mercoledì 27 maggio 2015

MEDICI VENDUTI: PAROLA DI MEDICO! - Franco Giusto


Medico: una professione meravigliosa. Ma per esserlo deve evolversi nella giusta direzione e cioè quella di imparare a riconoscere la vera natura della persona. Qualunque sia la specialità, dal medico di famiglia al neurochirurgo, il paziente deve essere considerato nella sua realtà fisica, mentale e spirituale, strettamente connesse fra loro e non solo in distretti corporei. Curare le malattie è indispensabile ma senza ridursi a sterili dispensatori di farmaci o atti chirurgici senza entrare in empatia col paziente. 
Non è facile questa evoluzione per il medico perché innanzitutto prevede quella di se stesso come persona. La presunzione di curare un paziente rendendolo solo un consumatore di farmaci porta all'insuccesso terapeutico. Non a caso la locuzione latina “medice cura te ipsum” consiglia al medico di imparare prima a curare e conoscere se stesso ( nel senso metaforico più globale ) per poi poter professare nel giusto modo nei confronti degli altri. Questo fa la differenza.
So che indubbiamente ci sono persone pronte a farmi l'elenco di medici che non vivono questa realtà.  Ho scritto come dovrebbe essere il vero medico sperando che qualche collega possa leggerlo e sapere se è d'accordo. Non che io sia migliore degli altri, per carità, abbiamo tutti bisogno di riconoscere e migliorare i propri  limiti, la nostra umanità, ma la professione che abbiamo scelto non può esimere da quanto scritto. Purtroppo l'università di medicina non  insegna nulla di tutto questo, anzi gli esempi  inducono solo nell'arrivismo, nella competizione, a considerare il paziente un mezzo per fare esperienza e denaro, molti medici non  vedono oltre la punta delle proprie scarpe. Tutto questo è vero. I livelli apicali nelle cliniche universitarie e negli ospedali sono al 99 per cento controllati dai partiti politici e dalla massoneria che vi pongono i propri adepti. Anche i medici più sani moralmente e inizialmente volenterosi, inseriti in questi ambienti sanitari così deteriorati, ne rimangono a loro spese coinvolti e sconvolti  perdendo per strada l'entusiasmo per la professione. Concorsi di cui si sa già all'inizio chi vincerà, corruzione da parte delle case farmaceutiche, problemi economici, mancanza di aggiornamento, caos organizzativi secondari ai tagli della sanità, e tanto altro inducono a svalorizzare i principi di questa professione, che dovrebbe essere al servizio della salute non solo fisica del paziente. Comunque, so per vissuto certo e conosco medici che ancora vivono appieno i sentimenti originali della professione, che pensano prima ai pazienti che a se stessi, medici che fanno volontariato di tasca propria, medici che hanno sani principi  e non un salvadanaio al posto del cuore. Ci sono, sono pochi, ma resistono. Anch'essi fanno parte di quella piccola porzione di umanità che va controcorrente e cerca di mantenere accesa la fiamma del bene per non finire inghiottiti nel buio totale di questo mondo.

Franco Giusto - medico chirurgo in pensione.


In un paese in degrado l'etica è negletta, e anche la professione delle professioni subisce danni irreparabili. Come giustamente lamenta il medico che ha scritto l'articolo, anche chi vorrebbe esercitare al meglio la professione viene fagocitato e accantonato dalla massa di rampanti arrivisti super raccomandati dalla politica. E i risultati si vedono e si toccano con mano. Per esperienza personale abbiamo dovuto consultare tre neurologi per scoprire che mia figlia non era affetta da epilessia, ma di un'anomalia cardiaca: il "forame ovale pervio" (PFO), curabile con un semplice intervento chirurgico. 
Cetta.

Nino Galloni a RAI1 il 15 maggio 2015.



Nino Galloni confuta con pochi semplici numeri l'ipotesi che l'Italia sia fuori dalla crisi e dalla recessione economica.

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Chiaramente, la notizia, tutta da verificare, è diramata in vista delle elezioni; ma sappiamo tutti che la crisi economica trae origini antiche: 
il primo 'errore madornale lo ha fatto il governo quando approvò e varò la legge sul lavoro a tempo determinato, la famigerata legge Biagi, fatta per agevolare i datori di lavoro e schiavizzare i lavoratori costringendoli ad accettare stipendi sempre più bassi.
L'altro errore, sempre commesso dal governo, fu quello di entrare a far parte della UE per cui si determinò una svalutazione della nostra moneta locale pari al 50%.
Naturalmente, la corruzione ha dato il colpo finale.

Cetta.

martedì 26 maggio 2015

Sicilia, caso Gettonopoli ad Aci Catena: i consiglieri hanno il dono dell’ubiquità. - Giuseppe Pipitone

Sicilia, caso Gettonopoli ad Aci Catena: i consiglieri hanno il dono dell’ubiquità

Soltanto tra il giugno del 2014 e il gennaio del 2015 i 20 consiglieri comunali del comune catanese sono riusciti a riunirsi 854 volte: una media di 4 commissioni consiliari al giorno, tutti i giorni, festivi compresi. Un esempio: il 15 gennaio, alle 15 e 30, il vice presidente della sesta commissione si trovava ad intervenire sia su un atto d'indirizzo per la riduzione del canone dell'acqua potabile, mentre la sua presenza viene registrata negli stessi minuti anche nella terza commissione.

In sette mesi hanno speso quasi 160 mila euro per le riunioni del consiglio comunale e a volte riuscivano ad essere presenti in più commissioni diverse nello stesso momento, grazie ad un soprannaturale dono dell’ubiquità: il gettone di presenza da 51,33 euro, però, era naturalissimo e ovviamente doppio. L’ultima Gettonopoli di Sicilia esplode ad Aci Catena, provincia di Catania, nella stessa zona che fece da cornice ai Malavoglia di Giovanni Verga. La voglia di lavorare, invece, non sembra mancare ai venti consiglieri comunali del comune catanese che soltanto tra il giugno del 2014 e il gennaio del 2015 sono riusciti a riunirsi 854 volte: una media di 4 commissioni consiliari al giorno, tutti i giorni, festivi compresi, talmente alta da far impallidire le 1.133 riunioni convocate nel municipio d’Agrigento in un anno, il primo a meritarsi l’appellativo di Gettonopoli di Sicilia.
All’ombra della Valle dei Templi, però, la media di tre commissioni consiliari al giorno aveva fatto scattare le indagini della guardia di Finanza: una fattispecie che difficilmente si verificherà ad Aci Catena. Il motivo? Il regolamento comunale di Aci Catena non specifica il numero massimo delle commissioni che i consiglieri possono fissare e nemmeno la durata minima di ogni riunione utile per fare scattare il gettone. Capita quindi che due diverse commissioni si riuniscano per ben 40 volte con l’obbiettivo di stilare il regolamento della Consulta Giovanile: un atto che sarà evidentemente complicatissimo da stilare, dato che ad oggi non ha ancora visto la luce.
In più ad Aci Catena esistono ben 9 commissioni diverse: questo vuol dire che tra i venti consiglieri comunali c’è anche chi somma fino 6 incarichi contemporaneamente. Cosa succede se due commissioni sono convocate nello stesso giorno alla stessa ora? Logica vuole che il consigliere comunale scelga a quale commissione partecipare, assentandosi dalle altre. La logica, però, non ha nella Sicilia una delle sua sedi di riferimento: e ad Aci Catena capita anche che qualche consigliere sia evidentemente dotato del dono dell’ubiquità. Non si spiega altrimenti come mai il 15 gennaio scorso, alle 15 e 30, solo per citare un esempio, il vice presidente della sesta commissione (Territorio, Cimitero, Sanità, Protezione Civile) si trovi nello stesso momento ad intervenire sia su un atto d’indirizzo per la riduzione del canone dell’acqua potabile, mentre la sua presenza viene registrata anche nella terza commissione, dove si discute di modifiche dello statuto comunale: entrambe le sedute finiranno tra le 18 e 40 e le 18 e 50, eppure secondo i verbali – che IlFattoQuotidiano.it ha consultato – il medesimo consigliere è presente in entrambe le riunioni.
“Evidentemente ad Aci Catena il dono dell’ubiquità esiste: più consiglieri erano presenti nello stesso giorno ed allo stesso orario in commissioni diverse”, commenta Angela Foti, deputata regionale del Movimento Cinque Stelle, che da mesi porta avanti la campagna contro le Gettonopoli di Sicilia. Il movimento di Grillo vorrebbe tagliare i gettoni di presenza e il numero delle commissioni nei consigli comunali, e un disegno di legge sulla materia è fermo da mesi all’Assemblea regionale Siciliana. Si tratta di una norma che cancellerebbe 1.482 posti da assessori e consiglieri comunali, per un risparmio totale di 48 milioni di euro: doveva essere approvata insieme alla legge Finanziaria, ma è stata stralciata.
Finita all’ordine del giorno del 19 maggio, ha subito un altro rinvio, dato che l’aula del parlamento regionale quel giorno era semi deserta: dopo la pausa dovuta alle elezioni amministrative, quindi, la legge anti Gettonopoli tornerà a Sala d’Ercole il 9 giugno. E nonostante manchino ancora ben due settimane per discutere dei tagli ai consigli comunali, il ddl continua ad essere detonatore di polemiche. “Non enfatizziamo la questione delle indennità agli amministratori locali, magari qualcuno dirà che sono difensore della Casta. Ma se io difendo i consiglieri comunali, ad esempio, di Castel di Lucio, in provincia di Messina, che guadagnano meno di 200 euro l’anno, allora sì, difendo questa Casta”, era stato, qualche giorno fa, il commento del presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone. Per la cronaca Castel di Lucio conta 1.300 abitanti, elegge 12 consiglieri, un sindaco e 4 assessori: in pratica un amministratore ogni 70 persone.

lunedì 25 maggio 2015

IL FIGLIO DI OCCHETTO? GUARDA COME SE LA SCIALA COL VITALIZIO DI PAPA': ALLA FACCIA DEI VERI DISOCCUPATI.



Malcolm Occhetto, 45 anni, nato il 04 ottobre 1970, professione "figlio del vitalizio", in attesa del reddito di cittadinanza.

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http://www.grandecocomero.com/occhetto-figlio-malcolm-vitalizio-barca-timone/

Truffa sui soldi per i migranti, indagato il responsabile della Caritas Campania.

Truffa sui soldi per i migranti, indagato il responsabile della Caritas Campania

Sabato a Napoli era stato arrestato il responsabile di una onlus accusato di aver intascato parte dei soldi destinati all'assistenza per gli stranieri arrivati in Italia e ospitati in alcune strutture. L'avvocato di don Vincenzo Federico però respinge tutte le contestazioni: "Accusa dir poco surreale".

Rischia di allargarsi l’inchiesta di Napoli che ieri ha svelato come i soldi destinati per l’assistenza ai migranti fossero utilizzati dal responsabile di una onlus in acquisiti personali tra cui due immobili. Dal capoluogo partenopeo arriva anche la notizia che finivano a responsabili e collaboratori della Caritas parte dei soldi lucrati sugli aiuti ai migranti.
Allo stato si tratta di una ipotesi sulla quale stanno lavorando i magistrati della Procura di Napoli, titolari dell’inchiesta che ieri ha portato all’arresto di Alfonso De Martino, il presidente dell’associazione “Un’Ala di riserva”, accusato di essersi appropriato di oltre un milione di euro, investiti in acquisto di case e schede telefoniche, e della compagna, Rosa Carnevale, per cui il gip ha disposto gli arresti domiciliari. Oltre ai due funzionari della Protezione civile sono finiti nel registro degli indagati anche due esponenti campani della Caritas, compreso don Vincenzo Federico, responsabile della Caritas Campania.
Il procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli e i sostituti Raffaello Falcone e Ida Frongillo affermano che è “verosimile” un coinvolgimento della Caritas di Teggiano Policastro, in provincia di Salerno, che gestisce quattro strutture dove negli ultimi anni sono stati ospitati migliaia di immigrati, provenienti soprattutto dal Nord Africa come quelli accolti nei centri della onlus di De Martino.
L’ipotesi investigativa si fonda sul presunto traffico di pocket money (le piccole somme di denaro, 2,5 euro al giorno a ciascun migrante): De Martino si sarebbe impossessato di tali somme acquistando schede telefoniche presso la rivendita di cui è titolare la sua compagna (ben 582.248 pocket money, sottolineano gli inquirenti). Parte di questi ticket provengono – spiegano gli investigatori – dalle strutture gestite dalla Caritas di Teggiano.
Questo capitolo dell’inchiesta ha origine da alcune dichiarazioni rese ai pm dallo stesso De Martino nel gennaio scorso. Racconta De Martino di aver conosciuto, in ragione dell’attività nel campo della solidarietà, i responsabili di vari centri, tra i quali Fiore Marotta, collaboratore della Caritas di Teggiano, “riconducibile al responsabile della Caritas Campania don Vincenzo Federico”. “Fui io – dice De Martino – a proporre a Fiore Marotta di far convergere sulla mia edicola, qualora ne ravvisasse l’esigenza, i ticket che venivano riconosciuti ai loro ospiti in forza del contratto stipulato con la Regione Campania. I buoni sociali, anche se potevano essere spesi per l’acquisto di altri beni, venivano utilizzati dagli ospiti immigrati quasi totalmente per l’acquisto di ricariche telefoniche del valore di cinque euro. Spiegai a Marotta che la nostra edicola aveva la convenzione per il cambio, e il cambio da noi praticato era più favorevole per gli immigrati”. Sabato, nell’ambito di questa indagine, la sede della Caritas di Teggiano è stata perquisita dai finanzieri. I responsabili della Caritas risulterebbero indagati per peculato.
Parla di “accusa a dir poco surreale“, l’avvocato Renivaldo Lagreca, legale di don Federico. “Non è contestata la mancata consegna dei ticket money agli immigrati – spiega il legale – ma la spendita dei ticket in schede telefoniche. Ora dopo aver precisato l’ovvio, e cioè che non siamo titolari di compagnie telefoniche, sarà assai agevole verificare che nessuna ricarica ha interessato la Caritas di Teggiano-Policastro”.  Gli inquirenti evidenziano la distanza tra l’immagine pubblica di De Martino e quella, ritenuta invece autentica, di persona invischiata in vari traffici. Lui si descrive come “una persona votata al sociale e ad aiutare le persone più deboli”.

venerdì 22 maggio 2015

Il grillino che salta dal Parlamento alla startup. - Luciana Maci



Luca Carabetta, ingegnere, 23 anni, è il collaboratore parlamentare di Ivan Della Valle (Movimento 5 Stelle) che ha contribuito a scrivere alcune norme dell'Investment Compact. E ora lancia una società per sviluppare un dispositivo cerca-oggetti, Trivo, che ha appena debuttato sulla piattaforma di crowdfunding Indiegogo. 


Dopo aver contribuito a estendere la vita delle startup innovative da quattro a cinque anni e dato la possibilità agli startupper di evitare il ricorso al notaio per la costituzione della società, ora lancia lui stesso una startup, Trivo, che ha appena debuttato sulla piattaforma di crowdfunding Indiegogo. Tutto questo in soli 23 anni di vita. Lui si chiama Luca Carabetta, è torinese, diplomato in Informatica, laureato in Ingegneria energetica e da marzo 2013 collaboratore parlamentare del deputato del Movimento Cinque Stelle Ivan Della Valle.
È in questo ruolo che ha lavorato dietro le quinte alla preparazione degli emendamenti presentati dal parlamentare all’Investment Compact, la legge approvata a marzo che ha introdotto la nuova categoria delle pmi innovative, ma che prevede anche novità per l’ecosistema delle startup. In particolare erano a firma di Della Valle tre emendamenti-chiave presentati insieme ad altri e successivamente approvati: uno per garantire le agevolazioni alle startup innovative fino a 5 anni di vita; un altro per consentire la costituzione di startup attraverso la firma digitale in alternativa al ricorso al notaio, norma che ha suscitato le proteste dei notai e di cui ora si attende il decreto attuativo; e infine un emendamento per aprire un mega-portale con tutti i bandi per le startup. Misure di cui potrebbe usufruire anche la startup di cui Carabetta è founder e Ceo, nata all’inizio di quest’anno per sviluppare e commercializzare un dispositivo in grado di rintracciare persone, animali e oggetti che sono stati smarriti attraverso un modulo bluetooth adatto per “setacciare” gli spazi chiusi, e un GPS, per esplorare ogni parte del globo.
“Io e altri sei ragazzi torinesi – racconta Carabetta EconomyUp – ci siamo incontrati e abbiamo deciso di creare qualcosa dal nulla, con la convinzione che in Italia si possa ancora fare qualcosa di buono, che qui ci siano ancora concrete possibilità per i giovani”.  Il suo percorso di vita ne è già testimonianza: a un’età in cui molti suoi coetanei si affannano dietro agli esami da dare all’Università lui ha contribuito a scrivere una legge. Del resto negli anni precedenti si è impegnato e, va detto, ha anche preso il treno giusto, quello di un movimento politico appena nato e quindi più aperto ai neofiti rispetto forse ad altri partiti più radicati e storici.  
Diplomato in informatica, Carabetta ha lavorato per qualche anno come consulente informatico. A 18 anni ha cominciato a frequentare i comitati locali No Tav, che si oppongono alla costruzione della linea ferroviaria Torino-Lione, fornendo loro consulenza informatica gratuita. Nel movimento No Tav c’era anche Della Valle, di cui sarebbe diventato collaboratore parlamentare.
“Ho iniziato a partecipare a eventi e convegni – dice a EconomyUp - e mi sono appassionato ai temi ambientali ed energetici. Così ho deciso di iscrivermi a Ingegneria energetica al Politecnico di Torino, continuando però a lavorare”. In quel periodo faceva tre cose: il consulente, lo studente e il militante. Nel 2009 nasce il Movimento 5 stelle, nel 2010 i grillini si presentano alle elezioni regionali e in Piemonte vengono eletti due consiglieri. Carabetta è lì a dare una mano, sempre a titolo gratuito.  È così, frequentando e aiutando il Movimento, che nel 2013 gli viene chiesto di dare l’“ennesima” mano, stavolta però in Parlamento e sotto contratto. “Ho dovuto interrompere l’attività di consulente informatico, anche se con quella guadagnavo di più" sottolinea.
Con Della ValleCarabetta è il referente dei grillini in parlamento per le startup. E adesso è anche uno startupper a tutti gli effetti. “In questi mesi - spiega - abbiamo definito le specifiche del nostro dispositivo con due società di Roma, Genesi Elettronica e PWM Semiconductors. Ora puntiamo a sviluppare il prototipo definitivo, per questo abbiamo deciso di utilizzare il crowdfunding, chiedendo 100mila euro su Indiegogo: questa modalità di raccolta fondi consente ai clienti interessati di prenotare Trivo con qualche mese di anticipo, dandoci così la possibilità di strutturare l'impresa e avviare la produzione. È un modo per aiutare dei giovani a partire con un'impresa”. 

giovedì 21 maggio 2015

Il tragico e miope errore che Winston Churchill non avrebbe mai fatto. - Sergio Di Cori Modigliani

churchill

Sir Winston Churchill, un errore così marchiano, miope, ottuso e politicamente volgare, non lo avrebbe mai commesso. Mi riferisco a ciò che si è verificato il 9 maggio del 2015. Un evento geo-politico di fondamentale importanza strategica, che in Italia non ha suscitato alcun interesse ma che in Usa, Australia, Gran Bretagna, Argentina, Brasile, Cina, da quel giorno sta alimentando discussioni, forum, scambi di opinioni.
Vediamo di che cosa si tratta.
All’alba del 9 Maggio 1945, l’alto comando militare dell’esercito tedesco del Terzo Reich, firmava davanti ai plenipotenziari di Usa, Gran Bretagna e Urss, la propria resa incondizionata. Si concludeva così la più grande carneficina degli ultimi duemila anni, soltanto in Europa circa 45 milioni di morti (45.000.000 di persone scomparse) circa il 2% dell’intera popolazione planetaria di allora, corrispondente a circa 150 milioni di oggi. La resa venne firmata alle 7 del mattino. Alle 9, due ore dopo, veniva firmato un decreto surreale e folle, prova lampante della totale pazzia umana del concetto di guerra: americani, inglesi, russi e tedeschi furono d’accordo nel ricostituire e riconoscere da subito l’omicidio come reato, chiunque fosse la vittima, chiunque fosse l’omicida. Come dire, se alle 5 del mattino del 9 Maggio prendevate a randellate sulla testa (uccidendolo) il vicino di casa perché vi stava antipatico, ve la cavavate con una scusa qualunque, ma se lo facevate sei ore dopo venivate arrestati e condannati a morte. L’omicidio, infatti, veniva punito, in quel momento, in tutta l’Europa dell’est, in Gran Bretagna, Francia, Germania, Belgio, Olanda, Danimarca, con la pena capitale. Basterebbe questo fatto per comprendere che cosa abbia rappresentato per l’immaginario collettivo il ventennio del nazifascismo: Adolf Hitler e Benito Mussolini sdoganarono l’omicidio, nascondendo l’assassinio e l’eliminazione fisica degli oppositori sotto la veste dell’ideologia. E’, quindi, incomprensibile come, ancora oggi, in Europa -e il numero sta aumentando in maniera allarmante anche in Italia- dei giovani e giovanissimi possano aderire a una interpretazione del mondo e della società che non contempla l’omicidio politico come reato.
Il 9 Maggio, per tutta l’Europa, è la giornata simbolo del ritorno alla pratica del Diritto Civile.
Quest’anno si celebravano i 70 anni da quei lontani e sanguinosi eventi.
Vladimir Putin, per l’occasione, aveva stabilito di organizzare una parata militare sulla Piazza Rossa, invitando tutti i più importanti leader politici del pianeta, con una zona vip destinata esclusivamente a russi, americani e britannici, i tre alleati vincitori di allora. 
Circa un mese prima, pare che Hollande avesse telefonato a Cameron per proporgli di fare il viaggio insieme e chiedere se aveva deciso di andarci anche la regina Elisabetta. Così aveva saputo che nessun inglese sarebbe andato a Mosca. Neppure la Merkel, neanche la regina d’Olanda, il re del Belgio, il re di Spagna. Naturalmente neppure gli americani. C’è stata (così ci informano i media statunitensi in genere molto ben informati) una lunga discussione tra francesi e inglesi, e alla fine Hollande si è arreso, non ci è andato neppure lui. Ma, da uomo di compromesso quale è, ha proposto una scelta che consentisse un minimo di decoro: ha mandato il suo ministro degli esteri accompagnato dal ministro degli esteri italiano, Gentiloni, i quali, sono stati fatti sedere da Putin (giustamente) in quarta fila. In prima fila i capi di stato, cinesi, indiani, pakistani, argentini, brasiliani, cileni, e un’altra cinquantina. Putin è riuscito addirittura a mettere insieme -seduti accanto- palestinesi e israeliani entrambi presenti; in seconda fila i generali e gli ufficiali dell’epoca ancora vivi e/o i loro figli; in terza fila i giovani ufficiali di oggi e in fondo, un po’ di lato, i francesi e gli italiani. Da soli, come hanno scelto di stare. Accanto a loro non era seduto nessuno.
Flavia Mogherini, che era stata invitata formalmente a partecipare a nome dell’Europa, ha declinato l’invito con un secco no grazie, senza ritenere opportuno indire una conferenza stampa, poiché dato il suo ruolo, può prendere anche iniziative, parlare, manifestarsi.
E così, la parata del 9 Maggio 2015 a Mosca, che celebrava la fine della seconda guerra mondiale, paradossalmente, per scelta degli europei occidentali, è diventata il macabro aperitivo che preannuncia quella che potrebbe essere la terza guerra mondiale.
Un gravissimo errore di miopia strategica e di ottusità da trogloditi della politica.
Churchill non l’avrebbe mai fatto, a costo di andarci da solo in visita privata, rassicurato dal fatto che sarebbe comunque finito in prima fila. Ma Churchill conosceva l’Europa e sapeva far politica. Non a caso è stato l’autore del primo gigantesco scandalo mediatico televisivo internazionale, nella primavera del 1952.
Ecco cosa accadde allora, in occasione delle celebrazioni per il settimo anniversario della fine della guerra: un giornalista americano che, da autentico pioniere, era passato dalla carta stampata alla televisione, sostenendo che fosse un medium che avrebbe avuto un futuro, un certo Walter Cronkite, aveva convinto i dirigenti della NBC a produrre un ciclo di interviste con personaggi famosi della Storia, proprio quell’anno. La prima era stata Eleanor Roosevelt, la seconda Charles De Gaulle, la terza Pablo Picasso, la quarta era dedicata a Winston Churchill, co-prodotta insieme alla BBC. La trasmissione durava circa un’ora e mezza. Nel corso dell’intervista, a un certo punto il giornalista chiedeva a Churchill la sua opinione sui comunisti, su Stalin e sui sovietici. E la risposta di Churchill fu: considero Josif Stalin davvero un tipo simpatico, direi un vero e proprio amico. –  Il giornalista, piuttosto colpito, non si lasciò fuggire la preda e lo incalzò, chiedendogli di elaborare il concetto.  E Churchill spiegò: io sono inglese. Sono un liberale conservatore. Ho servito per tutta la vita la Corona cercando di svolgere il mio servizio pubblico per il bene comune della collettività, quindi, come inglese conservatore non posso che dire Stalin è mio amico, ed è amico degli inglesi. Ben altra cosa è il comunismo che considero una vera e propria truffa, una illusione che un gruppo di burocrati, che fanno affari con i nostri banchieri, alimenta per manipolare della povera gente che ha bisogno di credere in qualcosa. Un giorno si sveglieranno e capiranno. Sono quindi furiosamente anti-comunista. Ma difendo la mia amicizia con Stalin. Perchè sono inglese e fedele alla Union Jack. Tra il giugno del 1941 e l’aprile del 1945 la grande madre Russia ha perso 27 milioni di persone per fermare Hitler. E ci sono riusciti. Se non fosse stato per l’Armata Rossa, adesso a Buckingham Palace ci sarebbe Joseph Goebbels. Io sarei stato impiccato e Sua Maestà sarebbe in esilio, magari in Australia. Quei 27 milioni di morti hanno salvato la libertà della Gran Bretagna, e come inglese non lo dimenticherò mai. A parte la truffa del comunismo, a me i russi stanno anche simpatici. Sono i crucchi che non sopporto. Loro, sono sempre stati il problema dell’Europa. Ne riparliamo tra cinquant’anni quando avranno rialzato la testa: i gravi problemi per le future generazioni verranno da Berlino e non da Mosca, glielo dice uno che li conosce tutti come le proprie tasche.
Non appena finita l’intervista, Walter Cronkite era entusiasta del risultato. Ma non durò molto. Il mattino dopo, molto presto (si era allora in campagna elettorale) il comandante in capo dell’esercito americano, generale Dwight Eisenhower, telefona al presidente Harry Truman e gli racconta il succo dell’intervista. Il leader americano rimane indifferente. Il generale, che era ossessionato dall’idea di andare a bombardare Mosca, gli dice: dovrebbe telefonare al Re d’Inghilterra e far bloccare quell’intervista.  E Truman gli rispose: è’ un po’ tardi, poveretto. Il re è morto sei mesi fa d’infarto, non lo sapeva? Adesso c’è una regina, una giovane di 25 anni.  E Eisenhower di rimando: ebbene, chiami questa ragazzina e le ordini di non  mandare in onda il video.  Truman tentò di placare l’ira del generale, ma la telefonata si concluse male. Fu il presidente a chiuderla: generale –  gli disse – a lei sembra realistico il fatto che io telefono alla Regina d’Inghilterra per ordinarle di non mandare in onda una intervista al più importante eroe nazionale del suo regno ancora in vita? Non mi scocci con le sue paturnie, se vuole la chiami lei. – L’aspetto più esilarante fu che Eisenhower la chiamò. La giovanissima Elisabetta ascoltò e poi gli rispose: non ho la minima idea di che cosa lei stia parlando, dato che non ho la televisione e non la guardo. Lei è un ottuso maleducato. Qualunque cosa abbia detto sir Winston Churchill, per principio, mi trova d’accordo. Io sono la regina d’Inghilterra. Non si permetta mai più di telefonarmi e importunarmi con i suoi ridicoli isterismi. E gli sbattè giù il telefono.
L’intervista andò in onda a Londra, a Parigi, a Mosca, in tutta l’Europa dell’est. Venne trasmessa anche in Olanda, Belgio, Danimarca, Svezia e Norvegia. In Germania e in Italia no.
Da allora sono passati 70 anni.
Siamo ancora a quel punto.
A quel livello di stupidità militarista.
Chi mi conosce e mi segue sa che non sono affatto un sostenitore di Putin, ma non è questo il punto. E’ ben altro.
L’aspetto tragico, da cui l’esigenza di scrivere questo post, sta nel fatto di aver certificato la totale latitanza dei media europei riguardo questa informazione.
Tempi duri, non c’è che dire.
E poi la gente crede che ai tempi odierni si sa tutto di tutto.
Si sa soltanto ciò che vogliono che si sappia.
Il punto è questo.
E soltanto questo.
Winston Churchill, il 9 Maggio 2015, a Mosca, eccome se ci sarebbe andato! 
P.S. L’intervista si concludeva con un gustoso episodio di umorismo inglese. Il giornalista, commentando il fatto che negli ultimi sei mesi Churchill era andato a cinque funerali di suoi amici, gli chiese quale fosse il segreto della sua longevità. L’inglese si versò un’abbondante dose di whisky nel bicchiere e lo tracannò. Poi tirò due boccate di sigaro dal suo avana e disse: “No sport!”