Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
lunedì 31 marzo 2014
Bpm, chiuse indagini su finanziamenti illeciti. Pm: “A Santanché 2,8 milioni”.
L'ex presidente della banca Ponzellini avrebbe creato all’interno dell'istituto milanese "una struttura parallela e deviata verso interessi personali". La parlamentare Pdl non risulta indagata, ma la sua società secondo l'accusa ha ottenuto fondi senza garanzie. Nelle carte dell'inchiesta finirono anche Romani, Brancher e La Russa.
Due milioni e 800mila euro “nell’interesse esclusivo” di Daniela Santanchè, amministratore delle società Visibilia2 e Visibilia srl. E’ uno dei presunti finanziamenti illeciti concessi dall’ex presidente di Bpm Massimo Ponzellini elencati dai pm milanesi nell’avviso di chiusura delle indagini a carico di Ponzellini e di altre 16 persone, notificato dal nucleo di polizia tributaria della Gdf. Nell’elenco di finanziamenti che sarebbero stati disposti dall’ex presidente e dal suo ex braccio destro Antonio Cannalire a favore di una serie di società con “un danno patrimoniale” per l’istituto di credito milanese c’è infatti anche quello per le concessionarie di pubblicità Visibilia2 e Visibilia srl amministrate dalla parlamentare, che non è indagata.
La vicenda non è nuova mentre inedita è la cifra complessiva stanziata. Nel capo di imputazione si legge che Ponzellini e Cannalire “in conflitto di interessi con la posizione di dirigenti di Bpm hanno concorso a compiere nell’interesse esclusivo di Daniela Santanchè atti di disposizione del patrimonio di Bpm facendo ottenere a dette società finanziamenti per circa 2,8 milioni di euro, deliberati nel dicembre del 2009 e agosto 2010 con successive proroghe di scadenza, con la consapevolezza di recare pregiudizio della banca, posto che le società finanziate erano prive di affidabilità bancaria essendo in condizioni di fragilità economico-patrimoniale e in difetto di valide garanzie, tanto che la esposizione non si è ridotta nel periodo successivo e che nel dicembre del 2012 è stato negoziato un piano di rientro”.
Il pm di Milano Roberto Pellicano sostiene che Ponzellini, assieme ad altre persone, tra cui Cannalire, avrebbe creato all’interno della banca “una struttura parallela e deviata verso interessi personali” per erogare finanziamenti illeciti. Una “struttura adatta a recepire, coltivare e soddisfare le richieste di finanziamento di una cerchia di soggetti segnalati da ambienti politici o imprenditoriali in grado di retribuire i membri dell’associazione” per delinquere. Secondo il pm, infatti, c’era “un’area di pratiche” dentro Bpm “definibili come pratiche del presidente (Ponzellini), trattate dalla suddetta struttura con modalità illegittime” in contrasto con gli interessi e le regole dell’istituto di credito.
Dal provvedimento d’arresto per Ponzellini, finito agli arresti domiciliari il 29 maggio 2012 con le accuse di associazione per delinquere e corruzione privata, erano saltati fuori una serie di nomi di politici (non indagati): dagli ex ministri Paolo Romani, Aldo Brancher e Ignazio La Russa ai parlamentari Daniela Santanchè e Alfredo Messina.
Tra le 17 persone che hanno ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini figurano anche Onofrio Amoruso Battista, avvocato ed ex consigliere regionale della Lombardia, Emilio Santomauro, ex consigliere comunale milanese, Giorgio Bianchini Scudellari, che era nel Cda dell’istituto di credito, gli imprenditori Rosario Scuteri e Camillo Colella, il commercialista di Ponzellini, Guido Rubbi, Maurizio Mondani in qualità di ad di Capgemini. E poi ancora Luigi Simeoni della società Lk RealEstate, Emilio Sacchi della ‘Binda 4 srl’, Alberto Tripi del gruppo Almaviva, Paolo Golzio, Maria Grazioli, Francesco Franzoni e Alessandro Lamonica, che era nel gruppo di Francesco Corallo. In passato risultavano indagati anche l’ex deputato del Pdl, Marco Milanese, e l’ex dg di Bpm, Enzo Chiesa, i quali però non figurano nell’avviso di chiusura delle indagini che per i 17 indagati prelude alla richiesta di processo.
CASE, VINI E DONAZIONI LA PASSIONE PER RENZI DEI NOBILI FIORENTINI. - Davide Vecchi
DAL 2009 AL 2011 IL SINDACO RISIEDEVA NELLO STORICO PALAZZO MALENCHINI. PER LE FAMIGLIE DEI MARCHESI PROPRIETARI DELL’APPARTAMENTO LE “CORTESIE” DI COMUNE E PROVINCIA.
Se non fosse stato per la marchesa Cornaro nominata assessore in Provincia nel 2004, Matteo Renzi non avrebbe trovato la sua prima casa fiorentina, in via Malenchini 1, dove da sindaco ha registrato la residenza dal 13 novembre 2009 al 13 marzo 2011, prima di trasferirsi nell’appartamento di via degli Alfani 8, pagato dall’amico Marco Carrai.
FU LA MARCHESA Giovanna Folonari Cornaro a presentare l’allora giovane ed esuberante presidente della Provincia alle famiglie nobili di Firenze tra cui il marchese Luigi Malenchini, proprietario dell’abitazione di 80 metri quadri poi affittata al sindaco. Che il cognome sia uguale al nome della via non è un caso: il palazzo è uno dei più antichi di Firenze. Costruito nel 1348, è incastrato a 300 metri da Palazzo Vecchio, gli Uffizi, Santa Maria alle Grazie, Ponte Vecchio. Insomma nel cuore della città.
FU LA MARCHESA Giovanna Folonari Cornaro a presentare l’allora giovane ed esuberante presidente della Provincia alle famiglie nobili di Firenze tra cui il marchese Luigi Malenchini, proprietario dell’abitazione di 80 metri quadri poi affittata al sindaco. Che il cognome sia uguale al nome della via non è un caso: il palazzo è uno dei più antichi di Firenze. Costruito nel 1348, è incastrato a 300 metri da Palazzo Vecchio, gli Uffizi, Santa Maria alle Grazie, Ponte Vecchio. Insomma nel cuore della città.
Renzi paga al mese 900 euro d’affitto per una mansarda.
Luigi è proprietario di tutti gli immobili e risiede nel palazzo di via Vincenzo Malenchini 1.
Qui vive anche sua moglie, Livia Frescobaldi. Mentre Luigi in quegli anni opera nel ramo agricolo, proprietario dell’azienda Agri Carignano e consigliere tra l’altro della Marchesi Ginori Lisci, Livia si dedica alla cultura, pur essendo azionista della Compagnia Frescobaldi Spa, azienda di famiglia che gestisce ben cinque tenute, in particolare nelle zone Chianti Rufina e Montalcino, e produce alcuni dei vini toscani più noti e diffusi al mondo, uno su tutti il Nipozzano.
Due mondi simmetrici dunque, quello di Renzi e quello della coppia Malenchini Frescobaldi. Che però inconsapevolmente si incontrano già nel 2008. Quando la Provincia di Firenze, guidata dall’attuale premier, organizza e finanzia il Genio Fiorentino. Alle casse dell’ente l’iniziativa costa 881 mila euro, parte dei quali espressamente dedicati a organizzazioni di eventi e mostre finalizzate alla promozione e sviluppo dei vini toscani.
Con esattezza, 141 mila euro di eventi, nella manifestazione GeniDiVini: a farla da padrone (indiscusso) proprio il Castello di Nipozzano-Marchesi de’ Frescobaldi. Una casualità? Senz’altro. I dettagli delle fatture sono però nelle mani della Corte dei conti che sta indagando con l’ipotesi di danno erariale per 9 milioni di euro a carico della giunta guidata da Renzi.
Una casualità, senz’altro, perché le cronache cittadine fanno risalire l’amicizia tra il premier e la coppia a inizio 2009, alla cena elettorale organizzata a sostegno dell’allora candidato sindaco da Ambrogio Folonari e signora, Giovanna Folonari Cornaro.
C’erano tutti i blasoni che contano, dai marchesi Mazzei ai Bini Smaghi.
Le famiglie patrizie iniziarono così, come mai prima, a mischiarsi con la politica cittadina. Tanto che per sostenere Renzi, i nobili toscani negli ultimi anni hanno persino varcato i circoli Arci e le storiche case del Popolo.
Sponsorizzato da Giovanna Folonari che Renzi, con un colpo a sorpresa nel 2004 nominò assessore al Turismo e alla Cultura della Provincia da lui guidata.
Lei è rimasta talmente entusiasta dell’esperienza da voler divulgare orgogliosamente il suo curriculum.
Dieci righe: nome, cognome, data di nascita, esperienza lavorativa da assessore e firma. Punto.
Non stupisce che nel 2011 la Corte dei conti abbia poi condannato Renzi e altri per danno erariale nei confronti della Provincia di oltre 2 milioni di euro per aver assunto persone non qualificate. Tra cui proprio la nobildonna.
A cui Renzi prestò, gentilmente, l’avvocato di fiducia: Alberto Bianchi.
NEL 2010, INTANTO, a Livia Frescobaldi, moglie del proprietario di casa in cui abitava, il Comune guidato da Renzi affida la cura della mostra “Il Risorgimento della maiolica italiana”, patrocinata da Palazzo Vecchio e sostenuta, tra gli altri, dall’Ente Cassa di Risparmio di Firenze guidata dall’amico Marco Carrai. L’anno successivo Livia Frescobaldi fa il suo ingresso, nominata sempre dal Comune, nel Gabinetto scientifico letterario Vieusseux. A conferma che la nobiltà sostiene apertamente Renzi, c’è anche il contributo versato dalla Frescobaldi alla fondazione Big Bang per finanziare la campagna di Renzi per le primarie a segretario del Pd. Un contributo simbolico, per carità, 250 euro. Un po’ come quell’affitto da 900 euro per una mansarda immersa nel cuore di Firenze.
Luigi è proprietario di tutti gli immobili e risiede nel palazzo di via Vincenzo Malenchini 1.
Qui vive anche sua moglie, Livia Frescobaldi. Mentre Luigi in quegli anni opera nel ramo agricolo, proprietario dell’azienda Agri Carignano e consigliere tra l’altro della Marchesi Ginori Lisci, Livia si dedica alla cultura, pur essendo azionista della Compagnia Frescobaldi Spa, azienda di famiglia che gestisce ben cinque tenute, in particolare nelle zone Chianti Rufina e Montalcino, e produce alcuni dei vini toscani più noti e diffusi al mondo, uno su tutti il Nipozzano.
Due mondi simmetrici dunque, quello di Renzi e quello della coppia Malenchini Frescobaldi. Che però inconsapevolmente si incontrano già nel 2008. Quando la Provincia di Firenze, guidata dall’attuale premier, organizza e finanzia il Genio Fiorentino. Alle casse dell’ente l’iniziativa costa 881 mila euro, parte dei quali espressamente dedicati a organizzazioni di eventi e mostre finalizzate alla promozione e sviluppo dei vini toscani.
Con esattezza, 141 mila euro di eventi, nella manifestazione GeniDiVini: a farla da padrone (indiscusso) proprio il Castello di Nipozzano-Marchesi de’ Frescobaldi. Una casualità? Senz’altro. I dettagli delle fatture sono però nelle mani della Corte dei conti che sta indagando con l’ipotesi di danno erariale per 9 milioni di euro a carico della giunta guidata da Renzi.
Una casualità, senz’altro, perché le cronache cittadine fanno risalire l’amicizia tra il premier e la coppia a inizio 2009, alla cena elettorale organizzata a sostegno dell’allora candidato sindaco da Ambrogio Folonari e signora, Giovanna Folonari Cornaro.
C’erano tutti i blasoni che contano, dai marchesi Mazzei ai Bini Smaghi.
Le famiglie patrizie iniziarono così, come mai prima, a mischiarsi con la politica cittadina. Tanto che per sostenere Renzi, i nobili toscani negli ultimi anni hanno persino varcato i circoli Arci e le storiche case del Popolo.
Sponsorizzato da Giovanna Folonari che Renzi, con un colpo a sorpresa nel 2004 nominò assessore al Turismo e alla Cultura della Provincia da lui guidata.
Lei è rimasta talmente entusiasta dell’esperienza da voler divulgare orgogliosamente il suo curriculum.
Dieci righe: nome, cognome, data di nascita, esperienza lavorativa da assessore e firma. Punto.
Non stupisce che nel 2011 la Corte dei conti abbia poi condannato Renzi e altri per danno erariale nei confronti della Provincia di oltre 2 milioni di euro per aver assunto persone non qualificate. Tra cui proprio la nobildonna.
A cui Renzi prestò, gentilmente, l’avvocato di fiducia: Alberto Bianchi.
NEL 2010, INTANTO, a Livia Frescobaldi, moglie del proprietario di casa in cui abitava, il Comune guidato da Renzi affida la cura della mostra “Il Risorgimento della maiolica italiana”, patrocinata da Palazzo Vecchio e sostenuta, tra gli altri, dall’Ente Cassa di Risparmio di Firenze guidata dall’amico Marco Carrai. L’anno successivo Livia Frescobaldi fa il suo ingresso, nominata sempre dal Comune, nel Gabinetto scientifico letterario Vieusseux. A conferma che la nobiltà sostiene apertamente Renzi, c’è anche il contributo versato dalla Frescobaldi alla fondazione Big Bang per finanziare la campagna di Renzi per le primarie a segretario del Pd. Un contributo simbolico, per carità, 250 euro. Un po’ come quell’affitto da 900 euro per una mansarda immersa nel cuore di Firenze.
domenica 30 marzo 2014
venerdì 28 marzo 2014
Tra falsità e menzogne è partita la campagna elettorale delle grandi banche in Italia. - Sergio Di Cori Modigliani.
"Ogni mezza verità è una menzogna intera" antico proverbio del Talmud
Una carta è globale, l'altra è locale, la terza è mediatica.
Il trucco c'è ma non si vede.
Così, fino a ieri.
Il trucco c'è e invece si vede benissimo: da quando la cittadinanza planetaria si sta svegliando.
Non è una differenza da poco.
Post di geopolitica e di mestizie nostrane.
1). La carta locale.
Come funziona?
Siamo in campagna elettorale, quindi, fiato alle trombe e ciascuno esponga e proponga il proprio programma, progetto, proposta.
Così, almeno, dovrebbe funzionare.
Ma non in Italia.
Perchè da noi l'oligarchia dei partiti è in affanno nella consapevolezza di non avere un programma nè un progetto, nè tantomeno una proposta.
Tanto è vero che Renzi il giorno prima di partire per la Germania, una decina di giorni fa, aveva dichiarato con enfasi: "vado dalla Merkel per sostenere e battermi per una Europa diversa" (il che faceva credere all'esistenza di un progetto e di un programma alternativo) e non appena sbarcato a Berlino, per tre volte nell'arco di 24 ore, dichiarava "rispetteremo tutti i trattati".
Quindi, le risposte possono essere soltanto due:
a) non aveva nessun programma e quindi non aveva nessuna proposta da fare;
b) in Italia sostiene una ipotesi e quando va a trattare sostiene l'ipotesi opposta puntando sulla complicità suadente della cupola mediatica che non fa domande, non smaschera le contraddizioni.
L'immagine che vedete in bacheca è molto chiara. Il gioco delle tre carte "locale" funziona così: ciò che conta è prendere voti, quindi bisogna far credere che....fino al giorno delle elezioni; una volta superato il responso delle urne vediamo di fare i conti. Il decreto sulle province di Del Rio non mi pare che le abolisca, semmai le occulta, le rende clandestine e aumenta le spese invece di diminuirle se i comuni saranno obbligati a indebitarsi fino al collo con 26.510 consiglieri in più e 5448 assessori in più con un aggravio di spesa complessiva superiore del 22% rispetto a oggi; ingigantirà l'apparato burocratico che getterà i comuni in uno stato di caos rendendoli ingovernabili; due eminenti membri della Corte Costituzionale hanno già fatto sapere che, al massimo entro la fine di ottobre, loro contesteranno il provvedimento che contiene almeno sei punti anti-costituzionali e quindi il Parlamento sarà costretto ad abrogarlo.
Tutto ciò, alla classe politica dirigente italiana non interessa. Ciò che conta è dimostrare che Renzi fa, per consentire ai suoi consulenti della comunicazione di poter dire in campagna elettorale "ho abolito le province perchè io sono uno che le cose le fa". Il 10 maggio del 2009, Umberto Bossi aveva radunato i suoi e aveva detto: ve l'avevo promesso e ve l'ho dato, abbiamo portato a casa il federalismo fiscale che rivoluzionerà l'Italia, da oggi esiste la Padania, ecc.Ma la gente non ha memoria, quindi non ricorda e chi vota ancora per la Lega è malato di Alzheimer sociale.
Si dirà che entro il 30 aprile diminuiranno le spese militari del 20% e che gli F35 non li compreremo più. Il 27 maggio, è probabile -nonchè realistico- che Cottarelli invierà una lettera allarmata al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio, al comitato della difesa nazionale, che verrà presentata come una incresciosa e tragica novità che obbligherà il Presidente -in quanto custode della Costituzione- a far valere il principio normativo del rispetto dei trattati internazionali pena l'estromissione dal G20 dal G10 dal G8 dal G7 da tutte le G. Quindi saremo obbligati a rispettare i patti e compreremo tutte le armi che dobbiamo acquistare. Stessa cosa per i famigerati 80 euro in busta paga per maggio, poi se a giugno non ci stanno i soldi, poco conta. Si rimanderà a settembre e poi a febbraio del 2015, l'importante è che non si vada a votare, qualche giornalista sottolineerà i ritardi e i rimandi ma saranno troppo pochi.
Finita la festa, gabbato lo santo......
2). La carta internazionale.
Come funziona?
Pressappoco nello stesso modo. Con l'aggiunta di variopinte tonalità di folclore locale che aggiungono pepe e fanno fibrillare i popoli. Il cosiddetto conflitto russo-ucraino ben si inserisce nel gioco delle tre carte a livello internazionale.
Barack Obama ha un suo problema in patria, esattamente lo stesso identico problema che ha Vladimir Putin a casa sua.
Il presidente americano vuole lanciare un new deal. E' riuscito a imporre la Yellen -rooseveltiana di ferro- come presidente della Federal Reserve, proprio per dare un segnale forte ai repubblicani. Ma non ha la maggioranza al senato e il 4 novembre in Usa ci sono le elezioni politiche per il rinnovo delle camere. Ha bisogno di 49 voti. O vince le elezioni in autunno oppure si accorda con i repubblicani: sta seguendo le due strade. Ha iniziato le trattative a gennaio e Obama è un abilissimo negoziatore politico.
Ne ha trovati 60 disposti a votare a dicembre la legge che gli consente di investire 3.000 miliardi di dollari in infrastrutture, a debito.
Non sono voltagabbana come da noi, lì è diverso.
Sono solidi repubblicani che (guarda caso) interpretano le esigenze delle lobby che loro rappresentano (ma da loro le lobby sono ufficiali e dichiarate): l'industria degli armamenti e gli alti ranghi dell'esercito.
E così Obama ha bisogno di dar la guazza ai suoi generali per chiudere l'accordo economico in patria. E i suoi generali assomigliano a quelli descritti da Kubrick nel film "Il dottor Stranamore"
Anche Putin ha un problema analogo in patria dovendo gestire una spaventosa crisi economica causata dalle sue politiche iper-liberiste, e i suoi generali hanno spinto con forza per aumentare del 40% l'investimento del budget militare aprendo circa 5.000 nuove fabbriche che darebbero lavoro complessivamente a circa 2 milioni di russi. Il fatto è che se non c'è una guerra, non c'è nessuno che ti minaccia, non hai paura di essere invaso e in realtà un vero nemico non esiste, come fai a giustificare la necessità di aumentare i costi della Difesa?
Secondo me e prima che mi chiediate i link, preciso e specifico che si tratta di una mia personale interpretazione e analisi dell'attuale scenario internazionale, hanno raggiunto un accordo globale (mancano ancora gli arabo-sauditi ma Obama penso che stia andando lì, per l'appunto, per convincerli) in modo tale da lanciare un piano finanziario-economico di approvvigionamento militare planetario -con guadagni mostruosi per i colossi della finanza che ci scommettono sopra- spostando ingenti masse di denaro da potenziali settori di intervento (scuole, ospedali, strade, ricerca scientifica medica, ecc.) all'industria degli armamenti. Hanno messo in piedi il gioco delle tre carte globali e l'Ucraina -la nazione più debole d'Europa- è perfetta per il trucco. Con la scusa di un potenziale conflitto mondiale, Obama e Putin (in pieno accordo) danno la guazza ai propri generali, ma siccome non lo possono fare tanto in patria, scaricano i costi sulle colonie.
Mentre Obama viene a visitare i suoi possedimenti più deferenti e servili (Belgio, Olanda e Italia) Putin, contemporaneamente, è andato in Bielorussia, Georgia, Kazakhistan, a fare lo stesso identico discorso che Obama ha fatto in Europa.
Da una parte c'è il mostro Putin, dall'altra c'è il mostro Obama.
Per me il segnale è molto chiaro. Lo era già un mese fa quando ho allucinato la seguente conversazione (frutto della mia fervida immaginazione) alla Casa Bianca.
I consulenti di Obama sono preoccupati perchè devono imporre un piano di 500 miliardi di dollari di spese militari nel prossimo biennio agli europei (l'Italia in quota parte deve partecipare per circa 50 miliardi) ma ci sono gatte da pelare, soprattutto in Italia dove non c'è trippa per gatti.
Ad un certo punto si alza un brillante analista e fa: "capo, ho avuto un'idea per convincere gli italiani e allo stesso tempo eccitare i nostri elettori democratici, così prendiamo due piccioni con una fava".
Ha esposto il suo piano che è stato approvato.
Ha funzionato.
Perchè un mese fa è accaduta una cosa imprevista e anomala.
Sul Wall Street Journal è apparsa la notizia che l'amministrazione Obama aveva piantato una controversia economica al più importante fondo d'investimento finanziario-speculativo del mondo (statunitense) che si chiama Black Rock.
Multa: 27 miliardi di dollari.
Tutti a parlarne in Usa, con soddisfazione della cittadinanza, per la serie "li hanno beccati: era ora che pagassero".
Tre giorni dopo, fatto insolito, l'amministrazione accetta il patteggiamento e la notizia scompare.
Nessuno ne parla più.
Cinque giorni dopo, il management di Black Rock annuncia ufficialmente alla City di Londra di aver acquisito il pacchetto di maggioranza della banca Unicredit, il più importante istituto finanziario italiano.
Fine della storia.
3). La carta mediatica
Come funziona?
La cupola mediatica ha il compito di enfatizzare, sottolineare, dibattere e argomentare sulle prime due carte, quella locale e quella globale, muovendole a velocità impressionante, per occultare le notizie vere di cui nessuno parla.
Pochissimi -per non dire quasi nessuno- oggi è al corrente del fatto che Unicredit è diventata una banca americo-catariota.
I due più importanti azionisti sono, infatti, un fondo speculativo made in Usa e il nostro Luca di Montezemolo.
Il fatto è che il nostro non partecipa in qualità di presidente della Ferrari (il che sarebbe comprensibile data la potenza dell'imaging brand del cavallino rosso) magari fosse così.
Sta lì come presidente di una fondazione il cui principale azionista -possiede il 92% delle quote finanziarie- è l'emiro del Qatar in persona.
Quindi di che cosa stiamo a parlare? Un fondo speculativo finanziario statunitense, ricattato dall'amministrazione del suo paese, controlla la più importante banca italiana che detiene la più alta quota di bpt nazionali, quindi dà ordini: o compriamo armi o ci affossano l'economia.
Prendere o lasciare.
A questo serve la stampa e la televisione.
A non parlare di tutto ciò.
E andava fatto quando Black Rock aveva iniziato la manovra di aggiramento.
In un paese che tiene alla propria sovranità e autonomia, i giornalisti economici si sarebbero scatenati a parlare della vicenda seguendola passo per passo, argomentando sulle implicazioni, sui potenziali contraccolpi, invitando, pressando Bankitalia a sorvegliare, controllare, farci sapere.
Ne avrebbero parlato talmente tanto da spingerci al punto di dire "oh! Basta co'sta storia di Black Rock tutti i giorni, non se ne può più".
Però, in compenso, la cupola mediatica ha estratto dall'intervista di Grillo a Mentana i due minuti relativi all'introduzione del concetto di "debito odioso", quando il leader politico ha ventilato l'ipotesi di farlo valere anche in Italia, dispiegando sul campo comunicativo tutte le truppe scelte del giornalismo economico, degli opinionisti esperti, i quali hanno derubricato l'idea di protestare il nostro debito, sostenendo che forse poteva essere pensabile nel 2010 quando gran parte del nostro debito era nelle mani dei tedeschi, degli americani e dei francesi, ma siccome "notoriamente hanno venduto tutti i nostri bpt che adesso sono posseduti quasi al 90% dalle banche italiane" non ha alcun senso.
Ciò che non dicono è che le più importanti banche italiane non sono più italiane: sono statunitensi, catariote, saudite, tedesche, francesi e di italiano c'è soltanto il nome. L'amministratore delegato di Intesa San Paolo è stato per 15 anni l'uomo di ferro del gruppo Allianz a Francoforte; i tre più importanti consiglieri di amministrazione della Banca Carige sono Jerome Bonnet, Philippe Garsualt e Philippe Wattecamps, finanzieri della Banca di Francia; la Cariparma e il Credito Agricolo sono andate in soccorso di Monte dei Paschi di Siena, ma sono del gruppo BNP Paribas e così via dicendo.
E adesso si fa credere agli italiani che le decine di miliardi di euro che si stanno rovesciando sulla borsa di Milano siano soldi di investitori internazionali che guardano con interesse il nostro paese. Lo credo che lo guardano con interesse, è roba loro!
Per il momento depositano -fino alle elezioni europee- soldi nelle finte banche italiane ricattando la classe politica che è al loro servizio.
Domani, quando non ne avranno più bisogno, staccheranno la spina e andranno dove conviene di più.
A quel punto, ricominceremo il giochetto delle tre carte versione "speculazione internazionale che si sta abbattendo sul nostro paese" e quindi i media saranno chiamati a spiegare alla gente che anonimi malvagi investitori di nazioni molto distanti da noi ce l'hanno con l'Italia.
Così funziona il gioco delle tre carte.
Le elezioni europee sono una buona occasione, anzi, direi l'ultima, per andare a Strasburgo e chiarire a tutta la comunità europea "signori, il gioco non funziona più".
Dobbiamo disinnescare questo meccanismo perverso.
Buon week end a tutti.
http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it/2014/03/tra-falsita-e-menzogne-e-partita-la.html
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