lunedì 17 ottobre 2011

Come previsto. - di Antonio Padellaro.



Primo. Cinquecento (o forse meno) teppisti organizzati hanno distrutto la gigantesca e pacifica manifestazione degli Indignati e messo in ginocchio un intero movimento. Il corteo di duecentomila giovani e meno giovani giunti a Roma da tutta Italia e da tutta Europa è stato minato, disarticolato e infine disperso da bande di incappucciati che per cinque ore, praticamente indisturbati hanno tenuto in ostaggio una città, bruciato auto, distrutto banche, saccheggiato negozi, incendiato un blindato dei carabinieri mettendo alle corde forze di polizia numericamente superiori.

Chi sono questi professionisti della guerriglia? Da dove vengono? Chi li guida? Chi li paga? Il ministro Maroni parla di “violenza inaccettabile” ma è mai possibile che malgrado i ripetuti allarmi dell’ intelligence, l’orda abbia potuto agire indisturbata?

Secondo. Non era difficile prevedere che un’enorme concentrazione di popolo in cui confluivano decine di sigle sindacali e movimentiste, priva di un qualsiasi servizio d’ordine, abbandonata a un’improvvisata autogestione diventasse l’habitat ideale della guerriglia annunciata.

Abbiamo visto i manifestanti arrivare allo scontro fisico con i violenti, e perfino bloccarli e consegnarli alle forze dell’ordine. Ma, e lo diciamo agli organizzatori, bisognava pensarci prima. Non vorremmo davvero che la logica dei “compagni che sbagliano” abbia reso ciechi e sordi quanti avrebbero potuto impedire o comunque denunciare l’infiltrazione nel corteo dei manipoli teppisti. I quali hanno inferto al movimento un danno incalcolabile proprio mentre in altre 82 capitali la protesta si dispiegava forte e pacifica.

Terzo. Il governatore Draghi, bersaglio simbolo della protesta, ha usato parole sagge accogliendo le ragioni del 99 per cento costretto a pagare il conto dell’1 per cento, presentato dalla grande finanza mondiale. Ma nessuno poteva pensare che un altro 1 per cento, questa volta armato di spranghe avrebbe potuto fare qualcosa di peggio alla generazione degli indignati.



http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/10/16/come-previsto/164205/

domenica 16 ottobre 2011

Caritas: italiani sempre più poveri. In aumento i giovani che non studiano né lavorano




Nel nostro Paese sono 2,73 milioni le famiglie che vivono sotto la soglia dell'indigenza. Dal 2005 al 2010, in crescita del 60% gli under 35 che si rivolgono alle associazioni di volontariato.
La crisi economica cambia volto alla povertà. Anche in Italia, che si ritrova ogni anno che passa con meno risorse e più disperazione. Secondo il rapporto 2011 della Caritas (“Poveri di diritti”,Edizioni Il Mulino) sono 8,3 milioni i cittadini che vivono in povertà, pari al 13,8% della popolazione. Tra le fasce più colpite, le famiglie numerose, quelle con un solo genitore e i nuclei meridionali. Il dato che più colpisce, però, è un altro: in tempi di crisi economica la povertà sta cambiando volto, tanto che il 20% delle persone che si rivolgono ai Centri di ascolto in Italia ha meno di 35 anni.

In soli cinque anni, dal 2005 al 2010, del resto il numero di giovani che si rivolgono alle associazioni di volontariato è aumentato del 59,6%. Il 76,1% di essi, inoltre, non studia e non lavora, percentuale che nel 2005 era del 70%. Il rapporto sarà presentato domani a Roma da Caritas Italiana e Fondazione Zancan, in occasione della Giornata mondiale contro la povertà, secondo cui l’Italia è ben lontana dal trovare una soluzione efficace alla piaga della povertà: se nel 2009 erano 7,8 milioni i poveri (13,1%), nel 2010 hanno raggiunto quota 8,3 milioni (13,8%). In totale, in Italia sono 2,73 milioni le famiglie povere.


Indignati: Ugl Polizia accusa Maroni.




«Grave sottovalutazione da parte del ministro degli Interni».









«Se i poliziotti distratti presso gli stadi per le partite di calcio fossero stati impiegati per la manifestazione, gli incidenti e i danni sarebbero stati sicuramente molto meno gravi». A parlare è il segretario generale dell'Ugl Polizia di Stato Valter Mazzetti riferendosi ai disordini di Roma, evidenziando la «grave sottovalutazione da parte di Maroni. Poichè da tempo si sapeva che il corteo degli indignati sarebbe stato imponente e che avrebbe potuto sfociare anche in violenze», ha detto Mazzatti.
TROPPA LEGGEREZZA DA PARTE DI MARONI. E ha poi aggiunto che «il ministro Maroni avrebbe dovuto sospendere le partite di calcio e impiegare nella manifestazione di Roma le forze dell'ordine lì distratte. Gli oltre 30 feriti al momento registrati, sono l'ennesimo tributo che le forze dell'ordine stanno pagando ai teppisti di professione che abbiamo già visto all'opera nelle scorse settimane in Val di Susa. Tuttavia, ancora una volta il personale impiegato ha dato dimostrazione di grande professionalità e di senso di responsabilità per aver saputo resistere alle innumerevoli ed indegne provocazioni dei facinorosi. I fatti di Roma» ha concluso Mazzetti «dimostrano che mentre il governo continua a tagliare i fondi e le risorse al comparto sicurezza e agli operatori, i poliziotti e gli altri appartenenti alle forze dell'ordine vengono costretti a fronteggiare violenti di tutti i tipi con mezzi e modalità operative palesemente inadeguati».

No comment.


Si commenta da sola.

La rabbia dei poliziotti sui forum web "Perché niente cariche ai Black bloc?"




Su internet i commenti degli agenti ai fatti di ieri. Tra perplessità sulla gestione dell'ordine pubblico e protesta contro i tagli alla sicurezza.


di MARCO PASQUA

CE l'hanno con chi, ieri, ha avuto la responsabilità di gestire l'ordine pubblico e i movimenti delle forze dell'ordine. Ma anche con il governo che, con i suoi tagli alla sicurezza, da tempo, non li mette più in condizioni di operare in sicurezza. Il giorno dopo la guerriglia che ha sconvolto Roma, i più indignati sembrano essere gli agenti di pubblica sicurezza che si sfogano sul forum di Poliziotti. it.

La rabbia è palpabile. Non si sentono più tutelati dallo Stato e, soprattutto, non capiscono perché ieri sia stata concessa la possibilità alle frange più violente di manifestanti di scagliarsi contro gli uomini in divisa. L'interrogativo viene sollevato da Mauro C.: "Una domanda mi sorge spontanea: perché polizia e carabinieri non hanno caricato i black bloc e se ne sono stati lì fermi? I manifestanti pacifici hanno chiesto a gran voce il loro intervento per disperdere le componenti violente che erano nel corteo". Gli risponde polemico un agente, che si firma Woobinda69: "La domanda la dovresti porre ai nostri superiori che coordinano e dirigono il servizio. Ai validi servizi informativi. Qui mi fermo". "Grazie a chi ha permesso a 400/500 teppisti di mettere a ferro e fuoco una città", commenta Gpg3. Ma per alcuni, la spiegazione di un atteggiamento piuttosto "morbido" da parte degli agenti va ricercata nei drammatici fatti del G8 di Genova, nel 2001: "Dopo Genova  -  scriva l'utente dago113 - nessuno ha voglia di passare per lo sbirro cattivo meglio fare la parte del fancacazzista. Si campa più a lungo". 


Una linea condivisa da uno dei moderatori, leone17: "Nessuno vuole più intervenire senza garanzie, e non parlo di garanzie di impunità, semplici garanzie per operare al meglio. Poi, per quanto mi riguarda, questi esseri sarebbero dovuti finire ad ingrassare le ruote dei blindati, perché quando si vuole la guerra quello si merita, e non mi si vengano a fare i soliti discorsi del piffero. Perché non interveniamo? Perché non abbiamo più voglia di essere indagati, condannati, messi alla gogna e fare un mutuo pure per ripagare questi rifiuti della società". Per "soldato. blu" la priorità per gli agenti deve essere quella di non commettere errori: "Dopo Genova c'è gente che si è ipotecata casa per pagare i danni ed io, il mio esiguo stipendio, me lo voglio mangiare e non certo regalare a qualche avvocato o a qualche babbione con la cresta da gallo in testa. Sindrome di Genova si chiama? Sì, e sindrome sia. Fin quando questi politici continueranno ad ingozzarsi senza pensare ad altri modalità di gestione dell'ordine pubblico, io continuerò a guardarmi le chiappe: sfasciano? Si riaggiusterà. Bruciano? idem. Distruggono statue sacre in puro stile talebano? Ci penserà la chiesa a scomunicarli".

Sul banco degli imputati finiscono anche i rappresentanti di un governo che taglia alle forze di polizia e che, in queste ore, hanno pure espresso la loro solidarietà agli agenti. "Tutti i politici ad esprimere solidarietà alle forze dell'ordine, a parole  -  attacca Hutchinson - perché i fatti dicono che questo governicchio taglia altri 80 milioni dalle tasche di poliziotti e carabinieri. Credo che sia giunto il momento che queste facce di bronzo (l'eufemismo è palese), si difendano da soli dai black bloc oggi, e dai comuni cittadini un domani". "Seppure perfettamente consapevoli di essere abbandonati a noi stessi senza risorse, ed ad essere presi a calci in bocca ingiustamente per delle loro macchinazioni politico giornalistiche,  ancora una volta abbiamo dimostrato di avere un senso dell'onore incommensurabile", commenta Kronos. Harryb è tra quanti non si sentono più tutelati nello svolgere il proprio lavoro quotidiano: "Basta, siamo stufi di fare da capri espiatori per una politica vigliacca, basta rischiare in prima persona quando il sistema giustizia fa acqua da tutte le parti, quando il Paese vuole questo. Con la solidarietà (falsa come una banconota da tremila lire) dei politici non si paga l'avvocato. L'Italia di oggi non merita il nostro impegno, il nostro sacrificio". Sfogo che viene subito raccolto da un altro agente: "E' ora di starsene a casa e far vedere a tutti quanto siamo indignati".

Un amministratore del forum respinge al mittente la solidarietà dei politici, visto che"sono i primi responsabili di questo stato di cose e che anche nelle nostre tasche hanno messo le mani e quando dico nostre intendo anche i tagli che, di Governo in Governo, hanno quasi messo in ginocchio la Polizia". Ma la responsabilità dei fatti di ieri va cercata, più che nei funzionari della Questura, nei vertici del ministero dell'Interno: "Il Questore Tagliente in fatto di ordine pubblico é tutto tranne che uno sprovveduto. E' evidente che la strategia viene imposta secondo le direttive impartite dal Ministro dell'Interno. Allora, se il Questore é da dimettere, il primo ad andarsene dovrebbe essere il Ministro, quindi il Capo, poi il Prefetto. Ma non é così che funziona. Oggi si protesta per un atteggiamento morbido, ma cosa sarebbe successo se si fosse usata una linea più dura e repressiva?", scrive Webcop. La voglia di adottare un approccio decisamente più duro, nei confronti dei violenti, è forte. Lo scrive a chiare lettere Folgore.45: "Io resto di un'opinione. Rompergli le rotule, così la prossima volta, con la sedia rotelle, non potranno fare questi macelli". "Che schifo ragazzi, questo Stato garantista perde su tutti i fronti, ci stanno schiacciando, solo perché i politici lo vogliono, solo perché questa Italia ha il ventre molle, perché non ci lasciano fare?", si chiede Skymap.


Stato sconfitto da un pugno di teppisti. - di EUGENIO SCALFARI


La notizia principale di oggi è la mobilitazione degli "indignati" in tutte le piazze dell'Occidente, da Manhattan a Londra a Bruxelles, a Berlino, a Parigi, a Madrid. Ma a noi preoccupa soprattutto ciò che è avvenuto a Roma. Mentre centinaia di migliaia di giovani tentavano di sfilare pacificamente nelle via della capitale poche centinaia di "black bloc" in tenuta da guerriglia hanno compiuto violenze e provocato la polizia tentando di forzarne i cordoni. Gli scontri hanno coinvolto la massa dei pacifici dimostranti, come è avvenuto in molte altre occasioni. Mentre scriviamo gli incidenti  sono ancora in corso, molti manifestanti hanno tentato di isolare i facinorosi che hanno reagito picchiandoli a colpi di spranghe. È deplorevole che ancora una volta la polizia e i servizi di sicurezza non siano stati in grado di neutralizzare preventivamente i teppisti e i provocatori che dovrebbero esser noti e rintracciabili. Speriamo che le violenze non continuino in serata. Le nostre cronache ne daranno ampia informazione.


Quali che ne siano gli esiti il fatto certo è comunque l'esistenza ormai evidente di un movimento internazionale. La sua antivigilia è stata la "primavera araba" come furono definiti i moti di piazza qualche mese fa al Cairo e poi a Tunisi e a Bengasi, senza scordare le sommosse del 2008 e del 2010 nelle "banlieue" parigine. 


La vigilia è avvenuta alcuni mesi fa a Madrid, poi la fiaccola è sbarcata a New York al grido di "Occupy Wall Street". Adesso le dimensioni del movimento sono globali. D'altronde, è contro i danni provocati dalla globalizzazione che il movimento è nato, si è diffuso e si rafforza col passare del tempo.


Effimero? Non credo. Esprime la rabbia d'una generazione senza futuro e senza più fiducia nelle istituzioni tradizionali, quelle politiche ma soprattutto quelle finanziarie, ritenute responsabili della crisi e anche profittatrici dei danni arrecati al bene comune.


Gli "indignati" non sono né di sinistra né di destra, almeno nel significato tradizionale di queste parole. Ma certo non sono conservatori. Hanno obiettivi concreti anche se talmente generali da diventare generici: vogliono che i beni comuni siano di tutti; non dei privati, ma neppure dello Stato o di altre pubbliche autorità poiché non hanno alcuna fiducia nella proprietà privata e neppure in quella pubblica amministrata da caste politiche e burocratiche. 
I beni pubblici debbono esser messi a disposizione dei loro naturali fruitori, cioè delle persone che vivono e abitano in quei luoghi e che decideranno sul posto le regole del valore d'uso nelle "agorà", nelle piazze di quel luogo. L'acqua è un bene d'uso comune, l'aria, le foreste, le reti di comunicazione, le case, le fabbriche, i trasporti, gli ospedali. Le banche? Non servono le banche, tutt'al più servono a render facili i pagamenti che avvengono sulla base del valore d'uso e non del valore di scambio.


C'è una dose massiccia di utopia in questo modo di pensare; c'è un'evidente reminiscenza di comunismo utopico; c'è anche una tonalità "francescana". E c'è - l'ho già scritto domenica scorsa e qui lo ripeto - un rischio estremamente grave: un contagio di populismo.


Esiste storicamente il populismo dei demagoghi, costruito per accalappiare i gonzi, e il populismo degli utopisti che predicono la Città del Sole. Ma non esistono Città del Sole, almeno in questa terra. Chi crede che ce ne sia una ultraterrena fa bene a vagheggiarla ma qui, tra questi solchi, neppure il Redentore la portò perché - fu lui il primo a dirlo - il suo regno non era di questo mondo.


Certo le foreste non vanno abbattute. Certo l'aria non va inquinata. Certo le banche non debbono truffare i clienti e ingrassare sulla truffa. Certo i cittadini debbono partecipare alla gestione della cosa pubblica e non limitarsi a votare con pessime leggi elettorali una volta ogni cinque anni. E così via. Bisogna dunque fare buone leggi e farle amministrare da buona e brava gente e bisogna infine che vi siano efficaci e imparziali controlli su quelle gestioni.
Gli "indignati" sono indignati perché tutto ciò manca e il futuro gli è stato rubato. Sono d'accordo con loro anche perché a me e a quelli della mia generazione è stato rubato il presente e la memoria del passato e vi assicuro che non si tratta d'un furto da poco. Ma so che non è con l'utopia che si risolve il problema.
L'utopia è una fuga in avanti alla quale subentra ben presto l'indifferenza. 


Il vostro entusiasmo è sacrosanto come la vostra pacifica ribellione, ma dovete utilizzarlo per la progettazione concreta del futuro, altrimenti da indignati finirete in rottamatori e quando tutto sarà stato rottamato - il malfatto insieme al benfatto - sarete diventati "vecchi e tardi" come i compagni di Ulisse quando varcarono le Colonne d'Ercole e subito dopo naufragarono.
* * *
Domani comincia a Todi un incontro promosso da una serie numerosa di associazioni, comunità, sindacati, di ispirazione cattolica sulla scia dell'allocuzione pronunciata un paio di settimane fa dal presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova. L'allocuzione era quella che propugnava un rilancio dell'etica pubblica capace di rinnovare "l'aria putrida" che aveva devastato le istituzioni e esortava i cattolici all'impegno civile e politico.
A Todi, secondo gli intendimenti dei promotori, dovrebbe prender vita un "soggetto pre-politico" che interloquisca con la politica, sia punto di riferimento dei cattolici impegnati ed anche centro di preparazione civile e sociale di una nuova classe dirigente d'ispirazione cristiana.


"Non è un partito" hanno ripetuto all'unisono i promotori dell'iniziativa "perché non è compito della Chiesa fondare e dirigere partiti".


I laici non cattolici (tra i quali mi ascrivo) prendono nota con interesse di questa iniziativa anche se alcune domande sorgono spontanee. 


Prima domanda: la Chiesa non ha mai fondato un partito. Il partito è, per definizione, una parte e non un tutto, mentre la Chiesa cattolica è ecumenica per definizione. Quindi l'affermazione che non fonderà nessun partito è talmente ovvia da apparire alquanto sospetta. Del resto, un sacerdote con tanto di veste talare un partito lo fondò. Era il 1919, il partito si chiamò "Popolare", in Italia ha cessato di esistere una decina d'anni fa, nel Parlamento europeo esiste ancora, il fondatore si chiamava don Luigi Sturzo.


Seconda domanda: la Chiesa dispone dello spazio pubblico come ogni altra associazione, religiosa o no, sulla base della nostra Costituzione. Nessuno si è mai opposto all'uso di quello spazio del quale infatti la Chiesa, il Vaticano, le comunità cattoliche, i sacerdoti d'ogni genere e grado, si sono largamente serviti. Se il "soggetto" immaginato a Todi nascesse per usare lo spazio pubblico, sarà un'ennesima voce cattolica a farsi sentire e ben venga. Il rischio semmai è che sia un doppione della Cei. Niente di male, ma inutile. Oppure non sarà un doppione? Dirà cose diverse dalla Cei, dal Vaticano, dalla Gerarchia? Sarebbe molto interessante, potrebbe essere una forza di rinnovamento. In senso modernista oppure un richiamo all'ordine e alla tradizione? Comunque, in ciascuna di queste ipotesi, sarebbe rivolta alla comunità dei fedeli e non certo ai laici.


Terza domanda: se vuole essere invece un centro di preparazione della nuova classe dirigente cattolica, questa sì sarebbe un'ottima cosa. I cattolici impegnati in politica finora, salvo rare e importanti eccezioni, hanno avuto Cristo sulle labbra e Mammona nel cuore. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Se è questo l'obiettivo di Todi, sarà benvenuto.


Quarta ed ultima domanda: oppure il nuovo soggetto sarà il Quartier generale di tutte le forze cattoliche variamente impegnate nei partiti, in Parlamento, nelle Regioni, nei Comuni, nelle istituzioni? Questo sarebbe alquanto preoccupante. In realtà questo Quartier generale c'è già ed è la Segreteria di Stato vaticana. Questo sarebbe un Quartier generale in sembianze laiche. Non mi sembra una grande idea e non credo che i veri cattolici socialmente impegnati la gradiranno. Per quanto so, la regola è questa: la Chiesa diffonde la sua etica, le sue richieste, i suoi valori; i cattolici politicamente impegnati cercano di sostenere quella dottrina tenendo tuttavia presente che le leggi riguardano tutti, cattolici e non cattolici, e che tutti i cittadini sono eguali di fronte alla legge in uno Stato laico e non teocratico.
Non c'è bisogno di molti Quartier generali dunque, uno basta e avanza.
* * *
Concludo queste mie note con quanto è accaduto durante e dopo le votazioni di venerdì scorso alla Camera dei deputati sulla fiducia al governo. Le cronache ne hanno parlato diffusamente sicché mi soffermerò soltanto su alcune questioni non risolte.


1. Dopo la bocciatura di martedì scorso del Rendiconto generale dello Stato, tre questioni dovevano aver soluzione. Una era quella di risolvere quel problema estremamente complesso. Un'altra era verificare che il governo godesse ancora della fiducia del Parlamento. Un'altra ancora di constatare se la maggioranza avesse la credibilità e la compattezza necessaria ad affrontare i prossimi difficili appuntamenti politici ed economici. Tutti e tre questi obiettivi furono esplicitamente indicati dal capo dello Stato con pubbliche e chiarissime esternazioni.


2. La fiducia alla Camera è stata ottenuta e questa questione è quindi risolta.


3. La credibilità e la compattezza della maggioranza restano aperte e se ne avranno prove nei prossimi giorni e settimane soprattutto (ma non soltanto) su questioni economiche. Se i risultati richiesti dal Quirinale ci saranno il governo potrà andare avanti fino alla scadenza naturale della legislatura. Se non ci saranno il governo resterà egualmente in carica perché il Quirinale non ha gli strumenti necessari per farlo sloggiare senza un esplicito voto di sfiducia che finora non c'è stato anche a causa della compravendita di deputati e senatori che è avvenuta ed avviene sotto gli occhi schifati di tutto il Paese.


4. L'incidente (che non è affatto un incidente ma una questione di prima grandezza) del voto contrario dato dalla Camera sul Rendiconto generale non è stato ancora risolto. Il presidente della Repubblica, rispondendo l'altro ieri ad una lettera dei capigruppo di maggioranza, ha suggerito di ripresentare il Rendiconto al Senato dopo un ulteriore controllo della corte dei Conti. Così probabilmente avverrà sebbene esista una prassi secondo la quale quando una legge viene bocciata da una delle Assemblee, non viene ripresentata all'altra. Ma la prassi - quando è necessario - si può superare se non è esplicitamente vietata e questa non lo è.


5. Il Senato approverà certamente il Rendiconto e poi lo trasmetterà alla Camera affinché faccia altrettanto ma qui sorgerà un problema. Il regolamento della Camera prevede che una legge bocciata non possa essere ripresentata se non dopo sei mesi. Quindi, a rigor di logica, la Camera non dovrebbe mettere all'ordine del giorno il Rendiconto se non nel prossimo aprile con la conseguenza che il ministro del Tesoro sarebbe fino ad aprile sfiduciato su come ha gestito la pubblica finanza nell'esercizio 2010 e con lui l'intero governo di cui fa parte.


Debbo immaginare che gli uffici competenti del Quirinale conoscano questo problema e penso quindi di essere io in errore. Me lo auguro e mi farebbe piacere saperlo. Secondo me il solo modo per risolvere il problema erano le dimissioni del governo come insegnano i precedenti, anche perché la bocciatura del Rendiconto, cioè del consuntivo nell'esercizio 2010, è un voto estremamente politico. Significa che la Camera disapprova il modo con cui è stata amministrata l'economia in quell'esercizio. Più politico di così non ce n'è un altro.


Si obietterà che si tratta di questione procedurale. Obietto a mia volta che la procedura non è una formalità ma è la sostanza della politica, contiene le regole alle quali la politica deve conformarsi e affida alle autorità "terze" il compito di rispettarle e farle rispettare.


Vedremo come tutto questo finirà. Intanto abbiamo due viceministri e un sottosegretario in più ma non ho sentito che, a parte l'opposizione, questo vergognoso mercato sia stato censurato come si sarebbe meritato.


http://www.repubblica.it/politica/2011/10/16/news/stato_sconfitto_da_un_pugno_di_teppisti_di_eugenio_scalfari-23306498/?ref=HREA-1

Pannella cacciato dagli indignati.



http://video.corriere.it/pannella-cacciato-indignati/c5c4758e-f7e7-11e0-8d07-8d98f96385a3