lunedì 21 gennaio 2013

Trionfano il web e i social networks che si abbattono come una mannaia sui partiti politici. - Sergio Di Cori Modigliani


E’ la faccia virtuosa della rete, il capovolgimento del Senso, quella silenziosa rivoluzione civile di cui si parla spesso in maniera pomposa, accademica, a mo’ di statistica, vezzo high tech per vendere merci ai giovani e roba scontata per tutti. Evviva l’e-commerce.
E’ il virtuale che influisce sul reale.
E impone un cambiamento perché lo determina, per propria costituzione.
E’ la sconfitta dei reazionari nostalgici, dei luddisti, di chi si nasconde dietro il paludato e senescente “ai miei tempi sì che…” perché –da questa piccola grande vittoria- esce definitivamente battuta la cosiddetta maggioranza silenziosa, sostituita per sempre dal nuovo caos provocato dalle striscette su facebook, dalle citazioni rubate, dallo sfogo bilioso, rancoroso, urlato, vomitato, alla ricerca spasmodica di un Senso: la nuova maggioranza rumorissima e cacofonica, variopinta e confusionaria che siamo tutti noi.
Per restituire un Significato alla nostra esistenza civile.
E’ la rivoluzione silenziosa di cui la cupola mediatica non parla e che non accredita.
Perché non lo può fare.
Perché non vuole farlo.
Perché, se lo facesse, dovrebbe certificare la propria sconfitta, il proprio inevitabile pensionamento e la conseguente messa in soffitta, battuta dalla Storia del progresso umano.
In una società ingessata, ferma, paralizzata, da sempre stretta dalla morsa furba di una forzatura ideologizzata, che ha imposto per cento anni lo scontro tra fascisti e comunisti, moderati e progressisti, laici e clericali, irrompe sullo scenario civile italiano una massa policroma di gente comune, dove si scontrano e si incontrano frigide suorine e mignotte esperte, filosofi/e plurilaureati/e e carrozzieri analfabeti, casalinghe, impiegati, ladri di idee altrui e produttori timidi di idee proprie, settentrionali razzisti che scoprono –per caso- in un certo terrone la condivisione sorprendente di un’idea del mondo e della vita e fondano amicizie solidali considerate un tempo inusitate.
E fanno, chi consciamente chi inconsapevolmente, ciò che per 50 anni non hanno fatto i rappresentanti auto-referenti di questa classe politica che mal ci rappresenta.
Lo hanno fatto (lo abbiamo fatto) forse senza neppure renderci conto di ciò che stavamo facendo. Ma ci siamo riusciti.
Ciò che non è riuscito ai magistrati, alle forze dell’ordine, ai comitati civici, a gruppi coraggiosi di locali organizzati, ebbene, è riuscito a tutti noi.
A nostra insaputa.
Perché (e questa è la grande notizia) è accaduto, è avvenuto, sta accadendo in queste ore in cui si arrampicano sugli specchi per metterci una toppa ma ormai per loro è troppo tardi. LI STIAMO MANDANDO A CASA FINALMENTE.
Ed è soltanto l’inizio.
E’ grazie a noi tutti internauti –nessuno escluso- ai bloggers, agli urlatori, ai disperati solitari chiusi nelle proprie tane del dissenso, ai feisbucchiani logorroici, agli spietati accusatori di un modello di vita che sa di morte, è grazie al web se tutto ciò sta accadendo.
Con  la copia in tasca (ben nascosta) dei sondaggi confezionati dai loro personali e privati consulenti della comunicazione, le mummie dei partiti prendono atto della indignazione popolare presente in rete e quindi si comportano di conseguenza.
E così, il PD non candida Crisafulli, non candida la Brambilla e all’ultimo momento esclude 14 funzionari in odor di mafie perché sa che a furor di popolo verrebbero sbugiardati, insultati, avviliti, smascherati da tutti noi in rete.
E così, il PDL si arrende e non candida più Scajola. Non candida più Dell’Utri. Non candida più Papa e da due giorni sono chiusi dentro una stanza per cercare di convincere Cosentino che il 16 marzo dovrà andare in galera come la Legge ha prescritto e non lo possono più candidare perché altrimenti ogni giorno sulla rete ci sarebbe chi ricorda ai cittadini che cosa fa che cosa ha fatto e che cosa vuole fare questo candidato.
E così il centro spiega a Rutelli, che è meglio per lui scomparire per sempre dallo scenario politico e così annuncia “mi prendo un anno sabbatico per riposare”. (riposare da che? Quesito surrealista).
E la Lega Nord è costretta a rinunciare a tre fondamentali capi bastone perché nelle pagine facebook leghiste la gente inferocita ha chiesto le loro teste.
In tutto una cinquantina.
Non molti, ma troppi, davvero troppi per loro. Anche se per tutti noi sono sempre troppo pochi, è il segnale del fiato sul collo che viene dalle invisibili bocche virtuali della nostra scandalizzata indignazione.
Rompe l’accordo con Storace il senescente Pannella, travolto da una valanga virtuale di critiche, faccette su facebook, vomiti virtuali di rabbia radicale dei radicali. E la stessa marea di contestazioni si abbatte (da destra) su Storace nei gruppi strutturati del tifo fascista ed entrambi sono costretti a gettare la spugna di un matrimonio davvero osceno. Facebook e la rete li ha condannati alla rottura.
Grazie a noi.
Perché tutto ciò sta accadendo non grazie a una loro scelta, non grazie al lavoro della magistratura, non grazie al senso di responsabilità di un parlamento ridotto a carta straccia e mercato delle vacche.
Se ne ritorna a fare l’omeopata il bravo Scilipoti che abbandona l’agone insultando tutti noi “mi immolo per impedire che sui cosiddetti social networks dilaghi la demagogia anti-democratica e populista”.
Secondo loro, secondo le mummie, noi tutti saremmo “il populismo”.
E’ ciò che gli storici chiamano, da sempre, “furore popolare”.
Non vedremo mai più né Dell’Utri né Scilipoti né Scajola né Belsito né Rutelli né Rosy Mauro né Alfonso Papa in parlamento.
A furor di popolo sono stati mandati a casa.
E’stata la nostra rabbia bulimica a obbligare i comitati elettorali delle mummie.
Cominciano a capire che –per loro- è iniziato il conto alla rovescia.
Cominciano a rendersi conto che li stiamo mandando a casa tutti.
E questo è soltanto l’inizio.

Gianfranco Funari dal Paradiso.

Cosentino: "Il seggio o vado in galera e vi rovino". Rissa con Alfano. - Carmelo Lopapa


Continue riunioni ad alta tensione a Palazzo Grazioli per definire le liste del Pdl. Alemanno e Matteoli furibondi non hanno udienza. Berlusconi invece riceve l'ex sottosegretario all'Economia: "Per ora sei dentro, farò di tutto". Ma Caldoro minaccia di lasciare il Pdl.

ROMA - "Lo capite o no che così finisco in galera? Ma io vi rovino, ritiro i miei uomini, faccio cadere le giunte, vi faccio perdere le elezioni". Piomba  a Palazzo Grazioli a fine mattinata, Nick o' mericano, ed è una furia che in pochi riescono ad arginare. Il capo non c'è, Berlusconi è fuori, sta registrando l'intervista a Sky in cui racconta, tra l'altro, di aver chiesto a Nicola Cosentino di fare "un passo indietro". 

A Palazzo c'è Angelino Alfano, che il ras campano considera il vero artefice, col governatore Stefano Caldoro, di quella che definisce la "trappola" ai suoi danni. È un'escalation, che culmina nel momento in cui i pochi presenti sono costretti a intervenire tra le urla, per impedire che i due vengano in contatto, come racconterà uno degli spettatori. Nel salotto del Cavaliere scoppia la rissa. "Hanno rinunciato Scajola e Dell'Utri, non si capisce perché tu debba essere candidato, ma non hai visto i sondaggi?" incalza il segretario Pdl a muso duro. 

È la miccia che fa esplodere tutto, anche perché in quegli stessi momenti le agenzie di stampa stanno rilanciando la richiesta del passo indietro formulata da Berlusconi. Cosentino perde le staffe, sbotta: "E questo sarebbe il partito garantista? Ma io vi rovino, ritiro i miei consiglieri e faccio saltare decine di giunte in Campania: poi vi faccio perdere le elezioni. Lo capite o no che per darla vinta a quattro giustizialisti io finisco in galera?" 


Già, la galera. L'ex coordinatore del partito in Campania, l'ex sottosegretario di Tremonti all'Economia, fuori da quelle maledette liste non può finirci. Se per lui non si aprono le porte di Palazzo Madama o di Montecitorio, dal 25 febbraio si schiudono quelle di Poggioreale. Si piazza lì, nell'appartamento del Cavaliere. La sponda di Verdini e Nitto Palma non bastano più, il forfait di Scajola due giorni prima e di Dell'Utri a sorpresa ieri gli complicano l'operazione salvataggio. Non se ne va da Grazioli finché il padrone di casa non rientra. È a lui che deve chiedere conto e ragione. È con lui che deve parlare a quattr'occhi. Lo farà a ora di pranzo e il deputato di Casal di Principe sarà l'unico con cui Berlusconi accetti di parlare, fatto salvo con i quattro che nella stanza di fianco lavorano da 48 ore alle liste. A un certo punto è sembrato che Cosentino avesse preso in ostaggio il capo, ironizza ma neanche tanto uno dei dirigenti che ha accesso alle stanze riservate. E il Cavaliere cede, smorza, lo calma. "La mia era una richiesta, figuriamoci se ti metto fuori: farò di tutto per tenerti dentro" gli garantisce il leader. Torni pure tranquillo a casa, perché "al momento sei in lista". Il vertice decisivo (su Puglia, Lazio e Sicilia, oltre che sulla Campania) ancora in nottata era in corso. "Sto andando a Palazzo Gazioli per la riunione, che vuol dire Cosentino sub-judice? Chiedetelo a Berlusconi" taglia corto prima di raggiungere il vertice delle 22 Francesco Nitto Palma. A quello stesso portone bussa il governatore Caldoro, viene ricevuto dal suo amico Alfano. "Se Cosentino resta in lista, io coi miei otto consiglieri regionali di area socialista usciamo dal Pdl. Restiamo nel centrodestra, ma non posso rimanere in un partito di cui quello lì mantiene il controllo". Ai suoi Berlusconi confida che vorrebbe tenere la linea dura, far cadere anche l'ultima testa tra i tre super "impresentabili". Ma è la più dura, non sarà facile.

La tensione è altissima, nella stanza dei bottoni a Grazioli. Chiusi da giorni e notti ormai, compresa quella appena conclusa, ci sono solo Alfano, Sandro Bondi, Denis Verdini, Renato Schifani. Di tanto in tanto fa capolino Cicchitto. Nessuno può entrare. La sede di via dell'Umiltà invece è un porto di mare. Deputati e aspiranti onorevoli calabresi, laziali tengono sotto assedio il responsabile elettorale Ignazio Abrignani chiuso lì al quarto piano. Berlusconi invece è blindato nel suo studio in via del Plebiscito. Non riceve nessuno, eccetto Verdini e i quattro di fianco. Ci prova di nuovo Maurizio Gasparri, invano. Si presenta il sindaco di Roma Gianni Alemanno per protestare: quasi tutti i suoi vengono fatti fuori, con l'eccezione di Piso e della Saltamartini. Altero Matteoli, inviperito per l'esclusione di alcuni suoi uomini, non trova udienza e torna in Toscana d'umore nero. È un'ecatombe di ex An, nelle liste. Raccontano che il vero "angelo vendicatore" sia Sandro Bondi, più che Verdini. "Spietato", raccontano le cronache da dentro. Tanto che perfino un ras del Lazio come Andrea Augello finisce borderline. 

Le ultime grane su Sicilia, Campania, Liguria e Calabria a notte fonda, man mano che si chiudono le liste però scoppiano rivolte ovunque. L'exploit dell'ex direttore del Tg1 Minzolini, capolista in Liguria-Senato al posto di Scajola manda per aria il partito in quella regione. Il Cavaliere è esausto, raccontano. Stamattina l'ultimo visto alle liste, a pranzo vuole essere già ad Arcore. 

Financial Times: “Monti non è adatto a guidare l’Italia”. - PierGiorgio Gawronski


“La crisi economica in Italia si aggrava… Non passa giorno senza una novità sull’inasprimento del credit crunch o della disoccupazione, sulla caduta dei consumi, della produzione, o della fiducia delle imprese. Ancora una volta, un governo europeo ha sottovalutato le conseguenze dell’austerità…”
“L’Italia ha ora tre opzioni. La prima è restare nell’Euro… ed assumersi da sola tutto il peso dell’aggiustamento fiscale e competitivo… La seconda è restare a condizione che l’aggiustamento intra-Europeo sia condiviso” dai paesi che hanno un forte surplus commerciale…“La terza è uscire dall’Euro…”
Mario Monti non ha tenuto testa a Angela Merkel. Non ha detto al Cancelliere tedesco che la permanenza del suo paese nell’Eurozona dipendeva dalla realizzazione di … un’adeguata unione bancaria… e… politiche economiche espansive a Berlino… La settimana scorsa Mariano Rajoy, il Primo Ministro spagnolo, ha chiesto che lo sforzo dell’aggiustamento sia simmetrico… Troppo tardi: la Germania sta già progettando un nuovo round di austerità per il 2014…”
“Tutto ciò, in che situazione lascia l’Italia alla vigilia delle elezioni? Da Primo Ministro, Monti … ha alzato le tasse… Le sue ‘riforme strutturali’ si sono dimostrate macroeconomicamente irrilevanti. Ha esordito da tecnico, ma ora è diventato un politico duro. Racconta di aver salvato l’Italia dall’abisso… la discesa degli spread sembra confermare questa versione dei fatti: ma la maggioranza degli italiani sa che la caduta degli spread la si deve (1 , 2) a un altro Mario (Draghi)…”
“A sinistra, Bersani ha appoggiato l’austerità; ora sembra voler prenderne un po’ le distanze… Fa campagna sulla ri-modulazione dell’IMU, contro l’evasione fiscale e il riciclaggio del denaro, e a favore dei diritti dei gay. Dice di voler tenere l’Italia nell’Euro: ha forse qualche minima probabilità in più di contenere Angela Merkel, grazie ai suoi rapporti con Hollande e i socialisti europei…”
“A destra, Berlusconi … sta facendo una buona campagna elettorale… Ha mandato un chiaro messaggio contro l’austerità… critica la Germania, per la sua riluttanza ad accettare gli eurobond, e consentire alla BCE” una difesa più decisa dei titoli pubblici italiani…. “Ma purtroppo, conosciamo bene Mr. Berlusconi… é stato Primo Ministro abbastanza a lungo… Se vuole tornare a essere credibile, deve mettere sul tavolo una strategia chiara indicando nel dettaglio le scelte che intende fare. Abbiamo finora, al contrario, solo vagiti televisivi.”
“In base agli ultimi sondaggi, l’Italia dopo le elezioni sarà bloccata dai veti reciproci… nessuno avrà la forza di portare avanti una politica coerente… Se sarà così, l’Italia continuerà ad arrancare, pretendendo di avere fatto una scelta ‘pro-euro’, ma senza creare le condizioni per rendere questa scelta sostenibile… Quanto a Monti … la Storia lo giudicherà un novello Heinrich Brüning, il Cancelliere della Germania dal 1930 al 1932. Anche lui faceva parte di quell’establishment che sosteneva che non c’erano alternative all’austerità.”
“L’Italia ha ancora qualche strada aperta davanti a se: ma deve imboccarla in fretta.”
I lettori abituali avranno notato che tutte queste posizioni, ora proposte dal FT, sono già state presentate in questo blog. Non è solo l’economia: anche i saldi di finanza pubblica sono vittima di queste politiche. Che consentiranno di sostenere che il welfare è insostenibile… C’è però amarezza per le candidature di Vendola, Ingroia, e Grillo: vorrebbero essere alternativa al Montismo, ma non pare abbiano candidato economisti in grado di articolare l’alternativa. E no, non è un problema personale.

Elezioni 2013, Scajola si ritira: “Basta esami sulla mia moralità”.


Elezioni 2013, Scajola si ritira: “Basta esami sulla mia moralità”

Il fedelissimo di Berlusconi ed ex ministro allo Sviluppo economico ha deciso di non correre alle politiche in aperta polemica con il Pdl. Nel frattempo, tra deroghe e dossier "inquisiti", è caos liste nel partito, soprattutto nelle regioni chiave.


Claudio Scajola non farà parte delle liste Pdl per le prossime elezioni politiche del 24 e 25 febbraio. L’ex ministro, infatti, ha deciso di farsi da parte, in aperta polemica con il suo partito e dopo aver diramato una nota dai contenuti incendiari. “Per la dignità mia e della mia famiglia non sopporto più esami da parte di alcuno sulla mia moralità. Per queste ragioni ritiro la mia candidatura” ha annunciato il politico di Imperia, che poi ha sottolineato come “i miei valori, la mia storia e il mio stile di vita parlano per me. Con buona pace di qualunque arbitro”. Non poteva mancare un passaggio sulle vicende giudiziarie in cui è stato coinvolto e per cui – ha scritto l’ex coordinatore azzurro – “tocca ricordare, nero su bianco, che Claudio Scajola ha inanellato solo archiviazioni, proscioglimenti e tanti mal di pancia”.
Tra deroghe e dossier “inquisiti” il Pdl fatica quindi a far quadrare le sue liste, soprattutto nelle regioni “chiave”: Lombardia, Campania e Sicilia. Ma problemi ci sarebbero anche in Lazio, Liguria e Puglia. I tempi stringono, la dead line scatterà lunedì 21 gennaio alle 20, e i vertici del partito stanno cercando di commisurare le tantissime richieste di deroga arrivate, con l’esigenza di una necessaria “sforbiciata”, sia per dar spazio a quel rinnovamento tanto annunciato da Silvio Berlusconi che per ragioni di aritmetica: difficilmente, infatti, il Pdl riuscirà a garantire gli stessi numeri del 2008 (al partito la stima è di circa un centinaio in meno). Ma la questione più spinosa è la candidatura dei cosiddetti “impresentabili”. La commissione ad hoc sta spulciando i faldoni, ma alcuni nomi sono già circolati. E’ ormai certa la candidatura al Senato in Campania di Nicola Cosentino. Così come ci sarebbe stato il via libera a Cesaro e Laboccetta. In forse, dato molto in bilico, Papa, mentre non è stata ancora sciolta la riserva su Milanese. Ultima parola e sigillo ufficiale spetteranno al Cavaliere che dopo la vittoria del 17 gennaio sul processo Unipol, incassa il no alla sospensione del processo Mediaset.

Caso Parma, il ruolo di Maroni. - Gianluca Di Feo



Dall'indagine che ha portato all'arresto dell'ex sindaco Vignali emergono gli accordi con l'allora ministro Maroni perché mandasse in città un prefetto che «non rompesse le palle».

Un prefetto su misura, per evitare che gli scandali venissero a galla. E così anche la carica più importante, quella che rappresenta lo Stato sul territorio, viene trasformata in uno strumento dei giochi della politica più becera. Il tutto, stando all'atto d'accusa della procura di Parma, grazie alla connivenza dell'allora ministro dell'Interno Roberto Maroni, ora candidato del centrodestra alla guida della Regione Lombardia.

Il capitolo più inquietante dell'ordinanza che ha fatto finire agli arresti domiciliari l'ex sindaco Pietro Vignali riguarda proprio le manovre per ottenere la designazione di un prefetto "in sintonia" con la giunta di centrodestra. Nei bilanci della città emiliana si stava già materializzando un buco colossale, frutto di appalti insensati e spese allegre, e Vignali temeva che l'arrivo di un prefetto "spacabal" avrebbe fatto esplodere la situazione. Secondo i magistrati assieme a Luigi Giuseppe Villani, consigliere regionale e uno dei leader del pdl emiliano, nella primavera 2010 il sindaco si concentra per ottenere la nomina di «una figura che potesse allinearsi alla loro volontà». 

I due si scambiano sms in dialetto. Villani scrive: «Bisogna cat stag atenti al nov prefet ca vena miga un spacabal», che tradotto dal padano significa: «Bisogna che stai attento al nuovo prefetto che non venga mica un rompiballe». E il 19 aprile 2010 il sindaco chiama Villani e gli riferisce di «aver parlato con Maroni il quale gli aveva chiesto di segnalargli qualcuno per il posto di prefetto a Parma che sarebbe stato sostituito a maggio». 

A metà maggio tornano a discutere della questione, fondamentale per il destino del centrodestra parmense. Villani chiede al primo cittadino «quale era il nome suggerito da Maroni per l'incarico di prefetto. Villani diceva Francesco Russo e che poteva andare bene anche quello di Piacenza, tale Viana». Il 19 maggio il sindaco dice che «Maroni lo aveva appena chiamato e che il giorno successivo il consiglio dei ministri nominava il prefetto di Parma. Pietro diceva di anticiparlo al candidato, in maniera che capisse che erano stati loro a fare il suo nome così da "mettersi in linea subito"». 


Il 20 maggio è il primo cittadino a contattare il prefetto di Piacenza Viana e dirgli «dell'ipotesi della sua nomina a prefetto di Parma. Vignali gli comunicava che il suo nome lo aveva consigliato al ministro Maroni, anche su indicazione di Villani». Poi il primo cittadino manda un sms a Villani: «Finito adesso con il prefetto, tutto a posto. Gli ho letto un po' di patti e gli anche detto che tu hai un rapporto personale, forte con Letta e Maroni».

La coppia di notabili parmensi non millanta. Nell'inchiesta i i magistrati hanno ricostruito come il sindaco stesse tessendo «una serie di rapporti con politici nazionali utili per varie finalità. Ciò si evince dal ricorso diretto a cariche istituzionali di spessore, ovvero i rapporti diretti con il sottosegretario Gianni Letta, o indiretti, attraverso il ricorso al ministro Angelino Alfano e all'onorevole Nicolò Ghedini, o infine con il ministro Maroni, in occasione delle varie attività di indagine che hanno riguardato da vicino l'amministrazione comunale. In tale ottica va letto anche il rapporto con il ministro Maroni in occasione delle varie nomine del prefetto, del questore e del commissario straordinario».

Nelle intercettazioni sono infatti finite anche manovre, non si sa con quale esito, per cercare di condizionare la nomina del commissario di governo, incaricato di mettere ordine nel baratro dei conti cittadini traghettando il municipio verso le elezioni. L'incarico è stato poi assegnato a Anna Maria Cancellieri, attuale ministro dell'Interno.

Pur di rafforzare il suo potere, Vignali usa ogni strumento. Come fa in occasione della visita di Berlusconi a Parma, quando mette l'allora premier in contatto con l'escort Nadia Macrì «compiacendosene con la stessa». Insomma, un bel bordello, che adesso rischia di aprire un altro squarcio nei giochi di potere del centrodestra, tornato unito proprio nel sostenere la candidatura di Maroni al vertice della Lombardia.


http://espresso.repubblica.it/dettaglio/caso-parma-il-ruolo-di-maroni/2198591/24

Mafia: fondi europei al nipote di Benedetto Spera, boss siciliano.


Guardia di Finanza


La guardia di finanza ha scoperto che il parente del capoclan di Belmonte Mezzagno in provincia di Palermo aveva ricevuto 230mila euro di contributi comunitari per tre terreni che erano stati confiscati al padre nel 1997. Era riuscito a non comparire direttamente nella richiesta del finanziamento.

Era riuscito a ottenere fondi comunitari per tre terreni che erano stati confiscati al padre per mafia. Il nipote di Benedetto Speraboss di Belmonte Mezzagno (Palermo) – catturato nel 2005, condannato per associazione mafiosa e deceduto due anni più tardi – e figlio di Giuseppe Spera, aveva ricevuto finanziamenti europei per terreni confiscati a suo padre. Lo ha scoperto la Guardia di finanza di Bagheria, che su provvedimento del gip di Termini Imerese, al termine di un’indagine in collaborazione con il Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata (Scico), ha sequestrato tre fondi agricoli al responsabile della frode.
L’uomo, tra il 2004 e il 2009, aveva ottenuto contributi comunitari per un totale di circa 230mila euro per promuovere lo sviluppo di iniziative di impresa nell’agricoltura e nell’allevamento, su terreni che non erano più nella sua disponibilità perché confiscati al padre mafioso nel 1997 e dunque che non potevano ricevere aiuti europei. L’uomo, però, grazie a contratti fittizi di comodato stipulati con la complicità di un altro soggetto, era riuscito a non comparire direttamente nella richiesta del contributo.