sabato 24 novembre 2012

Geronzi: D'Alema il mio sponsor. - Vittorio Malagutti



Né Andreotti né Berlusconi: è stato l'esponente del Pd il più fedele amico del controverso finanziere romano. Lo dice lo stesso ex presidente di Mediobanca nel libro-intervista 'Confiteor' di Massimo Mucchetti.

Lo sponsor politico più importante di Cesare Geronzi? Il leader di partito che non ha mai fatto mancare il suo appoggio alle iniziative del banchiere più influente e controverso della seconda Repubblica? Non è Giulio Andreotti, che pure fu decisivo per la nascita della Banca di Roma a guida geronziana. E neppure Silvio Berlusconi, da sempre indicato come il principale supporter del finanziere capitolino. No, l'amico vero, il politico negli anni fedele, si chiama Massimo D'Alema. 

E' lo stesso Geronzi a ricostruire i suoi rapporti con l'ex presidente del Consiglio ed ex ministro degli esteri nel libro intervista di Massimo Mucchetti in vendita da mercoledì prossimo. "Confiteor", questo il titolo del lungo racconto del banchiere pubblicato da Feltrinelli. Un titolo che richiama la preghiera della confessione del rito cattolico. 

Risposta dopo risposta il lettore viene accompagnato attraverso 25 anni di storia del nostro Paese. Dal crollo della prima Repubblica, che segue di poco l'ascesa di Geronzi al vertice della neonata Banca di Roma, frutto della fusione tra Cassa di Roma, Banco di Santo Spirito e Banco di Roma, fino al ribaltone della primavera 2011, con le dimissioni dell'ex banchiere dalla presidenza delle Assicurazioni Generali. 

Frutto di oltre 100 ore di colloqui, suddivisi in 27 incontri tra giugno e settembre scorsi, il libro di Mucchetti (autore tra l'altro, del fortunato "Licenziare i padroni") non si esaurisce in una lunga sequenza di domande e risposte. Mucchetti, per quanto possibile, è andato a cercare i riscontri alle affermazioni di Geronzi, mettendole alla prova sulla base del proprio archivio e delle testimonianze di altri protagonisti. 

E l' autore non ha neppure rinunciato ad applicare alla vicenda professionale del banchiere lo stesso metodo di valutazione in passato da lui già utilizzato con successo per i grandi capitalisti nostrani, dagli Agnelli a Marco Tronchetti Provera. Così, sorpresa delle sorprese, alla fine si scopre che Geronzi è riuscito a garantire un rendimento annuo del 18% agli azionisti delle banche che ha guidato.


E' vero, il risultato è stato ottenuto tra il 1992 e il 2007, un quindicennio d'oro per la finanza seguito dal crac globale di cui ancora scontiamo le conseguenze. 

A conti fatti, però, il banchiere politico per eccellenza secondo Mucchetti ha vinto la sfida sul mercato con altri colleghi celebri come Giovanni Bazoli di Intesa e Alessandro Profumo di Unicredit. Proprio quest'ultimo nel maggio 2007 si prese Capitalia sulla base di una valutazione di 21,8 miliardi per tutto l'istituto romano. 

Cifre che adesso sembrano fuori della realtà. L'intera Unicredit arriva a stento ai 20 miliardi di capitalizzazione. 

Nel libro il banchiere affronta il tema spinoso dei rapporti con Sergio Cragnotti e la sua Cirio e con la Parmalat di Calisto Tanzi. Legami pericolosi che gli sono finora costati condanne penali in primo grado a 4 anni (Cirio) e 5 anni (Ciappazzi-Parmalat). 

Ma la parte forse più gustosa dell'intero libro promette di essere quella dedicata alla fase finale della carriera di Geronzi. Quella che lo ha portato prima al vertice di Mediobanca, sulla poltrona che fu di Enrico Cuccia, e poi al vertice delle Generali, le due poltrone più prestigiose della finanza nazionale. 

E qui, grazie alle domande del suo intervistatore, Geronzi offre per la prima volta la sua versione sui fatti che lo hanno messo in rotta di collisione con l'amministratore delegato Alberto Nagel. A cominciare dal racconto della fatidica riunione del consiglio di amministrazione delle Generali, il 6 aprile dell'anno scorso, che si concluse con le dimissioni dell'ex banchiere.«Fu una congiura architettata da Nagel e da Lorenzo Pellicioli, il capo della De Agostini, di cui Diego Della Valle si fece strumento», questa la versione di Geronzi. Che liquida mister Tod's come un mandato che pensava di essere mandante.


http://espresso.repubblica.it/dettaglio/geronzi-dalema-il-mio-sponsor/2195291

Presidente Napolitano, dica qualcosa sul ddl diffamazione. - Vincenzo Iurillo


E’ l’ennesima dimostrazione che viviamo nel Paese di Sottosopra, lì dove il mare luccica e tira forte il vento della censura e dell’intimidazione, dove un Parlamento senza vergogna dichiara una cosa e fa esattamente l’opposto: a chiacchiere dice di voler impedire che si ripetano altri casi Sallusti, nei fatti prepara una legge che è persino peggiore di quella in vigore, con la quale resta concreto il rischio che altri giornalisti vengano condannati al carcere per diffamazione.
L’obbrobrio licenziato da Pdl e Lega, con il codicillo per scongiurare che appresso al cronista che firma l’articolo vada in galera anche il direttore che lo ha messo in pagina (norma a forte rischio di anticostituzionalità), non ha accolto nessuna proposta migliorativa di una legge che risale al 1948. Non è stata presa in seria considerazione l’ipotesi di estinguere il reato con la pubblicazione di un’adeguata rettifica, o se il giornalista adempie spontaneamente alla correzione dell’errore. Non si è previsto di porre un dissuasore alle querele palesemente temerarie, fatte solo per intimidire i giornalisti, stabilendo ad esempio che in sede civile chi cita un cronista o una testata e poi perde la causa sia costretto a corrispondere una cifra proporzionata al risarcimento richiesto (e non ottenuto). Già che c’erano invece, i nominati dai partiti che siedono in Parlamento ne hanno approfittato per dilatare l’importo delle sanzioni pecuniarie in sede penale. Cifre fuori portata per l’80% dei cronisti, che vivono di precariato, fatture a 90 giorni, contrattini “oggi sei dentro e domani fuori”.
Va bene, lunedì noi giornalisti faremo sciopero. Sacrosanto. Si auspica la massima adesione. E poi? Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, le faccio una preghiera. Tra un monito e l’altro, alzi la voce anche contro questo scempio. Rivolga un messaggio alle Camere col quale ricorda che la libertà di stampa e la libera circolazione delle notizie sono prerequisiti fondamentali di una democrazia. Questo Parlamento in scadenza di mandato se ne è dimenticato. E pensa solo a come impedire che si scriva dei loro scandali. O a compiere qualche piccola vendetta personale.

DISCORSO DI BECCHI ALLA NAZIONE: "..allora la Rivoluzione sarà cominciata.."

venerdì 23 novembre 2012

Mugello, falso cieco guidava il trattore Truffa al Fisco da 100mila euro.


Un fotogramma di una registrazione della Finanza

FIRENZE - Percepiva una pensione di invalidità del 100% per cecità pressochè totale, ma guidava il trattore e svolgeva lavori agricoli nell'azienda della figlia. Protagonista un uomo di 65 anni residente nel Mugello (Firenze), denunciato per truffa aggravata e falso ideologico dalla Finanza. Dal 1999 ad oggi ha riscosso oltre 100.000 euro di pensione. Per recuperare la somma i finanzieri, su disposizione del gip di Firenze Silvia Cipriani, hanno proceduto al sequestro preventivo per equivalente di due fabbricati e un terreno a Borgo San Lorenzo e di tre macchine agricole.

GUARDA IL VIDEO

Le indagini. Secondo quanto emerso, nel corso delle indagini, coordinate dal pm Paolo Barlucchi, sono stati eseguiti appostamenti che hanno permesso agli investigatori di verificare l'incompatibilità delle attività svolte dal sessantacinquenne con la sua patologia. L'uomo, ufficialmente, risultava cieco con un residuo visivo di 1/20 da entrambi gli occhi, condizione corrispondente alla sola percezione della luce e del movimento della mano, ma lavorava abitualmente nell'azienda agricola della figlia, a cui aveva ceduto i terreni poco prima che venisse riconosciuta la sua invalidità. Secondo le Fiamme gialle della tenenza di Borgo San Lorenzo, il falso cieco svolgeva lavori agricoli impegnativi e prolungati, utilizzando trattori, per i quali non aveva la patente e che guidava sia nei campi sia nelle strade. Le indagini hanno inoltre permesso di accertare che il sessantacinquenne abitava in una casa popolare senza averne diritto. Per conservare l'abitazione, aveva dichiarato più volte agli uffici comunali, affermando il falso, di non possedere altri immobili.

Mantide religiosa.



La Mantide religiosa, denominata anche Mantide europea, è una delle specie più comuni dell'ordine Mantodea.La femmina è lunga circa 7.5 cm, il maschio 6 cm. La sua colorazione varia dal verde brillante al marrone chiaro.Si distingue facilmente per la presenza di due chiazze nere,una per ogni zampa anteriore, simili ad un occhio quando mostrate a scopo difensivo.

Le neanidi della mantide in natura nascono in Maggi/Giugno, per diventare adulte nel mese di Agosto.Le uova vengono poste in ooteca,prodotte dalla femmina, durante la stagione fredda.Ogni oteca contiene circa 60-70 uova e può arrivare fino a 200.
L'accoppiamento delle mantidi è caratterizzato da cannibalismo post-nuziale:la femmina, dopo essersi accoppiata, o durante l'atto, divora il maschio partendo dalla testa mentre gli organi genitali proseguono nell'accoppiamento. Questo comportamento è dovuto al bisogno di proteine nella rapida produzione di uova; prova ne sia che la femmina d'allevamento,essendo ben nutrita, risparmia il maschio.di solito si nutrono di mosche e altri piccoli insetti.
Per la propria difesa si camuffano facilmente tra le foglie, dove aspettano immobili le loro prede.Per difendersi dagli attacchi di animaletti antagonisti la mantide apre di scatto le proprie ali per sembrare più grande.
Le mantidi sono originarie dell'Africa e si diffusero rapidamente nell'Europa meridionale all'Asia minore.Si è diffusa anche nel Nord America a partire dal 1899, sembra importata accidentalmente con un carico di piante da vivaio. La loro diffusione dipende soprattutto dalla richiesta di alte temperature. La loro diffusione è infatti notevolmente inferiore nell'Europa centrale e quasi inesistente nell'Europa del Nord. In Germania infatti sono considerati animali protetti e la loro cultura è vietata.In Italia è abbastanza comune in tutto il territorio, dalle zone prealpine sino alla fascia costiera, isole comprese.
La mantide religiosa comune è un animale facile da allevare. È possibile farlo vivere in grossi terreni con vegetali vivi. In realtà basta un pò di terra sul fondo e un ramo o una piantina per aggrapparsi.L'alimentazione va fatta un giorno si e un giorno no a iniziare dal secondo giorno in cui sono in allevamento.Le prede vive possono essere:grilli, cavallette, mosche, formiche, tarme della farina, in sostanza ogni insetto che sia grande la metà del corpo della mantide. È possibile anche fornire prede morte, avvicinandole cn delle pinzette alla bocca dell'esemplare. La teca va nebulizzata ogni 2 o 3 giorni per permettere alla mantide di bere.

RAGAZZA TOSTA! SBUGIARDA "MAGNIFICO" RETTORE, MIN. CLINI e GOV. MONTI!.



Se ogni dieci ragazzi ci fosse una creatura così, con questa consapevolezza, allora sì che Grilletto e Travolpino "troverebbero lungo" per incantare la new generation! 
Ascoltate la fermezza con la quale questa creatura parla a degli "autoreferenziati" cultori del verba volant!!! BRAVA e dire poco!!! MAGNIFICA!!! altro che il rettore.
..


http://www.youtube.com/watch?v=h2DKlgPbr0A&feature=share

Sallusti: caro procuratore, no a scorciatoie o attese da tortura.


20121123_092212_205D7975.jpg


Editoriale del direttore del Giornale condannato a 12 mesi per diffamazione: devo andare in carcere, questione di ore.
Roma, 23 nov. (TMNews) - "A mezzanotte scade la sospensione dell'ordine di carcerazione emesso nei miei confronti dopo la condanna a dodici mesi per un reato di opinione commesso da altri ai tempi in cui dirigevo 'Libero'". Inizia così un editoriale sul "Giornale" del direttore Alessandro Sallusti intitolato "Caro procuratore, no a scorciatoie e attese da tortura".
"La politica ha avuto due mesi di tempo per rimediare a questa barbarie. Non lo ha fatto. Non pochi senatori si sono prima messi il passamontagna (voto segreto) come comuni rapinatori per confermare il carcere ai giornalisti, poi hanno versato lacrime di coccodrillo approvando un comma ad personam che salva i direttori (ma, paradosso, non me) e infine si sono arenati nelle sabbie mobili. Il nostro Senato l'unica cosa che ha provocato è uno sciopero dei giornali italiani, al quale noi non aderiamo come spiega oggi su questa pagina Vittorio Feltri. Non parliamo di Napolitano, capo della magistratura, che non ha proferito parola in tutti questi giorni dimostrando di essere quello che è, un rancoroso comunista che pensa così di prendersi una squallida rivincita sulla storia che lo ha visto sconfitto. Non sono da meno il premier Monti, campione di liberismo a parole, e la ministra Severino che evidentemente ha una coscienza che sta alla Giustizia come la mia al greco antico".
"Dunque - prosegue Sallusti - non c'è via d'uscita, devo andare in carcere, è questione di ore. L'ordine lo deve firmare la Procura di Milano, il cui capo è Bruti Liberati. Mi dicono, ho letto su alcuni giornali, che lui non è entusiasta di rimanere con il cerino in mano e fare eseguire una condanna scritta da altri e che sporcherebbe il suo prestigioso curriculum. Procuratore, almeno lei non mi deluda. Ha il dovere di applicare la legge, senza inventare per me scorciatoie o privilegi non richiesti, tipo ulteriori dilazioni, arresti domiciliari diretti o cose del genere".
"Non si inventi balle o scuse. Nelle carceri italiane solo quest'anno sono entrate 6.095 persone con condanne simili alla mia (pena definitiva inferiore ai due anni) e altre diciassettemila potrebbero uscire per fine pena anticipata (residuo inferiore ai due anni). Io non ho alcun diritto di passare davanti a tutti questi disgraziati, neppure all'ultimo marocchino, solo perché dirigo un giornale".