sabato 23 agosto 2014

Addio alla pillola anticoncezionale: Arriva un nuovo metodo senza effetti collaterali. Ecco quale.

pillola anticoncezionale

Pillola, spirale, impianti contraccettivi, preservativi – l’elenco dei contraccettivi disponibili è lungo. Attualmente, però alcuni ricercatori americani stanno lavorando su un nuovo metodo che secondo Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, potrebbe risolvere l’annosa questione delle gravidanze indesiderate anche se non quella, ugualmente importante, delle malattie trasmesse sessualmente.
Il principio, comunque, appare allettante: una volta impiantato sotto la pelle e attivato tramite telecomando, è un piccolo chip regolatore degli ormoni che proteggono contro la gravidanza a partire dai 16 anni d’età. Bloccare l’unità può essere altrettanto semplice tramite un controllo da remoto.L’idea dell’impianto a fini biomedicali deriva dal co-fondatore di Microsoft Bill Gates. La sua fondazione sostiene il progetto con l’equivalente di circa 3,4 milioni di euro. Di conseguenza, l’invenzione è diretta principalmente alle donne nei paesi in via di sviluppo, dove i contraccettivi sono spesso ancora rari.
Ma anche nei paesi occidentali, i ricercatori sperano che il chip potrebbe essere un affidabile e soprattutto comoda alternativa.Il piccolo impianto di circa due centimetri quadri fornisce ogni mese allo stessa scadenza la stessa quantità di ormoni. “Il chip di prevenzione contiene dosi singole di un progestinico già ampiamente utilizzato,” spiega Robert Farra della Firma MicroChips, fondata dagli scienziati del Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Cambridge, Massachusetts, che ha sviluppato l’impianto.
I progestinici sono ora inclusi nella pillola anticoncezionale, nei dispositivi intrauterini e negli impianti contraccettivi. Essi inibiscono l’ovulazione e quindi costituiscono una protezione contro la gravidanza.L’ormone può essere conservato in camere separate sul chip. “Un piccolo computer e un orologio sul chip garantiscono che proprio al momento giusto ogni mese è sempre data la stessa quantità di progestinico”, ha detto Farra.
Una batteria invia energia attraverso il chip che è sigillato con titanio e platino fuso, in modo che l’ormone dalla camera fluisce nel tessuto.Proprio per l’esatto dosaggio, gli sviluppatori sperano che vi siano meno effetti collaterali rispetto agli impianti contraccettivi o intrauterini. I metodi stabiliti di contraccezione forniscono l’ormone sessuale in continuazione, ma non sempre esattamente lo stesso dosaggio. Il chip inoltre dura molto più a lungo dei normali contraccetivi ormonali – e può essere spento con il telecomando se la donna vuole rimanere incinta. Il chip viene impiantato con un’operazione della durata di mezz’ora in anestesia locale.
Il microchip è stato testato finora solo su otto donne con osteoporosi che nel 2012 hanno ricevuto un farmaco anti-osteoporosi. La variante di prevenzione sarà testata sugli esseri umani per la prima volta nel 2016 e nel 2018 arriverà sul mercato. Fino ad allora, però, le questioni importanti devono ancora essere chiarite: “Resta da vedere se il chip funziona come desiderato nella forma attuale come un mini pillola o come pillola del giorno dopo”, spiega Thomas Rabe, presidente della Società Tedesca di Endocrinologia Ginecologica e Medicina della Riproduzione (DGGEF). Decisivo per l’effetto è in ultima analisi, non è la quantità di ormone fornita, ma come il corpo l’assorbe.
“Questo può anche variare tra gli individui.”Inoltre, se una capsula cresce intorno all’impianto, possono alterare l’assorbimento, e quindi l’effetto dell’ormone”.I problemi attualmente riguardano la sicurezza dei dati. Il chip e il controllo remoto comunicano via radio e questo segnale non è ancora crittografato. “Qualcuno potrebbe alterare l’impianto anche senza un telecomando o disattivarlo”, dice Rabe. La Food and Drug Administration vuole impedire i test sul paziente fino a che la trasmissione dei dati non saranno al sicuro. I ricercatori sperano che questo sarà fatto entro il prossimo anno.
Nel complesso, le aspettative del chip sono alte: “Non c’è dubbio che i microchip impiantabili andranno a sostituire i metodi convenzionali nel prossimo futuro,” scrivono i ricercatori in uno studio dell’aprile 2014. Gli scienziati si aspettano che i chip contenenti farmaci saranno ulteriormente sviluppati nei prossimi decenni. Tanto che un giorno i farmaci nel corpo, se necessario si doseranno in maniera indipendente. Ciò è particolarmente interessante per il trattamento di malattie croniche.
Si guarda soprattutto al grande potenziale nella somministrazione di insulina, che i diabetici devono iniettarsi di solito più volte al giorno. Un chip per questo scopo non è ancora disponibile, però.Il primo microchip del suo genere è già stato messo a punto negli anni novanta da un team guidato da Robert Langer del MIT. Tanto che i ricercatori hanno creato l’azienda Microchip Technology.
Nel 2006 si è passati ai primi esperimenti su animali in cui ratti affetti da tumore al cervello ricevevano la chemioterapia tramite chip.Nel 2011, i ricercatori hanno testato l’impianto per la prima volta negli esseri umani ed ha riguardato gli otto pazienti con osteoporosi di cui abbiamo parlato. In tutti era cresciuta poco dopo una capsula di tessuto connettivo attorno all’impianto. Tuttavia, uno studio su otto pazienti non consente oggettive dichiarazioni statistiche.
Nelle malattie che di solito sono trattate con farmaci da iniettarsi, il chip potrebbe rendere la siringa comune superflua e quindi proteggere la pelle e vasi sanguigni.
Attualmente si sta lavorando con i microchip per il trattamento della sclerosi multipla.

mercoledì 20 agosto 2014

Funerali di Stato. - Massimo Gramellini


E’ abbastanza spiacevole questa ostinazione degli anziani nel non volere morire. 
Sono così evidenti i vantaggi che ne trarrebbe il debito pubblico, finalmente sgravato da spese pensionistiche e sanitarie, per la soddisfazione della Bce, della Trojka e del governo delle giovani marmotte. 
Va riconosciuto che le istituzioni, per una volta efficienti e coese, stanno facendo di tutto per agevolare la complessa ma necessaria operazione. 
Dopo avere spremuto di tasse le abitazioni che gli anziani avevano comprato nel corso della vita, ora si accingono a prosciugare l’ultima trincea del loro modesto benessere: la pensione. 
A questo scopo i bonificatori non esitano a servirsi di un arnese antico e indistruttibile, il populismo, per bollare come immorale un assegno di tremila euro al mese.  

Ai puritani del taglio senza anestesia sfugge però che è anche merito di quelle risorse tanto esecrate se in Italia non è ancora scoppiato un conflitto sociale. Il pensionato «benestante», nuovo bersaglio dell’odio collettivo, è in realtà il banchiere superstite e l’ultimo Welfare a cui attingono le generazioni dei disoccupati e dei sottopagati cronici. Per dirla più brutalmente: i nipoti campano grazie ai soldi che i nonni speravano di lasciare ai figli. Adesso una parte di quel denaro dovrebbe trasferirsi dalle tasche dei pensionati a quelle bucate del Tesoro con la formula ipocrita del contributo di solidarietà. 
Forse servirà a pagare i funerali: di Stato.  

lunedì 18 agosto 2014

Chi controlla il denaro controlla il mondo - Nunzia Penelope



"In Italia gli Agnelli, Bulgari, Delvecchio, Marzotto, Gruppo Pesenti, Gruppo Prada, Dolce e Gabbana, la famiglia Riva, la famiglia Rocca, i Montezemolo, i Della Valle, i Ferrero della Nutella e persino i Delonghi del Pinguino; l’elenco è molto lungo e tutti hanno una rete di società, di cui l’ultima sta sempre in Lussemburgo, Olanda, in paesi a fiscalità privilegiata; però se io ho la fabbrichetta di tubi in Valtellina non la posso portare da nessuna parte e quindi io mi becco la tassazione al 70%, mentre i grandi gruppi no. "Nunzia Penelope, autrice del libro: Caccia al tesoro, Ed. Ponte alle Grazie
"Stiamo come al solito, alla caccia disperata di soldi, l’Italia si prepara a una manovra in autunno, la Germania sta rallentando anche se il suo PIL è positivo e non e' in recessione come noi, si profilano tempi durissimi, tutti a caccia di soldi e di capitali, ma stranamente non li vanno a cercare nell’unico posto dove ci sono, cioè nei paradisi fiscali. 
Uno pensa alle Cayman, alle palme, ai gialli americani, in realtà basta andare molto più vicino. Ovviamente in Svizzera, ma anche in Lussemburgo, in Lichtenstein, in Austria, persino in Germania. Questa è una cosa che pochi sanno, ci sono reti di banche particolari dove vige un segreto bancario come quello svizzero. In pratica l’Europa è un grande paradiso fiscale a cielo aperto, l’Europa che piange miseria e che sta alle prese con la crisi ormai da sette anni, non si sa per quale motivo non fa nulla per recuperare le sue sostanze.
Nei paradisi fiscali c’è il più grosso bottino della storia, si parla di circa trenta mila miliardi di dollari, una cifra che rappresenta tutta la ricchezza prodotta in un anno in Europa e negli Stati Uniti; noi. come Italia. contribuiamo parecchio a questa ricchezza, perché secondo una ricerca della Banca d'Italia, siamo in testa alla classifica di esportazione di capitali illeciti. La maggiore parte dei nostri capitali illeciti come è noto va a finire in Svizzera, però ci sono degli interessi particolari che impediscono di riportare a casa i soldi svizzeri e diciamo che lo stock di denaro italiano accumulato nei decenni in Svizzera ammonta a circa mille miliardi. Se teniamo conto che il nostro debito pubblico è di due mila miliardi, praticamente metà sta nascosto in Svizzer; non lo so, forse bisognerebbe fare qualche cosa per riprenderseli. 
Questi enormi capitali hanno tre origini, arrivano dalle grandi multinazionali, che li portano lì grazie alle leggi favorevoli che consentono loro di farlo, dall’evasione fiscale, anche lì sfuggendo alle maglie del fisco di tutti i paesi, e poi dal crimine organizzato. 
I canali che trasferiscono i capitali da un Paese all’altro sono sempre gli stessi: banche, istituzioni finanziarie, professionisti, come notai, commercialisti, etc., che trattano indistintamente questi soldi che provengono da queste tre fonti. Questo significa che la commistione tra economia pseudo pulita e sporca ormai è assolutamente totale, per cui c’è metà dell’economia mondiale che cuoce nello stesso calderone dei paradisi fiscali.
I paradisi fiscali di per sé sono legali, tanto è vero che hanno sede in un paradiso fiscale praticamente tutte le grandi società italiane, tutte le regine della Borsa, tutte, dall’Enel all’Eni, alle principali banche italiane, Banca intesa, Unicredit, tanto tutte sedi in qualche paese offshore. 
Il problema è che sono queste società a non essere trasparenti, cioè nel momento in cui crei una società offshore poi nessuno ci può mettere il naso, quindi ci puoi fare quello che vuoi. 
Quale è la differenza? Che questi, lasciando perdere quelli del crimine, sono capitali esentasse, perché la grande multinazionale che grazie agli accordi con l’Irlanda piuttosto che con il Lussemburgo, riesce a pagare un'aliquota fiscale dello 0,05% rispetto al piccolo imprenditore che paga il 70% del prelievo fiscale, poi è chiaro che si può permettere di riportare i capitali qui e di fare ulteriori investimenti. Del piccolo imprenditore ovviamente poi uno si lamenta perché in Italia non investe più nessuno, ti credo, nessuno ha più una lira. 
In Italia si è cercato di fare una legge seria in modo che vengano pagate tutte le tasse arretrate sui soldi portati in Svizzera o in altri Paesi, ma soprattutto pretende che si dica come quei soldi sono stati fatti, chi ha aiutato a portarli fuori, se sono frutto di una tangente, se sono stati usati per pagare una tangente. Naturalmente vi rendete conto che in Italia fare tutte queste domande è eversivo


Tant'è vero che questa legge partorita sotto il governo Monti, è morta lì, poi è stata recuperata sotto il governo Letta che l’ha approvata con un decreto il 28 gennaio e il 14 febbraio è andato a casa, sarà una coincidenza, sicuramente. Di seguito questa legge è stata recuperata nuovamente dal governo Renzi, ha fatto un tour in Commissione Finanze, alla Camera, è andata sotto, sopra, cambiata, trasformata, etc.,e finalmente era stata approvata non molti giorni fa in Commissione Finanze e dopodiché è di nuovo scomparsa.

Per esempio c’è una ricerca del Politecnico di Zurigo, una delle istituzioni di studio più serie e rigorose che ci sono in Europa, che si può trovare tranquillamente online, dove risulta che tutta l’economia mondiale è controllata da 50 multinazionali, in testa c’è una banca, la Barclays, seguono altre banche molto note, come Goldman Sach, JP Morgan, Deutchbank Merrill Lynch, Bank Of America. 25 di queste multinazionali sono americane, però siamo anche in questa classifica, al 43°posto, con una banca, Unicredit. 
Queste 50 multinazionali in buona parte sono anche le stesse che poi ritroviamo nei paradisi fiscali, e sono anche le stesse che hanno gestito tutta l’operazione mondiale sui derivati, la famosa bomba a orologeria che prima o poi esploderà travolgendo tutto il mondo.
Se l’economia mondiale è in queste mani io dubito che l’OCSE con tutta la sua buona volontà, così come dubito che qualsiasi governo riescano a combattere il sistema dei paradisi fiscali e sempre perché sono rimasta ingenua, ancora penso che se i cittadini iniziassero a far sentire la loro voce forse i governi qualche cosa riuscirebbero a fare. 
Quando leggete sui giornali che è finito il segreto bancario in Svizzera non credeteci, perché ne stanno nascendo altri. Pensate che il Tibet, si sta attrezzando per diventare un grande paradiso fiscale; allora se tutti i cittadini, tutti i paesi d’Europa e d’America si rendessero conto che il motivo per cui stanno alla fame e pagano tasse spropositate è esattamente questo, quello delle banche, delle multinazionali, dei paradisi fiscali che creano una economia parallela di cui godono solo loro; penso che forse i governi avrebbero la forza di fare finalmente qualche cosa. Quando, per esempio vedo che a capo della Commissione Europea eleggono Jean Claude Junker, persona degnissima, ma guarda caso per vent'anni custode di uno dei paradisi fiscali più blindati d’Europa, il Lussemburgo, qualche dubbio mi viene, d’altra parte il Financial Times è stato l’unico giornale a scrivere un gigantesco articolo contro Junker in quanto ex-capo di un paradiso fiscale. 
Perché la Gran Bretagna si oppone a questa nomina? Perché lei è l’altro grandioso paradiso fiscale europeo! Poi uno dice che esiste la sindrome del complotto. 
Tornando in Italia, gli Agnelli, Bulgari, Delvecchio, Marzotto, Gruppo Pesenti, Gruppo Prada, Dolce e Gabbana, la famiglia Riva, la famiglia Rocca, i Montezemolo, i Della Valle, i Ferrero della Nutella e persino i Delonghi del Pinguino; l’elenco è molto lungo e tutti hanno una rete di società, di cui l’ultima sta sempre in Lussemburgo, Olanda, in paesi a fiscalità privilegiata; però se io ho la fabbrichetta di tubi in Valtellina non la posso portare da nessuna parte e quindi io mi becco la tassazione al 70%, mentre i grandi gruppi no. 
Il problema è che l’Italia non può abbassare le tasse, perché queste imprese intanto stanno fuori e le tasse non le pagano qui!
Questo è il serpente che si morde la coda e è anche il motivo per cui è così difficile uscire da questa situazione. Il momento in cui la Svizzera o il Lussemburgo smettono di fare quello che fanno sono rovinati! Il primo che si muove è morto, quindi o si fa un' operazione tutt' insieme o si rimane così, sempre sospesi sull’abisso, tanto prima o poi ci cadremo dentro.
Noi abbiamo la FIAT, che ha appena trasferito la residenza fiscale in Inghilterra, non è che l’ha trasferita così, perché è più international, ma perché pagherà meno tasse che stando qua, come tutti. Si può impedire questo? Sì, cambiando le leggi, siamo sempre allo stesso punto, però, perché Obama, l’uomo più potente del mondo, il Presidente degli Stati Uniti, non è riuscito ancora a impedire che la Apple gli rubi un milione di dollari l’ora? Ancora non c’è riuscito. 
Potrebbe fare una legge per impedire questo? Sì, certo, poi bisogna vedere se il Senato gliela approva, se i poteri forti che hanno finanziato la sua campagna elettorale gliela approvano, senza contare che ha in casa quattro paradisi fiscali: il Delaware, il Wyoming, il Nevada e la Florida, paradisi fiscali blindatissimi e che attirano società, capitali offshore da tutto il resto del mondo. 
La questione è complessa e il problema è sempre lo stesso: chi controlla il denaro controlla il mondo, la politica di fronte a questo è totalmente impotente. Io mi auguro sempre che ci sia un primato della politica sui soldi, ma ancora non l’ho visto." 
Nunzia Penelope

Guglielmo Manenti.



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Multe stradali, ecco come fare il ricorso e vincere!

multe stradali

Le multe stradali sono un vero e proprio dramma per il proprio portafoglio. Considerato che il Codice della strada è piuttosto rigido in materia sanzionatoria, e che le disattenzioni vengono pagate a carissimo prezzo, cerchiamo di comprendere quando sia possibile non pagare le multe e vincere il ricorso (pur augurandovi di assumere un atteggiamento pienamente rispettoso del Codice e, pertanto, non aver bisogno di leggere queste 5 regole per non pagare le multe):
  1. Notifica: la notifica della multa deve arrivare entro 90 giorni dalla data di accertamento dell’infrazione al Codice
  2. La contestazione per eccesso di velocità deve essere immediata se gli autovelox sono gestiti dalla polizia. In caso contrario, sul verbale devono essere spiegati i motivi della mancata contestazione immediata.
  3. Gli autovelox devono sempre essere segnalati: se così non fosse, la multa potrebbe non esser valida.
  4. La multa può essere attribuita anche dall’ausiliario del traffico, ma lo stesso deve agire solamente nell’area di sua competenza.
  5. Il verbale deve essere privo di errori. Ad esempio, deve contenere in modo chiaro quale sia la violazione segnalata, quale sia il numero civico che indichi la posizione dell’auto, la data, il numero di targa e l’esatta denominazione del veicolo.
Ricordiamo che si può impugnare il verbale dinanzi al Giudice di Pace entro 30 giorni dalla notifica o dalla contestazione, e dinanzi al Prefetto entro 60 giorni.