mercoledì 18 luglio 2012

Sicilia a rischio crac, ma da “Arraffaele” Lombardo piovono nomine last minute. - Giuseppe Pipitone

Raffaele Lombardo


Il presidente, imputato per concorso esterno in associazione mafiosa, ha annunciato le dimissioni per il 31 luglio. Ma negli ultimi mesi ha dato il via libera a un centinaio di nuovi incarichi. Mentre sulla Regione grava l'ombra del default.

All’inizio del suo mandato gli oppositori gli avevano affibbiato l’appellativo di “Arraffaele”, per la presunta capacità di piazzare i suoi fedelissimi nei posti chiave dell’amministrazione siciliana. Adesso che il governo di Raffaele Lombardo volge al termine quell’irriverente soprannome è tornato prepotentemente a circolare negli ambienti della Regione Sicilia
Il governatore imputato per concorso esterno a Cosa Nostra aveva annunciato nell’aprile scorso che si sarebbe dimesso il 31 luglio. Da quell’annuncio i vertici della Regione si sono messi in moto sfornando nuove nomine a cadenza quasi quotidiana. Tra assessoridirigenti, capi di gabinetto, commissari e manager delle Asp i nuovi incarichi assegnati dal governatore dimissionario hanno superato quota cento in meno di tre mesi: decisamente troppi. Soprattutto per un governo a breve scadenza.
A fare scalpore soprattutto la nomina del commercialista agrigentino Eugenio Trafficante come presidente del collegio dei sindaci della Sicilia E-Servizi, la società informatica che fa capo alla Regione. Trafficante però non aveva potuto accettare l’incarico essendo detenuto da qualche giorno per stalking. Qualche polemica aveva creato anche la nomina dell’ex deputato Mpa Tony Rizzotto al vertice di Lavoro Sicilia, una delle tante società del sottogoverno regionale. Rizzotto è stato l’animatore del movimento Chiama la Città, lista civica che sosteneva Alessandro Aricò, il candidato sindaco di Palermo appoggiato da Lombardo. Neanche Rizzotto, però, aveva potuto accettare l’incarico perché era incompatibile con il suo lavoro di dirigente comunale. Al suo posto era stata quindi chiamata la sua compagna, Salvina Profita, candidata con la stessa lista civica di Rizzotto, che si era subito difesa sottolineando come tra lei e l’ex deputato Mpa ci fosse soltanto “un rapporto d’affetto”.
Le controversie sulle nomine di Lombardo sono continuate anche quando Amleto Trigilo è stato indicato come nuovo assessore ai Beni culturali a pochi giorni dalle annunciate dimissioni del governo. Trigilio è stato segnalato come uomo di Confindustria, ma il vicepresidente degli industriali Ivan Lo Bello ne ha preso immediatamente le distanze: “Sono pronto a querelare chi fa passare il messaggio di un coinvolgimento di Confindustria in queste manovre: Trigilio è un oscuro imprenditore associato a Confindustria, uno dei diecimila associati. Per quel che ne sappia, è uomo vicino al deputato Mario Bonomo, con il quale non abbiamo rapporti”.  L’onorevole Bonomo è esponente del Movimento popolare Siciliano. il partito nato da una costola del Movimento per l’Autonomia di Raffaele Lombardo.
Le nomine del governatore etneo non si sono fermate qui però. Dopo la promozione del suo ex capo di gabinetto Patrizia Monterosso a segretario generale della Regione, il governatore si è concentrato sulla sanità. L’obiettivo sembrerebbe quello di rendere duraturi gli incarichi che potrebbero invece decadere dopo le dimissioni del governatore. È forse per questo che Carmelo Pullarà, ex candidato sindaco di Licata con il Movimento per l’Autonomia, è stato promosso da commissario a dirigente dell’Arnas Civico di Palermo. Una promozione non da poco, visto che l’incarico di dirigente dura per tre anni.  Nuovi vertici anche per la Asp di Catania, Agrigento e Messina dove il presidente ha indicato nell’ordine Gaetano Sirna, Salvatore Messina e Manlio Magistri.
“Questo è l’ultimo atto di pirateria del governo Lombardo” ha commentato fuori di sé l’europarlamentare del Pdl Salvatore Iacolino. Le nomine dei nuovi manager, però, per diventare operative dovranno essere votate dalla commissione affari istituzionali dell’Assemblea Regionale Siciliana. La stessa commissione che non è ancora riuscita a far passare il decreto “blocca nomine”, l’inedita proposta di legge formulata con l’obiettivo di bloccare l’elargizione di incarichi di Lombardo a fine legislatura.
“Quella sulla nomine è una polemica strumentale e vergognosa, basata su falsità”, è  stata la reazione decisa del presidente Lombardo. “Su questa storia è stato montato volutamente un gran fracasso ed è stato deliberatamente rappresentato un sistema che potesse far gridare allo scandalo, quando, invece, facciamo solo il nostro dovere”. Addosso al governatore ora è precipitatala tegola dei fondi Fesr (fondo europeo per lo sviluppo regionale ): circa 600 milioni di euro congelati dall’Unione Europea per “irregolarità nell’assegnazione degli appalti e carenze significative nel funzionamento dei sistemi di gestione e controllo”. Il governatore ha assicurato che sarà adottata “ogni misura che riterremo adeguata a superare la difficoltà”. Promessa che non è bastata a Giampiero D’Alia, plenipotenziario dell’Udc sull’isola, che ha chiesto un intervento del governo nazionale per “commissariare la Sicilia e avviare una politica di risanamento”.
Oltre che all’Unione Europea, il tema degli appalti regionali in Sicilia sta interessando in questi giorni anche la procura palermitana che ha aperto un’indagine sui cosiddetti Grandi Eventi. Al centro dell’inchiesta coordinata dai magistrati Leonardo Agueci, Gaetano Paci e Maurizio Agnello è finito Fausto Giacchetto, project manager che avrebbe messo le mani su decine di milioni di euro di finanziamento per le campagne di comunicazione. A oggi gli indagati sarebbero otto tra imprenditori che si sarebbero aggiudicati appalti in maniera illecita e funzionari della Regione.
E sempre sui burocrati regionali si è focalizzata l’attenzione della Corte dei Conti che sta indagando su alcuni dipendenti che avrebbero gonfiato a dismisura le ore di lavoro straordinario. I magistrati contabili hanno anche sequestrato 70mila euro dal conto corrente di Emanuele Currao, un funzionario del dipartimento alla formazione, che li avrebbe sottratti dai fondi regionali per pagare i fornitori.   
Dopo la notizia dell’indagine sui grandi eventi, il governo regionale ha usato il pugno di ferro istituendo una commissione d’inchiesta e facendo sapere che “se qualcuno tra i funzionari della Regione dovesse avere sbagliato pagherà anche con il posto”. Alla fine dell’era Lombardo mancano 15 giorni. Dopo le dimissioni, il governatore ha annunciato che lascerà la politica dedicandosi all’agricoltura. “Potrei anche coltivare marjiuana” ha scherzato il presidente. Che prima delle canne, però, ha ancora il tempo per qualche nuova nomina last minute.

martedì 17 luglio 2012

Assolto l'ex ministro Saverio Romano era imputato di concorso esterno.


Assolto l'ex ministro Saverio Romano era imputato di concorso esterno


La sentenza è stata emessa dal Gup di Palermo, Fernando Sestito, che ha processato il leader del Pid con il rito abbreviato. La Procura aveva chiesto una condanna a 8 anni.


L'ex ministro delle Politiche agricole e leader del Pid, Saverio Romano, è stato assolto dall'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. La sentenza è stata emessa dal Gup di Palermo Fernando Sestito, che ha processato Romano con il rito abbreviato. Il Gup ha applicato la formula del secondo comma dell'articolo 530 del codice di procedura penale, che prevede l'assoluzione quando la prova manca, è incerta o contraddittoria. La Procura aveva chiesto la condanna di Romano a 8 anni.  Il verdetto dopo una camera di consiglio di meno di due ore.

"Finalmente è finita". Così Romano ha chiosato con i suoi legali, gli avvocati Raffaele Bonsignore e Franco Inzerillo, la sentenza. "Ho sempre confidato nella mia assoluzione - ha aggiunto - . Inutile nascondere la mia soddisfazione: sono stato assolto perché il fatto non sussiste. Ho sempre pensato che le sentenze si leggono e non si commentano. In me vi è però l'amarezza per i tempi lunghi della giustizia, che non sono compatibili con un Paese civile".
 
Numerosissimi i commenti, soprattutto dal Pdl.  "All'ex collega vanno le mie felicitazioni" ha commentato l'ex ministro Mariastella Gelmini -  La sua totale estraneità ai fatti è stata sancita oggi dopo mesi di strumentalizzazioni 
politiche e massmediatiche. Finisce un incubo che l'onorevole Romano ha saputo affrontare con grande dignità e coraggio". Analogo il commento di Maurizio Lupi, sempre del Pdl:  "L'accanimento nei confronti della sua persona era del tutto ingiustificato".  "Felicitazioni" da un altro ex ministro, Gianfranco Rotondi.

Esprime "soddisfazione" il segretario del Pdl Angelino Alfano. "La giustizia - dice - gli restituisce la meritata serenità. Resta l'ombra dell'accanimento mediatico e politico che ha subito per anni in modo ingiustificato e strumentale. Oggi più che mai ci si dovrebbe interrogare su come mai una persona, innocente fino al terzo grado di giudizio, rischia di essere condannata in via preventiva ancora prima del termine naturale del processo".

"Gli elementi c'erano, ma non sono stati ritenuti idonei per la condanna. Rispettiamo comunque ogni decisione". Così il procuratore Francesco Messineo ha commentato invece la sentenza. Messineo si sofferma, in particolare, sulla formula assolutoria utilizzata dal giudice, che richiama la vecchia insufficienza di prove. "La norma - dice il capo della Dda - stabilisce che il giudice pronuncia assoluzione anche quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova. Questo significa che gli elementi c'erano, ma non sono stati ritenuti idonei a raggiungere la soglia del convincimento al di là di ogni ragionevole dubbio".


Meglio non commentare....anche se non nascondo una profonda delusione. Mi sento impotente, questa è l'unica sensazione che provo leggendo l'esito della sentenza.

Sicilia, più dipendenti del governo inglese. - Sergio Rizzo





La presidenza della Regione ne conta 1.385.
Downing Street si ferma a 1.337.

ROMA - Esiste in Italia un ufficio pubblico dove c'è un dirigente ogni sei impiegati. Si trova a palazzo dei Normanni, Palermo: è la presidenza della Regione siciliana. Ma il governatore Raffaele Lombardo sappia che non è l'unico in Europa a guidare un esercito pieno zeppo di generali. Il premier britannico David Cameron è nelle sue stesse condizioni: anche a Downing Street ogni dirigente ha in media sei sottoposti. Il fatto è che pure i numeri sono più o meno gli stessi. Cameron ha 198 dirigenti, Lombardo 192. Quanto ai dipendenti il Cabinet Office, equivalente della nostra presidenza del Consiglio, ne ha 1.337: quarantotto meno dei 1.385 che la presidenza della Regione siciliana contava alla fine del 2011.
Ciò basta per immaginare quali stupefacenti risultati potrebbe dare da queste parti una seria spending review . Afferma la relazione della Corte dei conti sul rendiconto del bilancio 2011 che la Regione siciliana ha ufficialmente 17.995 dipendenti. Su questo numero si è a lungo polemizzato, anche a proposito di paragoni che pure in Sicilia non vengono ritenuti congrui come quello con la Lombardia, Regione che ha il doppio degli abitanti ma un quinto del personale. Ma è una cifra che non dice ancora tutto. Intanto perché nel 2011, anno in cui riesplodeva la crisi economica più drammatica da un secolo a questa parte, ben 4.857 di questi dipendenti, in precedenza reclutati con contratto a termine, sono stati assunti in pianta stabile, a tempo indeterminato. Il che, argomentano i giudici contabili, non mancherà di avere ripercussioni future sui conti regionali. E poi perché a quei 17.995 se ne devono aggiungere altri 717 comandati e distaccati presso altre strutture che comunque fanno capo alla Regione. Oltre a 2.293 a tempo determinato il cui stipendio è pagato in qualche modo dall'ente. Totale: 21.005. Un totale, però, anch'esso incompleto. Dove mettiamo, infatti i 7.291 dipendenti delle 34 società controllate o collegate alla Regione siciliana? Se contiamo anche quelli arriviamo a 28.796. E facciamo grazia di forestali e lavoratori socialmente utili (24.880) in forza a molti Comuni, in parte a carico della casse regionali. Personale le cui retribuzioni sono state al centro di un durissimo scontro fra Lombardo e il commissario di governo che aveva impugnato l'ultima legge finanziaria nella quale era previsto il ricorso a un mutuo, anche per far fronte a quel problema, di 558 milioni. Una somma che avrebbe ingigantito ancora di più il debito della Regione, già cresciuto nel 2011 di altri 818 milioni arrivando al valore record di 5,3 miliardi.
I soli dipendenti «ufficiali» assorbono 760,1 milioni, e si tratta di un costo superiore del 45,7% rispetto al 2001. Se però calcoliamo anche gli oneri sociali, allora si arriva a un miliardo 80 milioni. Cioè poco meno della metà del costo del personale delle quindici Regioni a statuto ordinario. Le quali hanno, tutte insieme, un numero di dirigenti pari a quello della sola Sicilia. Sono 1.836. Ce n'è uno ogni 9 impiegati, con vette di 5 o 6 in alcune strutture, come appunto la presidenza della Regione. L'anno scorso sono entrati in posizioni di responsabilità anche diversi soggetti esterni, circostanza che ha indotto la Corte dei conti a queste considerazioni: «È poco plausibile, a fronte di oltre 1.800 dirigenti di ruolo, ritenere che non siano già disponibili idonee professionalità all'interno dell'amministrazione. La mancata valorizzazione delle risorse interne è in definitiva la causa dei costi sostenuti per retribuire i dirigenti esterni per i cui emolumenti è previsto un tetto massimo di 250 mila euro, di gran lunga superiore alla retribuzione massima dei dirigenti generali interni». Per non parlare dei sette «uffici speciali» istituiti, secondo i magistrati, con «motivazioni alquanto generiche» e spesso «duplicazioni di funzioni già attribuite» ad altre strutture. Nel rapporto si cita a titolo di esempio l'ufficio speciale Energy manager , che ha funzioni del tutto analoghe a quelle del Dipartimento regionale per l'energia.
Ma se al costo del personale «ufficiale» sommiamo anche quello dei dipendenti delle società partecipate (226 milioni) e dei dipendenti pensionati, che in Sicilia sono a carico della Regione (641 milioni), allora veleggiamo di slancio verso i due miliardi. Dal 2004 al 2011 la spesa previdenziale è cresciuta del 31%, anche a causa di alcuni privilegi assolutamente sorprendenti sopravvissuti fino allo scorso mese di gennaio e che avranno effetti a lungo, negli anni a venire. È appena il caso di ricordare che per i dipendenti della Regione la riforma Dini, quella che ha introdotto il metodo di calcolo basato non più sulla retribuzione ma sui contributi effettivamente versati, è entrata in vigore con otto anni di ritardo: il primo gennaio 2004, anziché il primo gennaio 1996 come per tutti i comuni mortali. Per giunta, fino all'inizio di quest'anno potevano andare in pensione con soli 25 anni di servizio tanto quelli colpiti da disabilità, quanto coloro che avevano un genitore disabile. Nel 2011 si sono pensionati anticipatamente perché figli di disabili 464 dipendenti regionali, contro 297 nel 2010, 230 nel 2009, 196 nel 2008, 165 nel 2007, 125 nel 2006, 138 nel 2005 e 121 nel 2004. Da quando, proprio nel 2004, è stata perfezionata questa disposizione, hanno avuto la baby pensione, con un crescendo rossiniano, in 1.736. Celebre il caso di Pier Carmelo Russo, pensionato a 47 anni per assistere il padre disabile, nominato però subito dopo assessore della giunta Lombardo. Alle polemiche, lui ha replicato: «Quando sono andato in pensione il mio stipendio era prossimo a diecimila euro ed ero segretario generale della Regione, il massimo livello della carriera burocratica. Ho preferito il mio amatissimo padre e sono orgogliosissimo di averlo fatto. Da quando faccio l'assessore non ho mai percepito un centesimo. Tutta la mia indennità (300.000 euro lordi annui) l'ho devoluta in beneficenza. Mi considero una persona oltremodo fortunata e desidero sdebitarmi con la Divina Provvidenza».
Ai posteri l'ardua sentenza. Sempre che la Regione possa in futuro pagare anche le loro, di pensioni. Già oggi il tasso di copertura dei contributi non arriva che al 28,7%.

Vent’anni di trattativa Stato-mafia. Episodio 2: dal giugno 1992 al 10 gennaio 1993.




17 luglio 2012
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Noi stiamo con Ingroia.




OGGI E' UNA GIORNATA TRISTE, MOLTO SCORAGGIANTE... NON FACCIO COMMENTI...
 — 


Giorgio Ghirello




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Neonata muore, i medici intercettati "Cambiate le cartelle cliniche". - Amalia De Simone


«Vedete di apparare questa cartella nel migliore dei modi». La piccola Antonia lottava tra la vita e la morte, forse a causa di errori commessi durante il parto e intanto i medici e l'ostetrica dell'ospedale di Boscotrecase, in provincia di Napoli, che l'avevano fatta venire al mondo, decidevano come “apparare” e cioè aggiustare, truccare la sua cartella clinica per nascondere le loro responsabilità, se si fosse verificato il peggio. Il peggio arrivò pochi giorni dopo: Antonia lasciò i suoi genitori, Giusi e Michele che decisero di sporgere denuncia perché fosse fatta chiarezza sulle circostanze della morte della bimba. La verità venne fuori solo molti mesi dopo, quando uno dei medici che aveva partecipato al parto confessò al pm di Torre Annunziata Emilio Prisco, di aver effettuato una intercettazione ambientale registrando parte dell'incontro avuto con il primario e l'ostetrica presenti al parto, mentre si decideva di “confezionare” una nuova cartella clinica che garantisse loro l'impunità. E così il procuratore aggiunto Raffaele Marino e il pm Prisco, chiesero e ottennero dal gip alcune misure cautelari a carico di medici e paramedici ritenuti responsabili a vario titolo, della morte della neonata e di averne falsificato la cartella clinica.
I magistrati in questi giorni hanno formulato anche la richiesta di rinvio a giudizio per gli indagati. Le intercettazioni che è possibile ascoltare nella videoinchiesta, sono sconcertanti: «Vediamo di metterla a posto ora che si può fare, domani potrebbero sequestrarla...»; senza contare l'inclusione nella documentazione ospedaliera di un falso tracciato e il turpiloquio irrispettoso usato anche per indicare la povera bimba, per giustificare il loro operato: «... quella puttana non si è voluta riprendere e noi lo abbiamo preso in culo...». Gli indagati, attraverso i loro legali di fiducia si difendono e si accusano vicendevolmente: «La manomissione della cartella non è avvenuta per iniziativa del mio assistito – spiega l'avvocato Pasquale Russo – anzi, la misura cautelare, che è successiva al primo avviso di chiusura delle indagini, è avvenuta dopo le dichiarazioni rese da noi al pm». «Il mio assistito, il primario dell'ospedale – spiega l'avvocato Nicolas Balzano - è intervenuto per pochi minuti e quindi non avrebbe mai avuto interesse a falsificare la cartella clinica. La manomissione è invece avvenuta da parte di chi ha effettuato la registrazione. L'ostetrica invece ha subito gli ordini del medico e quando si è resa conto che la cosa si metteva male ha chiamato il primario». La mamma di Antonia dice di essersi resa conto subito che durante il parto qualcosa non andava: «Ci sono state spinte molto forti, il medico era sudato e poi hanno fatto intervenire il primario. Mi sono molto spaventata. Poi la bimba non ce l'ha fatta... La cosa terribile è che questi signori, anziché ammettere i loro errori hanno cercato di tirarsi fuori da questa storia strappando la cartella e facendone una nuova. Mi sono insospettita quando mi hanno mostrato un tracciato che in realtà non mi era mai stato eseguito. Ma fino a che non è spuntata quella registrazione era la mia parola contro la loro». Il procuratore aggiunto Raffaele Marino ha definito la vicenda come un episodio vergognoso: «Non si può tradire così la fiducia di chi si affida a medici di un ospedale pubblico. Questa storia è la spia di un degrado anche morale che non può essere accettato. Abbiamo fatto indagini meticolose e alla fine siamo venuti a capo della vicenda. Naturalmente l'intercettazione che a me sembra piuttosto inquietante, si è rivelata fondamentale». Per l'avvocato di parte civile Michele Riggi tutti possono sbagliare: «È terribile però, pensare di nascondere i propri “umani” errori, falsificando dei documenti. Speriamo che sia stato solo un caso e che non ci siano state anche altre condotte simili. Certo è, che ciò che è accaduto nel nuovissimo ospedale di Boscotrecase lascia pensare che davvero tutto sia possibile».
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Il nipote del boss all'università. La truffa dei 22 esami facili. - Giovanni Bianconi



Fa errori di sintassi e ortografia ma supera nove prove in 45 giorni. «Come si chiama l'esame che devo dare?»
REGGIO CALABRIA - Ad aprile scorso è stato arrestato insieme allo zio Giuseppe ed altri presunti membri di una delle cosche di 'ndrangheta più famose e importanti, quella dei Pelle «Gambazza» di San Luca, e dalla cella in cui è rinchiuso invia lettere a parenti e amici, ricche di errori di sintassi e ortografia. Niente di male, se non fosse che quegli scritti fanno sorgere un sospetto: come può Antonio Pelle, 24 anni, nipote del boss Giuseppe, che difficilmente prenderebbe la sufficienza in un tema d'italiano, essere arrivato al corso di laurea specialistica in Architettura, nell'università Mediterranea di Reggio Calabria, dopo aver sostenuto con successo ventidue esami? 
Un percorso degno di uno studente modello che ha avuto il suo picco nel bimestre giugno-luglio 2009, quando il giovane Pelle ha superato nove esami in meno di un mese e mezzo. E che i carabinieri del comando provinciale hanno ritenuto di spiegare con una serie di intercettazioni tra il rampollo dei «Gambazza» e professori, impiegati e ausiliari dell'università ora indagati dalla Procura antimafia di Reggio (insieme al ragazzo) per i reati di falso e truffa. Sono accusati di aver aiutato Antonio Pelle - un cognome che evoca non solo una famiglia rispettata, ma anche la sanguinosa faida di San Luca - e qualche suo parente a superare test e prove d'esame.
Il telefono del ragazzo era sotto controllo per altre indagini, e sono state registrate molte conversazioni sul sorprendente cammino universitario di Antonio. Come quella del 2 luglio 2008, quando lo studente telefona a Maurizio Spanò, dottore agronomo forestale che collabora con la facoltà e chiede: «Come si chiama l'esame?». «Albericoltura generale e coltivazione alborea», risponde Spanò. Solo quel giorno Pelle jr scopre il nome della materia che dovrebbe cominciare a studiare, e il 24 settembre richiama l'agronomo: «Ascoltami, io vado e mi siedo, se in caso...». L'esame è fissato per il 26 settembre; alle 10.12 di quel giorno Spanò telefona al ragazzo: «Vieni fuori che ti devo parlare...». Quarantacinque minuti più tardi la prova è superata e Antonio telefona alla zio Domenico che domanda: «Quanto hai preso?». «Trenta! Trenta!». «Alla faccia del cavolo! Meno male! Di che cos'era?». «Di cosa, di agro... agro... Agricoltura». Ha appena ottenuto il massimo dei voti lo studente Pelle Antonio in una prova di cui non ricorda il nome.
In «Laboratorio di progettazione urbanistica», il giovane Pelle ha preso ventisei, nel luglio del 2009; col docente di quella materia sono state intercettate diverse conversazioni piuttosto amichevoli. Per esempio quelle nei giorni di Natale del 2008, quando il ragazzo chiamava per gli auguri e il professore ringraziava annunciando che «oggi abbiamo fatto la festa a quel coso che ci hai mandato». Tre giorni dopo un altro ringraziamento del docente: «Ma non c'era bisogno ogni volta che ti devi disturbare», e lo studente: «Un pensierino quanto per gli auguri, professore...».
Stesso trattamento per un fidato collaboratore del titolare della cattedra, che chiamava il giovane Pelle «Antoniuccio mio bello». A Natale del 2008 c'è la telefonata per «lasciare un pensierino», e con l'avvicinarsi della Pasqua l'avviso: «Eh... ora voglio lasciarlo che asciughi... e domani te lo porto, l'agnellino». Due giorni più tardi, il 12 aprile, ecco la richiesta dello studente: «Il ventuno c'è l'esame, no? È scritto? A risposta multipla?». Il collaboratore del professore conferma, e il giovane Pelle dice: «Ah, va bene, allora con me ci vediamo domani, dopodomani?». «Va bene, ci vediamo qua a Reggio». Al Natale successivo è di nuovo tempo di regali: «Vuoi meglio un agnellino o un maialino?» Risposta dell'assistente. «Secondo me è meglio l'agnellino...».
In tre anni di intercettazioni i carabinieri hanno registrato 118 telefonate tra Antonio Pelle e il responsabile della segreteria studenti della facoltà di Architettura. Nelle conversazioni il giovane chiede spesso interventi e raccomandazioni su diversi professori, che stando all'indagine della Procura antimafia hanno fruttato esami e promozioni al nipote di Giuseppe Pelle. Che, sempre secondo l'accusa, s'è speso pure - con Catalano e altri dipendenti dell'università - per far superare i test di accesso ai cugini Francesco Pelle (figlio di Giuseppe), e Maria Antonietta Morabito. Una «manovra» quasi confermata dal boss Giuseppe Pelle, che in una conversazione del 17 marzo 2010, parlando del figlio Francesco, diceva: «L'abbiamo fatto entrare ad Architettura, tramite mio nipote!». Un nipote che tiene molto alla sua carriera universitaria, tanto che dal carcere di Lanciano dov'è rinchiuso, il 29 agosto scorso ha scritto al cugino: «Per quanto riguarda l'istanza dell'università che gli avevo presentato al gip se mi autorizzava a scendere a Reggio C. a fare gli esami. Ti faccio sapere che il gip mi ha risposto positivamente».