati a toni diversi dalla fisiologica e civile dialettica richiesta dall’Ordinamento giudiziario”. Eppure, stranezza nella stranezza, l’Ansa un’ora dopo pubblicava un secondo articolo che confermava il contenuto del primo e aggiungeva un particolare: “Quel che sembra aver amareggiato Scelsi è stata la notizia pubblicata a fine gennaio in cui una fonte autorevole della procura ha spiegato ai cronisti che nell’indagine sul D’Addario-gate, a due anni circa dal suo avvio, si stava definendo la qualificazione giuridica dei fatti e che non si escludeva una modifica dell’ipotesi di reato. Tutto ciò senza che Scelsi, titolare del fascicolo assieme a Eugenia Pontassuglia e Ciro Angelillis, sapesse nulla sulla modifica dell’accusa di favoreggiamento della prostituzione contestata al reo confesso Gianpaolo Tarantini”.
In realtà, la vera partita che si gioca a Bari non riguarda la posizione penale di Tarantini ma il destino delle sue intercettazioni. Nel fascicolo ci sono decine di telefonate con il premier e le sue ragazze. Oggi sono segrete ma – dopo la chiusura dell’inchiesta – potrebbero finire sui giornali, imbarazzando certamente il premier ma anche chi ha mantenuto la sordina allo scandalo per due anni.
da Il Fatto Quotidiano del 16 aprile 2011
MUSSOLINI DISCORSO ROMA 1937.
Silvio Berlusconi ama delinquere. - di Diego Novelli
Il Cavaliere Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana è un delinquente.
Non appaia esagerata questa affermazione, tantomeno diffamatoria o calunniosa: corrisponde semplicemente alla realtà.
Quando si giunge a definire la magistratura un'associazione a delinquere e si paragonano i giudici alle Brigate Rosse, viene automatica la comparazione di chi esprime questi giudizi con la peggiore feccia della delinquenza comune, della criminalità organizzata, oppure con gli eversori che praticarono nel nostro Paese il terrorismo, seminando, nel corso della lunga notte degli anni di piombo, stragi e omicidi.
Sia i criminali comuni come i terroristi, hanno sempre avuto tra i loro principali nemici i magistrati, cioè coloro che hanno il compito di individuarli e di perseguirli.
Un'ulteriore conferma, oltre alle esplicite e aberranti affermazioni del signor B., è venuta dagli immondi manifesti che nei giorni scorsi hanno tappezzato la città di Milano.
A caratteri cubitali, su sfondo rosso, è stato scritto: "Via le Br dalle Procure".
Nel volgere di ventiquattr'ore la polizia ha individuato gli autori di questa infame iniziativa, chiaramente a sostegno delle dichiarazioni pubbliche del presidente del Consiglio («brigatismo giudiziario» oppure «magistratura eversiva»).
La fantomatica "associazione dalla parte della democrazia", che ha firmato questi manifesti, altro non è che, questa si, un'associazione a delinquere presieduta da un noto esponente del partito di Berlusconi, addirittura candidato per le prossime elezioni comunali di Milano, nella lista che sostiene Letizia Moratti, sindaco uscente, figura di spicco della destra berlusconiana.
Il crescendo di insulti, di folli accuse che Berlusconi senza remore sta lanciando, mette in luce il terrore dei processi che evidentemente lo pervade, sino a farlo delirare.
Non ci possono essere altre spiegazioni.
Ma l'aspetto più inquietante non è rappresentato soltanto dall'esternazione di un soggetto chiaramente malato (fenomeno per altro denunciato a suo tempo dalla seconda moglie Veronica Lario), ma dalla mancanza totale del più timido segnale di preoccupazione da parte dei suoi seguaci.
C'è un limite a tutto, anche per coloro della sua corte che devono difendere la pagnotta.
La folle tesi dell'onorevole Maurizio Paniz (l'avvocato dall'aspetto ebete-spiritato) secondo cui la telefonata alla Questura di Milano, nella famigerata notte, sarebbe stata fatta dal Capo del Governo per evitare un incidente diplomatico, è stata condivisa da tutti i deputati del centrodestra, più i nuovi acquisti.
Di fronte al reiterato attacco del Cavaliere alla magistratura non si è levata una voce di dissenso da parte della maggioranza che lo sostiene.
Dobbiamo considerare che al pari del loro leader, sono tutti delinquenti, disposti a tutto?
Si pone con urgenza la necessità di mettere in atto tutte le iniziative democratiche per fermare questa deriva, questo "golpe strisciante".
Certamente, tanto per essere chiari, non contrapponendogli fantasiose iniziative come quella proposta da Alberto Asor Rosa e irresponsabilmente amplificata da "Il Manifesto".
In pari tempo difronte a quanto sta accadendo il Colle non può restare muto: il Capo dello Stato, primo garante della Costituzione, pur non avendo potestà diretta per bloccare la frana che è di fronte agli occhi di tutte le persone pensanti, deve lanciare un monito nei confronti di chi, per interessi meramente personali, ritiene di aver licenza di colpire uno dei pilastri del sistema democratico, come la magistratura.
Prima che la corda si spezzi.
http://www.nuovasocieta.it/editoriali/26042-silvio-berlusconi-ama-delinquere-.html
Non c'è più tempo. - di Alberto Asor Rosa
Antonio PADELLARO – L’opposizione deve lasciare il Parlamento e il Cavaliere volerà via.
Ripeterlo è perfino inutile. In qualsiasi altra democrazia al mondo un premier indagato per prostituzione minorile non sarebbe restato un minuto di più al suo posto. Pensate a Cameron, a Sarkozy, a Zapatero. Come avrebbero potuto tirarla in lungo accusando di qualsiasi cosa magistratura e informazione senza rischiare una rivolta di piazza? Figuriamoci se rinviati a giudizio con una motivazione di un giudice terzo, il gip, che parla di “evidenza delle prove”.
Ma in Italia c’è Berlusconi e anche in queste ore di marasma e di vergogna, mentre tutti i notiziari del globo aprono con la notizia che è senza precedenti, a Palazzo Grazioli il partito del tanto peggio può ancora alzare la voce. Fregatene, resisti, vai avanti: così lo consiglia la corte dei venduti e dei parassiti che, pur di non essere ricacciati nel nulla da cui sono stati tirati fuori (il vero miracolo italiano), lo sospingono di nuovo sul ring disposti a farlo massacrare pur di salvarsi. Un uomo con un residuo di lucidità avrebbe già capito dal rumoroso silenzio di Bossi che perfino il più fedele alleato ne ha le scatole piene. E quella gelida frase del cardinal Bagnasco: “Occorre trasparenza” non suona forse come la campana a martello del Vaticano?
Con il Caimano ferito tutto è possibile. Ma se non darà ascolto alle voci del buon senso che gli indicano come unica via d’uscita le dimissioni immediate per poi giocarsi l’intera posta sul tavolo delle elezioni anticipate. Se, insomma, tenterà l’ultimo disperato arrocco trincerandosi dentro Palazzo Chigi con la sua maggioranza gonfiata da deputati comprati un tanto al chilo, allora toccherà all’opposizione uscire allo scoperto con un gesto forte, drammatico, senza precedenti come lo è il momento che viviamo. Se n’è già parlato: le dimissioni in blocco di tutti i gruppi e di tutti i parlamentari dell’opposizione. Camera e Senato già ridotte a enti inutili dall’inettitudine del governo non potrebbero sopravvivere. Un gesto estremo. Ma prepariamoci a ogni evenienza.
(Analisi ripresa da Il Fatto Quotidiano)