Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
venerdì 16 settembre 2011
Un'agonia che non si sa quanto durerà.
Non so più cosa pensare. Siamo un paese in agonia.
In agonia perchè presi in ostaggio da un malfattore che si è auto proclamato presidente del consiglio, avallato dalla parte peggiore del paese, per difendersi dai processi che lui stesso si tira addosso come noccioline con comportamenti a dir poco riprovevoli.
E nessuno, neanche chi dovrebbe difenderci, a parte la magistratura messa in difficoltà, ci da una mano.
L'opposizione, tranne due o tre personaggi peraltro ridicolizzati e messi alle corde dalla stessa opposizione, non esiste.
Lo stesso rappresentante della Repubblica, nonchè garante della Costituzione, si limita a lanciare moniti che nessuno raccoglie.
Siamo senza alcuna portezione, siamo nelle mani sbagliate.
Gdf di Verona scopre falsa università, tasse da pagare ma nessuna laurea.
Roma - (Adnkronos) - Corsi particolari e convenzioni con altri atenei erano i punti di forza che venivano presentati agli studenti desiderosi di ottenere l'agognato diploma di laurea. Peccato che il ministero dell'Istruzione non abbia mai rilasciato alcuna autorizzazione. Denunciate 4 persone con l'accusa di truffa aggravata.
Roma, 16 set. (Adnkronos) - Stanata dalla Guardia di Finanza di Verona una falsa universita'. 'Carolus Magnus' il nome dell'ateneo fondato nel 2005 da alcuni membri di un'associazione culturale ed avente sede prima a Roma, con la denominazione di 'Unimeur.it', e poi a Verona con il nome dell'imperatore Carlo Magno, e rivelatasi, a seguito delle indagini della Fiamme gialle, un autentico bluff ai danni di alcuni studenti. Le indagini della Guardia di Finanza hanno portato alla denuncia di 4 persone con l'accusa di truffa aggravata.
Corsi di 'Arti e management dello spettacolo', 'Economia e gestione aziendale' e convenzioni con altri atenei, sia pubblici che privati, erano i punti di forza che venivano presentati agli studenti desiderosi di ottenere l'agognato diploma di laurea. Peccato che il ministero dell'Istruzione, dell'universita' e della ricerca non abbia mai rilasciato alcuna autorizzazione.
E cio' nonostante le rassicurazioni che sia il 'rettore' che il 'direttore amministrativo' continuavano a dare ai frequentatori dei corsi accademici sulla legittimita' del titolo di studio che, una volta terminato l'articolato percorso accademico, avrebbero ottenuto. Per arrivare alla laurea, naturalmente, era necessario saldare tutte le tasse universitarie dovute per l'iscrizione ai vari anni di studio.
Tra i docenti figuravano anche, come ricordavano i responsabili dei corsi in occasione di giornate di presentazione dell'universita' e dei suoi percorsi didattici tenutesi a Verona nel maggio 2005, noti personaggi dell'ambiente dello spettacolo: nessuno di questi ha tuttavia mai tenuto lezioni.
Probabilmente gli indirizzi accademici sui quali l'universita' Carolus Magnus era specializzata non erano quelli prediletti dai giovani studenti, dato che solo una decina - dei venti che avevano inizialmente frequentato uno stage propedeutico all'accesso al corso universitario - hanno poi effettivamente seguito le lezioni. Ma a nessuno di essi e' stata data la possibilita' di laurearsi.
Le lezioni e gli esami, tuttavia, proseguivano e occorreva versare periodicamente tutte la tasse universitarie dovute. Alla fine, ciascuno studente ha pagato circa 7.000 euro ma non si e' visto riconosciuto alcun esame e alcun titolo di studio. Da qui e' partita l'indagine dei militari della Guardia di Finanza, coordinati dalla Procura della Repubblica di Verona, che ha portato alla denuncia per truffa aggravata delle quattro persone ritenute responsabili. L'Autorita' garante della concorrenza e del mercato ha inoltre emanato diversi provvedimenti nei confronti di Unimeur.it per messaggi pubblicitari dichiarati ingannevoli, applicando sanzioni amministrative per complessivi 38.600 euro.
http://www.adnkronos.com/IGN/Regioni/Veneto/Gdf-di-Verona-scopre-falsa-universita-tasse-da-pagare-ma-nessuna-laurea_312456288573.html
Dal blog di Beppe Grillo - Editoriale della settimana n. 35 volume 6
Massimo D’Alema che mette in vendita
Ikarus II è il segnale economico più
preoccupante degli ultimi mesi. Più del
default americano, dello spread tra Btp
italiani e Bund tedeschi e del crollo della
Borsa. Si dice che a costringerlo sia
stata la moglie Linda Giuva (stimata
anche da Licio Gelli che volle stringerle
la mano): “O la barca o la vigna”. Il
liquidatore di Telecom italia venduta a
debito ha dovuto scegliere la tenuta La
Madeleine di 15 ettari per la produzione
di vino pregiato. Cantava Enzo
Jannacci: “Ho visto un fiore rosso
chinarsi dentro a un fosso. Per un
bicchier di vino il mio destino non
cambierà”. Altri tempi, stesse facce.
Beppe Grillo
http://www.beppegrillo.it/magazine/archivio/lasettimana2011-09-04.pdf
Torna Michele Santoro: " La Rai è nostra, riprendiamocela e Berlusconi vada fuori dalle balle "
“Gli amministratori della tv pubblica siano scelti dagli abbonati. La proposta di La7, con il controllo preventivo era inaccettabile. Che cosa farò? Quello che avete già visto con Raiperunanotte”. Michele Santoro arriva alla festa de Il Fatto Quotidiano a Marina di Pietrasanta (video) e non delude le attese di migliaia di lettori in fila da questa mattina per trovare un posto nell’arena della Versiliana: “In tv ci vuole qualcuno che possa dire liberamente ‘Berlusconi fuori dalle balle’”.
Quale sarà il futuro televisivo di Santoro, dopo le stagioni di Annozero? ”Sono qua non per dire quello che faremo, per il semplice motivo che quello che faremo lo abbiamo già fatto vedere due volte a Bologna, con Raiperunanotte e Tuttinpiedi. Per cui se vi piacciono quei programmi realizzati in maniera indipendente e grazie al vostro aiuto, noi quei programmi vogliamo rifarli”. Nel corso del suo intervento, il conduttore ha rivelato il nome e le modalità del suo programma futuro: “Vi chiedo un po’ di fiducia. Bastano dieci euro e con l’aiuto di imprenditori qui presenti, del gruppo televisivo di Parenzo, del Fatto Quotidiano riusciremo a fare un programma che si chiamerà “Comizi d’amore”.
”Il programma dovrebbe partire a fine ottobre e faremo circa 25 puntate”, ha spiegato il giornalista parlando a margine dell’incontro. “Non è stato ancora deciso il giorno della settimana in cui trasmetterlo”, ha poi aggiunto. Santoro ha spiegato che “non c’è alcun accanimento nei confronti di nessuno degli altri protagonisti della scena. Ci piacerebbe andare in onda contro Vespa, ma non mi sembra adatto alla prima serata”. La trasmissione dovrebbe essere realizzata in uno studio a Roma, “anche se abbiamo una fortissima pressione bolognese per farne una sede fissa”, e contribuirà tutta la sua vecchia squadra, escluso Corrado Formigli passato a La7. Il programma sarà realizzato anche con “il contributo del pubblico, perchè con dieci euro si entra a far parte dell’associazione no profit ‘Servizio pubblico’, della quale farà parte anche ‘Il Fatto Quotidiano’”. Il giornalista ha aggiunto che “per realizzare la trasmissione serviranno circa 250mila euro a puntata, ma non saranno solo soldi pubblici, ma anche fondi nostri e poi ci sarà la pubblicità”.
“Vengo a rendere omaggio a un grande giornale libero”, ha detto il conduttore appena salito sul palco insieme ad Antonio Padellaro e Marco Travaglio. Il ragionamento parte dall’11 settembre2001, dieci anni fa: “Ci siamo sentiti tutti americani, ma sentirsi americani in quel momento significava guardare le cose da un solo punto di vista, quello dei pompieri morti nelle torri. Dei sopravvissuti ci siamo dimenticati. La realtà non è sempre la stessa, ma cambia con i racconti che se ne fanno. Sono le mie telecamere che danno un’angolazione ai fatti. Ed è importante che i punti di vista siano tanti. Ora, l’11 settembre ha segnato uno spartiacque: ci ha fatto dimenticare cosa voleva ottenere il terrorismo. Come se ci fosse un unico orizzonte. In Italia noi eravamo la sede del pacifismo. Poi, a un certo punto la guerra è sembrata, ci è stata fatta vedere, come l’unico strumento per risolvere i problemi del mondo”.
L’attacco a Berlusconi è frontale: ”C’è uno che ha detto che questo è un Paese di merda, che telefona con una sim colombiana, che si inventa appuntamenti inesistenti per non recarsi dal magistrato. Quando diremo basta, è finita, fuori dalle balle? Almeno uno dei nostri giornalisti può dire questo in una piccola tv? – ha chiesto il conduttore – Se questo non si può fare, vuol dire che stiamo cancellando un pezzo di opinione pubblica”. Il j’accuse santoriano è rivolto anche al centrosinistra: “E voi dell’opposizione cosa cavolo state facendo di fronte a questo scempio?”. E’ stato umiliante passare l’80% del tempo con gli avvocati, sentire quello che usciva dall’inchiesta di Trani: non può Berlusconi chiedere ad autorità, da lui stesso nominate, di chiudere un programma”.
Il discorso è proseguito con il ricordo delle censure del passato e di quelle più recenti. “L’editto bulgaro è intervenuto anche per non far parlare dell’intervento armato in Iraq. Non lo dico solo io, ma anche Obama che riconosce quel conflitto come fonte di tutti i guai. Io non credo alle teorie complottiste, ma credo che la guerra sia stata una scorciatoia per nascondere la crisi economica. La guerra ha presentato al mondo l’esistenza di un nemico. Ha obbligato noi a chiederci: ‘E noi dove stiamo?’ Stiamo in Occidente. Il mondo si è serrato intorno alla paura. Anche i media hanno smesso di rappresentare chi non aveva paura. E’ mancato un programma che veicolasse l’opinione contraria alla guerra. Siamo arrivati all’assuefazione”.
“Mi rivolgo – ha proseguito Santoro – ai colleghi di Libero e del Giornale che mi danno del “guru della sinistra”. Io voglio chiedere a questi miei colleghi una cosa semplice: “Questa gente che è seduta qui ad ascoltare, queste migliaia di persone che i partiti non riescono più a raccogliere, hanno diritto a essere rappresentati come opinione pubblica? I pacifisti non avevano diritto a esistere come opinione pubblica organizzata? Perché se questa opinione pubblica non ha diritto di essere rappresentata, questa non è democrazia”.
E perché, “se non si reagisce, succede quello che è successo con l’11 settembre. Ci si parla tra noi, ma la realtà scompare tanto che, per vedere un giovane “parlante” guardavamo il Grande fratello. Ma ora il pubblico ha imparato a scegliere, a cercare i canali dove la realtà viene rappresentata. E i programmi che stavano dentro la tv a raccontare la realtà hanno cominciato ad avere peso.
Il giornalista ha dedicato un passaggio alle ragioni del fallimento del suo passaggio a La7. “L’Ad di Telecom ha usato una bella metafora, quella dei macachi sul banano Rai. Ma sono state dette tante cose. Non so se è vero quello che ha scritto Dagospia, ossia che Berlusconi ha telefonato a Bernabèper non avermi in onda su La7. Ma perché un’azienda si tira indietro e l’ad tira fuori l’argomento della scaletta? Allora ridateci Masi! Come si fa a garantire l’autonomia del programma se l’amministratore decide la scaletta? E non viene nemmeno lui a dirlo, ma manda l’ufficio legale. E perché noi non reagiamo? Cosa ha detto Bersani? Bersani ha detto: “Santoro è come Balotelli! Prima o poi lo fanno giocare. Certo che gioco! Ma così abbiamo perso il servizio pubblico. E’ per questo che dobbiamo riprenderci il mercato e il servizio pubblico. Riprendiamoci la Rai, è nostra! Facciamo la battaglia e datemi fiducia come avete già fatto per gli altri eventi. Con dieci euro ciascuno possiamo fare una televisione veramente libera”.
Tramite : http://www.ilfattoquotidiano.it/
Ego nos absolvo. - di Marco Travaglio
L’altra sera al Tg1 una minzolina bionda presentata come “nostra inviata” nel senso che la paghiamo noi, interrogava severamente il procuratore di Napoli, Lepore, come se fosse lui l’imputato. Il tono era quello del “come si permette di convocare il premier?”. L’alto magistrato tentava di difendersi come poteva, ma l’impressione che i telespettatori ne ricavavano era che fosse (lui) reticente. Non si batteva il petto, non si discolpava, non chiedeva scusa per aver osato tanto.
Intanto, dalle nuove intercettazioni, oltre alla conferma che aveva ragione l’Espresso sullatelefonata in cui B. istiga Lavitola alla latitanza, si scopre che gli ha pure garantito l’assoluzione:“Vi scagiono tutti”. Ecco, oltre all’imputato, al testimone e al pagatore dei medesimi, ora fa pure il giudice (a quando il cancelliere?). Tanto la cosiddetta informazione l’ha già assolto, dando per scontato che la legge è uguale per tutti fuorché per lui. Il caso ultimo è da manuale: non la solita indagine per uno dei tanti reati commessi da B., ma l’evenienza del tutto inedita di un’inchiesta su un reato commesso ai suoi danni. Dunque lui, com’è sempre avvenuto in tutto il mondo, dev’essere sentito come testimone-parte offesa: obbligato a presentarsi, a parlare e dire la verità. E, siccome non deve difendersi da nulla, senz’avvocato.
La legge parla chiaro: se il testimone non si presenta la prima volta per un impedimento (che dev’essere legittimo, non una missione all’estero inventata apposta per l’occasione), può rinviare di qualche giorno. Ma poi, se continua a scappare, lo vanno a prendere i carabinieri. Siccome però è un parlamentare, per l’accompagnamento coatto occorre il permesso della Camera. E la maggioranza, essendo roba sua nel senso che se l’è mezza nominata e mezza comprata, lo negherà. A quel punto, ai giudici non resterà che rivolgersi alla Consulta per sollevare conflitto di attribuzione contro il Parlamento della (ultima) vergogna.
Intanto in carcere c’è un signore, Tarantini, che attende di sapere se i giudici che l’hanno arrestato sono competenti: per saperlo occorre sentire B. su modalità, ragioni e luoghi dei pagamenti. Ma questo, ai garantisti all’italiana, non interessa. Infatti, anziché chiamare le cose con il loro nome, si son messi a strologare sull’ennesimo “scontro fra giustizia e politica”. Come se un pm che convoca un teste per rispondere alle domande potesse esser messo sullo stesso piano di quel teste che, avendo la coscienza lurida, sfugge alla Giustizia al punto da piegare non solo il Parlamento, ma anche le massime istituzioni europee ai suoi porci comodi.
L’altroieri i siti del Corriere e di Repubblica titolavano sul presunto “scontro”. Ieri il Pompiere, per cambiare un po’, titolava a tutta prima pagina “Sfida tra i pm e Berlusconi”, mentre il pompierino Massimo Franco deplorava la “nuova guerra”. Sugli house organ, scontro e guerra diventavano comicamente “Silvio prigioniero politico”, “Il ricatto dei pm”, “L’ultima minaccia dei pm” (il Giornale), “Vogliono arrestare Silvio” (Libero). Secondo Belpietro, “i pm durante l’interrogatorio tenteranno di far scattare le manette per falsa testimonianza” (non sa, il pover’uomo, che l’arresto in flagranza per false dichiarazioni, voluto da Falcone contro l’omertà delle vittime di mafia, fu abolito da destra e sinistra nell’estate ‘95).
Il Corriere ipotizza addirittura che, per evitare l’inesistente “conflitto istituzionale”, il testimone B. venga sentito con la badante Ghedini al fianco. Unico caso al mondo di teste interrogato col difensore. Il cronista scrive giustamente che, “senza il sostegno del difensore”, l’interrogatorio avrebbe “conseguenze imprevedibili”. Oh bella, e quali? Forse il Corriere vuole comunicarci che un mentitore professionale non potrà che mentire ai pm? E allora perché non lo scrive in prima pagina, invece di farfugliare di “scontri”? Chi pensa che, caduto B., l’Italia tornerà alla normalità è un povero illuso: B. prima o poi passa. Ma questa informazione indecente resta.
Il Fatto Quotidiano, 15 settembre 2011
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/09/15/ego-nos-absolvo/157535/
Cinque miliardi nelle tasche di 69 "nullatenenti"
Milano è capitale dell'evasione
Dati choc per l'Iva nascosta: poco meno di 4 miliardi di euro. E un negozio su quattro non rilascia regolare ricevuta. Nel mirino degli 007 delle Fiamme Gialle anche vip e le filiali delle grandi Spa straniere.
Milano, 15 settembre 2011 - I numeri fanno impressione. Nei primi sei mesi dell’anno, solo a Milano e provincia, gli 007 della Finanza hanno scovato più di 15 miliardi di euro nascosti al fisco: ricavi non dichiarati, costi non deducibili e invece indicati, Iva dovuta e sparita nel nulla. Una bella fetta dell’ultima manovra finanziaria. Una montagna di soldi. In percentuale, dicono gli addetti ai lavori, Milano produce il 28-30% di tutta l’evasione scoperta ogni anno in Italia. In relazione alla sola Iva, si supera addirittura il 50 per cento. Il problema vero è che, nonostante i “parassiti sociali” (come dice lo spot tivù) vengano spesso scovati, il recupero del denaro resta per lo più un miraggio: se va bene, dopo anni entra nelle casse dello Stato al massimo l’8-9% del dovuto.
Certo il capoluogo lombardo è la città italiana più importante dal punto di vista economico e finanziario. E dunque è abbastanza normale che qui si trovi il maggior numero di reati in questo campo. E dev’essere anche vero che la crisi non aiuta, incentivando, probabilmente, anche gli ingegni meno raffinati verso ipotesi di illeciti fiscali. Ma è ovvio che l’ evasione da sopravvivenza non c’entra nulla con quella organizzata sistematicamente al solo scopo di sottrarre alla tassazione montagne di redditi. E a Milano, per lo più, ad evadere milioni e milioni di euro sono società e imprese.
Ma ecco i dati forniti dal Comando provinciale della Guardia di Finanza. Tra gennaio e giugno di quest’anno i semplici controlli fiscali sono stati quasi 10mila, e da questi sono nate 670 verifiche approfondite. Per quanto riguarda le imposte sui redditi, le Fiamme gialle hanno accertato ricavi non dichiarati per oltre 10 miliardi e 200 milioni e costi non deducibili per quasi 3 miliardi. Oltre a ritenute non operate (o non versate) per quasi 17 milioni.
Dati choc anche per quanto riguarda l’Iva dovuta e nascosta al fisco: poco meno di 4 miliardi di euro. Due milioni e mezzo quella dichiarata ma poi non versata. Cifre che da sole fanno intuire quale sia l’entità reale del fenomeno evasione. Su scala milanese, precisano però gli esperti, l’illecito si sviluppa in particolare su tre fronti. In primo luogo quello delle “filiali” italiane di grandi società multinazionali con sedi all’estero. Secondo il Fisco, queste società dovrebbero pagare in Italia le tasse relative agli utili prodotti nel nostro Paese dalle loro filiali locali, “stabili organizzazioni” (secondo legge) capaci di macinare denaro. Così, però, in molti casi non avviene.
Poi ci sono quelle società o quelle imprese che hanno la sede legale all’estero (magari nei soliti paradisi fiscali) e lì pagano tasse ridicole, ma - a parere delle Fiamme gialle - operano in effetti esclusivamente in Italia, e qui per l’appunto dovrebbero lasciare il tributo. Nel capitolo “fiscalità internazionale”le Fiamme gialle annoverano tra gennaio e giugno di quest’anno 14 controlli eseguiti e e redditi non dichiarati per 5miliardi e 700 milioni.
Terzo settore d’interesse agli occhi degli investigatori, tutti quei cittadini italiani, spesso ma non necessariamente “vip”, che godano di ampia disponibilità monetaria presso conti esteri, la qual cosa si traduce in una facile presunzione di redditi non dichiarati in Italia. Da questo punto di vista, quanto mai interessante è apparsa alle Fiamme gialle la lista di nomi che la polizia francese ha sequestrato tempo fa ad Hervé Falciani, francese, ingegnere informatico ed ex dipendente della Hsbc Private Bank di Ginevra. Una lista di potenziali evasori del Fisco, che Guardia di finanza e Agenzia delle entrate stanno passando lentamente al setaccio.
Stando ai numeri, nei primi sei mesi del 2011 i finanzieri del Comando provinciale hanno scoperto nel complesso 69 evasori totali, per redditi non dichiarati di quasi 5 miliardi e mezzo e Iva dovuta per 3 miliardi e rotti.
Numeri più ridotti, naturalmente, nel campo delle quotidiane irregolarità nell’ambito del commercio tra scontrini e ricevute fiscali. Seimila i controlli effettuati a Milano e provincia - in pratica mille al mese - e più di 1. 600 le irregolarità riscontrate. In media, un negozio su quattro non fa andare il registratore di cassa come dovrebbe.
Numeri più ridotti, naturalmente, nel campo delle quotidiane irregolarità nell’ambito del commercio tra scontrini e ricevute fiscali. Seimila i controlli effettuati a Milano e provincia - in pratica mille al mese - e più di 1. 600 le irregolarità riscontrate. In media, un negozio su quattro non fa andare il registratore di cassa come dovrebbe.
di Mario Consani
giovedì 15 settembre 2011
Minzolini: "Basta intercettazioni" E' polemica in Rai
Nuovo editoriale nel giro di pochi giorni del direttore del Tg1 Augusto Minzolini. Il tema, questa volta, sono le intercettazioni: «Serve una legge», ammonisce. Immediata la replica del presidente della Rai, Paolo Garimberti: «Minzolini parla a titolo personale». Concorda il consigliere di amministrazione Antonio Verro, sottolineando però che lo stesso discorso vale anche per i commenti del direttore del Tg3 Bianca Berlinguer.
Nelle inchieste di Napoli e Bari, attacca Minzolini, «Berlusconi non è indagato, ma i media continueranno a parlare di gossip e andrà avanti la lapidazione mediatica che nella testa di qualcuno dovrebbe far cadere il governo». Per il direttore del Tg1, «una legge che regolamenta le intercettazioni è necessaria, quanto la manovra approvata ieri. L’ultimo a chiederla è stato Casini in un’intervista al Tg1, è arrivato il momento di farla».
«Fermo restando il diritto di ogni direttore di fare editoriali o commenti, l’opinione espressa stasera dal direttore del Tg1 Augusto Minzolini è strettamente personale e non impegna in alcun modo la Rai», prende le distanze Garimberti. Replica Verro: «Concordo con il presidente Garimberti, ma allo stesso modo penso che anche le opinioni e i commenti espressi dalla Berlinguer nelle edizioni del telegiornale da lei diretto siano del tutto personali e non impegnino in alcun modo la Rai».
La Berlinguer è il bersaglio delle critiche del Pdl Francesco Casoli: «La manipolazione la fa il Tg3, non il Tg1». Difende Minzolini anche il capogruppo in Vigilanza Alessio Butti: «Nel suo editoriale ha usato soltanto parole di buon senso». Sul fronte opposto il Pd con Vincenzo Vita: «L’unica domanda plausibile di fronte alla protervia manipolatoria e manipolativa del Tg1 è chiedersi se andrà via prima Minzolini o Berlusconi direttamente». Per l’Italia dei valori, parla il senatore Pancho Pardi, capogruppo del suo partito nella Commissione di Vigilanza sulla Rai: «Gli editoriali di Minzolini ormai non fanno più notizia.- dice- Fa notizia, invece, il fatto che il dg Lei non l’abbia ancora rimosso da un incarico che non è in grado di ricoprire».
Nelle inchieste di Napoli e Bari, attacca Minzolini, «Berlusconi non è indagato, ma i media continueranno a parlare di gossip e andrà avanti la lapidazione mediatica che nella testa di qualcuno dovrebbe far cadere il governo». Per il direttore del Tg1, «una legge che regolamenta le intercettazioni è necessaria, quanto la manovra approvata ieri. L’ultimo a chiederla è stato Casini in un’intervista al Tg1, è arrivato il momento di farla».
«Fermo restando il diritto di ogni direttore di fare editoriali o commenti, l’opinione espressa stasera dal direttore del Tg1 Augusto Minzolini è strettamente personale e non impegna in alcun modo la Rai», prende le distanze Garimberti. Replica Verro: «Concordo con il presidente Garimberti, ma allo stesso modo penso che anche le opinioni e i commenti espressi dalla Berlinguer nelle edizioni del telegiornale da lei diretto siano del tutto personali e non impegnino in alcun modo la Rai».
La Berlinguer è il bersaglio delle critiche del Pdl Francesco Casoli: «La manipolazione la fa il Tg3, non il Tg1». Difende Minzolini anche il capogruppo in Vigilanza Alessio Butti: «Nel suo editoriale ha usato soltanto parole di buon senso». Sul fronte opposto il Pd con Vincenzo Vita: «L’unica domanda plausibile di fronte alla protervia manipolatoria e manipolativa del Tg1 è chiedersi se andrà via prima Minzolini o Berlusconi direttamente». Per l’Italia dei valori, parla il senatore Pancho Pardi, capogruppo del suo partito nella Commissione di Vigilanza sulla Rai: «Gli editoriali di Minzolini ormai non fanno più notizia.- dice- Fa notizia, invece, il fatto che il dg Lei non l’abbia ancora rimosso da un incarico che non è in grado di ricoprire».
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