giovedì 15 settembre 2011

La nuova pista: corruzione internazionale. - di Paolo Festuccia


Finmeccanica e il business
degli armamenti: negli atti
"pagamenti bloccati oltre cortina"

ROMA
Un giro d’ affari che qualcuno arriva a definire «colpo del secolo». Corruzione internazionale. E’ su questo che indagano pure i magistrati napoletani. Carte, documenti, indizi: nella ragnatela delle intercettazioni, spuntano gli affari nel campo della Difesa. E, inevitabilmente, «Sta gente», come si legge dalle intercettazioni, che per gli inquirenti sono quelli che ricevono tangenti per la buona riuscita degli affari: da Kuala Lumpur al Sudamerica. E nel mezzo finiscono, così, uomini e consulenti di Finmeccanica, dell’Oto Melara di Telespazio Brasil. Protagonisti e comparse come tale Ayub che tratta la vendita di cannoni italiani all’estero per 21 milioni di euro.

Il suo ruolo emerge dalle telefonate tra Alfredo Giaccherini (consulente Oto Melara presso Finmeccanica a Kuala Lumpur) e Bertolo Nardini. Giaccherini spiega a Nardini di aver saputo da Ayub che la loro «posizione in graduatoria o dipende da un input proveniente dall’alto o qualcuno ha offerto più soldi». Nardini replica: «E’ chiaro che la Oto per fare deve sapere no!... Allora evidentemente questo gli avevamo detto quel giorno 5 e 4 (5 milioni 400 mila euro?), fossero quattro e 8 o 5 che era... servito!» E ancora: «Allora lui deve dire... se passano le sue armi quelle che ha in mano o se vuole... Cannoni e armi da noi è così...». «A quel punto lì - riprende - se c’è qualcuno che dice io faccio licenziare il capo della marina e facciamolo licenziare...».

La telefonata, scrivono gli inquirenti è «l’ennesima riprova della pratica, da parte dei rappresentanti di Finmeccanica, di corrompere i rappresentanti dei governi esteri per potersi aggiudicare le gare». Il potere di incidere sulle decisioni dei governi locali, spiegano i magistrati, «appare ancor più evidente dalle dichiarazioni di Giaccherini che nella fattispecie afferma addirittura che, se necessario, si può arrivare al numero uno per far licenziare il capo della marina».

Nelle maglie delle intercettazioni, e quindi, negli atti dei magistrati figura anche Filippo D’Antoni, genero di Piero Guarguaglini, presidente di Finmeccanica. D’Antoni parla con Mauro, il quale chiede dei pagamenti «bloccati oltre cortina» e della necessità di una compensazione. Le telefonate (due) che seguono hanno ad oggetto un colloquio tra D’Antoni (si presenta come direttore commerciale della Wass) e un ammiraglio. L’Ammiraglio dice, «che altri soldi non ne possono... (...) e poi, «che qualunque iniziativa sarebbe controproducente e che ci sarà modo di recuperare in altre occasioni».

Tra le frequenze intercettate, e in molte circostanze diverse, compare pure Valter Tarantelli, direttore di Telespazio Brasil, (frequentemente in contatto con Lavitola) contattato da Marco, collaboratore di Guarguaglini. Marco chiede se Bono e Gutierrez (imprenditore) avessero firmato. Tarantelli replica che i due hanno firmato una lettera di accordo. Tarantelli parla poi con tal Romolo. Nel corso della discussione si parla di Tuccillo (Finmeccanica in Africa), «già fatto fuori»; perché avrebbe detto in giro «che in Sud Africa “Agusta” si era appoggiata a soggetti appartenenti a organizzazioni criminali, diciamo organizzazioni mafiose, mo’ non mi ricordo se era ‘ndrangheta o camorra...».

Quindi il colloquio tra Tarantelli e Paolo Pozzessere dove si parla di affari in Brasile. Pozzessere spiega che alla luce della situazione di «Battisti, citando il fatto che Frattini ieri ha richiamato l’ambasciatore, e non vi è stato ancora un gran casino, ritiene che adesso, subito, bisogna chiedere il conto, visto che hanno fatto questa cosa». Prosegue dicendo che «se fa una telefonata che dice lui, dicendo questa cosa è andata, però adesso chiudete quest’altra...». Con Pozzessere parla pure Debbie Castaneda, amica del premier, che si lamenta di quanto accaduto con Alejandro Agag che le avrebbe soffiato provvigioni per 6 milioni di euro.



Intercettazioni illegali, ordinato il rinvio a giudizio anche per Silvio Berlusconi. - di Luigi Ferrarella






Nastro a Fassino, il premier rischia il processo col fratello.

Il premier Silvio Berlusconi (Ansa)
Il premier Silvio Berlusconi (Ansa)
MILANO - Il giudice Stefania Donadeo ha respinto la richiesta di archiviazione formulata il 16 dicembre 2010 dalla Procura di Milano per il premier e ha deciso che non soltanto Paolo Berlusconi, editore de Il Giornale già rinviato a giudizio tre mesi fa, ma anche suo fratello Silvio, presidente del Consiglio oggi come alla fine dicembre 2005, deve essere processato per la fuga di notizie che secondo gli studiosi dei flussi elettorali spostò una montagna di voti e fu cruciale nella rimonta del centrodestra alle urne del 2006: la pubblicazione il 31 dicembre 2005 suIl Giornale dell’intercettazione nella quale cui il segretario ds Piero Fassino, non indagato, chiedeva scherzosamente «Allora, abbiamo una banca?» all’amministratore di Unipol Giovanni Consorte, impegnato nella scalata della Banca Nazionale del Lavoro poi stoppata dall’inchiesta milanese per aggiotaggio.
LA VICENDA - L’intercettazione, captata il 17 luglio, in quel dicembre 2005 era segreta nel senso che non soltanto non era ancora depositata agli atti (lo sarebbe stata solo molti mesi dopo), e neppure era trascritta o anche solo riassunta in brogliacci, ma esisteva esclusivamente come file audio nei computer della Guardia di Finanza, dei pm milanesi dell’inchiesta Antonveneta/Unipol, e dell'azienda privata «Research control system» che per conto della Procura aveva svolto in estate le intercettazioni. Proprio l’allora suo amministratore, Roberto Raffaelli, dopo aver a lungo negato, nell’estate ammise di aver trafugato e portato un computer con l’audio della telefonata nella villa di Arcore a Silvio e a Paolo Berlusconi, alle 7 di sera della vigilia di Natale 2005 in un incontro organizzato tramite un ex socio di Paolo, l’imprenditore Fabrizio Favata. Il 10 giugno scorso in udienza preliminare Raffaelli aveva patteggiato 20 mesi, Favata era stato condannato a 2 anni e 4 mesi e a risarcire Fassino con 40.000 euro per i danni morali, Paolo Berlusconi era stato rinviato a giudizio. Il giudice Donadeo aveva invece convocato una apposita udienza per approfondire la richiesta di archiviazione proposta dai pm per il premier, e si era riservata la decisione. Ora ha sciolto la riserva, respingendo l'archiviazione e ordinando alla Procura di chiedere a un altro gip il rinvio a giudizio di Berlusconi per concorso nella rivelazione di segreto d’ufficio.
BELPIETRO - Non solo il no alla richiesta di archiviazione formulata dai pm e non solo l'ordine ai pm di chiedere il processo per Silvio Berlusconi. Il gip ha ordinato alla Procura anche di iscrivere nel registro degli indagati, per la medesima accusa di concorso nella rivelazione di segreto d'ufficio, il giornalista Maurizio Belpietro, direttore de Il Giornale all'epoca della pubblicazione dell'intercettazione segreta consegnata ad Arcore ai fratelli Berlusconi dall'uomo che svolgeva le intercettazioni stesse per conto della Procura.


http://www.corriere.it/cronache/11_settembre_15/nastri-fassino-gip_6b1fbaf4-df5e-11e0-b2a5-386afc6bc08a.shtml


Bavaglio, fallisce il blitz. Si tratta per il faccia a faccia tra pm e Berlusconi. - di Sara Nicoli







Il premier cerca sponde con il colle per rallentare l'interrogatorio. Ma Napolitano lo gela. La difesa: nulla è ancora deciso. Il Cavaliere teme la domanda su come sia avvenuto il pagamento da 500mila euro a Tarantini.
Il bavaglio è sempre una tentazione irresistibile. B. è tornato alla carica anche ieri, quando si è reso conto che le carte delle inchieste di Bari e Napoli stanno per travolgerlo nuovamente, proprio mentre il capo dello Stato gli diceva, al Quirinale: “Si faccia sentire serenamente dai giudici”. E lui, per tutta risposta: “Io mi faccio interrogare a patto che lei intervenga su Lepore per farmi vedere prima le carte in suo possesso, non mi posso ricordare tutto quello che ho detto…”. Pare cheNapolitano sia rimasto di sale, poi avrebbe replicato che ovviamente non ci pensava per nulla.

È stato dopo questo colloquio che in Berlusconi si sono scatenati mille diavoli tentatori di farlo davvero il blitz per mettere la pietra tombale almeno sulla possibilità che quelle carte scottanti finiscano sui giornali; le vergognose affermazioni sulla Merkel, quei consigli indecenti a Lavitoladi restare latitante e poi, si dice, altre vanterie machiste con coinvolgimenti eccellenti, persino di qualche ministra.

Insomma, molto più di Ruby, molto peggio di Ruby. E non è vero, come ha detto al capo dello Stato, che lui non si ricorda nulla di ciò che ha detto al telefono, ripetendo per l’ennesima volta la litania che su Tarantini lui avrebbe fatto “solo un’opera di bene, per aiutare una famiglia in difficoltà”. La richiesta di vedere le carte prima di essere sentito era già arrivata ai pm napoletani martedì sera per bocca di Ghedini, durante l’interrogatorio del legale come persona informata dei fatti; il premier accetterebbe il faccia a faccia a patto di poter vedere prima tutte le carte dell’inchiesta e solo in presenza di un suo avvocato di fiducia, ovviamente non Ghedini (che è coinvolto) ma Pietro Longo. Per leggere l’imponente mole di atti è ovvio che ci vorrebbe un periodo di tempo piuttosto lungo, dunque la richiesta deve essere letta anche come modo per tentare di prendere ulteriormente tempo prima di parlare. C’è, infatti, una domanda che Berlusconi (e i suoi legali) temono più di qualsiasi altra ed è una domanda che, più o meno, suonerebbe così: “Ma lei si ricorda che metodo ha usato per dare i 500 mila euro a Lavitola per girarli a Tarantini?”.

Per un pagamento in contanti, B. rischia di essere indagato per ricettazione, a meno che non dimostri l’esistenza di una transazione bancaria che, evidentemente, non c’è. Ed è quindi soprattutto su questo punto, non tanto su altre ipotesi di reato, che gli avvocati del Cavaliere le stanno provando tutte pur di tentare di prendere tempo. Eppure ieri pomeriggio Napolitano su questo punto è stato più determinato del solito: il premier deve assecondare le richieste dei magistrati napoletani perché non è certo questo il momento di aprire un nuovo scontro istituzionale tra poteri dello Stato. E anche a livello internazionale, la nostra reputazione ne risentirebbe. Ulteriormente. Sarebbe stato subito dopo questo delicato passaggio che Berlusconi, inferocito, avrebbe provato a buttare lì la necessità, “l’urgenza” di bloccare nuove fuoriuscite di notizie con un decreto impedendo così la pubblicazione delle intercettazioni, ma il Quirinale non ha confermato questo passaggio.

Sta di fatto che, appena sceso dal Colle, il Cavaliere ha chiamato a sé il Guardasigilli Nitto Palma, per un confronto sul da farsi, in modo da poter intervenire, casomai, proprio nel Consiglio dei ministri di ieri sera dedicato a tutt’altro. Anche Nitto Palma, a quanto sostengono uomini del Pdl, avrebbe provato a dissuaderlo, dicendo che un decreto in materia penale, in fondo, non s’è mai visto e che dunque, casomai, sarebbe più opportuno “accelerare il ddl alla Camera, che tanto dobbiamo trovare solo il giorno giusto, è già in aula…”, ma lo stop definitivo è arrivato via Gianni Letta, raggiunto da una telefonata del Colle. Che, più o meno, deve essere suonata così: che non si parli di nessun decreto, sarebbe scandaloso. Affondato il blitz, resta in atto il braccio di ferro tra Berlusconi e i magistrati di Napoli. Alcune fonti vicine al presidente del Consiglio ipotizzavano, ieri sera, che il Cavaliere potesse essere ascoltato tra sabato e domenica, alla presenza di Longo, ma non c’è nessuna conferma (mentre lunedì sarà a Milano per il processo Mills). “C’è stato un primo contatto con la Procura – ha ammesso Ghedini – ma ancora non sappiamo; dipende dal comportamento della procura”. La trattativa, anzi l’ultima sfida, dunque, continua.

da il Fatto quotidiano del 15 settembre 2011


Leggi anche:


mercoledì 14 settembre 2011

SCONTRI DAVANTI A MONTECITORIO - 14-09-2011

La Merkel risponde a Berlusconi- l'Unità.mp4



La satira di Simone Salis sui presunti giudizi sul Cancelliere tedesco che il nostro premier avrebbe confidato al telefono a Tarantini...

http://virus.unita.it/caro-silvio-te-piacerebbe-br-merkel-risponde-a-berlusconi-1.331479




Palamara (Anm): “Legittimo l’accompagnamento del premier”. - di Giovannij Luzzi



L’eventuale accompagnamento coatto di Silvio Berlusconi davanti ai pm di Napoli è una “procedura è regolare e prevista in base al principio di eguaglianza di fronte alla legge”. Lo afferma a ilfattoquotidiano.it Luca Palamara, presidente dell’Associazione nazionale magistrati. Palamara difende l’operato “legittimo” della Procura guidata da Giovandomenico Lepore, che ieri ha recapitato al premier una citazione che gli impone di incontrare i magistrati entro domenica 18 settembre. L’inchiesta è quella sulla presunta estorsione nei confronti di Berlusconi relativa al caso escort. Il caso ha riacceso la polemica tra centrodestra, che parla di “velleità golpiste”, e giudici.  Polemiche “trite e ritrite”, dice Palamara, che invita a “discutere invece di problemi seri della magistratura e della riforma della giustizia”


http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/09/14/palamara-anm-legittimo-laccompagnamento-del-premier/157352/

Caso Milanese, la Giunta dice ‘no’ ad arresto dell’ex braccio destro di Tremonti.




Bossi: "Misure cautelari una forzatura, ma sentirò il gruppo". Casini: "Ai deputati Udc libertà di coscienza". Pd e Udc: "Voto in Aula sia palese"
Alla fine il “massacro” è stato solo mediatico. Sì perché la Giunta per le autorizzazioni a procedere di Montecitorio ha detto ‘no’ alla richiesta d’arresto dei pm di Napoli per Marco Milanese, l’ex braccio destro del ministro dell’Economia Giulio Tremonti sotto inchiesta per corruzione e altri reati. La votazione si è conclusa con 11 voti favorevoli alla proposta del relatore Fabio Gava(contrario all’arresto) e 10 contrari che sono venuti da PdIdv e Terzo polo.

Un voto largamente annunciato con la Lega che ieri aveva anticipato il suo No in Giunta e libertà di coscienza il 22, quando la richiesta arriverà in Aula. Ma a tale riguardo il leader del CarroccioUmberto Bossi è stato chiaro. Se ieri il Senatùr ha detto “a me non piace fare arrestare la gente”, oggi commenta: ”Devo sentire ancora il gruppo, ma i miei dicono che è un po’ una forzatura”. Difficile quindi che gli esponenti padani cambiaranno orientamento come sottolinea anche Marco Reguzzoni, capogruppo della Lega alla Camera: “Anche sul caso di Alfonso Papa, abbiamo avuto un comportamento coerente tra Giunta e Aula”.

Libertà di coscienza avranno anche i deputati dell’Udc. “E’ una scelta delicata, bisogna verificare se non sussista il fumus persecutionis – dice Pier Ferdinando Casini - è giusto quindi che si decida secondo coscienza”. L’Udc chiede poi che il voto in Aula del 22 settembre sia palese. Il commissario centrista in giunta per le autorizzazioni e responsabile riforme istituzionali del partito,Pierluigi Mantini, spiega: “Riteniamo che i gruppi debbano assumersi la responsabilità del voto davanti agli italiani”. Contro il voto segreto è anche il Pd: ”La politica deve riprendersi in mano le redini di questa deriva rischiosa, e prendersi la responsabilità di fronte a reati devastanti come la corruzione”, afferma al termine della riunione della giunta sul caso Milanese la capogruppo Pd,Marilena Samperi, sottolineando che “il voto segreto è previsto dal regolamento e se qualcuno lo chiederà sarà indispensabile darlo”.