lunedì 1 agosto 2011

Campania, il Pdl prepara il blitz per aumentare il numero di assessori regionali. - di Vincenzo Iurillo.


Fra trolley e valigie per il mare già pronti, il Consiglio regionale ha infilato nell’ordine del giorno dell’ultima seduta prima della chiusura estiva, il disegno di legge a iniziativa del gruppo Pdl per far lievitare la giunta sino a 14 componenti. Nel ddl prevista la possibilità per il governatore di nominare anche due sottosegretari.


La sede della Regione Campania

Napoli. Agosto, mese di delibere impopolari da far passare in sordina. E cosa c’è di più impopolare di un provvedimento che ingrassa la Casta? Nonostante siano settimane di frenetico dibattito su come ridurre i costi della politica e i privilegi dei politici, la Campania va in controtendenza e prepara un bliz per domani, lunedì 1 agosto per aumentare il numero degli assessori regionali. Fra trolley e valigie per il mare già pronti, il Consiglio regionale ha infilato nell’ordine del giorno dell’ultima seduta prima della chiusura estiva, il disegno di legge a iniziativa del gruppo Pdl per far lievitare la giunta sino a 14 componenti. Prima firmataria l’azzurra Daniela Nugnes.

Insaziabile, la Casta campana. Gli attuali dodici assessori al fianco del governatore berlusconianoStefano Caldoro non sono sufficienti. Ne vogliono quattordici. E come se non bastasse, il ddl prevede l’introduzione di una figura sconosciuta a tutti gli Statuti regionali del Paese: i sottosegretari. Il governatore potrà nominarne due: con la facoltà di partecipare ai lavori della giunta.

Nella proposta è scritto che le indennità di funzione e le forme di previdenza dei nuovi membri dell’esecutivo “non comportano oneri di spesi aggiuntivi da sono dedotti dalle indennità degli attuali componenti della giunta regionale”. Traduzione: secondo i proponenti, il monte stipendi e contributi riservato a dodici assessori, retribuiti con 11.200 euro mensili e destinatari anche essi di una pensione a fine carriera grazie a una riforma dell’ex governatore Pd Antonio Bassolino, verrebbe ‘spalmato’ su quattordici assessori. E la legge risulterebbe a costo zero per la collettività. Ovviamente non è così. A dirlo è l’assessore regionale al Bilancio, Gaetano Giancane, che a marzo ha inviato in commissione consiliare un’integrazione alla proposta del Pdl con la quale rileva che la crescita della giunta potrebbe “comportare nuove spese”. Secondo Giancane, l’eventuale approvazione del ddl Nugnes “comporterà sicuramente un aumento dei costi di funzionamento della struttura (segreteria, auto di servizio)” e necessiterà di una ulteriore copertura finanziaria.

Il voto potrebbe arrivare a un anno esatto dalla presentazione della proposta, protocollata il 28 luglio 2010. Da allora, il testo ha fatto avanti e indietro tra le commissioni consiliari, in attesa del momento propizio, e non senza qualche mal di pancia all’interno della stessa maggioranza. Tra i contrari, infatti, si è schierato a sorpresa anche il presidente del consiglio regionale, il Pdl Paolo Romano.

Se l’assemblea legislativa campana darà l’ok all’allargamento dell’esecutivo, Caldoro utilizzerà questa facoltà per rimpolpare la giunta di presenze femminili. Pochi giorni fa infatti il Consiglio di Stato ha ‘censurato’ la composizione della squadra di governo, quasi tutta al maschile, confermando l’illegittimità dell’ultima nomina di assessore, quella di Vito Amendolara, con delega all’Agricoltura, al posto del dimissionario Ernesto Sica. Per il massimo organo di giustizia amministrativa, Caldoro non ha pienamente rispettato l’articolo 46 comma 3 dello statuto regionale sulla “equilibrata presenza di donne e uomini”.

E l’opposizione di centrosinistra annuncia barricate contro l’aumento degli assessori. Parla di “risvolti paradossali” e di “scelta vergognosa” il segretario campano del Pd Enzo Amendola: “Caldoro presenta decisioni su sanità e trasporti usando lo slogan del rigore e dei tagli e poi prepara la nomina di due assessori in più e si inventa la figura dei sottosegretari. Uno schiaffo ai cittadini campani colpiti dalla crisi economica, a chi soffre quotidianamente la inazione della destra al governo”. Per il vice capogruppo Pd Umberto del Basso de Caro “l’allargamento della giunta offende la dignità dei cittadini campani”. E il segretario campano di Idv, Nello Formisano, aggiunge: “Una cosa del genere non farebbe altro che aumentare la distanza tra i cittadini e le istituzioni, determinando ulteriore sfiducia della gente verso certa politica, attenta piu’ ai propri interessi che a quelli della collettività”.



Crisi, l'emergenza economica può giustificare un governo tecnico? Ecco cosa pensano i politici.



Roma - (Adnkronos/Ign) - L'emergenza finanziaria ed economica può giustificare governi tecnici che, in un certo senso come le giunte militari antidemocratiche, possono adottare riforme impopolari perché non rispondono né ad alcun partito né agli elettori? I politici rispondono all'Adnkronos. Casini: ''Sarebbe sconfitta della politica''. Di Pietro: ''Mai nostro consenso a governi d'occasione''. Fioroni: ''Governo non più in grado di uscire dall'agonia''. Vendola: ''Ipotesi provocazione inaccettabile''. Rutelli: ''Governo post Berlusconi non può che essere politico''. Formigoni: ''La maggioranza c'è''. Gasparri: ''Problema che non si pone''. Crisi, Berlusconi riferirà mercoledì in Parlamento, parti sociali convocate per giovedì. Sacconi: "Pronti al confronto su cinque punti"

Roma, 1 ago. (Adnkronos/Ign) - L'emergenza finanziaria ed economica può giustificare governi tecnici che, in un certo senso come le giunte militari antidemocratiche, possono adottare riforme impopolari perché non rispondono né ad alcun partito né agli elettori?. I politici rispondono alla domanda dell'Adnkronos.

Casini: ''No a governo tecnico, sarebbe sconfitta della politica''

I governi tecnici sono una sconfitta della politica. Pier Ferdinando Casini all'Adnkronos respinge l'ipotesi di un esecutivo tecnico 'libero' di adottare riforme impopolari. ''C'è una profonda differenza tra governo tecnico e governo politico. Il governo di responsabilità nazionale - risponde il leader dell'Udc - nasce come armistizio tra i partiti, che si mettono insieme per il bene comune, ed è espressione di una precisa volontà politica. I governi tecnici invece - rimarca Casini - sono una sconfitta della politica''.

Di Pietro: ''Non daremo mai nostro consenso a governi d'occasione''

''L'Idv a questa furbata non ci sta: non daremo mai il nostro consenso a governi d'occasione'' dice Antonio Di Pietro all'Adnkronos respingendo l'ipotesi di un esecutivo tecnico 'libero' di adottare riforme impopolari. ''Riteniamo che questo esecutivo sia arrivato alla fine politica dei suoi giorni - risponde il presidente dell'Italia dei Valori - proprio per questo è necessario ridare la parola agli elettori. Al di là della soluzione che è vergognosa e antidemocratica in sé - rimarca Di Pietro - in realtà qualcuno propone un governo tecnico non per risolvere i veri problemi degli italiani ma per non andare alle elezioni e soprattutto per arrivare al governo senza il consenso degli elettori''.

Gasparri: ''Esecutivo tecnico problema che non si pone''

"C'è il governo Berlusconi. Il governo c'è e non mi pongo questo problema". Maurizio Gasparri non prende nemmeno in considerazione l'ipotesi di un governo tecnico. Alla domanda dell'Adnkronos il presidente dei senatori del Pdl ha inoltre replicato: "Io credo nella politica, nel voto dei cittadini, nella responsabilità dei governi scelti dai cittadini, nella legittimità popolare. Questo governo sta facendo, e continuerà a fare, le cose giuste e opportune per il Paese".

Speranza: ''Governo tecnico ipotesi estrema, meglio il voto''

"Io sono sempre per i governi politici". Così il giovane dirigente lucano del Pd Roberto Speranza risponde alla domanda dell'Adnkronos. Tuttavia, ammette Speranza, "ci sono fasi particolari, e quella che vive l'Italia potrebbe essere una di queste, in cui una parte della maggioranza, preso atto del fallimento di un'esperienza di governo, può decidere di dare la priorità a leggi economiche ed elettorali. E anche il Pd dovrebbe valutarlo". "Io penso che la priorità sia quella di chiudere l'esperienza del governo Berlusconi, che ha fatto solo male all'Italia - aggiunge - Se una parte della maggioranza dovesse capire che questa esperienza è finita e proponesse un governo tecnico che superi questa fase allora il Pd dovrebbe considerarlo. Ma l'ideale sarebbe andare al voto e cambiare fase con un governo guidato da Bersani".

Quagliariello: ''Non esistono governi tecnici, solo politici''

"I governi tecnici non esistono, esistono solo i governi politici" dice all'Adnkronos il vice presidente dei senatori del Pdl Gaetano Quagliariello. "La democrazia - risponde Quagliariello - non è compatibile con le giunte militari. In democrazia i governi tecnici non esistono, esistono solo i governi politici. Poi, possono anche essere formati dagli esperti e dai professori, ma devono avere una maggioranza politica".

Rutelli: ''Governo post Berlusconi non può che essere politico''

Un governo per il dopo Berlusconi ''non può che essere politico''. Francesco Rutelli all'Adnkronos respinge l'ipotesi di un governo tecnico per affrontare l'emergenza economico-finanziaria, anche se un futuro governo politico ''potrà avere alla sua guida un parlamentare, ma anche un non parlamentare''. ''Un eventuale esecutivo post-Berlusconi non può che essere politico, non può non avere cioè una maggioranza parlamentare che condivida gli obiettivi di straordinaria mobilitazione per la stabilità della finanza pubblica, le riforme e la crescita dell'economia, oltre che per la riforma della legge elettorale'', risponde il leader di Api. ''Sarebbe sbagliato indicare il nome di un premier: toccherà al Capo dello Stato indicarlo, dopo avere verificato l'esistenza di una maggioranza parlamentare pronta a sostenere lui e il suo programma. Ovviamente - sottolinea Rutelli - un governo politico potrà avere alla sua guida un parlamentare, ma anche un non parlamentare''.

Cesa: ''Serve governo politico con coraggio di scelte impopolari''

Le scelte impopolari possono essere fatte da un governo politico. Lorenzo Cesa, all'Adnkronos, respinge l'ipotesi di un esecutivo tecnico per affrontare l'emergenza economico-finanziaria. ''Credo che la soluzione migliore - replica il segretario Udc - sia un governo di responsabilità nazionale''. ''Un governo politico - spiega Cesa - che trovi il coraggio di fare riforme impopolari e che veda il concorso di tutte le forze responsabili del Parlamento. L'andamento dei mercati finanziari, basti vedere quello che è accaduto oggi, dovrebbe spingere il premier a capire che c'è urgente bisogno di una svolta in questo senso''.

Vendola: ''Ipotesi governo tecnico è provocazione inaccettabile''

''Considero l'ipotesi del governo tecnico una provocazione inaccettabile''. Nichi Vendola all'Adnkronos respinge l'ipotesi di un esecutivo tecnico 'libero' di adottare riforme impopolari. L'emergenza finanziaria ed economica può giustificare governi tecnici che, in un certo senso come le giunte militari antidemocratiche, possono adottare riforme impopolari perché non rispondono né ad alcun partito né agli elettori? ''E' una formula ambigua - spiega il leader di Sel - che serve a occultare le questioni reali poste di fronte al Paese, e cioè il bisogno di una svolta radicale di politica economica e sociale. Una inversione di tendenza - rimarca il presidente della regione Puglia - rispetto alla devastazione del welfare e all'accanimento sociale e fiscale nei confronti dei ceti medio bassi. Il governo tecnico sarebbe soltanto la foglia di fico per continuare a coprire operazioni di autentica macelleria sociale''. ''Cosa c'è di 'tecnico' - chiede Vendola - nel destino di precarietà che sta inghiottendo una intera generazione privata di reddito, di lavoro, di previdenza e diritti? La verità è che occorre un governo nuovo di alternativa al berlusconismo e al tremontismo''.

Formigoni: ''La maggioranza c'è, no a governi tecnici''

"La maggioranza c'è e tiene e non c'è quindi bisogno di governi tecnici". Roberto Formigoni, presidente della Regione Lombardia, respinge l'ipotesi di un governo tecnico. Alla domanda dell'Adnkronos Formigoni spiega che "non c'è esigenza di maggioranze spurie, perché una maggioranza c'è ed è quella che sostiene il governo Berlusconi". In questo momento, sottolinea il presidente della Regione Lombardia, "c'è una maggioranza politica e c'è un governo eletto dagli elettori. Certo siamo in un momento di particolare difficoltà economica per gli attacchi della speculazione e per la difficile situazione in tutto il mondo, a partire dagli Stati Uniti, quindi serve una riflessione particolare e approfondita, come quella che si farà nei prossimi giorni in Parlamento, con l'intervento del presidente del Consiglio e poi con le riflessioni delle varie parti politiche". Per Formigoni "si deve fare una riflessione approfondita. La maggioranza porgerà queste riflessioni attraverso le parole del presidente del Consiglio e avanzerà delle proposte. Mi auguro che anche l'opposizione contribuisca con le sue analisi e le sue proposte in uno spirito costruttivo". In ogni caso, osserva Formigoni, "un governo tecnico è una contraddizione in termini. Un governo, per essere tale ed emanare dei provvedimenti, ha bisogno di una maggioranza in Parlamento. E una maggioranza è sempre politica. Ogni governo, per quanto lo si camuffi come tecnico, del presidente o del vice presidente, è un governo politico che nasce se c'è una maggioranza politica che lo sostiene".

Parisi: ''Se Berlusconi ha maggioranza governi, alternativa è il voto''

Fin quando il governo ha i numeri ''ha il dovere di governare il paese'', mentre l'opposizione deve svolgere ''il suo ruolo''. Arturo Parisi non 'vede' all'orizzonte un governo tecnico: l'alternativa a Berlusconi, dice all'Adnkronos, sono le elezioni. ''Con la democrazia - replica l'esponente Pd - non si può scherzare. Ogni giorno mi auguro che Berlusconi tragga le conclusioni della sua decisione di abbandonare le responsabilità che si era impegnato ad assolvere di fronte ai cittadini. Ogni giorno mi auguro che le conclusioni che lui non tira le traggano i suoi sostenitori. Ma fino a quando la maggioranza resta maggioranza - avverte l'ex ministro della Difesa - resta sulle sue spalle il dovere di governare il Paese, e sulle nostre quello di svolgere il nostro ruolo di opposizione''. ''Si vada altrimenti ad elezioni. La maggioranza si prepari a dar conto ai cittadini del disastro nel quale ha stato spinto il Paese. L'opposizione si prepari ad indicare l'alternativa per guidarlo alla salvezza. E' per questo che chiedo da anni una legge elettorale che ci restituisca un Parlamento pienamente legittimato in tutti i suoi membri, e non invece una assemblea di nominati da capipartito privi a loro volta di una adeguata legittimazione'', conclude Parisi.

Fioroni: ''Governo non più in grado di uscire dall'agonia''

''Occorre uno sforzo forte che faccia fare un passo avanti all'Italia e un passo indietro a un esecutivo non più in grado di uscire dall'agonia''. Beppe Fioroni all'Adnkronos commenta così l'ipotesi di un esecutivo tecnico 'libero' di adottare riforme impopolari. ''Se il buongiorno si vede dal mattino, ci aspetta un agosto bruttissimo'', risponde il responsabile welfare del Pd nonché leader della componente popolare del partito. ''Serve un presidente del Consiglio e un ministro dell'Economia - conclude l'ex ministro dell'Istruzione - che rassicurino l'Europa e i mercati con una base politica di consenso, la più ampia possibile, fondata sulla responsabilità verso il nostro Paese''.




Crisi, mercoledì Berlusconi riferirà in Aula Giovedì incontro tra governo e parti sociali


Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi: "Confronto basato su cinque punti". I rappresentanti di lavoratori e imprese vedranno anche le opposizioni.


il dibattito sulla crisi economica slitta a mercoledì quando il premier si presenterà in aula a riferire, prima alla Camera e poi al Senato. Poi, giovedì mattina, il governo incontrerà le parti sociali che nel pomeriggio si confronteranno con l’opposizione, dopo la proposta dei leader di Pd e Udc Pierluigi Bersani e Pierferdinando Casini. Svanita così l’ipotesi, trapelata stamani, di un possibile tavolo a tre (esecutivo-opposizioni-parti sociali) per individuare in tempi brevi ambiti di intervento condivisi.

Non sembra caduto nel vuoto dunque l’appello lanciato settimana scorso dalle parti sociali. Pur tra mille difficoltà, il dialogo sembra prossimo a una svolta. Ad avviare i contatti il segretario del PdlAngelino Alfano, che si è detto disponibile anche a un confronto con l’opposizione. Mentre il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, in un’intervista al Corriere della Sera, ha parlato di un confronto su cinque punti con le parti sociali. “La comune assunzione di responsabilità dia luogo a un tavolo operativo in modo da accelerare i cambiamenti che servono alla crescita. Tutti insieme – dice il responsabile del Welfare – possiamo superare le resistenze corporative anche con opportune compensazioni o gradualità. Ci attendiamo che diventi un tavolo facilitatore”.

Per prima cosa, spiega Sacconi, “occorre ridurre le tasse con il disegno di legge delega, sostenere l’ internazionalizzazione delle imprese attraverso l’integrazione tra struttura diplomatica e rete Ice, stimolare l’impiego dei giovani attraverso la norma sul forfait del 5% e infine avviare una stagione di liberalizzazioni e privatizzazioni”. Secondo punto, “occorre monitorare gli investimenti alle imprese” e “vanno superati tutti i colli di bottiglia che rallentano la realizzazione delle opere pubbliche”. Il terzo argomento, prosegue il ministro, “riguarda il ruolo delle banche e della finanza di impresa: bisogna esaminare quali fondi pubblico-privati sono stati avviati”. Il quarto punto in agenda “sono le relazioni industriali, e quindi gli ammortizzatori sociali e la gestione delle crisi, compreso lo statuto dei lavori. Un aspetto significativo – sottolinea Sacconi – riguarda anche il tema della tregua sociale e quindi come regoliamo lo sciopero in presenza di investimenti. Infine la detassazione e la decontribuzione della parte del salario espressa dalla contrattazione locale”. Il quinto tema del confronto, conclude, è “la sobrietà democratica”, ovvero il taglio dei costi della politica.



Milano, l’architetto mazzetta. Il secondo tempo della corruzione. - di Davide Milosa

Da settimane i magistrati di Milano stanno interrogando l'architetto Michele Ugliola coinvolto in un giro di mazzette nel comune di Cassano d'Adda. Le sue dichiarazioni, però, vanno oltre e adesso minacciano di terremotare importanti esponenti regionali di Lega e Pdl.


Da settimane ormai un uomo viene interrogato dai magistrati di Milano. Si chiama Michele Ugliola, pugliese di San Severo, classe 1958, professione architetto, ma soprattutto mediatore di tangenti e uomo cerniera tra l’impresa e la politica. Questo sostengono i pm, i quali, il 25 maggio scorso, lo hanno messo agli arresti domiciliari. Motivo: un giro di mazzette che ha azzerato i vertici del Comune di Cassano d’Adda, sindaco in testa.
La storia, tutt’altro che chiusa, adesso promette di terremotare buona parte della politica lombarda. Ugliola, infatti, ex socialista, poi vicino a Forza Italia, già finito in guai giudiziari assieme all’ex assessore comunale del Pdl Giovanni Terzi, è uomo dai tanti contatti che vanno ben oltre la piccola realtà di Cassano. Di questo sta parlando con i pm. Di amicizie, denaro e politici. Insomma, sul tavolo della procura non c’è solo l’affare Penati. Ci sono diversi verbali segretati e soprattutto il secondo tempo della corruzione che coinvolge importanti esponenti regionali di Pdl e Lega nord

Sulla figura di Ugliola, infatti, si concentrano due tronconi d’indagine: il primo confluisce nell’inchiesta sulle bonifiche di Giuseppe Grossi e sulle speculazioni immobiliari di Luigi Zunino, compresa quella per l’ex area Falck a Sesto San Giovanni. Il secondo, invece, parte da Cassano e si incardina sulle dichiarazioni di Ugliola e del cognato Gilberto Leuci. Il sistema è lineare: Leuci batte cassa dagli imprenditori ritirando mazzette in contanti anche di 500 mila euro. Quindi passa il denaro all’architetto che lo distribuisce ai politici.

Il nome di Ugliola, titolare della Tema Consulting con sede in via Zuretti a Milano, emerge per la prima volta il 21 settembre 2009. I pm Laura Pedia e Gaetano Ruta, titolari dell’inchiesta sul re delle bonifiche Giuseppe Grossi, lo accusano di avere emesso fatture false per circa 800 mila euro all’Immobiliare Cascina Rubina (Icr) controllata dalla Risanamento di Zunino e proprietaria dei terreni dell’area Falck. Durante le perquisizioni spunta una scrittura privata in cui a Ugliola viene conferito un incarico proprio in relazione alle aree di Sesto San Giovanni. In sostanza l’architetto deve interfacciarsi con l’amministrazione pubblica per conto dei privati. Gli accertamenti successivi mostrano che le consulenze sono state affidate a Ugliola direttamente da Risanamento e non da Icr. Secondo i finanzieri mancano elementi certi per dimostrare che l’attività sia stata svolta effettivamente. E dunque, se così è, a cosa sono serviti gli 800 mila euro?

Nell’autunno del 2010, il sindaco di Sesto, Giorgio Oldrini (indagato dalla Procura di Monza), risponde a un’interrogazione dei Verdi sulla presenza di Ugliola in comune. “A volte gli incontri erano tra diverse persone e qualcuno di noi dice: magari era assieme agli altri”. La risposta non risolve. Una cosa è certa: Ugliola ottenne l’incarico da Zunino di mediare con la politica sestese, per questo emise fatture fino a 800 mila euro, ma nessuno lo vide mai in comune. Un dato che non sfugge agli investigatori consapevoli di trovarsi davanti a un protagonista assoluto della scena politico-affaristica lombarda

E del resto la caratura dell’architetto emerge già il 13 ottobre 1998 quando finisce in carcere per una tangente da 250 milioni di lire all’allora consigliere comunale di Milano Giovanni Terzi, già assessore all’Urbanistica a Bresso. Anche qui il gioco è quello delle consulenze che Ugliola incassa senza fornire prestazioni. Sarà lui stesso a raccontarlo ai pm: “Quello era un incarico professionale che di fatto costituiva uno schermo per la mia attività di raccordo tra i privati e l’amministrazione di Bresso”. Dopo queste dichiarazioni l’architetto viene rimesso in libertà. E assolto definitivamente nel 2005. In quello stesso anno la Finanza trasmette un’informativa ai pm che indagano su Antonveneta. La nota, che non avrà rilevanza penale, rivela che il commercialista Salvatore Randazzo, siciliano di Paternò, professionista di riferimento della famiglia La Russa, “è il depositario delle scritture contabili di Michele Ugliola”.

Sei anni dopo sul tavolo ci sono le modifiche del Pgt a Cassano d’Adda. Ugliola va a braccetto con il sindaco Pdl Edoardo Sala, che impone il suo architetto di fiducia all’imprenditore Fausto Crippa per la riqualificazione dell’ex Linificio Canapificio nazionale, uno dei più grandi d’Europa. “Ugliola – racconta Crippa – mi disse che se volevo l’approvazione del progetto era necessario elargirgli del denaro”. Di più: Crippa firma una scrittura privata in cui si impegna a versare a Ugliola un milione e mezzo di euro per consulenze. “Le richieste di Ugliola – dice – erano motivate dalla necessità di dover pagare non meglio specificati politici”.

E di politici l’architetto ne conosce molti. Tra questi c’è il leghista Marco Paoletti, anche lui indagato nell’indagine di Cassano. I due sono molto amici. Ed è lo stesso rappresentante del Carroccio, ex assessore locale e consigliere provinciale a Milano, a svelare il vero mestiere dell’architetto. Siamo nell’agosto 2009, Paoletti parla con Crippa. “Ugliola – dice – è più un mediatore, un intrallazzatore”. E ancora: “Quando bisogna mediare tra imprenditori, tecnici e politici ci vogliono anche questi personaggi”. Insomma il malaffare di oggi non è diverso da quella di ieri quando, racconta Leuci ai pm, Ugliola con il cognato e due dirigenti Esselunga mette in piedi un comitato d’affari. Il progetto (che non avrà rilievo penale): individuare aree dove costruire, ottenere i permessi corrompendo un funzionario del Comune di Milano, quindi proporne l’acquisto a Zunino, il quale a sua volta avrebbe girato l’affare all’ignaro Bernardo Caprotti. L’escamotage: la presenza di dirigenti Esselunga conniventi. La storia, dunque, sembra ripetersi con declinazioni diversi e identici risultati. Intanto la voce della collaborazione di Ugliola è già girata nei Palazzi della politica. E molti, ora, temono il peggio.



Chi tocca Silvio Muore (È la stampa bellezza 29-07-11 Talk Il Fatto TV)



http://www.ilfattoquotidiano.it - Dal caso Tremonti a l'affare monegasco che coinvolse Fini l'estate scorsa, sembra che ci sia una sorta di maledizione sui possibili sucessori del Cavaliere a Palazzo Chigi. Ospiti in studio a partire dalle 22.30 Mario Baldassarri di Futuro e libertà, Maria Teresa Meli del Corriere della Sera, Fabrizio Rondolino, editorialista de Il Giornale e il nostro Luca Telese de Il Fatto Quotidiano.


La Rai a New York, un colosso da 16 milioni. Al servizio di quattro giornalisti. - di Chiara Paolin.


La megastruttura è gestita dalla società Rai Corp. Si trova a Tribeca in uno spazio di tremila metri quadrati. Con due studi di ultimissima generazione, uno identico a quello della Cnn. Unico generoso cliente: il servizio pubblico italiano.


Ogni sera i corrispondenti Rai fanno la faccia scura mentre ci raccontano che succede di brutto in America: default, apocalisse, crisi mostruosa che travolgerà presto l’intero pianeta. Ma, spente le telecamere, quello che vedono coi loro occhi è molto più rassicurante.

Nel bell’edificio di Tribeca, quartiere alla moda di New York, lo staff di Rai Corporation è quanto di più pacioso e lussureggiante si possa immaginare: 12 dirigenti, 30 tecnici, una decina di producer e supervisor più impiegati, amministrativi, collaboratori, stagisti e chi più ne ha più ne metta. Tanto lo spazio non manca: la sede costa cara, circa un milione di dollari l’anno, ma sono pur sempre tremila metri quadri su due piani con due studi di ultimissima generazione, uno identico a quello della Cnncon megawall al plasma e multivideo a 12 finestre che consentirebbe vere magie se non fosse che in realtà tutta la banda (47 dipendenti a tempo indeterminato più altrettanti con contratti variegati) è al servizio di Antonio Di Bella, Giovanna Botteri (Tg3), Gerardo Greco (Tg1, attualmente in Italia per condurre Unomattina Estate) e Dino Cerri (pure lui impegnato ordinariamente da Unomattina).

Certo a leggere la ragione sociale della compagnia (di diritto americano ma controllata Rai al 100 per cento) c’è di tutto e di più: produzione, distribuzione e commercializzazione di prodotti radiofonici e televisivi, coproduzioni internazionali, supporto all’intero gruppo Rai. In concreto, l’unico committente di un colosso che costa 16 milioni di dollari l’anno è la Rai. Per fare che? Semplice: coprire i tg e radiotg Rai coi quattro giornalisti ospiti, e poi rispondere alle eventuali richieste dei programmi cui serve un servizio dagli Usa.

Se per esempio Chi l’ha visto o La vita in diretta decidono di approfondire un tema, il responsabile chiama il direttore generale di Rai Corp, Guido Corso, e chiede una mano. Risposta sempre affermativa ed entusiastica: dove ci mandate? Chi intervistiamo? E via con la trasferta. Pare che le troupe siano numericamente sempre ben attrezzate, e senza particolare fretta di rientrare alla base considerato il generoso budget annuale. Un buon albergo, diversi giorni di viaggio – l’America è grande – e infine il conto, perché il servizio reso da Rai Corp si paga con tanto di maggiorazione dell’8 per cento secondo quanto stabilito da un apposito accordo.In più serve un giornalista made in Italy: o i famosi quattro o uno ad hoc mandato da casa, perché un pezzo fatto e finito non si fa nemmeno per sogno.

Forse anche per questo le richieste d’intervento dall’Italia non piovono copiose sulla società che – in ogni caso – garantisce lauti stipendi a tutti grazie a un efficiente e autocefalo sindacato interno. I cameraman prendono dai 100 ai 130 mila dollari l’anno, idem per producer e supervisor (che arrivano a scucire 250 mila dollari) e botta finale per il direttore che ne incassa 500 mila. Ma almeno lui parla bene l’inglese, ed è lì tutti i giorni. Peggio va in genere con i presidenti, scelti dal Cda italiano con il consueto abuso di spartizione politica. In carica ora c’è il direttore generale della Rai Lorenza Leigrazie a un interim con cui ha sbattuto fuori il vertice precedente: Mauro Masi (insediatosi lo scorso febbraio e subito scalzato dal precipitare degli eventi), Antonio Marano (il vicedirettore generale Rai che diceva: giusto la Gabanelli paghi in proprio le cause di Report) e Gianfranco Comanducci(vicedirettore generale Rai accusato di sostenere la struttura Delta).

Storia passata, adesso si dovrà decidere chi mandare laggiù evitando se possibile gli scandali alla Angela Buttiglione (multa della Corte dei conti per bonus e fuoriuscite milionarie conquistate anche nella Grande Mela) o Massimo Magliaro, pubblicamente fustigato per la casa da 11 mila dollari al mese, la carta di credito da 80 mila dollari, un piano industriale fatto stilare a Terni da gente fidata (200 mila dollari) e l’autista sempre in tiro. Spesucce in realtà piuttosto consuete da quelle parti, e più volte indicate come voragine assurda a fronte di un budget Rai sempre più in rosso. Eppure la soluzione ci sarebbe: se il gruppo di lavoro fosse messo a produrre contenuti anche per altri committenti, come siti web, canali digitali, reti locali e nuovi media, forse il missmanagement – lo scarso sfruttamento delle risorse – forse potrebbe essere corretto. Al momento l’unica voce di possibili cambiamenti riguarda l’arrivo di Bruno Soccillo, già responsabile della radiofonia, alla istituenda Direzione corrispondenti. Così forse ci sarà qualcuno cui chiedere: come mai Rai Corp è l’unica sede estera Rai a non avere un capo responsabile del budget? Come mai, da sola, spende come tutte le altre sedi estere messe insieme?




Piazza affari crolla: -3,84% Record spread Btp-Bund: toccata quota 352.


Dopo l'apertura in positivo, gli indici delle principali piazze del continente finiscono tutti in negativo. Milano è maglia nera. Differenziale tra titoli di Stato decennali italiani e tedeschi mai così alto.


La settimana dei mercati finanziari inizia con un altro lunedì nero in Europa. Nonostante le aperture in rialzo, le piazze del continente invertono la tendenza dopo poche ore, lasciandosi alle spalle l’effetto positivo dell’accordo sul debito Usa. E la Borsa di Milano fa peggio di tutte le altre, con l’indice Ftse Mib che, chiude a -3,87% (17.720 punti), ai minimi dal 2009. L’All Share lascia sul campo il 3,63% a 18.448 e lo Star segna un -1,58% a 11.108.

Secondo gli analisti, sul tonfo di Piazza Affari ha influito la sfiducia nel sitema paese. Con lo spread tra btp e bund giunto al nuovo record oltre i 350 punti, i titoli bancari non hanno retto all’offensiva delle vendite trascinando all’ingiù tutto il listino. L’avvio di seduta è stato promettente, con un massimo del +1,9%, ma il quadro si è compromesso pian piano e già a metà seduta l’indice è tornato sulla parità. Troppo grande lo scetticismo sull’Italia, tanto che lo spread, pur calando nella prima fase, è sempre rimasto sopra i 300 punti. Nel pomeriggio tutto è precipitato, con Wall Street in timido rialzo e poi giù in seguito al dato Ism manifatturiero sotto le attese.

Crollano i bancari – A rotta di collo dunque le banche, con scambi congelati in alcune fasi in seguito ai ribassi. Intesa ha ceduto il 7,86%, Monte Paschi il 7,87%, Ubi il 7,93% e Banco Popolare il 7,69%. Unicredit, in rialzo in avvio si trova a chiudere la seduta con un -4,32%. Coinvolti anche gli altri titoli finanziari, con Fonsai protagonista di un forte ribasso, -9,19%. Tiene meglio Azimut, con un -0,96%. Tra gli altri titoli guida, Fiat perde il 3,77%, in attesa del dato sulle immatricolazioni di giugno. Fiat Industrial perde il 3,31%, nonostante un avvio brillante su un report favorevole. Giù i cementi, giù Finmeccanica che in apertura rimbalzava. Chiude in parità Autogrill, sale Campari (+0,61%), limitano i ribassi i titoli del lusso, con Ferragamo a +1,13%. Nell’energia meglio Saipem e Tenaris, Eni a -2,90%, Enel -3,73%. Tra i pochi rialzi, +1,59% per la Juventus, che ha ufficializzato l’acquisto di Vucinic dalla Roma.

Male tutte le Borse europee – Se Milano è maglia nera in Europa, a perdere sono tutte le principali piazze del continente. L’indice Dax di Francoforte chiude a – 2,86% e scende a 6.953,98 punti, il Cac di Parigi lascia sul terreno il 2,27% e segna ora 3.588,05 punti e l’Ftse di Londra cala dello 0,7% a 5.774,43 punti. Male anche la borsa di Madrid, in calo del 3,24% a 9.318,2 punti.

Spread Btp-Bund – Risale anche la pressione sullo spread tra Btp e Bund decennali che sfonda, per la prima volta, il tetto dei 350 punti. Il differenziale di rendimento si amplia a 352 punti base con tasso del Btp decennale in rialzo al 6%. Male anche i titoli di Stato spagnoli, il cui spread è volato a 361,5 punti.