Il bavaglio è sempre una tentazione irresistibile. B. è tornato alla carica anche ieri, quando si è reso conto che le carte delle inchieste di Bari e Napoli stanno per travolgerlo nuovamente, proprio mentre il capo dello Stato gli diceva, al Quirinale: “Si faccia sentire serenamente dai giudici”. E lui, per tutta risposta: “Io mi faccio interrogare a patto che lei intervenga su Lepore per farmi vedere prima le carte in suo possesso, non mi posso ricordare tutto quello che ho detto…”. Pare cheNapolitano sia rimasto di sale, poi avrebbe replicato che ovviamente non ci pensava per nulla.
È stato dopo questo colloquio che in Berlusconi si sono scatenati mille diavoli tentatori di farlo davvero il blitz per mettere la pietra tombale almeno sulla possibilità che quelle carte scottanti finiscano sui giornali; le vergognose affermazioni sulla Merkel, quei consigli indecenti a Lavitoladi restare latitante e poi, si dice, altre vanterie machiste con coinvolgimenti eccellenti, persino di qualche ministra.
Insomma, molto più di Ruby, molto peggio di Ruby. E non è vero, come ha detto al capo dello Stato, che lui non si ricorda nulla di ciò che ha detto al telefono, ripetendo per l’ennesima volta la litania che su Tarantini lui avrebbe fatto “solo un’opera di bene, per aiutare una famiglia in difficoltà”. La richiesta di vedere le carte prima di essere sentito era già arrivata ai pm napoletani martedì sera per bocca di Ghedini, durante l’interrogatorio del legale come persona informata dei fatti; il premier accetterebbe il faccia a faccia a patto di poter vedere prima tutte le carte dell’inchiesta e solo in presenza di un suo avvocato di fiducia, ovviamente non Ghedini (che è coinvolto) ma Pietro Longo. Per leggere l’imponente mole di atti è ovvio che ci vorrebbe un periodo di tempo piuttosto lungo, dunque la richiesta deve essere letta anche come modo per tentare di prendere ulteriormente tempo prima di parlare. C’è, infatti, una domanda che Berlusconi (e i suoi legali) temono più di qualsiasi altra ed è una domanda che, più o meno, suonerebbe così: “Ma lei si ricorda che metodo ha usato per dare i 500 mila euro a Lavitola per girarli a Tarantini?”.
Per un pagamento in contanti, B. rischia di essere indagato per ricettazione, a meno che non dimostri l’esistenza di una transazione bancaria che, evidentemente, non c’è. Ed è quindi soprattutto su questo punto, non tanto su altre ipotesi di reato, che gli avvocati del Cavaliere le stanno provando tutte pur di tentare di prendere tempo. Eppure ieri pomeriggio Napolitano su questo punto è stato più determinato del solito: il premier deve assecondare le richieste dei magistrati napoletani perché non è certo questo il momento di aprire un nuovo scontro istituzionale tra poteri dello Stato. E anche a livello internazionale, la nostra reputazione ne risentirebbe. Ulteriormente. Sarebbe stato subito dopo questo delicato passaggio che Berlusconi, inferocito, avrebbe provato a buttare lì la necessità, “l’urgenza” di bloccare nuove fuoriuscite di notizie con un decreto impedendo così la pubblicazione delle intercettazioni, ma il Quirinale non ha confermato questo passaggio.
Sta di fatto che, appena sceso dal Colle, il Cavaliere ha chiamato a sé il Guardasigilli Nitto Palma, per un confronto sul da farsi, in modo da poter intervenire, casomai, proprio nel Consiglio dei ministri di ieri sera dedicato a tutt’altro. Anche Nitto Palma, a quanto sostengono uomini del Pdl, avrebbe provato a dissuaderlo, dicendo che un decreto in materia penale, in fondo, non s’è mai visto e che dunque, casomai, sarebbe più opportuno “accelerare il ddl alla Camera, che tanto dobbiamo trovare solo il giorno giusto, è già in aula…”, ma lo stop definitivo è arrivato via Gianni Letta, raggiunto da una telefonata del Colle. Che, più o meno, deve essere suonata così: che non si parli di nessun decreto, sarebbe scandaloso. Affondato il blitz, resta in atto il braccio di ferro tra Berlusconi e i magistrati di Napoli. Alcune fonti vicine al presidente del Consiglio ipotizzavano, ieri sera, che il Cavaliere potesse essere ascoltato tra sabato e domenica, alla presenza di Longo, ma non c’è nessuna conferma (mentre lunedì sarà a Milano per il processo Mills). “C’è stato un primo contatto con la Procura – ha ammesso Ghedini – ma ancora non sappiamo; dipende dal comportamento della procura”. La trattativa, anzi l’ultima sfida, dunque, continua.
da il Fatto quotidiano del 15 settembre 2011
È stato dopo questo colloquio che in Berlusconi si sono scatenati mille diavoli tentatori di farlo davvero il blitz per mettere la pietra tombale almeno sulla possibilità che quelle carte scottanti finiscano sui giornali; le vergognose affermazioni sulla Merkel, quei consigli indecenti a Lavitoladi restare latitante e poi, si dice, altre vanterie machiste con coinvolgimenti eccellenti, persino di qualche ministra.
Insomma, molto più di Ruby, molto peggio di Ruby. E non è vero, come ha detto al capo dello Stato, che lui non si ricorda nulla di ciò che ha detto al telefono, ripetendo per l’ennesima volta la litania che su Tarantini lui avrebbe fatto “solo un’opera di bene, per aiutare una famiglia in difficoltà”. La richiesta di vedere le carte prima di essere sentito era già arrivata ai pm napoletani martedì sera per bocca di Ghedini, durante l’interrogatorio del legale come persona informata dei fatti; il premier accetterebbe il faccia a faccia a patto di poter vedere prima tutte le carte dell’inchiesta e solo in presenza di un suo avvocato di fiducia, ovviamente non Ghedini (che è coinvolto) ma Pietro Longo. Per leggere l’imponente mole di atti è ovvio che ci vorrebbe un periodo di tempo piuttosto lungo, dunque la richiesta deve essere letta anche come modo per tentare di prendere ulteriormente tempo prima di parlare. C’è, infatti, una domanda che Berlusconi (e i suoi legali) temono più di qualsiasi altra ed è una domanda che, più o meno, suonerebbe così: “Ma lei si ricorda che metodo ha usato per dare i 500 mila euro a Lavitola per girarli a Tarantini?”.
Per un pagamento in contanti, B. rischia di essere indagato per ricettazione, a meno che non dimostri l’esistenza di una transazione bancaria che, evidentemente, non c’è. Ed è quindi soprattutto su questo punto, non tanto su altre ipotesi di reato, che gli avvocati del Cavaliere le stanno provando tutte pur di tentare di prendere tempo. Eppure ieri pomeriggio Napolitano su questo punto è stato più determinato del solito: il premier deve assecondare le richieste dei magistrati napoletani perché non è certo questo il momento di aprire un nuovo scontro istituzionale tra poteri dello Stato. E anche a livello internazionale, la nostra reputazione ne risentirebbe. Ulteriormente. Sarebbe stato subito dopo questo delicato passaggio che Berlusconi, inferocito, avrebbe provato a buttare lì la necessità, “l’urgenza” di bloccare nuove fuoriuscite di notizie con un decreto impedendo così la pubblicazione delle intercettazioni, ma il Quirinale non ha confermato questo passaggio.
Sta di fatto che, appena sceso dal Colle, il Cavaliere ha chiamato a sé il Guardasigilli Nitto Palma, per un confronto sul da farsi, in modo da poter intervenire, casomai, proprio nel Consiglio dei ministri di ieri sera dedicato a tutt’altro. Anche Nitto Palma, a quanto sostengono uomini del Pdl, avrebbe provato a dissuaderlo, dicendo che un decreto in materia penale, in fondo, non s’è mai visto e che dunque, casomai, sarebbe più opportuno “accelerare il ddl alla Camera, che tanto dobbiamo trovare solo il giorno giusto, è già in aula…”, ma lo stop definitivo è arrivato via Gianni Letta, raggiunto da una telefonata del Colle. Che, più o meno, deve essere suonata così: che non si parli di nessun decreto, sarebbe scandaloso. Affondato il blitz, resta in atto il braccio di ferro tra Berlusconi e i magistrati di Napoli. Alcune fonti vicine al presidente del Consiglio ipotizzavano, ieri sera, che il Cavaliere potesse essere ascoltato tra sabato e domenica, alla presenza di Longo, ma non c’è nessuna conferma (mentre lunedì sarà a Milano per il processo Mills). “C’è stato un primo contatto con la Procura – ha ammesso Ghedini – ma ancora non sappiamo; dipende dal comportamento della procura”. La trattativa, anzi l’ultima sfida, dunque, continua.
da il Fatto quotidiano del 15 settembre 2011
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