martedì 13 settembre 2011

Il deputato e le venti «visite» nelle sue cassette di sicurezza. - di Fiorenza Sarzanini

milanese



In meno di un anno e mezzo ha compiuto oltre venti «accessi». Visite nei caveau delle banche di Roma e Milano per aprire le cassette di sicurezza e portar via il contenuto. Le nuove carte dell'accusa contro il parlamentare del Pdl Marco Milanese, braccio destro del ministro Giulio Tremonti fino al giugno scorso, rivelano il possibile inquinamento delle prove nell'inchiesta per associazione a delinquere, corruzione e rivelazione di segreto condotta dalla Procura di Napoli.
TREMONTI E MILANESETREMONTI E MILANESE
E confermano come sia stato proprio il titolare dell'Economia a delegargli la gestione di numerosi settori chiave, primo fra tutti il controllo della Guardia di Finanza. Tra i documenti trasmessi dal pubblico ministero Vincenzo Piscitelli alla giunta di Montecitorio che deve pronunciarsi sulla richiesta di arresto del giudice, ci sono anche le relazioni che ricostruiscono le disponibilità economiche del deputato e fanno emergere consistenti movimentazioni di denaro contante.
DOCUMENTI E GIOIELLI...
Sono sei le cassette di sicurezza che Milanese possiede in due banche di Roma e Milano. In quei forzieri - è questa la certezza dei magistrati - avrebbe custodito, oltre ai gioielli, soldi e documenti preziosi per l'inchiesta. Materiale portato via quando è apparso probabile un suo coinvolgimento nelle indagini e dunque la possibilità che lo «scudo» parlamentare non fosse sufficiente ad evitare una perquisizione.
Cosimo D'ArrigoCOSIMO D'ARRIGO
E la convinzione dei pubblici ministeri deriva proprio dalla frequenza con la quale li ha aperti tra la metà del 2009 e la fine del 2010, vale a dire durante l'indagine avviata nei confronti del suo amico imprenditore Paolo Viscione che, dopo essere stato arrestato, ha deciso di collaborare con gli inquirenti e ha rivelato le sue pressioni per ottenere «mazzette» e favori. Anche perché alcune «visite» avvengono in momenti particolari dell'inchiesta che Milanese sarebbe riuscito a «monitorare» grazie alle confidenze ricevute da alcune «talpe».
A Milano si registrano 17 accessi tra luglio 2009 e il 14 dicembre 2010. Almeno altri sette, otto avvengono a Roma. L'ultimo risale al 29 dicembre 2010. Per le indagini l'ultimo mese di quell'anno è decisivo. Il 15 dicembre a Napoli finisce in carcere Viscione, ma anche Roma è da tempo in movimento. Perché già da diverse settimane il commercialista Marco Iannilli, uno degli arrestati per l'inchiesta sugli appalti concessi da Enav e Finmeccanica, sta collaborando con i pubblici ministeri della Capitale e ha inserito Milanese tra i «contatti» di Lorenzo Cola, il consulente del presidente Pierfrancesco Guarguaglini.
piscitelliPISCITELLI
Ma soprattutto perché il 13 dicembre, mentre anche Cola ha deciso di parlare, viene interrogato Fabrizio Testa, componente del consiglio di amministrazione di Enav. E rivela: «Ho sollecitato un imprenditore a pagare le rate di un leasing relativo all'acquisto di una barca da parte dell'onorevole Milanese in modo da avere la protezione politica del Milanese, deputato che per conto del ministero dell'Economia si interessava della nomina nel cda di Enav» e dunque poteva fargli ottenere l'incarico.
E sempre a metà dicembre, Milanese organizza a casa dell'avvocato Luigi Fischetti, l'ormai famoso pranzo con Tremonti e il procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo, che delle indagini su Finmeccanica era all'epoca il titolare.
I SOLDI IN CONTANTI...
L'ultima relazione fornita a Piscitelli dal consulente finanziario elenca le «entrate» di Milanese tra il 2006 e il 2011 relative agli emolumenti. Si scopre così che in cinque anni il deputato, ha guadagnato un milione e 368mila euro. La cifra non comprende le consulenze e gli incarichi ottenuti grazie al suo ruolo di consigliere politico del ministro dell'Economia, ma anche al suo passato di ufficiale delle Fiamme Gialle.
CAPALDOCAPALDO
Era stato lo stesso perito ad evidenziare come Milanese abbia ottenuto 164.773 euro dall'Alitalia e 245.792 euro dalle Ferrovie. Oltre 130mila euro dalla Rai mentre la presidenza del Consiglio dei ministri gli ha versato assegni per 160.000 euro.
Capitolo a parte riguardano i depositi in contanti, sui quali sono state disposte ulteriori verifiche per cercare di ricostruirne l'origine attraverso l'incrocio delle testimonianze con le date di accredito. In tutto, tra il 2006 e il 2010, l'onorevole Milanese ha movimentato sui suoi conti 125 mila euro «liquidi». I maggiori sospetti si concentrano su un versamento «cash» di 59.659 avvenuto nel 2007 e un altro di 12.633 nel 2010.
Del resto la disponibilità di denaro contante da parte di Milanese era già stata evidenziata da uno degli indagati dell'inchiesta, il commercialista Guido Marchese, che con lui ha condotto alcune operazioni immobiliari e ha raccontato di aver ricevuto 250 mila euro in contanti a garanzia di un debito da 650 mila euro che il deputato si era così impegnato ad onorare.
LA DELEGA «ESCLUSIVA»...
Il potere e l'influenza che Milanese aveva sulle aziende pubbliche, ma soprattutto sulla Guardia di Finanza, sono ben descritte dal generale Cosimo D'Arrigo che delle Fiamme Gialle è stato comandante fino al 10 giugno 2010. Il 9 luglio scorso, in un'intervista al Corriere della Sera, l'alto ufficiale nega l'esistenza di «cordate» interne che era stata invece denunciata proprio dal ministro Tremonti.
Emilio SpazianteEMILIO SPAZIANTE
E accusa lo stesso responsabile dell'Economia di aver «commesso un errore a delegare quasi in toto il rapporto con la Guardia di finanza al suo ex consigliere politico Marco Milanese». Parole che pesano e convincono il pubblico ministero sulla necessità di approfondire queste dichiarazioni.
L'8 agosto D'Arrigo viene interrogato da Piscitelli come testimone. Conferma quanto già affermato, ma aggiunge ulteriori dettagli, citando fatti e circostanze. Racconta a verbale: «Milanese aveva la delega esclusiva su qualunque questione generale e funzionale... È stato il ministro a presentarmelo e ha detto che non potevamo rivolgerci ad altri. Questo ci ha creato problemi di ordine pratico con complessivo rallentamento delle attività perché Milanese aveva moltissimi impegni, anche all'estero».
Poi entra nello specifico e sottolinea come «il fatto che fosse della Guardia di Finanza lo rendeva "terminale" di richieste e provvedimenti». Il riferimento è all'organizzazione interna, ma soprattutto alle nomine e ai trasferimenti che dovrebbero essere di esclusiva competenza del comandante generale, che agisce d'intesa con il ministro.
Una procedura che evidentemente Tremonti aveva deciso di affidare interamente al suo braccio destro. E per far comprendere a che cosa si riferisca, D'Arrigo cita il caso del generale Emilio Spaziante, da sempre ritenuto molto vicino a Milanese: «Mi ricordo che secondo i miei piani Spaziante doveva essere trasferito a Firenze. Mi furono rappresentate necessità personali perché rimanesse a Roma ed effettivamente alla fine rimase».
 


Quel nano triste da italiano in gita. - di Marco Travaglio




Domani il presidente del Consiglio del noto Paese di merdavolerà insalutato e indesiderato ospite a Strasburgo per illustrare all’Europa, che non gli aveva chiesto nulla ed era ignara di tutto, la settima versione della manovra economica, per giunta provvisoria visto che il Parlamento non l’ha ancora approvata e gli alleati leghisti han presentato 300 emendamenti.
Il presidente del Parlamento europeo ha fatto sapere che potrà dedicare all’illustre turista in gita low cost “due minuti al massimo per una visita meramente privata”. Ha da fare col presidente polacco che, non dovendo scappare dai magistrati, aveva programmato la visita da mesi.
Mai, del resto, le istituzioni europee erano stata usate da un capo di governo come alternativa alla latitanza.
Il presidente della Commissione, il pacioso Barroso, si rende felicemente complice della fuga solitaria dell’amico impunito, suo generoso coinquilino nel gruppo Ppe. Ma non ha potuto fare a meno di comunicare che, di quell’incontro, non aveva mai avvertito l’esigenza: “È stato chiesto la settimana scorsa dal governo italiano”, cioè dagli avvocati del premier, terrorizzati all’idea che vada a parlare da solo, senza di loro, con i pm.
È talmente fuori che, lasciato a se stesso, può dirne di tutti i colori: entrare testimone e uscire indagato. Tant’è che Ghedini chiede ai pm di bruciare inutili tempi morti e sentirlo come indagato. Così potrà avvalersi della facoltà di non rispondere (riservata agli inquisiti e negata ai testi) o, nel malaugurato caso che apra bocca, provvederanno loro a fargli da badanti e, se le cose si mettono male, a trascinarlo via con qualche scusa. Sanno bene che, qualunque cosa dica, rischia grosso.
Se continua a contar balle, e cioè che non ha subito ricatti perché per Tarantini e Lavitola è come una dama della San Vincenzo, scatta l’incriminazione per falsa testimonianza.
Se invece, tanto per cambiare un po’, dice la verità, e cioè che ha dovuto sganciare tutti quei soldi perché Tarantini non lo coinvolgesse nei suoi traffici di prostituzione e, patteggiando, non facesse uscire le sue telefonate intercettate con le mignotte, i pm gli chiedono dove ha preso il denaro, da quali riserve occulte, chi ci ha pagato le tasse e perché ha violato una legge fatta da lui stesso che vieta i movimenti in contanti sopra i 5 mila euro.
Il guaio è che lui, poveretto, non ha la più pallida idea di cosa sia il Codice penale: come dice Luttazzi, l’ha sempre scambiato per un catalogo di opzioni.
Ieri, per esempio, ha espresso tutto il suo stupore per il fatto che i pm “vogliono a tutti i costi ascoltarmi come vittima di un’estorsione che io ho chiarito di non considerare tale”. Purtroppo, a decidere l’esistenza o meno di un’estorsione, non è la vittima del ricatto, ma il giudice: capita quasi sempre che il ricattato, proprio perché ricattato, neghi di esserlo. Se l’estorsione necessitasse dell’avallo dell’estorto, non si farebbe un processo contro la mafia del pizzo, visto che i commercianti che lo pagano negano sempre di pagarlo e, quando si dimostra il contrario, sostengono di aver aiutato una famiglia bisognosa. Proprio quel che racconta B. a proposito degli 800 mila euro a Tarantini, più affitto e 20 mila euro al mese.
Chissà se domani, per riabilitare l’Italia screditata dalle sinistre, racconterà all’Europa di aver adottato la famiglia bisognosa di Tarantini, “passato dal benessere alla miseria a causa dell’intervento dei magistrati”.
Tutto vero: il sant’uomo, accusato di traffico di droga, favoreggiamento della prostituzione e corruzione, è stato sette volte indagato, tre volte arrestato e una volta condannato in primo grado.
Tutto chiaro: i magistrati han voluto perfidamente stroncare un’avviata carriera di spacciatore e magnaccia.
Oggi a Strasburgo, dopo tante incomprensioni, qualcuno finalmente concorderà con B: “Silvio, ma lo sai che hai ragione? Il tuo è proprio un Paese di merda. Infatti lo governi tu e nessuno dice nulla”.


Anno scolastico al via, otto milioni sui banchi.



Il primo giorno di scuola per gli alunni dell'Istituto Comprensivo Padre Gemelli di Torino



Parte oggi nuovo anno, quasi 8 mln tornano sui banchi flash mob e mobilitazioni per classi pollaio e caro libri.


Parte oggi il nuovo anno scolastico: oltre 7 milioni e 800 mila gli alunni che tornano sui banchi. Novità per per gli studenti dell'ultimo anno delle superiori: il test Invalsi alla Maturità. Già pronte mobilitazioni per classi 'pollaio', edilizia scolastica, caro libri e diritto allo studio. Per oggi previsti flash-mob ed iniziative studentesche in tutto il Paese.
Nella maggior parte delle regioni infatti la prima campanella e' suonata oggi mentre partono con un po' di ritardo invece CampaniaToscana (14 settembre); SardegnaPuglia e Sicilia  (15 settembre); AbruzzoBasilicata ed Emilia Romagna  (19 settembre). Per effetto dell'autonomia scolastica c'e' anche chi ha cominciato in anticipo, cioe' gia' dal 5 settembre (un esempio per tutti lo storico liceo classico romano Torquato Tasso) o nei giorni immediatamente successivi. 
Genitori e associazioni di consumatori hanno alzato lavoce sul ''caro libri''. Un'indagine dell'Adiconsum denuncia che in piu' della meta' delle classi delle scuole superiori sono stati sforati i tetti di spesa previsti dal Ministero dell'Istruzione. L'Associazione dei genitori italiani chiede almeno che la spesa dei libri di testo sia deducibile, mentre il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, ha promesso sanzioni ''attraverso una riduzione del trasferimento dei fondi'' alle scuole che non rispettano il tetto di spesa.
Il Codacons stima che quest'anno per mandare i figli a scuola, le famiglie spenderanno l'8% in piu', tra libri e corredo scolastico. E mentre c'e' chi va a caccia dell'affare su internet (in aumento le vendite su e-Bay), Federcartolai proponeun kit contro il caro prezzi: con 19.90 euro si possono acquistare zaino, astuccio e cancelleria varia.
L'associazione dei contribuenti italiani Contribuenti.it ha poi posto l'accento sull'annoso problema dell'edilizia scolastica: due scuole su tre non sono a norma e devono esseremesse in sicurezza. 
 Il ministro Gelmini ha assicurato che i tagli contenuti in manovra non riguarderanno la scuola, ma il Ministero. Famiglie, studenti e lavoratori temono lo stesso per il futuro. E inoltre mancano i presidi, punti di riferimento per gli istituti: il concorso e' in atto (le prove si terranno il 5ottobre, le 2.386 nomine arriveranno a settembre 2012) e in molte scuole ci sono solo reggenze. E gia' il concorso e' al centro delle polemiche per le fughe di notizie ed errori nei test.
'E' VECCHIA E NOIOSA', ALUNNI BOCCIANO SCUOLA  A due studenti su tre la scuola di oggi non piace: per il 67% i programmi didattici sono poco interessanti, per il 52% i metodi di insegnamento preistorici. Gli studenti vorrebbero aule con pareti colorate con murales (49%), professori più giovani (38%) e smartphone e I pad come strumenti didattici (71%). E' quanto emerge da uno studio di Comunicazione Perbene, associazione no profit fondata dal sociologo Saro Trovato, condotto su 1.500 studenti di scuole medie e superiori e realizzato attraverso un monitoraggio on line di blog, forum e social network. Gli studenti interpellati dall'associazione sono convinti che la scuola sia un posto noioso (63%), da cui non si possa trarre alcun beneficio (44%).
Sono critici soprattutto con gli insegnanti troppo vecchi (37%) o poco preparati (29%). Metà degli studenti dice che quando il prof. spiega "ha una cantilena che fa addormentare". Odiano i libri pesanti sulla schiena (53%), i compiti in classe e le interrogazioni (54%). Vorrebbero una scuola svecchiata: basta parlare di Fenici e Ittiti quanto il mondo sta andando avanti, dice il 38% degli intervistati. Bisogna studiare materie più attuali (28%), preferibilmente con le applicazioni di I pad e Smartphone (71%); dare più spazio ai videogiochi e offrire ai ragazzi una sala ricreativa (56%) e una mensa più fornita che "non proponga sempre i soliti tramezzini, focacce e fritture" (33%). Oltre che sulla didattica, gli alunni si sfogano anche sulle condizioni strutturali degli edifici: le classi sono fatiscenti (62%), le pareti sono sporche o hanno colori deprimenti (41%), le sedie sono scomode e i banchi in stato pietoso (74%). Il 39%, che studia con le inferriate alle finestre e in aule buie, dice di sentirsi chiuso in carcere.
Intanto e' stata l'ultima settimana di vacanza per i quasi 8 milioni di studenti italiani: dal oggi si torna in classe, anche se qualche scuola apre prima. Ma quello che si profila sara' un inizio anno ''bollente'', non esente da polemiche: dal caro libri alle classi ghetto, dal problema dell'edilizia scolastica alle manifestazioni di piazza, genitori, studenti e lavoratori della scuola sono pronti a dar battaglia.
BLITZ DELL'UDS A ROMA, CALATO STRISCIONE DAL PINCIO - Blitz dell'Unione degli Studenti a Roma. Dopo i volantinaggi svolti in tutt'Italia davanti a centinaia di istituti sui problemi della scuola, l'UdS ha calato a metà mattinata dal Pincio a Roma, per dare un segnale politico al vicino Parlamento, uno striscione con la scritta "legge nazionale per il diritto allo studio, eliminazione buono scuola, no al limite delle 50 assenze e al voto in condotta, investimenti sulla scuola pubblica. 7 ottobre studenti in piazza". L'iniziativa è inserita all'interno di una vera e propria giornata di mobilitazione che coincide con l'avvio dell'anno scolastico. Nel pomeriggio infatti è previsto il flash-mob "Suoniamogliele: perché la musica deve cambiare". Gli studenti dell'UdS organizzeranno assedi sonori in circa 30 città d'Italia, sotto gli uffici scolastici, le prefetture, i consigli regionali, provinciali e comunali, per lanciare la mobilitazione studentesca nazionale del 7 ottobre, in cui circa cento cortei attraverseranno le principali città italiane. A Roma il flash mob "Suoniamogliele" è previsto per le 15:00 presso il Miur in viale Trastevere. "Faremo sentire al Ministro - dichiara Mariano di Palma, coordinatore nazionale dell'Uds - che siamo stanchi di sentire i suoi falsi slogan sul cambiamento della scuola e da oggi dovrà confrontarsi con noi studenti e con le nostre proposte. Non sopportiamo più l'assenza di una legge nazionale sul diritto allo studio, scuole che cadono a pezzi, una didattica vecchia di 100 anni, e per questo ci mobiliteremo durante l'autunno".
ALEMANNO, UN ORTO IN OGNI ISTITUTO DELLA CAPITALE - Un inizio di anno scolastico con paletta e rastrello per i piccoli allievi-coltivatori dell'istituto comprensivo 'Uruguay', in via di Settebagni, nel IV municipio di Roma. A suonare simbolicamente la campanella del primo giorno è stato proprio il primo cittadino della capitale, che ha rivolto un messaggio ai piccoli allievi: "La scuola è la vostra seconda casa, abbiatene cura". L'istituto, recentemente ristrutturato con una spesa di 800 mila euro, possiede un piccolo orto dove i bambini possono coltivare piante aromatiche e insalate, da utilizzare anche nella mensa. Anche il sindaco Alemanno ha impugnato la paletta per aiutare i bambini a piantare dell'insalata. "Ogni scuola - ha detto - dovrà avere un orto. Le nostre mense sono state promosse perché naturali". Ai bambini è stata distribuita una tabella con la stagionalità dei prodotti. Con il sindaco Alemanno c'era anche l'assessore capitolino alla Scuola, Gianluigi De Palo, che ha invitato i ragazzi a studiare perché "anche questo è servire il nostro Paese".
PRIMO GIORNO; GELMINI, IN BOCCA AL LUPO A TUTTI - "In bocca al lupo a tutti gli studenti". Il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, intervenendo a "Studio Aperto" su Italia 1, ha rivolto un saluto ai tanti ragazzi che oggi e nei prossimi giorni torneranno in classe per il nuovo anno scolastico. Agli studenti il ministro ha anche espresso"l'augurio di poter ricordare quest'anno come un'esperienza importante sul piano personale, perché a scuola si incontrano amicizie che durano per tutta la vita, ma anche l'augurio di imparare, di apprendere attraverso lo studio e la fatica, che è ineliminabile in un percorso di formazione".
RETE STUDENTI, ALTRO CHE IN BOCCA AL LUPO!  "Gelmini la smetta di raccontare favole, ascolti le proteste, risolva i problemi!". L'esortazione arriva dalla Rete degli studenti. "Rimaniamo esterrefatti davanti alle dichiarazioni del ministro Gelmini che ancora una volta - afferma l'associazione studentesca in una nota - ignora totalmente le proteste e le preoccupazioni di studenti, genitori e insegnanti. Invece di dare risposte sui problemi aperti che attanagliano la scuola pubblica il ministro continua a raccontare favole, narrando una scuola che non esiste. Presentando il conto al governo oggi al suono della prima campanella volevamo proprio smascherare un ministro che continua a dare i numeri, inventando cifre inesistenti e mascherando i tagli trasversali, che stanno portando la scuola pubblica sul lastrico, sotto la parola 'razionalizzazioni'. Non riusciamo a credere che questo ministro possa continuare veramente a raccontare bugie al Paese, quando noi studenti oggi abbiamo chiaramente detto che le nostre scuole sono diventate invivibili. Edifici fatiscenti, costi esorbitanti per libri, contributo volontario e kit scolastico, classi pollaio, programmi fermi a 50 anni fa, voto in condotta e limite di assenze utilizzati come armi punitive, questa - prosegue la Rete - è la bella scuola che la Gelmini ci ha lasciato e per la cui riapertura, con una noncuranza quasi irritante, ci fa un 'in bocca al lupo'. Evidentemente la mobilitazione di oggi non è bastata per far svegliare il ministro Gelmini e il governo dal mondo dei sogni in cui vivono, con questi presupposti non possiamo fare altro che far sentire ancora più forte la voce dell'Italia che conta, riscrivendo la scuola e l'università che vogliamo a partire dal 1 ottobre e scendendo in piazza in più di 100 città, con cortei da Bolzano a Palermo, il 7 ottobre".

Italia verso la bancarotta nel 2016. Per i mercati c’è una possibilità su tre. - di Matteo Cavallito







Continuano i rialzi sui Cds sovrani dell’Italia.La probabilità di bancarotta del Paese da qui al 2016 è pari quasi al 35%. Un dato che pesa in vista dell’asta di domani cui la Bce non potrà partecipare.
Le incertezze sull’efficacia della manovra finanziaria, i perenni ribassi di borsa e la tensione crescente sui titoli di Stato, hanno spinto al rialzo il valore dei Credit default swaps a protezione del debito italiano permettendo a questi ultimi di sfondare per la prima volta quota 500 punti base (assicurare un credito da 10 milioni di euro con l’Italia costa 500 mila euro). Un valore che, formule matematiche alla mano, si traduce in un rischio fallimento da record. Nell’opinione dei mercati, in altri termini, le probabilità che l’Italia dichiari bancarotta entro il 2016 sono pari al 34,94%. Allo stato attuale, rende noto Cma Datavision – insieme a Markit la principale società di monitoraggio dei mercati extraborsistici dei titoli derivati – quello raggiunta oggi dall’Italia è il 7° peggior risultato del mondo. Come a dire che solamente sei Paesi, ad oggi, hanno rispetto all’Italia maggiori probabilità di fallire da qui a 5 anni.

Le misurazioni compiute da Cma, come detto, si concentrano sui Credit default swaps (Cds), i derivati assicurativi, utilizzati per scaricare i rischi delle potenziali sofferenze creditizie. Con la sottoscrizione di questi contratti, una parte (A) si impegna a tutelare l’altra (B) dall’impossibilità di recuperare un credito a fronte dell’ipotetica bancarotta del debitore (C). In sostanza A si fa garante del debito di C ma deve essere retribuito da B in proporzione al rischio. Tanto è elevato quest’ultimo, tanto maggiore sarà la retribuzione, ovvero il costo dei Cds. Il cui valore, va da sé, finisce per misurare nel caso dei bond sovrani il rischio di un Paese.

Ed eccola, dunque, la classifica aggiornata dagli analisti di Cma. Al primo posto c’è la Grecia i cui Cds sovrani valgono 4.810,90 punti base: tradotto, per assicurarsi dal rischio default su 10 milioni di euro di obbligazioni da Atene, occorre sborsare 4,8 milioni, quasi la metà della cifra investita. A conti fatti, spiegano da Cma, il fallimento della Grecia da qui al 2016 è praticamente cosa fatta (oltre 93 probabilità su 100). A seguire, ma con distacco, c’è il Portogallo (1.279 punti base per una probabilità di default al 62,98%) che si piazza davanti al Venezuela (1.173,5 / 56,33%). Fuori dal podio l’Irlanda (954,41 / 52,51%), il Pakistan (942,6 / 47,73%) e l’Argentina (833,40 / 44,92%). Nessun altro Paese, all’infuori di questi, procede come l’Italia che, ormai, ha ampiamente scavalcato la Spagna (444,09 punti base e rischio bancarotta al 31,56%).

Quella calcolata dai Cds, resta per fortuna una probabilità di default virtuale. Un po’ perché tra il default tecnico e quello catastrofico ci sono varie soluzioni intermedie – rollover, haircut etc – per le quali i derivati non vengono liquidati (ovvero “l’assicurazione” non paga), un po’ perché i Cds stessi non sono semplici polizze assicurative acquistate da chi ha un legittimo interesse a proteggersi (i detentori dei titoli di Stato) ma veri e propri strumenti di speculazione. Il prezzo dei Cds norvegesi, per fare un esempio, vale 51,33 punti base, equivalenti a una probabilità di default a cinque anni del 4% circa. Ma la possibilità che la Norvegia vada in bancarotta è in realtà pari praticamente a zero, nel senso che nessun investitore sano di mente potrebbe prendere realmente in considerazione un’ipotesi del genere. Ciò non toglie, tuttavia, che movimentando il mercato di questi titoli, gli investitori stessi possano puntare su un loro rialzo guadagnando sullo spread. Nell’ultimo periodo preso in esame, il rischio default “reale” della Norvegia è rimasto praticamente “sottozero”, ma i suoi Cds hanno offerto rendimenti marginali dell’8,24%, praticamente come quelli italiani (+8,44%).

Insomma, la bancarotta italiana a cinque anni resta ancora un evento improbabile. Ma ciò non toglie che i motivi di preoccupazione non manchino tanto nel breve quanto nel medio periodo. L’Italia, per fare un esempio, ha raggiunto un rischio default pari a quello registrato dall’Irlanda un anno fa. Nell’autunno 2010, l’Irlanda aveva 1 possibilità su 3 di fallire entro il 2015. Oggi, come si diceva, ne ha 1 su 2 entro il 2016. Non è assolutamente detto che l’Italia replichi esattamente questo trend, anzi, in definitiva è altamente improbabile. Ma è certo che la risalita dei prezzi dei Cds peserà negativamente sull’asta dei bond di domani quando l’Italia sarà chiamata a piazzare sul mercato fino a 7 miliardi di euro in Btp quinquennali. Il tutto, ovviamente, senza il sostegno della Bce che, come noto, non può acquistare i bond direttamente alle aste ma solo sul mercato secondario.



IL LUNGO PURGATORIO CHE CI ATTENDE. - DI FRANCO BERARDI "BIFO"






“L’operaio tedesco non vuol pagare il conto del pescatore greco.” dicono i pasdaran dell’integralismo economicista. Mettendo lavoratori contro lavoratori la classe dirigente finanziaria ha portato l’Europa sull’orlo della guerra civile. Le dimissioni di Stark segnano un punto di svolta: un alto funzionario dello stato tedesco alimenta l’idea (falsa) che i laboriosi nordici stiano sostenendo i pigri mediterranei, mentre la verità è che le banche hanno favorito l’indebitamento per sostenere le esportazioni tedesche. Per spostare risorse e reddito dalla società verso le casse del grande capitale, gli ideologi neoliberisti hanno ripetuto un milione di volte una serie di panzane, che grazie al bombardamento mediatico e alla subalternità culturale della sinistra sono diventati luoghi comuni, ovvietà indiscutibili, anche se sono pure e semplici contraffazioni. Elenchiamo alcune di queste manipolazioni che sono l’alfa e l’omega dell’ideologia che ha portato il mondo e l’Europa alla catastrofe:

Prima manipolazione:
riducendo le tasse ai possessori di grandi capitali si favorisce l’occupazione. Perché? Non l’ha mai capito nessuno. I possessori di grandi capitali non investono quando lo stato si astiene dall’intaccare i loro patrimoni, ma solo quando pensano di poter far fruttare i loro soldi. Perciò lo stato dovrebbe tassare progressivamente i ricchi per poter investire risorse e creare occupazione. La curva di Laffer che sta alla base della Reaganomics è una patacca trasformata in fondamento indiscutibile dell’azione legislativa della destra come della sinistra negli ultimi tre decenni.

Seconda manipolazione:
prolungando il tempo di lavoro degli anziani, posponendo l’età della pensione si favorisce l’occupazione giovanile. Si tratta di un’affermazione evidentemente assurda. Se un lavoratore va in pensione si libera un posto che può essere occupato da un giovane, no? E se invece l’anziano lavoratore è costretto a lavorare cinque sei sette anni di più di quello che era scritto nel suo contratto di assunzione, i giovani non potranno avere i posti di lavoro che restano occupati. Non è evidente? Eppure le politiche della destra come della sinistra da tre decenni a questa parte sono fondate sul misterioso principio che bisogna far lavorare di più gli anziani per favorire l’occupazione giovanile. Risultato effettivo: i detentori di capitale, che dovrebbero pagare una pensione al vecchietto e un salario al giovane assunto, pagano invece solo un salario allo stanco non pensionato, e ricattano il giovane disoccupato costringendolo ad accettare ogni condizione di precariato.

Terza manipolazione:
Occorre privatizzare la scuola e i servizi sociali per migliorarne la qualità grazie alla concorrenza. L’esperienza trentennale mostra che la privatizzazione comporta un peggioramento della qualità perché lo scopo del servizio non è più soddisfare un bisogno pubblico ma aumentare il profitto privato. E quando le cose cominciano a funzionare male, come spesso accade, allora le perdite si socializzano perché non si può rinunciare a quel servizio, mentre i profitti continuano a essere privati.

Quarta manipolazione:
I salari sono troppo alti, abbiamo vissuto al disopra dei nostri mezzi dobbiamo stringere la cinghia per essere competitivi. Negli ultimi decenni il valore reale dei salari si è ridotto drasticamente, mentre i profitti si sono dovunque ingigantiti. Riducendo i salari degli operai occidentali grazie alla minaccia di trasferire il lavoro nei paesi di nuova industrializzazione dove il costo del lavoro era e rimane a livelli schiavistici, il capitale ha ridotto la capacità di spesa. Perché la gente possa comprare le merci che altrimenti rimangono invendute, si è allora favorito l’indebitamento in tutte le sue forme. Questo ha indotto dipendenza culturale e politica negli attori sociali (il debito agisce nella sfera dell’inconscio collettivo come colpa da espiare), e al tempo stesso ha fragilizzato il sistema esponendolo come ora vediamo al collasso provocato dall’esplodere della bolla.

Quinta manipolazione:
l’inflazione è il pericolo principale, al punto che la Banca centrale europea ha un unico obiettivo dichiarato nel suo statuto, quello di contrastare l’inflazione costi quel che costi.
Cos’è l’inflazione? E’ una riduzione del valore del denaro o piuttosto un aumento dei prezzi delle merci. E’ chiaro che l’inflazione può diventare pericolosa per la società, ma si possono creare dei dispositivi di compensazione (come era la scala mobile che in Italia venne cancellata nel 1984, all’inizio della gloriosa “riforma” neoliberista). Il vero pericolo per la società è la deflazione, strettamente collegata alla recessione, riduzione della potenza produttiva della macchina collettiva. Ma chi detiene grandi capitali, piuttosto che vederne ridotto il valore dall’inflazione, preferisce mettere alla fame l’intera società, come sta accadendo adesso. La Banca europea preferisce provocare recessione, miseria, disoccupazione, impoverimento, barbarie, violenza, piuttosto che rinunciare ai criteri restrittivi di Maastricht, stampare moneta, dando così fiato all’economia sociale, e cominciando a redistribuire ricchezza. Per creare l’artificiale terrore dell’inflazione si agita lo spettro (comprensibilmente temuto dai tedeschi) degli anni ’20 in Germania, come se causa del nazismo fosse stata l’inflazione, e non la gestione che dell’inflazione fece il grande capitale tedesco e internazionale.

Ora tutto sta crollando, è chiaro come il sole. Le misure che la classe finanziaria sta imponendo agli stati europei sono il contrario di una soluzione: sono un fattore di moltiplicazione del disastro. Il salvataggio finanziario viene infatti accompagnato da misure che colpiscono il salario (riducendo la domanda futura), e colpiscono gli investimenti nella istruzione e nella ricerca (riducendo la capacità produttiva futura), quindi immediatamente inducono recessione. La Grecia ormai lo dimostra. Il salvataggio europeo ne ha distrutto le capacità produttive, privatizzato le strutture pubbliche demoralizzato la popolazione. Il prodotto interno lordo è diminuito del 7% e non smette di crollare. I prestiti vengono erogati con interessi talmente alti che anno dopo anno la Grecia sprofonda sempre più nel debito, nella colpa, nella miseria e nell’odio antieuropeo. La cura greca viene ora estesa al Portogallo, alla Spagna, all’Irlanda, all’Italia. Il suo unico effetto è quello di provocare uno spostamento di risorse dalla società di questi paesi verso la classe finanziaria. L’austerità non serve affatto a ridurre il debito, al contrario, provoca deflazione, riduce la massa di ricchezza prodotta e di conseguenza provocherà un ulteriore indebitamento, fin quando l’intero castello crollerà.

A questo i movimenti debbono essere preparati. La rivolta serpeggia nelle città europee. In qualche momento, nel corso dell’ultimo anno, ha preso forma in modo visibile, dal 14 dicembre di Roma Atene e Londra, all’acampada del maggio-giugno di Spagna, fino alle quattro notti di rabbia dei sobborghi d’Inghilterra. E’ chiaro che nei prossimi mesi l’insurrezione è destinata a espandersi, a proliferare. Non sarà un’avventura felice, non sarà un processo lineare di emancipazione sociale.
La società dei paesi è stata disgregata, fragilizzata, frammentata da trent’anni di precarizzazione, di competizione selvaggia nel campo del lavoro, e da trent’anni di avvelenamento psicosferico prodotto dalle mafie mediatiche, gestite da criminali come Berlusconi e Murdoch.

L’insurrezione che viene sarà un processo non sempre allegro, spesso venato da fenomeni di razzismo, di violenza autolesionista. Questo è l’effetto della desolidarizzazione che il neoliberismo e la politica criminale della sinistra hanno prodotto nell’esercito proliferante e frammentato del lavoro.
Nei prossimi cinque anni possiamo attenderci un diffondersi di fenomeni di guerra civile interetnica, come già si è intravisto nei fumi della rivolta inglese, ad esempio negli episodi violenti di Birmingham. Nessuno potrà evitarlo, e nessuno potrà dirigere quell’insurrezione, che sarà un caotico riattivarsi delle energie del corpo della società europea troppo a lungo compresso, frammentato e decerebrato.
Il compito che i movimenti debbono svolgere non è provocare l’insurrezione, dato che questa seguirà una dinamica spontanea e ingovernabile, ma creare (dentro l’insurrezione o piuttosto accanto, in parallelo) le strutture conoscitive, didattiche, esistenziali, psicoterapeutiche, estetiche, tecnologiche e produttive che potranno dare senso e autonomia a un processo in larga parte insensato e reattivo.
Nell’insurrezione ma anche fuori di essa dovrà crescere il movimento di reinvenzione d’Europa, ponendosi come primo obiettivo l’abbattimento dell’Europa di Maastricht, il disconoscimento del debito e delle regole che l’hanno generato e lo alimentano, e lavorando alla creazione di luoghi di bellezza e di intelligenza, di sperimentazione tecnica e politica.
La caduta d’Europa (inevitabile) non sarà un fatto da salutare con gioia, perché aprirà la porta a processi di violenza nazionalista e razzista. Ma l’Europa di Maastricht non può essere difesa.
Compito del movimento sarà proprio riarticolare un discorso europeo basato sulla solidarietà sociale, sull’egualitarismo, sulla riduzione del tempo di lavoro, sulla redistribuzione della ricchezza, sull’esproprio dei grandi capitali, sulla cancellazione del debito, e sulla nozione di sconfinamento, di superamento della territorialità della politica.
Abolire Maastricht, abolire Schengen, per ripensare l’Europa come forma futura dell’internazionale, dell’uguaglianza e della libertà (dagli stati, dai padroni e dai dogmi)

E’ probabile che il prossimo passaggio dell’insurrezione europea abbia come scenario l’Italia.
Mentre Berlusconi ci ipnotizza con i suoi funambolismi da vecchio mafioso, eccitando l’indignazione legalitaria, Napolitano ci frega il portafoglio. La divisione del lavoro è perfetta. Gli indignati d’Italia credono che basti ristabilire la legalità perché le cose si rimettano a funzionare decentemente, e credono che i diktat europei siano la soluzione per le malefatte della casta mafiosa italiana. Dopo trent’anni di Minzolini e Ferrara non ci dobbiamo meravigliare che si possa credere a favole di questo genere. Il Purgatorio che ci aspetta è invece più complicato e lungo.
Dovremo forse passare attraverso un’insurrezione legalitaria che porterà al disastro di un governo della Banca centrale europea impersonato da un banchiere o da un confindustriale osannato dai legalitari.
Sarà quel governo a distruggere definitivamente la società italiana, e i prossimi anni italiani saranno peggiori dei venti che abbiamo alle spalle. E’ meglio saperlo. Ed è anche meglio sapere che una soluzione al problema italiano non si trova in Italia, ma forse (e sottolineo forse) si troverà nell’insurrezione europea.



http://www.comedonchisciotte.org/site//modules.php?name=News&file=article&sid=8960

Tem, così Penati tradì i sindaci. La vicenda della Serravalle.






Dapprima contrario alla Tangenziale, cambiò linea con l'acquisto di Serravalle. Nella campagna elettorale del 2008 promise dura battaglia alla Tem.



Melzo, 11 settembre 2011 - A Filippo la Serravalle aveva portato in dote una bella grana politica. Niente però al confronto di quel che potrebbe accadere adesso, dopo il nuovo avviso di garanzia per concorso in corruzione che Penati ha ricevuto proprio sull’acquisizione dell’autostrada dalla Procura di Monza, che indaga sulle presunte tangenti del «sistema Sesto». E che rischia di fare scivolare l’ex presidente della Provincia all’inferno. I pm brianzoli vogliono vedere chiaro in quella plusvalenza di 179 milioni che il Gruppo Gavio realizzò (Penati comprò le azioni a 8,9 euro l’una contro i 2,9 a cui erano state acquistate dall’imprenditore piemontese) vendendo all’allora numero uno di Palazzo Isimbardi il 15% della società che mancava all’appello per detenere il controllo totale.

E Filippo era convinto che quella fosse la strada giusta. A dispetto dei sindaci, cui si presentò qualche mese prima dell’operazione - una di quelle da esordio come presidente - quando era in corsa per la poltrona più importante di via Vivaio, dicendo che no «quella tangenziale, la Melegnano-Agrate non era da fare». Passa un lampo e cambia idea, ritenendo che la Provincia, ormai strappata a Ombretta Colli, dovesse giocare un ruolo strategico nella partita infrastrutture e che avrebbe potuto farcela solo comandando in Serravalle. Con buona pace dei Comuni che gli avevano fatto fare incetta di voti. Serravalle controlla il 32% di Tem e l’acquisizione dell’intero pacchetto dell’autostrada significò benedire in automatico la nuova tangenziale. Ma politicamente parlando significò tradimento. Penati come spiego l’operazione ai consiglieri del suo gruppo allora? Vittorio Pozzati fra il 2005 e il 2009 sedeva prima con i Ds e poi con il Pd proprio fra quelle fila (ora è consigliere provinciale a Monza).

Cosa vi disse il presidente?«Ci illustrò un obiettivo politico ben preciso: disse che si doveva comprare il pacchetto Gavio per avere voce in capitolo nel nuovo sistema infrastrutturale lombardo. Aggiunse che da quella posizione sarebbe stato meglio».
Avete mai dubitato che ci potessero essere dietro problemi?«Assolutamente no. Mai».  
Penati vi parlò del prezzo delle azioni cedute dal Gruppo Gavio?«Certo che ne parlò e non si limitò a questo: ci disse di aver commissionato una perizia per stabilire se la cifra fosse equa».
E ve ne comunicò l’esito?«Sì, i periti dissero che l’operazione era congrua. E noi, zitti e mosca approvammo».
Alla luce di quel che sta emergendo adesso, cosa pensa di quel che accadde?«Francamente? Sono molto, molto preoccupato. Al punto che in questi giorni ho telefonato a qualche altro vecchio consigliere. Mi auguro per il partito su questa vicenda faccia chiarezza».
Come si sente in relazione a questa vicenda?«Usato. Lo dico con amarezza. L’indagine è in corso per carità, saltare alle conclusioni sarebbe un errore madornale. Ma quando ho letto dell’inchiesta ho provato disagio. Un profondo disagio».
Non aveva mai notato niente di strano?«Mi rifiuto di pensare che questo giro di mazzette possa essere esistito veramente. Mi sembra di essere una comparsa in un brutto film di fantascienza».
Insomma non sapevate nulla, nemmeno dell’esitenza di Fare Metropoli, la associazione culturale vicina a Penati oggi definita dai magistrati una cassaforte di tangenti? "Ne sono venuto a conoscenza dopo l’inizio dell’inchiesta. Vediamo di che si tratta. Sono amareggiato"
di Barbara Calderola


lunedì 12 settembre 2011

Com'è generoso il Cavaliere. - di Michele Serra



Valter Lavitola


La cartomante. I sei fratelli Lavitola. Il procacciatore di escort. Il fornitore di aragoste. L'avvocato degli avvocati. L'otorino personale. Infinito l'elenco degli italiani che si fanno mantenere da Berlusconi.


Oltre ai coniugi Tarantini, a Lavitola, a Lele Mora, a Emilio Fede, a Dell'Utri e a un numero imprecisato di donnine bendisposte, quanti sono esattamente gli italiani che si fanno mantenere da Silvio Berlusconi? Le Procure della Repubblica e le facoltà di Statistica di tutta Italia stanno cercando di appurarlo. Ecco i primi nomi.

Gwenda. Nome d'arte di Calogera Mazzuò, Gwenda è la cartomante preferita dal premier, che le paga uno stipendio di quindicimila euro al mese per farsi predire il futuro con il suo speciale mazzo di carte napoletane, composto di soli assi e re. "Vuoi vedere che adesso ti esce un asso oppure un re?", domanda Gwenda al premier trepidante. Puntualmente accade, e Berlusconi è felice per la buona sorte. Poi, con un altro speciale mazzo composto di soli due di picche, la donna prevede il futuro di Tremonti. Radiata dall'Ordine delle cartomanti, Gwenda è stata riammessa da quando l'Ordine è stato comperato da Berlusconi che l'ha nominata presidente. Riceve un secondo stipendio anche come caporedattore onorario dell'"Avanti!".

Fratelli Lavitola. Sono i fratelli di Lavitola, sei in tutto. Hanno aperto una catena di pizzerie composta, per ora, da una pizzeria alla stazione di Rieti e una, più piccola, alla stazione delle corriere, ancora in allestimento. Hanno chiesto e ottenuto da Berlusconi centocinquanta milioni di euro di finanziamento, sostenendo che bastano a malapena a sostenere il costo delle mozzarelle. Hanno anche vinto l'appalto per rifornire di pizza la redazione dell'"Avanti!".

Goran Uzmancic. Montenegrino, ricercato dalle polizie di mezzo mondo, si è fatto le ossa con la tratta delle bianche ed è noto negli angiporti, nelle bische e nelle bettole con il nomignolo di "Re della Fica", che gli inquirenti sospettano essere allusivo. Ha inviato a Berlusconi un catalogo illustrato di prostitute di tutto il mondo, oltre duemila pagine, comprendenti anche pezzi rarissimi come la nera dai capelli rossi, la vergine masochista e la cavallerizza poliglotta, diventando fornitore ufficiale di Villa Certosa. Percepisce un fisso di un milione all'anno più le spese di spedizione. E' condirettore dell'"Avanti!".



Omar Faraglione. Consegna carretti di aragoste vive a Berlusconi per le feste eleganti a Palazzo Grazioli. E' entrato nelle grazie del premier perché è l'unico che conosce i suoi gusti: fa indossare alle aragoste biancheria intima disegnata apposta per loro. Omar è diventato una figura molto popolare tra gli abitanti del quartiere: quando passa in canottiera con il suo carretto pieno di aragoste e reggiseni, cantando a squarciagola motivi osceni del suo repertorio da caserma, tutti sorridono perché sanno che quella sera, a Palazzo, ci sarà tanta allegria. Per ricompensare il suo fedele fornitore di aragoste, Berlusconi gli ha concesso un vitalizio di diecimila euro al mese e ha pagato la cauzione del fratello detenuto, al quale è stata affidata una rubrica di suggerimenti giudiziari sull'"Avanti!".

Avvocato Poldo Poldi. Nella galassia berlusconiana, l'avvocato Poldi ricopre un ruolo davvero delicatissimo: è l'avvocato degli avvocati di Berlusconi. E' stato lo stesso premier a voler nominare un avvocato dei suoi avvocati, anche se tutti gli suggerivano la totale inutilità dell'operazione. Poldi, per giunta, non è neanche avvocato, è un venditore di quadri rubati e pezzi d'antiquariato falsi che si è conquistato la fiducia di Berlusconi vendendogli per tre milioni di euro, grazie alla mediazione di Dell'Utri, una preziosa radio a transistor appartenuta a Napoleone. La sua parcella fissa è di centomila euro alla settimana.

Gianni Kurthofer. E' l'otorino di Berlusconi. Non lo ha mai visitato ma percepisce un onorario fisso di dodici mila euro al mese perché il premier è invaghito di sua moglie.



http://espresso.repubblica.it/dettaglio/come-generoso-il-cavaliere/2160068