mercoledì 20 aprile 2011

Cosa non si fa per evitare un referendum. - di Tommaso Labate


Il quorum era possibile. Così il governo ferma (per ora) la realizzazione degli impianti e cancella il quesito più attuale tra quelli previsti il 12 giugno, per non correre rischi sul legittimo impedimento.

Nella foto: Paolo Romani ministro sviluppo economico

«È stato un colpo da maestro. Diamo una prospettiva al nucleare e, visto che ci siamo, cancelliamo ogni possibilità che i referendum raggiungano il quorum». Ieri pomeriggio, quando la decisione del governo di cancellare il piano nucleare sta facendo il giro di tutti i mezzi d’informazione, un esponente dell’esecutivo racconta dietro la garanzia dell’anonimato un altro film. Possibile titolo: «Il delitto perfetto».
L'impresa non era delle più semplici. Anche per la presenza di mille variabili impazzite. A Berlusconi serviva dare una minima speranza agli investimenti sul nucleare dopo Fukushima, tenere insieme i tanti malpancisti del governo (a cominciare dal ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo), soddisfare l’immancabile pretesa tremontiana (nel senso di Giulio) di tenere chiusi i cordoni della borsa (il piano nucleare costa, eccome se costa), togliere il dossier dalla campagna elettorale delle amministrative e, last but non least, cancellare le minime speranze che il referendum sul legittimo impedimento raggiungesse il quorum, magari trainato dai quesiti anti-atomo. Cinque obiettivi. Raggiunti in un sol colpo ieri.
Quando il gruppo del Senato guidato da Maurizio Gasparri e dall’ex radicale (esperto, quindi, di referendum) Gaetano Quagliariello segnala al governo la presenza di un emendamento firmato da Francesco Rutelli (altro ex radicale) nelle discussione sul decreto omnibus, ecco che gli uffici di Palazzo Chigi si trovano di fronte all’occasione che aspettavano. Il colpo del «delitto perfetto» in grado di colpire tutti e cinque i bersagli. All’emendamento del leader dell’Api, che cancellava ogni traccia normativa sulla prevista realizzazione delle centrali, il governo esprime parere favorevole. C’è una triangolazione tra Paolo Romani e Giulio Tremonti, il raccordo con il gruppo del Pdl a Palazzo Madama «e il gioco», aggiunge la fonte governativa, «si conclude. Infatti nessuno ci vieta di ripresentare il piano l’anno prossimo, quando magari l’eco del disastro giapponese si sarà spenta...».
Ovviamente, anche il delitto perfetto del governo ha qualche limite. Perché con gli effetti collaterali del disastro giapponese il mondo dovrà fare i conti per molti anni a venire. D’altronde, come spiega Benedetto della Vedova dando una boccata di sigaro nel cortile di Montecitorio, «mi pare che di nucleare non si parlerà più». Ma è altrettanto vero, e il capogruppo dei finiani alla Camera lo riconosce, che «stavolta la maggioranza ha preso due piccioni con due fave».
Il secondo piccione di cui parla Della Vedova è, ovviamente, il referendum. Con l’approvazione dell’emendamento anti-atomo del decreto omnibus, il quesito che avrebbe trainato quelli sull’acqua e il legittimo impedimento scomparirà dalle schede della consultazione del 12 giugno. Domanda: ma c’era qualche minima speranza che, per la prima volta dopo un decennio, un referendum passasse il quorum del 50 per cento più uno degli aventi diritto? La risposta poteva anche essere affermativa. Almeno a prendere per buono un sondaggio riservato commissionato da Federutility (la federazione che riunisce le aziende di servizi pubblici, interessata al quesito sull’acqua), che una settimana fa fissava la partecipazione al voto in una forbice tra il 48 e il 52 per cento. Speranze che, senza il traino del voto sull’atomo, ovviamente si riducono al lumicino. Con tanti saluti alla partita sul legittimo impedimento.
Con la mossa del Senato, il governo si garantisce una giornata con l’happy end. Con Paolo Romani, uno degli artefici della partita, che si concede il lusso di annunciare «un nuovo piano energetico entro l’estate». E con l’opposizione che, ieri, ha finito per dividersi. Perché quando arriva la notizia della cancellazione del piano per il nucleare, Pier Luigi Bersani esulta: «È una nostra vittoria». Al contrario di Antonio Di Pietro, che invece convoca una conferenza stampa per «denunciare il colpo di mano del governo sul referendum del legittimo impedimento». Il segretario del Pd, più tardi, aggiusterà il tiro. Prima con una dichiarazione alla stampa («La decisione del governo? È positivo ma non lo è abbastanza: perché è chiaro che vuole solo scappare dal confronto sul referendum»), poi con una battuta affidata ai fedelissimi: «Dal “governo del fare” erano diventati il governo del “faremo”. Adesso si sono trasformati nel governo del “non faremo più”». Anche Massimo D’Alema, come Di Pietro, lega la cancellazione del piano nuclerare al referendum: «Berlusconi vuole solo far fallire il quorum». Morale della favola: alla Camera, sulla riconversione del decreto omnibus, l’opposizione marcerà a ranghi separati. «Decideremo dopo averne parlato», dice l’udc Roberto Rao a metà pomeriggio. Ma i rutelliani voteranno a favore, visto che l’emendamento accolto dall’esecutivo era firmato dal loro leader. «Anche io sarei tentato di votare sì. Ma, visti i numeri della Camera, è irrilevante», scandisce il finiano Della Vedova. Il Pd ne parlerà alla ripresa dei lavori dopo Pasqua. «Se hanno cambiato idea è merito di Alberto Losacco», è la battuta di Dario Franceschini, che rimanda al «profetico» appello anti-atomo firmato giusto ieri dal suo fedelissimo sull’Unità. I dipietristi, invece, voteranno compatti contro. Opposizione divisa. «Delitto perfetto», insomma.

http://www.ilriformista.it/stories/Prima%20pagina/385048/



''C'era patto mafia-politica'', le motivazioni della Cassazione sulla condanna di Cuffaro.



Roma - (Adnkronos) - Secondo i supremi giudici l'ex governatore della Sicilia "in più occasioni ebbe modo di agevolare l'organizzazione mafiosa". Piazza Cavourricorda anche gli incontri a cui avrebbe preso parte anche il neo ministro dell'Agricoltura, Saverio Romano. Cassazione conferma condanna per mafia, Cuffaro trasferito in carcere a Rebibbia

Roma, 19 apr. - (Adnkronos) - Salvatore Cuffaro, ex governatore della Sicilia, aveva dato vita ad un "patto mafia-politica" e gli episodi nei quali è rimasto coinvolto dimostrano che "in più occasioni ebbe modo di agevolare l'organizzazione mafiosa".

La Cassazione nelle 215 pagine di motivazioni depositate oggi spiega il perché, lo scorso 21 febbraio, ha reso definitiva la condanna a 7 anni di reclusione per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra nei confronti di Totò Cuffaro. Nelle motivazioni, la Suprema Corte parla di un "accordo criminoso ben preciso".

La sentenza 15583, sposando in pieno la tesi sostenuta dalla Corte d'appello di Palermo il 23 gennaio 2010, ricorda anche gli incontri a cui avrebbe preso parte anche il neo ministro dell'Agricoltura, Saverio Romano. In particolare, riferendo degli incontri con Angelo Siino, piazza Cavour sottoscrive il giudizio dei colleghi di merito in riferimento alla campagna elettorale per le elezioni regionali del 1991 nelle quali Cuffaro era candidato.

"In tale occasione Cuffaro - ricorda la Cassazione rifacendosi al giudizio di merito - ammetteva di essersi recato, insieme a Saverio Romano, dal Siino per chiedergli sostegno alla propria candidatura". Tra l'altro, annota ancora la Cassazione, "Angelo Siino, successivamente al 1991 tratto in arresto e poi divenuto collaboratore di giustizia, ha riferito della visita degli allora giovani Cuffaro e Romano nella quale entrambi gli chiedevano apertamente sostegno elettorale".

La Cassazione, nel convalidare la condanna a sette anni per Cuffaro, parla di un "quadro complessivo certamente caratterizzato dall'accertata sussistenza di ripetuti contatti con vari esponenti dell'organizzazione, e ciò spiega quale sia stato l'atteggiamento psichico dello stesso all'atto della rivelazione della notizia al Miceli e al Guttadauro e, cioè, al capo del mandamento mafioso di Brancaccio con il quale aveva stipulato un accordo politico-mafioso concernente interessi mafiosi - così agevolando, con il trasmettere la notizia relativa alle indagini che vertevano anche su tale rapporto, indagini che subivano così una gravissima interruzione e che venivano irrimediabilmente compromesse - soggettivamente e oggettivamente l'associazione criminale".

La Suprema Corte in via definitiva accerta la sussistenza della aggravante di mafia nei confronti dell'ex governatore della Sicilia. "Non vi è alcun dubbio che l'imputato - scrivono gli 'ermellini' - facendo pervenire la notizia al Guttadauro, intendesse agevolare il sodalizio facente capo a quest'ultimo, giacché il Cuffaro, dichiaratosi disponibile ad accogliere le richieste del capomafia, era perfettamente a conoscenza che la candidatura del Miceli, indicata dal capomandamento e accettata dall'uomo politico, era funzionale agli interessi dell'associazione da sempre impegnata nel progetto di infiltrazione mafiosa, e che ciò riguardava non solo il candidato Miceli ma anche lo stesso futuro presidente della Regione, partecipe del patto illecito".

Insomma, per la Cassazione Salvatore Cuffaro "era perfettamente consapevole che, svelando la notizia di indagini in corso nell'abitazione del capo-mafia, con l'avvertimento di cautelarsi, avrebbe ostacolato l'indagine, come poi effettivamente avvenne, che tendeva a scoprire proprio quell'attività di infiltrazione nelle istituzioni che interessava e giovava all'associazione mafiosa".

Sulla candidatura Miceli, la Cassazione conviene con la Corte di merito sul fatto che "Cuffaro, all'atto della formazione delle liste per le elezioni regionali del 2001 nelle quali egli si presentava alla carica di governatore della Regione, ha sostanzialmente accettato la presentazione in una lista, collegata alla sua, di un candidato che egli sapeva essere appoggiato da soggetti organici all'associazione mafiosa (e cioè, la famiglia mafiosa dei Mandalà di Villabate, vicinissima ai fiancheggiatori del capo assoluto di Cosa Nostra Bernardo Provenzano) - che venivano individuati ed espressamente segnalati dal Campanella".

In sostanza, per la Cassazione è legittimo parlare di un "vero e proprio progetto di inflitrazione nel mondo politico istituzionale avente come principale obiettivo Cuffaro, portato avanti dal capo-mafia Giuseppe Guttadauro, per il tramite del Miceli, nonché di Salvatore Aragona".





19-04-11 NUCLEARE: IN PNR 2011-2013 C'E' GIA' PROGETTO SU NUOVE TECNOLOGIE



(ASCA) - Roma, 19 apr - Nel Programma nazionale di ricerca 2011-2013 presentato oggi dal ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini che rilancia l'impegno italiano nel settore, tra i 14 progetti di eccellenza finanziati dal piano c'e' anche uno che riguarda il nucleare.

Curato da Enea, Cnr e Istituto nazionale di fisica nucleare il progetto - presentato proprio nel giorno in cui il governo si prende 12 mesi di tempo per la formulazione della Strategia energetica nazionale e ferma nel frattempo i piani di realizzazione di nuovi impianti nucleari, per valutare la sicurezza delle tecnologie disponibili -, e' ''orientato al rafforzamento del sistema energetico nazionale insufficiente a soddisfare la crescente e inevitabile domanda di energia'' e tra gli obiettivi a breve termine fissa la ''realizzazione di reattori a elevato grado di sicurezza, la ricerca sui siti, la ricerca sulle soluzioni tecnologiche per lo smaltimento dei rifiuti''. Nel medio-lungo periodo si propone inoltre la realizzaione di ''nuovi reattori di IV generazione e neutroni veloci, con standard di sicurezza elevatissimi''.

Il progetto ha un costo di 14 milioni di euro.

Un altro progetto di particolare interesse, vista anche la situazione geopolitica, e' quello sviluppato da ministero per l'Istruzione e la ricerca, ministero della Difesa e Agenzia spaziale italiana e relativo ad un satellite ottico per il telerilevamento, utilizzabile per scopi civili e militari. Il satellite sara' capace di rilevamenti ad altissima risoluzione per l'osservazione terrestre e potenziera' la strumentazione 'non convenzionale' esistente. Il costo di questo progetto e' di 100 milioni di euro.

http://www.asca.it/news-NUCLEARE__IN_PNR_2011-2013_C_E__GIA__PROGETTO_SU_NUOVE_TECNOLOGIE-1009918-POL-1.html



Se questi sono alleati: la convivenza forzata tra l’ex missino e il giovane padano. - di Giulia Zaccariello


La scelta del candidato nasce da una forzatura della Lega. Berselli, uno dei berluscones più fidati, spiega che sarà una sconfitta. Bernardini replica: "Il presidente del consiglio non viene a Bologna? Qui un piatto di tortellini non si nega a nessuno". Con queste premesse i due si avviano a fare una campagna elettorale che dovrebbe essere condivisa...

La convivenza tra Lega e Pdl bolognesi si preannuncia difficile. Davanti ai fotografi o intorno a tavole imbandite il clima sembra sereno. Ma poi, tra battute, lapsus e frecciatine l’imbarazzo diventa difficile da nascondere. Il senatore Pdl Filippo Berselli però ci prova: “Le polemiche appartengono al passato recente. Oggi il nostro uomo è Manes Bernardini, e lo sosterremo come se fosse un candidato scelto in comune”. Ma aggiunge anche: “Sarà difficile vincere a Bologna. Non siamo a Milano dove sarà facile passare al primo turno, questa città ha un’altra storia”. E la battuta sui tortellini? Il giovane Manes che dice “se Berlusconi vuole passare dalla città delle Due Torri un piatto di tortellini non si nega a nessuno?”. Berselli non la prende a ridere. “Una battuta poco riuscita. Ma pur sempre una frase di spirito. Di certo se Berlusconi verrà a Bologna non sarà per i tortellini di Manes”.

Ma la tensione rimane, ed era già emersa alla cena elettorale di sabato sera a sostegno diMichele Facci, candidato al consiglio per il Pdl, per il quale si è scomodato anche Gianni Alemanno, ospite d’onore della serata. “Sono qui per due motivi: per salutare l’amico e collega Gianni Alemanno, e per sostenere Michele Facci”, ha esordito Berselli davanti a una platea dicirca 500 persone. Una gaffe capace di far infuriare Bernardini, che durante tutto il corso della serata non ha smesso di lanciare frecciatine al senatore: “Caro Berselli, ti sei dimenticato di dire il terzo motivo per cui sei qui, cioè sostenere il candidato sindaco di Pdl e Lega, che sarei io”. Via. Scroscio di applausi.

Domenica poi ci si è messa anche la puntata di Report, che non ha fatto altro che gettare benzina sul fuoco. Davanti al giornalista Alberto Nerazzini, autore dell’inchiesta, Berselli si è mostrato decisamente scettico verso una possibile candidatura della Lega “che ha solo l’8 per cento dei voti”.

Il Pd, come prevedibile, va a nozze: “L’eventuale discesa a Bologna di Berlusconi sancirà ufficialmente la sconfitta di tutti quei dirigenti Pdl che non hanno mai creduto in una vittoria leghista a Bologna. “Come lo stesso Berselli ha annunciato a Report”, ha dichiarato ieri in una nota Pietro Aceto, coordinatore dell’Agorà del Pd bolognese. “Fa bene il coordinatore regionale del partito di Berlusconi a preoccuparsi dell’eventuale splitting, non solo degli elettori della destra, ma anche dei dirigenti locali del suo partito”.

Del resto è noto che Bernardini è un nome arrivato da Roma, dal ministro dell’Interno Maroni che ha assecondato le voglie del giovane (ma potente) figlio di Umberto Bossi, Renzo-Trota, che da mesi andava dicendo di voler padanizzare Bologna. Tutto questo è accaduto (annuncio della candidatura compresa) mentre la destra bolognese, e soprattutto Berselli, non nascondevano di preferire un eventuale appoggio al civico Aldrovandi.

Ma il senatore, veterano della politica, taglia corto sulla questione, e la relega al passato. “I contrasti ci sono stati, ma si sono spenti una volta scelto il candidato, che è Manes Bernardini”, spiega al telefono. ”Il nostro simbolo parla chiaro”. Berlusconi per Bernardini. Sarà, ma per ora che la convivenza non si preannuncia facile è dimostrata dai fatti. E la campagna elettorale tra poco è agli sgoccioli.



Questa sera, seguendo ballarò.



Questa sera, seguendo "ballarò", ho assistito all'ennesima scena comica dei giochi sporchi della politica. E mi sono convinta, sempre più fermamente, che la nostra rovina è la politica STATICA, quella che staziona da anni nelle stanze del potere. Ormai, gli occupanti dei seggi, pensano di esserne divenuti i legittimi proprietari. e che possono anche designare i propri eredi al trono. Siamo passati dalla monarchia alla pluripartitocrazia. Cambiano i nomi dei partiti ma i capitani restano sempre gli stessi. Mi domando: a che serve cambiare nome ad una roba stantia che già puzza di marcio lontano un miglio?
Come credere ai Letta, zio e nipote, che militano nei due schieramenti opposti? Dico, avete notato che Letta nipote aveva un faldone della nuova manovra di Tremonti che la Gelmini non aveva ancora letto? Avete notato i due Craxi che militano in due schieramenti opposti e che, mentre la Stefania, che milita nel partito di maggioranza, ha per ora voce in capitolo, il fratello, Bobo, resta nell'ombra? Bipartitismo? Io non ci credo; qui non attecchisce la democrazia, non attecchisce il comunismo, non attecchisce nulla! Qui attecchisce solo l'affarismo!

Fuori tutti! Vogliamo gente nuova. Vogliamo carne fresca, idee nuove che guardino al futuro! E, poi, se ci fregano anche loro, pazienza, almeno potremo dire di averci provato.
Buona notte a tutti.


martedì 19 aprile 2011

Patente sospesa? Basta conoscere il politico giusto.

Il vicepresidente della provincia di Teramo, Renato Rasicci (Pdl), chiama la prefettura per aiutare l'amico del figlio. Al ragazzo era stato ritirato il documento per il tasso alcolico oltre i limiti di legge. Ora indaga la procura

TERAMO – Una festa in piena notte. Un ragazzo che ha problemi con la polizia per una storia di documenti. Un politico importante del centrodestra che telefona alla Prefettura per chiedere un favore. Il favore che arriva e… tutti finiscono sotto inchiesta. Sembra una storia già sentita, vero? E invece no, questa è nuovissima. Ed è tutta in salsa teramana, anche se, come il “Ruby gate”ufficiale, rischia di avere ripercussioni politiche anche pesantissime. Ma andiamo al fatto. È agosto del 2010, sabato notte, ad Alba Adriatica si tira a far mattino, come in tutte le località di mare.

Davanti allo chalet “Il faro” c’è una comitiva di ragazzi, tutti più o meno ventenni, ridono e scherzano. Poi qualcuno va a prendere la macchina, ormai si sono fatte le tre e bisogna pur avviarsi sulla strada di casa. Un’ultima sgommata, qualche manovra un po’ forzata per strappare l’ultima risata alle ragazze del gruppo, il traffico che si ferma e, in un attimo, i lampeggianti della pattuglia della polizia stradale di Giulianova.
L’alcol test del ragazzo alla guida rivela un tasso esagerato, superiore al massimo del massimo consentito. Patente ritirata, subito. Il ragazzo, però, non si rassegna: tra gli amici, quella sera, allo chalet, c’è anche il figlio dell’assessore al Sociale e vicepresidente in quota Pdl alla Provincia di Teramo, Renato Rasicci, che chiama papà.

L’assessore pochi minuti dopo arriva sul posto del controllo della polizia. Sulle prime avrebbe cercato di intercedere in favore del ragazzo che aveva perduto la patente, poi però, vista l’assoluta fermezza de poliziotto, la cosa avrebbe preso un’altra piega, che è il motivo scatenante dell’inchiesta. Rasicci, sbandierando il ruolo pubblico ricoperto, avrebbe detto al poliziotto di essere certo di poter far riavere la patente al ragazzo in tempi brevissimi. Fin qui, forse, solo un attimo di nervosismo.

Invece, va proprio così: il ragazzo torna in possesso della patente due giorni dopo e il poliziotto che l’aveva multato consegna tutto alla Procura della Repubblica, che apre un’inchiesta coperta dal massimo riserbo.
Scopo dei magistrati, a questo punto, è verificare come e perché la Prefettura abbia deciso di restituire la patente al ragazzo, visto che quel tasso pretenderebbe il ritiro per almeno un anno, e soprattutto se, e se sì quanto, in questa decisione abbia potuto influire l’assessore e vicepresidente, con il suo ruolo pubblico. La questione è, come si intuisce delicatissima, anche perché sul registro degli indagati sarebbero già finiti sia l’assessore sia i funzionari della Prefettura.

Di avvisi di garanzia, però, Rasicci, dice di non averne ricevuti, ma sul fatto non smentisce, anzi: “È vero, sono stato chiamato alle 3 di notte di sabato da mio figlio e sono andato a vedere cosa accadesse, ma la polizia, per privacy, non mi ha detto nulla, se non che mio figlio non c’entrava – racconta il vicepresidente della Provincia di Teramo – il lunedì successivo ho chiamato la Prefettura, ma il Prefetto non c’era, è tornato il martedì e mi ha detto di parlare con il comandante della polizia stradale di Teramo, poi mi hanno fatto compilare un modulo scaricato da Internet e il ragazzo, il mercoledì, ha riavuto la patente, ma è tutto regolare… il procedimento penale va avanti, ma intanto il ragazzo, che fa il rappresentante, può lavorare… che c’è di male?”.

di Antonio D’Amore




Berlino: “Voti Berlusconi? Qui non entri”, un ristorante mette il cartello contro B.




Berlino: in un ristorante della capitale tedesca può capitare di imbattersi in un cartello (nella foto): “Se voti Berlusconi qui non entri". Il ristoratore rincara la dose e afferma "Nel mio ristorante non li voglio. gli elettori di Silvio Berlusconi, per loro non c’è servizio”. “Niente cervello, niente servizio”. I giornali tedeschi si sono fiondati sulla notizia e, in Italia, dal suo blog di Franca Rame ha scritto: “Il punto non è il cartello in sè, che può essere valutato una boutade: è ciò che rappresenta, il disprezzo verso gli italiani che eleggono come capo del governo una persona del genere”.