venerdì 7 settembre 2012

Sul fuori onda di Giovanni Favia. - Paolo Cicerone.



Non voglio entrare nel merito sul perchè o per come al nostro consigliere regionale dell'Emilia sia venuto in mente di dire certe cose, avrà le sue ragioni, ma di sicuro certe dichiarazioni che sembrano estrapolate con l'inganno, non le condivido per motivi molto semplici:
Sono una di quelle persone che si è attivata fin dal 2008 a creare gruppi meetup sul territorio di cittadini attivi in tutto il parco sud, ho contribuito a creare 3 liste civiche tra cui quella molto importante della Lombardia e mai ho avuto ingerenze da parte di qualcuno nè ho mai avuto l'impressione di avere alle spalle qualcuno che mi indicasse la via, ma entriamo nel dettaglio:

«Casaleggio prende per il culo tutti perché da noi la democrazia non esiste. Grillo è un istintivo, lo conosco bene, non sarebbe mai stato in grado di pianificare una cosa del genere. I politici, Bersani, non lo capiscono. Non hanno capito che c’è una mente freddissima molto acculturata molto intelligente dietro, che di organizzazione, di dinamiche umane, di politica se ne intende».

Beh buon per noi se abbiamo alle spalle una mente così che possa consigliarci meglio, ma non capisco cosa ci sia di preoccupante, semmai bisognerebbe specificare PERCHE' "Casaleggio prende per il culo tutti" e soprattutto specificare e fare esempi pratici sul perchè "da noi la democrazia non esiste", su questo non è stato affatto chiaro.

"Quindi o si levano dai c... oppure il movimento gli esplodera' in mano. Ma loro stavano gia' andando in crisi con questo aumento di voti''. Come si sono salvati?, incalza il giornalista: ''Con divieto di andare in tv. Io con Santoro me la sono cavata, ma applicando un veto. Ho preso anche l'applauso ma mi e' anche costato dire quello che non pensavo. Lui (Beppe Grillo, ndr) espellendo Tavolazzi ha soffocato nella culla un dibattito che stava nascendo in rete in contrapposizione alla gestione Casaleggio''

Qui invece semplicemente MENTE, a cominciare dal dibattito in rete su Casaleggio che c'è sempre stato, ma che riguardava una parte FRAZIONARIA di attivisti, solitamente quelli che pensavano più alla poltrona. Da sempre i partiti e gli arrivisti vogliono Casaleggio FUORI dal MoVimento, i primi per distruggerlo i secondi per diventarne i padroni perchè se c'è una cosa VERA che ha detto è che senza Casaleggio tutto questo (il MoVimento in primis) non sarebbe mai nato.
L'aumento di voti c'è stato e la strategia VINCENTE è stata proprio quella di non apparire in tv e sui media, decine di volte ho visto attivisti anche i più esperti fare figuracce in tv, non certo per colpa loro, ma per come sono strutturati i media che giocano secondo le regole dei partiti perchè dai partiti arrivano le licenze e concessioni.
Da Santoro infatti, Favia ha rischiato grosso per la trappolona riguardante la domanda a bruciapelo proprio su Casaleggio e la democrazia interna, c'è da dire che se l'è cavata bene, ma si è solo salvato in corner, Santoro è stata la dimostrazione pratica che non esistono "trasmissioni amiche", ma solo servi di partito, ergo andare in tv è controproducente per il MoVimento. Certo per chi vuole apparire tutto ciò è debilitante. come riuscirebbe mai sponsorizzare SE STESSO all'interno del MoVimento?

E qui arriviamo all'espulsione di Tavolazzi. La riunione di Rimini elaborata inizialmente come congresso nazionale (che avrebbe inevitabilmente trasformato il MoVimento in partito e decretato il suo "de profundis") fu messa in piedi proprio da parte di quella base emiliana che già più di una volta trasmise tramite i media la sua insofferenza alle regole oltre all'emergere di nuovi politicanti in erba che annunciavano nuove regole (fatte da loro), candidati già esperti alle politiche nazionali (ovviamente selezionati da loro), presunti laboratori di democrazia diretta e l'espulsione di Casaleggio e Grillo. Tale riunione nazionale a cui parteciparono un 150 iscritti circa (su oltre 100.000 attivisti in tutta Italia) venne messa in piedi nonostante il parere contrario di oltre il 90% della base del MoVimento, questo perchè Giovanni? Ci siamo posti in essere questa domanda fondamentale?

Forse semplicemente perchè nessuno era in grado di impedirglielo.

BELLA DEMOCRAZIA mi verrebbe da pensare.... e proprio da parte di coloro che si dicono paladini della demodiretta; in questo contesto l'intervento di Grillo a riguardo fu solo da GARANTE e a garanzia della maggioranza degli attivisti. Per chi ancora vuole contestare questi fatti si vada a leggere il post su Rimini sul blog, dove il miglior complimento nei confroti di questi soggetti è un insulto. Tavolazzi venne diffidato (non espulso perchè non faceva parte del MoVimento) dall'utilizzo del logo, non so dire se a torto o a ragione dato che i tavolazziani insistono nel dire che nulla c'entrava con l'incontro di Rimini e forse hanno anche ragione, ma certo è che il "dibattito in rete" a riguardo coinvolgeva solo l'elite emiliana e pochissimi altri.

Se lui, Gianroberto Casaleggio, ''non facesse il padre padrone io il simbolo glielo lascerei anche: adesso in rete non si puo' piu' parlare, neanche organizzare incontri tipo quello di Rimini che non usavano il logo del movimento.

Falso anche questo. Chi ha mai impedito ai gruppi locali di "parlare"? Certo se invece ti vuoi mettere a capo del M5S e te ne freghi dell'opinione della base, qualcuno ti dovrà fermare.

E veniamo al gran finale:

''Tra gli eletti ci sono degli infiltrati di Casaleggio, quindi noi dobbiamo stare molto attenti quando parliamo. Casaleggio e' spietato, e' vendicativo. Adesso vediamo chi manda in Parlamento, perche' io non ci credo alle votazioni on line, lui manda chi vuole''.

Come detto, ho contribuito alla creazione di 3 liste civiche in Lombardia tra cui quella regionale e non ho mai visto nè sentito Casaleggio, a differenza di tanti che sgomitano per apparire, io e tanti altri manco abbiamo il numero di cellulare di Grillo... NON CI SERVE! Io e tanti altri desideriamo solo lavorare sul territorio e cambiare il paese in meglio, Casaleggio ci è servito solo per la certificazione e l'utilizzo del simbolo, Beppe per i comizi che ci davano visibilità, non sono mai andato in tv, ho rilasciato solo 1 intervista a un giornale on-line locale durante le regionali ma solo perchè il giornalista è un mio amico. Non mi risulta esistano "spie" o candidati controllori anche se, vista la situazione dove una valanga di riciclati e arrivisti stanno cercando di entrare nel M5S ce ne sarebbe forse bisogno.
E proprio per questo motivo mi verrebbe da dire: MA MAGARI li scegliesse Casaleggio i candidati! Certo la democrazia interna ne risentirebbe, ma almeno avremmo la garanzia che non candideremo CIALTRONI come invece successo in alcuni casi nei comuni.
Per le politiche invece Grillo è stato chiaro: i candidati verranno selezionati dai gruppi meetup locali e poi votati sul portale, nulla di più democratico.
Ma forse è proprio questo il problema per coloro che sgomitano e vorrebbero tanto avere una corsia preferenziale.

Leggi “ribollite”, e il Parlamento s’ingolfa: dal 2008 8mila proposte, 68 approvate. - Thomas Mackinson




In questa legislatura, meno di un testo su mille ha ricevuto il sì di Camera e Senato. Non solo per colpa dei regolamenti farraginosi. Pesa il vizio dei rieletti di ripresentare a ogni nuova tornata i progetti rimasti arenati al "turno" precedente. Tra le perle in eterna giacenza, un testo del 1975 sull'educazione sessuale e misure su tartufi, sfoglia emiliana ed "esperti di automobili".

Dalla legge per la sfoglia emiliana alle misure salva-tartufo. Ci sono anche l’albo per gli “esperti dell’automobile”, le norme per l’isituzione del “consulente filosofico”, le disposizioni per la tutela del turismo a piedi e per la raccolta di fossili privi di intesse scientifico. E ancora l’istituzione delle “strade del pesce” e delle figure di nonno e nonna vigile. C’è perfino chi ha proposto di dichiarare “monumento nazionale” 5,2 km di asfalto pur di mantenere il tracciato storico dell’autodromo di Monza e pazienza se, nel frattempo, sono diventati corpo del reato in un’inchiesta sulla sicurezza del circuito. Insomma, i parlamentari della XVI legislatura si sono dati un gran daffare: in quattro anni e mezzo hanno presentato infatti 8.172 proposte di legge. E non si dica più che rubano lo stipendio. Peccato che quelle divenute effettivamente leggi siano soltanto 68. Così poche che ad andare in porto è lo 0,8% del totale.
Ecco, questo è il tasso reale della produttività parlamentare sul fronte legislativo. Appese al chiodo, per contro, restano 7.466 proposte di legge: 5.450 non hanno ancora iniziato l’esame e altre 457 non sono state neppure assegnate alla commissione competente. Avanti di questo passo non basta un secolo per discuterle tutte. Ma di tempo non ce n’è più. A fine aprile scadrà la legislatura e tutti i provvedimenti presentati andranno a infittire il cimitero italiano delle leggi, dove vengono ordinatamente sepolti i frutti – belli o brutti – della democrazia rappresentativa.
Perché succede? Quali sono gli ostacoli da rimuovere? Alcuni parlamentari accusano la burocrazia dei regolamenti che impone interminabili girandole di pareri, altri direttamente gli uffici di presidenza che fissano il calendario in base a necessità e convenienze dei partiti e del momento. Ma c’è molto di più che i parlamentari non dicono. Ad ogni nuova legislatura, infatti, si ripete il “miracolo”: Nei primi 10 giorni arriva una pioggia di proposte di legge, centinaia e centinaia. Dietro al prodigio però non ci sono l’entusiasmo e il vigore dei nuovi eletti ma un piccolo grande imbroglio che è divenuto prassi. Ogni rieletto – e tanti ce ne sono – porta in dote un carico di leggi già morte. Per non dover affrontare la fatica di rifarle da capo o deludere i suoi elettori cerca di resuscitarle depositandole di nuovo, una dietro l’altra, in modo acritico, senza neppure cambiare il titolo o assegnare una qualche priorità. A cambiare sarà solo il numero progressivo d’iscrizione.
L’ultima volta il prodigio si è ripetuto in un piovoso 29 aprile del 2008. Due settimane prima Silvio Berlusconi aveva prestato giuramento inaugurando la XVI legislatura. Quel giorno, il primo utile per depositare le proposte di legge, vengono iscritte a ruolo oltre 600 testi, il giorno dopo un altro centinaio. Così proposte vecchie di anni, pappa legislativa pronta e decotta, diventano il fiume limaccioso che nei cinque anni successivi intaserà le commissioni sterilizzando la loro capacità legislativa. Alcuni schemi di legge sono perfino doppi, quadrupli e se ci sarà la volontà prima o poi saranno accorpati. Altri sono talmente superati che hanno fatto in tempo a tornare di attualità, come succede nei ricorsi della Storia: al Senato, ad esempio, è in eterna attesa di essere discussa la proposta della senatrice Bianconi (Pdl) che chiede di modificare l’Ici, peccato che l’imposta sulla prima casa nel frattempo sia stata abolita da Berlusconi per due anni e rimessa quest’anno da Monti con nome, modalità e aliquote diverse.
Ma in fondo poco importa, perché si sa benissimo che queste proposte non saranno mai discusse, che non supereranno mai lo snodo che separa l’iscrizione all’ordine del giorno dalla trattazione. Per contro, provvedimenti anche di grande rilevanza per i cittadini restano appesi di legislatura in legislatura senza mai arrivare al dunque. La legge sull’educazione sessuale nelle scuole, ad esempio, giace lì dal 1975. Si è persa mille volte nel gorgo parlamentare e rispunta regolarmente dopo 40 anni. Nel 2008 ci riprova l’onorevole Lucia Codurelli del Pd e nel 2009 il senatore Franco Grillini. In quattro anni e mezzo nessuna è stata approvata, una attende ancora di essere assegnata. Dal 1975 ad oggi ha fatto in tempo a cambiare perfino la sensibilità collettiva sul tema che si trova riflessa oggi in 59 proposte di legge che riguardano reati, discriminazione di genere e così via. Tanta urgenza ma tutta a parole, perché una sola legge è andata in porto, quattro sono state approvate e poi stralciate. Stesso destino per la legge sull’asilo politicoBio-testamento? L’impegno era di approvarla nel giro di due o tre giorni dalla morte di Eluana Englaro. Ha fatto in tempo a uscire nelle sale il film di Bellochio. La legge è ancora lì dopo tre anni e mezzo.
Ecco spiegate cause e conseguenze dell’arcano meccanismo che altera la produzione delle leggi e falsifica le performance parlamentari gonfiandole all’inverosimile. Ma c’è un altro risvolto dal significato politico rilevante. Finora bastava guardare le facce dei candidati per capire che la legislatura che inizia, alla fine, tanto nuova non è. Ma ora si ha la certezza che anche contenuti, proposte, orizzonti legislativi non lo saranno di più; perché anche a questo giro l’arretrato parlamentare sarà servito come fresco mentre è una ribollita. E’ legittimo domandarsi allora quali delle ottomila leggi vecchie saranno propinate come nuove. Che cosa conterrà la valigia dell’onorevole vestito a nuovo nel 2013? Un viaggio nel cuore inceppato della democrazia fa affiorare 265 proposte di legge dimenticate solo nelle commissioni Agricoltura di Camera e Senato. Da lì potrebbero rispuntare un cane lupo da brevettare, un tartufo da salvare, una sfogliata emiliana che per tre volte si chiede di elevare sopra ogni altro primo. C’è anche una proposta per installare distributori automatici di ortaggi in tutte le scuole, all’intervallo fette di melanzana lessa e carote al neon per tutti. Una pensata che sembra fatta per abituare subito le nuove generazioni al gusto amaro dell’antipolitica.

La libertà di stampa è precaria.



"Dove vanno a finire i soldi che lo Stato da ai giornali? Di sicuro non servono a pagare i giornalisti. Anzi. Perché in Italia tranne rare eccezioni fare il giornalista significa rassegnarsi ad una vita da precario.
Se c'è un microcosmo lavorativo che riassume tutti i difetti del sistema Italia è quello del giornalismo. E allora, dove finisce il finanziamento pubblico? Nei mega stipendi a direttori, capiredattori, amministratori delegati e a tutte quelle penne illustri (?) che si ergono a guide morali che da anni non portano un straccio di notizia, ma commentano, avvertono, monitano.
Vi hanno detto che la libertà di stampa è minacciata dalla mafia, da Berlusconi, dalle mille leggi bavaglio. Minchiate. La libertà di stampa è minacciata dalla miseria in cui vivono e lavorano migliaia di giornalisti sfruttati: dagli editori, dai direttori e, infine, dai loro stessi colleghi assunti con contratto a tempo indeterminato che quando scioperano, protestano, denunciano è solo per i loro privilegi di giornalisti professionisti e assunti mentre gli altri muoiono di fame. Facciamo un esempio. Un articolo di cronaca, secondo una ricerca compiuta dall'Ordine dei giornalisti pubblicata nel 2011, viene pagato anche 5 euro lordi a 60-90 giorni dalla pubblicazione. Sono i numeri della vergogna, la cifra, vera, della censura. Ecco cosa dicono: 
La Repubblica a fronte di 16.186.244,00* euro di contributi dello Stato all'editoria elargisce un compenso che varia tra i 30 e i 50 euro lordi a pezzo. 
Il Messaggero, che riceve 1.449.995,00** euro di contributi pubblici, riconosce 9 euro di compenso per le brevi, 18 euro le notizie medie e 27 euro le aperture. Lordi, ovviamente. 
Il Sole 24 Ore: 19.222.767,00** euro di contributi pubblici e 0,90 euro a riga, con cessione dei diritti d'autore. Libero: 5.451.451** di finanziamenti pubblici e 18 euro lordi per un'apertura. 
Il Nuovo Corriere di Firenze (chiuso nel maggio 2012) riceve 2.530.638,81*** euro di contributi pubblici e paga a forfait tra i 50 e i 100 euro al mese. 
Il Giornale di Sicilia a fronte di un finanziamento di quasi 500 mila euro (anno 2006) paga 3,10 euro. 
Provate a immaginare quanti articoli servono per arrivare ad uno stipendio decente. Provate ad immaginare quale sarà la pensione di chi scrive con un simile onorario (?). Perché questi giornalisti, se iscritti all'ordine- sennò sono abusivi ed è un reato penale - i contributi devono versarli da sé, nella misura del 10 per cento del compenso netto più un due per cento di quello lordo. Che vanno a confluire nella "gestione separata" (mai nome fu più azzeccato) dell'ente pensionistico dei giornalisti, l'Inpgi. Una "serie B" della cassa principale che, invece, prevede pensioni, disoccupazione, case in affitto, mutui ipotecari, prestiti e assicurazione infortuni. Ma questa vale solo per quelli "bravi", quelli a cui viene applicato il contratto collettivo nazionale di lavoro giornalistico che, solo nel 2011, dopo 6 anni, è stato rinnovato. Insomma quelli assunti. Che ovviamente sono una piccola minoranza. Ma, attenzione, questo solo per quanto concerne la parte economica. Perché il contratto collettivo non disciplina solo il trattamento economico ma regola a tutti gli effetti i rapporti fra datore di lavoro (editore) e lavoratore (giornalista). 
Fissa, insomma, diritti e doveri. 
Ma, ancora una volta, questo vale solo per chi il contratto ce l'ha e, quindi, tutti gli altri vivono nel far west, perché la loro posizione non è disciplinata da nulla. 
E si tratta della stragrande maggioranza dei giornalisti della carta stampata - da Repubblica fino al più piccolo foglio di provincia: precari, sottopagati, sfruttati, senza copertura legale, senza ferie, senza nulla. È questa moltitudine, oltre il 70% degli iscritti all'Ordine, che permette ai giornali cartacei e on-line, alle agenzie di stampa di produrre notizie 24 ore al giorno. Senza di loro le pagine bianche sarebbero molte di più di quelle scritte. La carta stampata riceve centinaia di milioni di euro di contributi dallo Stato ogni anno, ma lo Stato non chiede agli editori in cambio di garantire compensi minimi e tutele contrattuali ai collaboratori. 
Poi arriva la Fornero, ministro al Lavoro (nero) e di fronte alla più elementare delle proposte di legge sull'equo compenso ai giornalisti precari dice: "Non mi sembra opportuno". Della serie siete precari, non siete figli di papà (giornalista), e allora morite. E qualcuno c'è anche morto, stufo di subire. 
Come Pierpaolo Faggiano, collaboratore della Gazzetta del Mezzogiorno, che nel giugno 2011 si è tolto la vita: non sopportava più, a quarantuno anni, di vivere da precario.

Chiara Baldi, da giornalista precaria ha scritto una tesi sul precariato: "i giornalisti sono "i più precari tra i precari" – scrive Baldi - "perché lo stipendio da fame li costringe anche a rinunciare ai principi deontologici a cui invece dovrebbero attenersi. Una buona informazione è possibile solo quando chi la fornisce non deve sottostare al ricatto di uno stipendio misero. Più è basso il guadagno del giornalista e più sarà alta la sua "voglia" di produrre senza professionalità, non tanto per un desiderio malato di non essere professionale, quanto per una necessità: quella di guadagnare".
Il potere, di qualsiasi colore, non ama i giornalisti e in Italia per disinnescare il problema è stato consentito che diventare giornalisti, essere assunti, sia un privilegio di pochi, così che la stampa diventi il cagnolino del regime e non il guardiano. Assumere il figlio del giornalista è come candidare il Trota, sangue vecchio sostituisce altro sangue vecchio. Altro che bavaglio. Provate voi ad essere liberi a 5 euro a pezzo (lordi). " Nicola Biondo, giornalista freelance
Note:
* Contributo elargito alle testate Espresso e Repubblica ‐ Fonte: elaborazione Italia Oggi del 12 maggio2007, riferiti all'anno 2006
** Fonte: elaborazione Italia Oggi del 12 maggio2007, dati riferiti all'anno 2006
*** Dati tratti dal sito della Presidenza del Consiglio – Dipartimento per l'Editoria e l'Informazione, contributi 2008 erogati nell'anno 2009 (dati aggiornati al 7 maggio 2010)

Verissimo!



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D’Agostino difende Grillo e attacca il ‘marciume’ dei partiti.




Lungo ed appassionato intervento di Roberto D’Agostino a difesa di Beppe Grillo e del Movimento 5 Stelle, durante la trasmissione “Piazza Pulita”, su la7. Il “casus belli” è stato lo sfogo fuorionda del consigliere regionale Giovanni Favia contro il comico genovese e Casaleggio. Dopo gli interventi degli ospiti in studio, si è innescata una bagarre in crescendo nella quale il creatore di Dagospia ha ammonito pesantemente i presenti, accusandoli di “controllare le pulci di Grillo” e del suo movimento e di ignorare il marciume dei partiti tradizionali. “Ma tutta questa vostra attenzione su questo “scazzetto” tra i 5 Stelle la applicate per caso anche al signor Passera?” – chiede polemicamente D’Agostino – “o a Profumo o a tutti i Cuffaro che abbiamo da tanti anni tra i piedi o ai signori che detengono il potere all’interno del Corriere della Sera, come Ligresti e company?”. E sulla lista 5 Stelle dichiara: “E’ un movimento che alle amministrative ha raggiunto l’8%, più della Lega e più di quel ca…o di Casini che ogni volta viene intervistato come se fosse un dio“. E aggiunge: “Signori, Grillo, in paese di disgraziati come il nostro, è riuscito con un mouse a creare un movimento. Sarà un comico, ma gli altri sono criminali e malfattori“. Nella sua invettiva, D’Agostino sottolinea anche il fatto che il creatore del Movimento 5 Stelle non ambisce ad essere un leader di Palazzo Chigi e, rivolgendosi a Francesco Boccia, fa una domanda provocatoria: “Grillo ha per caso un Penati tra i suoi, come il Pd? Abbiamo visto che il Pdl di Berlusconi è un partito d’affari, ma questo conflitto d’interessi esce da tutti i pori, da tutti i partiti”. Piccata la reazione del deputato Pd, che invita D’Agostino a fare nomi per evitare la deriva demagogica. “Ho fatto il nome, a bello de mamma” – replica il giornalista – “Penati. Che caxxo vuol dire ‘Penati’?”. Il dibattito si infiamma quando l’esponente del Pd menziona il faccendiere Luigi Bisignani. “L’ho chiamato e lo dico davanti alle telecamere” – si difende D’Agostino – “per avere informazioni, perchè sono un giornalista, non per fare affari.D’Alema lo chiamava per altri motivi“. Il conduttore Formigli tenta di sedare la polemica, congedando il direttore di Dagospia con un ringraziamento. Ma D’Agostino non ci sta e, scatenando l’ovazione del pubblico, risponde: “Grazie al ca..o!”
7 settembre 2012

L'amaca di Michele Serra.



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5 Stelle, il fuorionda di Favia: ''Nel movimento la democrazia non esiste''



"Casaleggio prende per il culo tutti perché da noi la democrazia non esiste. Grillo e’ un istintivo, lo conosco bene, non sarebbe mai stato in grado di pianificare una cosa del genere". Le clamorose dichiarazioni di Giovanni Favia, consigliere regionale in Emilia Romagna del Movimento 5 Stelle, rilasciate durante il fuorionda di un’intervista esclusiva realizzata dall’inviato Gaetano Pecoraro per Piazzapulita, il programma de La7 condotto da Corrado Formigli.

http://video.repubblica.it/politica/5-stelle-il-fuorionda-di-favia-nel-movimento-la-democrazia-non-esiste/104537?video&ref=HRER3-1


Favia: “Ponto a dimettermi. Nel M5S il potere è concentrato in poche mani”

Il consigliere dell'Emilia Romagna su facebook fa chiarezza sul fuori onda trasmesso ieri sera a Piazzapulita. Spiega che non era concordato e sottolinea "la mancanza di un network nazionale del movimento dove poter costruire collettivamente scelte e decisioni, comprese le inibizioni e le attribuzioni del logo". Su Casaleggio: "Rapporti estremamente critici".

Leggi qui ,'articolo:


La democrazia del MoVimento Cinque Stelle.

"Né io, né Beppe Grillo abbiamo mai definito le liste per le elezioni comunali e regionali. Né io, né Beppe Grillo, abbiamo mai scritto un programma comunale o regionale. Né io, né Beppe Grillo abbiamo mai dato indicazioni per le votazioni consigliari, né infiltrato persone nel MoVimento Cinque Stelle." 
Gianroberto Casaleggio




Io ho sempre pensato che entrare a far parte della politica fosse una grande responsabilità; amministrare una famiglia è già un responsabilità, amministrare un comune o una regione o una nazione lo è ancora di più. Per questo ho deciso che non avrei mai preso parte attiva in politica. Ed ho avuto sempre una grande ammirazione per chi, invece, ha voluto assumersi questa responsabilità. Ora mi rendo conto che un qualcuno che ha fatto questo passo, e nel M5s, non si è reso conto di cosa stava affrontando. 
Prescindendo da chi effettivamente gestisce il movimento, il che ha pochissima importanza, non lasciamoci deviare o irretire dalle accuse che ci verranno rivolte, sia interne che esterne, il movimento porta avanti programmi interessantissimi, è questo che ci rende forti.
Non ci curiam di lor, ma guardiamo, osserviamo e passiamo.
Io ci credo, sempre e comunque; gli intoppi sono ovunque, se ne trovano tanti durante l'arco della vita, andiamo avanti a testa alta, cercando di non perdere di vista l'obiettivo: pulire il parlamento da politicanti stantii, corrotti e inutili. 
E' un nostro dovere, oltre che un nostro diritto.
Cetta.

A mio modesto parere il Favia deve rassegnare le dimissioni dal movimento nel quale ha dimostrato ampiamente di non credere.
Leggo anche che è alla fine del suo secondo mandato, il che lo pone in una situazione ancora più sospetta.
Purtroppo è vero ciò che disse in passato un potente: il potere logora chi non ce l'ha.
E dire ciò che ha detto davanti alle telecamere e in un momento delicato in cui il movimento viene attaccato da tutti e di più, non è stata una mossa intelligente, ha dato il fianco all'avversario e non credo, al punto in cui siamo, che lo abbia fatto inconsciamente.
Io non lo conosco, ma da ciò che leggo, non penso che lo si possa definire un pivellino abbindola-bile. 
Cetta