Renzo questa volta è finito nel mirino dei franchi tiratori per aver presentato solo ora (dopo oltre un anno dalla sua elezione in consiglio regionale) la domanda per ottenere la tessera di militante dellaLega Nord. Lo ha fatto in questi giorni nella sezione di Gemonio (Varese), a confermarlo sono gli stessi responsabili locali del partito. “Si, è vero, si è appena iscritto come militante – ha confermatoAndrea Tessarolo, responsabile della sezione di Gemonio – ma ha sempre partecipato. Che poi sia socio sostenitore o militante poco importa, probabilmente si è sempre dimenticato”.
Un fatto forse politicamente poco rilevante, ma che non ha mancato di suscitare l’indignazione dei militanti di lunga data. Quelli che nonostante diversi anni di impegno e dedizione alla causa sono riusciti appena a conquistarsi un posto in consiglio comunale o nella giunta di un paesino sperduto. Sono proprio loro a faticare nel tenere a freno la lingua: commentano e si arrabbiano. A questo proposito si mormora che alla porta di una sezione qualcuno abbia addirittura appeso un cartello con la scritta: “Si raccolgono le uova scadute”, firmato “il militante ignoto”.
Del resto il livello di frustrazione deve essere salito alle stelle nello scoprire che anche nella Lega le regole che valgono per le persone ordinarie non valgono per la casta. Già la candidatura e l’elezione del giovane Bossi (che ha negato la poltrona a tanti pretendenti) erano state mal digerite da una parte consistente dei leghisti, che vedevano in questo fatto l’appiattimento della Lega ai modi e ai costumi degli altri. Ora una nuova verità su Renzo: non solo non ha fatto la gavetta, ma per lui si è chiuso un occhio anche sulle regole interne. Per diventare socio militante della Lega occorre infatti aver maturato almeno un anno da sostenitore. Dopo si inoltra la domanda alla sezione, che la discute e la approva con il via libera dei livelli superiori. Non una banalità.
Probabilmente nel caso di Renzo Bossi l’idoneità è stata data per acquisita con diritto di sangue. Per capire meglio è opportuno leggere l’articolo 13 del regolamento della Lega Nord, quello che fissa i criteri di anzianità di militanza dei candidati a cariche amministrative e politiche. Secondo la norma interna al partito le candidature possono essere accettate “solo se alla data del deposito delle relative liste elettorali gli interessati saranno in possesso di un’anzianità di militanza di 1 anno per i comuni con meno di 15 mila abitanti, 2 anni per i comuni con più di 15 mila abitanti e le province, 3 anni per le regioni e le elezioni politiche”.
Le tempistiche vengono raddoppiate per tutti quelli che in occasione di precedenti elezioni erano schierati contro la Lega. La stessa norma dice anche che: “Resta inteso che gli elenchi dei candidati o degli aspiranti assessori dovranno essere inviati alla segreteria organizzativa federale che verificherà le anzianità e rilascerà il successivo ed indispensabile nulla osta”. Insomma secondo questa regola Renzo Bossi è in debito di almeno quattro anni di militanza. Sulla faccenda è impossibile far parlare qualcuno, tantomeno i vertici locali del partito. Il segretario provinciale Stefano Candiani si limita a dire: “Francamente non ne ho notizia diretta, ma non vedo cosa possa esserci di interessante. Anche se fosse non sono valutazioni che mi competono”.
Altri, con la garanzia dell’anonimato confermano la circostanza, ma poi aggiungono: “Non mi stupisce più di tanto, ci sono stati altri casi di parlamentari eletti senza tessera in tasca”. Sarà, ma la sensazione rimane quella di una forte divaricazione tra le aspettative della base e dei militanti rispetto alle risposte che il partito di Bossi è in grado di fornire in questo momento. Lo si capisce dalla frequenza con cui i mal di pancia vengono portati allo scoperto. Un altro termometro dello scontento sono le feste della Lega: non più affollate come un tempo, talvolta riservano anche qualche brutta sorpresa, come quella di domenica 19 luglio a Caronno Varesino, quando il senatore Massimo Garavaglia è stato accolto a muso duro da una leghista. Qualche parola di troppo e il senatore si è risentito. La verità fa male, ma quando a colpire al cuore sono i tuoi stessi sostenitori le parole diventano fendenti mortali.