martedì 13 settembre 2011

“Processate il Papa per crimini contro l’umanità”


La Corte penale internazioanale dell'Aia


Associazioni americane di vittime della pedofilia depositano un dossier alla corte penale internazionale dell’Aia. “Il pontefice e i vertici della Curia hanno coperto lo stupro di bambini in tutto il mondo”. Il no comment della Santa Sede

ALESSANDRO SPECIALE



La più grande associazione di vittime di pedofilia da parte di membri della Chiesa cattolica ha chiesto alla Corte Penale Internazionale (Cpi) di processare papa Benedetto XVI e i vertici della Curia romana per “crimini contro l'umanità”.


Snap – il Survivors Netword of those Abused by Priests – ha presentato allaCorte dell'Aia una documentazione di 80 pagine (e 20mila documenti allegati) per dimostrare che il Vaticano avrebbe “tollerato e reso possibile la copertura sistematica e diffusa di stupri e crimini sessuali contro i bambini in tutto il mondo”.


Snap, insieme alla Ong statunitense Center for Constitutional Rights, chiede alla Cpi una “dichiarazione di competenza giurisdizionale”: in pratica, la Corte dovrebbe dichiararsi competente alla luce delle prove che “le azioni legali condotte a livello nazionale non sono state sufficienti a impedire che gli abusi contro i minori continuassero”.


Spetta ora il procuratore generale della Cpi, Louis Moreno-Ocampo, decidere se accogliere o meno il ricorso. La speranza di Snap è che la Corte dell'Aja decida quanto meno di aprire un'indagine preliminare per verificare se il caso rientra sotto la sua giurisdizione.


La Corte penale internazionale, organismo indipendente dall'Onu, è operativa dal luglio del 2002 e, in base al suo trattato costitutivo, viene chiamata a giudicare i presunti responsabili di crimini contro l'umanità e i genocidi. Può agire nel caso in cui il sistema penale di un Paese risulti incapace di affrontare un caso oppure su mandato del Consiglio di Sicurezza del Palazzo di Vertro, come è avvenuto nel caso di Muammar Gheddafi e della leadership del regime libico.


La Santa Sede non è tra i 117 Paesi che hanno firmato il trattato di Roma che ha dato vita alla Corte.


Oltre a papa Benedetto XVI, citato anche per il suo incarico precedente di prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, le vittime di abusi puntano il dito nel loro ricorso anche contro il segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, il suo predecessore, il cardinale Angelo Sodano, e l'attuale prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, cardinale William Levada.


La Santa Sede per ora ha rifiutato di commentare l'iniziativa ma da Monaco di Baviera, dove partecipa al meeting interreligioso per la pace indetto dalla Comunità di Sant'Egidio, il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, ha bollato il ricorso come “il solito tentativo anti-cattolico che tende in qualche maniera ad offuscare un'immagine che, dal punto di vista umano, è quanto di più prestigioso abbiamo nella nostra società".


A presentare il caso, oltre a Snap, ci sono anche cinque vittime singole le cui storie, secondo un comunicato stampadell'organizzazione, mostrano la “portata globale” della crisi degli abusi. Tra questi ci sono un adolescente del Minnesota che sarebbe stato “stuprato” a più riprese da un prete indiano a partire dal 2004 e un congolese di 44 anni che avrebbe subito abusi da parte di un missionario belga quando aveva tra i 12 e i 16 anni di età.


In entrambi i casi, la Santa Sede non avrebbe offerto collaborazione con le indagini internazionali e i due sacerdoti sarebbero ancora oggi a contatto con minori per il loro ministero.


“Oggi abbiamo presa questa iniziativa storica – ha dichiarato il presidente di Snap, Barbara Blaine – per una ragione molto semplice: proteggere bambini innocenti e adulti vulnerabili. In tutto il mondo, crediamo ci siano centinaia di bambini e bambini vittime di violenze da parte di preti, suore, vescovi e seminaristi cattolici. Una violenza diffusa che viene sistematicamente occultata, come accade da decenni, dai loro capi e da una gerarchia insensibile, reticente, rigida e potente”.


I rappresentanti statunitensi e europei di Snap hanno lanciato per i prossimi giorni un tour europeo a sostegno della loro iniziativa che li porterà a toccare le principali capitali del Continente. Saranno a Roma il prossimo 20 settembre.


Ciao, Salvo.

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Scompare dopo una lunga malattia uno dei fotoreporter piu' creativi della citta'. Nei suoi scatti impegno civile, ricerca d'immagine, espressivita' poetica. Lascia la moglie, Lia Vicari, e una figlia, Carla. I funerali domani, alla Chiesa di Maria Santissima Mediatrice.  
Dopo una lunga malattia è morto Salvo Fundarotto, uno dei più impegnati e creativi fotoreporter di Palermo. Aveva 56 anni. Lascia la moglie Lia Vicari, direttrice della libreria Feltrinelli di Palermo, e una figlia, Carla. Dopo un primo contatto con il giornale L'Ora, Fundarotto si é formato al Laboratorio d'If, aperto nei primi anni '80 da Letizia Battaglia, Franco Zecchin e Shobha. Dopo un reportage in Messico ha collaborato prima con l'agenzia Young & Rubicon, in Spagna e Francia, poi con Grazia Neri.

Fundarotto ha interpretato il lavoro di fotoreporter come una ricerca nella quale si mescolano impegno civile, espressività poetica e creatività. Grande l'attenzione di Fundarotto al mondo della cultura, alla musica e al glamour.

Molto noti e apprezzati i suoi scatti sugli scorci di una Palermo popolare, con i vicoli, i volti di bambini e di una umanità dolente e disincantata in parte pubblicati dalla rivista 'Palermo'. Negli ultimi tempi si era dedicato alle mostre e alle gallerie, rigidamente in bianco e nero, di personaggi e interpreti dell'arte e della cultura. I funerali di Salvo Fundarotto si svolgeranno domani, alle 10,30, nella chiesa di Maria Santissima Mediatrice, nella zona di corso Calatafimi. 

L’Italia di Berlusconi secondo il NyT “L’agonia e il bunga-bunga”



The agony and the bunga-bunga: “L’agonia e il bunga-bunga”. Con questo titolo, ispirato dal libro del 1961 di Irving Stone The agony and the ecstasy il New York Times dedica un ampio editoriale alla situazione economica dell’Italia e agli scandali sessuali che hanno coinvolto il suo “libidinoso imperatore – sorry, primo ministro -”Silvio Berlusconi, che fra “due settimane” compirà gli anni.

“Settembre è stato il mese più incerto per l’Italia”, con il Parlamento impegnato nell’approvazione del “pacchetto di austerità” e le possibili reazioni dell’Europa alla manovra, scrive il Nyt nella sezione del suo sito web ‘Op-Ed Columnist’.

“Ma c’è dell’altro. Quale tipo di celebrazioni sta orchestrando il premier Berlusconi per il suo 75esimo compleanno? Quest’uomo non ha mai avuto timore di saziare se stesso”, osserva ancora l’editoriale evocando le vicende giudiziarie del premier: “Come sappiamo dai processi in cui è coinvolto per aver pagato per fare sesso con una minore, lui riunisce regolarmente degli autentici harem di giovani donne per dei baccanali con un dress-code che si potrebbe definire bizzarro. Li chiama ‘Bunga bunga party’, termine che non ha e non necessita di una traduzione precisa”.

E gli americani “hanno ricavato un gran divertimento da tutto questo, perché è terrificante ma anche rassicurante. La nostra follia politica impallidisce di fronte a questa opera buffa a luci rosse”, scrive il Nyt che però lancia un avvertimento. “Non dovremmo solo restare a bocca aperta e ridere. Il cammino dell’Italia dalla gloria al ridicolo, spianato dalle distrazioni legali e carnali del premier, minaccia la stabilità finanziaria dell’Europa e non beneficia a nessuno. E oltre a ciò, l’Italia presenta una storia ammonitrice per molte democrazie occidentali privilegiate che si sono fatte cullare dal comfort nella compiacenza di sè”, è la conclusione del quotidiano newyorkese.


Procura Napoli: «Memoria Berlusconi non basta, dobbiamo sentire il premier».



Il procuratore di Napoli, Lepore (foto Ciro Fusco - Ansa)



Lepore: è una versione unilaterale sulla presunta estorsione di Tarantini, vanno fatte domande e ci sono fatti da contestare.


ROMA - «La memoria difensiva del premier Berlusconi non basta ad evitare il faccia a faccia coi magistrati», ha detto questa mattina a Radio 24 il procuratore capo di Napoli, Giandomenico Lepore, parlando del procedimento sulla presunta estorsione ai danni di Silvio Berlusconi.

Commentando la notizia che i legali di Berlusconi hanno depositato una memoria, Lepore ha detto: «Non è un memoriale ma una memoria difensiva. Ma non basta, anche se va letto ciò che c'è scritto e tenerne conto ai fini processuali. Va sentita la parte lesa, noi abbiamo elementi per pensare che ci sia un'estorsione e la vittima, il premier, nega l'estorsione, quindi dobbiamo sapere i particolari».

«La memoria difensiva non basta - ha spiegato Lepore - perchè è una versione unilaterale, vanno fatte le domande e ci sono fatti specifici da contestare. Le controdeduzioni con domande da parte dei magistrati sono necessarie per fare chiarezza, non per senso di persecuzione nei confronti di qualcuno. Nessun cittadino si può sottrarre a suo piacimento all'esame da parte dei magistrati. Lo stesso Presidente della Repubblica può essere sentito come teste, con prerogative come quella di essere sentito al Quirinale, ma non si può sottrarre».



http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=162843&sez=HOME_INITALIA

Leggi anche: 
http://www.rainews24.rai.it/it/news.php?newsid=156357

Il deputato e le venti «visite» nelle sue cassette di sicurezza. - di Fiorenza Sarzanini

milanese



In meno di un anno e mezzo ha compiuto oltre venti «accessi». Visite nei caveau delle banche di Roma e Milano per aprire le cassette di sicurezza e portar via il contenuto. Le nuove carte dell'accusa contro il parlamentare del Pdl Marco Milanese, braccio destro del ministro Giulio Tremonti fino al giugno scorso, rivelano il possibile inquinamento delle prove nell'inchiesta per associazione a delinquere, corruzione e rivelazione di segreto condotta dalla Procura di Napoli.
TREMONTI E MILANESETREMONTI E MILANESE
E confermano come sia stato proprio il titolare dell'Economia a delegargli la gestione di numerosi settori chiave, primo fra tutti il controllo della Guardia di Finanza. Tra i documenti trasmessi dal pubblico ministero Vincenzo Piscitelli alla giunta di Montecitorio che deve pronunciarsi sulla richiesta di arresto del giudice, ci sono anche le relazioni che ricostruiscono le disponibilità economiche del deputato e fanno emergere consistenti movimentazioni di denaro contante.
DOCUMENTI E GIOIELLI...
Sono sei le cassette di sicurezza che Milanese possiede in due banche di Roma e Milano. In quei forzieri - è questa la certezza dei magistrati - avrebbe custodito, oltre ai gioielli, soldi e documenti preziosi per l'inchiesta. Materiale portato via quando è apparso probabile un suo coinvolgimento nelle indagini e dunque la possibilità che lo «scudo» parlamentare non fosse sufficiente ad evitare una perquisizione.
Cosimo D'ArrigoCOSIMO D'ARRIGO
E la convinzione dei pubblici ministeri deriva proprio dalla frequenza con la quale li ha aperti tra la metà del 2009 e la fine del 2010, vale a dire durante l'indagine avviata nei confronti del suo amico imprenditore Paolo Viscione che, dopo essere stato arrestato, ha deciso di collaborare con gli inquirenti e ha rivelato le sue pressioni per ottenere «mazzette» e favori. Anche perché alcune «visite» avvengono in momenti particolari dell'inchiesta che Milanese sarebbe riuscito a «monitorare» grazie alle confidenze ricevute da alcune «talpe».
A Milano si registrano 17 accessi tra luglio 2009 e il 14 dicembre 2010. Almeno altri sette, otto avvengono a Roma. L'ultimo risale al 29 dicembre 2010. Per le indagini l'ultimo mese di quell'anno è decisivo. Il 15 dicembre a Napoli finisce in carcere Viscione, ma anche Roma è da tempo in movimento. Perché già da diverse settimane il commercialista Marco Iannilli, uno degli arrestati per l'inchiesta sugli appalti concessi da Enav e Finmeccanica, sta collaborando con i pubblici ministeri della Capitale e ha inserito Milanese tra i «contatti» di Lorenzo Cola, il consulente del presidente Pierfrancesco Guarguaglini.
piscitelliPISCITELLI
Ma soprattutto perché il 13 dicembre, mentre anche Cola ha deciso di parlare, viene interrogato Fabrizio Testa, componente del consiglio di amministrazione di Enav. E rivela: «Ho sollecitato un imprenditore a pagare le rate di un leasing relativo all'acquisto di una barca da parte dell'onorevole Milanese in modo da avere la protezione politica del Milanese, deputato che per conto del ministero dell'Economia si interessava della nomina nel cda di Enav» e dunque poteva fargli ottenere l'incarico.
E sempre a metà dicembre, Milanese organizza a casa dell'avvocato Luigi Fischetti, l'ormai famoso pranzo con Tremonti e il procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo, che delle indagini su Finmeccanica era all'epoca il titolare.
I SOLDI IN CONTANTI...
L'ultima relazione fornita a Piscitelli dal consulente finanziario elenca le «entrate» di Milanese tra il 2006 e il 2011 relative agli emolumenti. Si scopre così che in cinque anni il deputato, ha guadagnato un milione e 368mila euro. La cifra non comprende le consulenze e gli incarichi ottenuti grazie al suo ruolo di consigliere politico del ministro dell'Economia, ma anche al suo passato di ufficiale delle Fiamme Gialle.
CAPALDOCAPALDO
Era stato lo stesso perito ad evidenziare come Milanese abbia ottenuto 164.773 euro dall'Alitalia e 245.792 euro dalle Ferrovie. Oltre 130mila euro dalla Rai mentre la presidenza del Consiglio dei ministri gli ha versato assegni per 160.000 euro.
Capitolo a parte riguardano i depositi in contanti, sui quali sono state disposte ulteriori verifiche per cercare di ricostruirne l'origine attraverso l'incrocio delle testimonianze con le date di accredito. In tutto, tra il 2006 e il 2010, l'onorevole Milanese ha movimentato sui suoi conti 125 mila euro «liquidi». I maggiori sospetti si concentrano su un versamento «cash» di 59.659 avvenuto nel 2007 e un altro di 12.633 nel 2010.
Del resto la disponibilità di denaro contante da parte di Milanese era già stata evidenziata da uno degli indagati dell'inchiesta, il commercialista Guido Marchese, che con lui ha condotto alcune operazioni immobiliari e ha raccontato di aver ricevuto 250 mila euro in contanti a garanzia di un debito da 650 mila euro che il deputato si era così impegnato ad onorare.
LA DELEGA «ESCLUSIVA»...
Il potere e l'influenza che Milanese aveva sulle aziende pubbliche, ma soprattutto sulla Guardia di Finanza, sono ben descritte dal generale Cosimo D'Arrigo che delle Fiamme Gialle è stato comandante fino al 10 giugno 2010. Il 9 luglio scorso, in un'intervista al Corriere della Sera, l'alto ufficiale nega l'esistenza di «cordate» interne che era stata invece denunciata proprio dal ministro Tremonti.
Emilio SpazianteEMILIO SPAZIANTE
E accusa lo stesso responsabile dell'Economia di aver «commesso un errore a delegare quasi in toto il rapporto con la Guardia di finanza al suo ex consigliere politico Marco Milanese». Parole che pesano e convincono il pubblico ministero sulla necessità di approfondire queste dichiarazioni.
L'8 agosto D'Arrigo viene interrogato da Piscitelli come testimone. Conferma quanto già affermato, ma aggiunge ulteriori dettagli, citando fatti e circostanze. Racconta a verbale: «Milanese aveva la delega esclusiva su qualunque questione generale e funzionale... È stato il ministro a presentarmelo e ha detto che non potevamo rivolgerci ad altri. Questo ci ha creato problemi di ordine pratico con complessivo rallentamento delle attività perché Milanese aveva moltissimi impegni, anche all'estero».
Poi entra nello specifico e sottolinea come «il fatto che fosse della Guardia di Finanza lo rendeva "terminale" di richieste e provvedimenti». Il riferimento è all'organizzazione interna, ma soprattutto alle nomine e ai trasferimenti che dovrebbero essere di esclusiva competenza del comandante generale, che agisce d'intesa con il ministro.
Una procedura che evidentemente Tremonti aveva deciso di affidare interamente al suo braccio destro. E per far comprendere a che cosa si riferisca, D'Arrigo cita il caso del generale Emilio Spaziante, da sempre ritenuto molto vicino a Milanese: «Mi ricordo che secondo i miei piani Spaziante doveva essere trasferito a Firenze. Mi furono rappresentate necessità personali perché rimanesse a Roma ed effettivamente alla fine rimase».
 


Quel nano triste da italiano in gita. - di Marco Travaglio




Domani il presidente del Consiglio del noto Paese di merdavolerà insalutato e indesiderato ospite a Strasburgo per illustrare all’Europa, che non gli aveva chiesto nulla ed era ignara di tutto, la settima versione della manovra economica, per giunta provvisoria visto che il Parlamento non l’ha ancora approvata e gli alleati leghisti han presentato 300 emendamenti.
Il presidente del Parlamento europeo ha fatto sapere che potrà dedicare all’illustre turista in gita low cost “due minuti al massimo per una visita meramente privata”. Ha da fare col presidente polacco che, non dovendo scappare dai magistrati, aveva programmato la visita da mesi.
Mai, del resto, le istituzioni europee erano stata usate da un capo di governo come alternativa alla latitanza.
Il presidente della Commissione, il pacioso Barroso, si rende felicemente complice della fuga solitaria dell’amico impunito, suo generoso coinquilino nel gruppo Ppe. Ma non ha potuto fare a meno di comunicare che, di quell’incontro, non aveva mai avvertito l’esigenza: “È stato chiesto la settimana scorsa dal governo italiano”, cioè dagli avvocati del premier, terrorizzati all’idea che vada a parlare da solo, senza di loro, con i pm.
È talmente fuori che, lasciato a se stesso, può dirne di tutti i colori: entrare testimone e uscire indagato. Tant’è che Ghedini chiede ai pm di bruciare inutili tempi morti e sentirlo come indagato. Così potrà avvalersi della facoltà di non rispondere (riservata agli inquisiti e negata ai testi) o, nel malaugurato caso che apra bocca, provvederanno loro a fargli da badanti e, se le cose si mettono male, a trascinarlo via con qualche scusa. Sanno bene che, qualunque cosa dica, rischia grosso.
Se continua a contar balle, e cioè che non ha subito ricatti perché per Tarantini e Lavitola è come una dama della San Vincenzo, scatta l’incriminazione per falsa testimonianza.
Se invece, tanto per cambiare un po’, dice la verità, e cioè che ha dovuto sganciare tutti quei soldi perché Tarantini non lo coinvolgesse nei suoi traffici di prostituzione e, patteggiando, non facesse uscire le sue telefonate intercettate con le mignotte, i pm gli chiedono dove ha preso il denaro, da quali riserve occulte, chi ci ha pagato le tasse e perché ha violato una legge fatta da lui stesso che vieta i movimenti in contanti sopra i 5 mila euro.
Il guaio è che lui, poveretto, non ha la più pallida idea di cosa sia il Codice penale: come dice Luttazzi, l’ha sempre scambiato per un catalogo di opzioni.
Ieri, per esempio, ha espresso tutto il suo stupore per il fatto che i pm “vogliono a tutti i costi ascoltarmi come vittima di un’estorsione che io ho chiarito di non considerare tale”. Purtroppo, a decidere l’esistenza o meno di un’estorsione, non è la vittima del ricatto, ma il giudice: capita quasi sempre che il ricattato, proprio perché ricattato, neghi di esserlo. Se l’estorsione necessitasse dell’avallo dell’estorto, non si farebbe un processo contro la mafia del pizzo, visto che i commercianti che lo pagano negano sempre di pagarlo e, quando si dimostra il contrario, sostengono di aver aiutato una famiglia bisognosa. Proprio quel che racconta B. a proposito degli 800 mila euro a Tarantini, più affitto e 20 mila euro al mese.
Chissà se domani, per riabilitare l’Italia screditata dalle sinistre, racconterà all’Europa di aver adottato la famiglia bisognosa di Tarantini, “passato dal benessere alla miseria a causa dell’intervento dei magistrati”.
Tutto vero: il sant’uomo, accusato di traffico di droga, favoreggiamento della prostituzione e corruzione, è stato sette volte indagato, tre volte arrestato e una volta condannato in primo grado.
Tutto chiaro: i magistrati han voluto perfidamente stroncare un’avviata carriera di spacciatore e magnaccia.
Oggi a Strasburgo, dopo tante incomprensioni, qualcuno finalmente concorderà con B: “Silvio, ma lo sai che hai ragione? Il tuo è proprio un Paese di merda. Infatti lo governi tu e nessuno dice nulla”.