Immaginate se un giorno il ministro della Salute si affacciasse ai teleschermi e annunciasse: “L’aspirina non serve a combattere il cancro e la chemioterapia è inutile nella cura del raffreddore, dunque abbiamo deciso di vietarle”. Due infermieri lo porterebbero via per accompagnarlo in un repartino psichiatrico, prima che dica altre cazzate e faccia altri danni, essendo universalmente noto che l’aspirina non cura il cancro, ma il raffreddore, e la chemioterapia viceversa. Pare fantascienza, invece è il livello medio del dibattito pubblico in Italia, dove tutti parlano a vanvera, sommando le mele con le pere o scambiando le cause con gli effetti.
1. Va di gran moda prendersela col Reddito di cittadinanza perché non crea nuovi posti di lavoro. Il Giornale titola: “Anche l’Inps ammette: il reddito di cittadinanza non crea occupazione. Per il presidente Tridico impatto quasi nullo. Anche Gualtieri si è convinto: va cambiato”. Ma fosse solo la stampa umoristica, poco male. La sottosegretaria al Lavoro del Pd, Francesca Puglisi, dice al Corriere che, col Rdc, “chi non lavora è favorito”. Oh bella: sarebbe strano il contrario, visto che il Rdc è stato pensato appunto per chi non trova lavoro e non ha di che campare. Se uno lavora e – si spera – viene retribuito, per definizione non ha bisogno del sussidio. Con la stessa (il)logica, la sottosegretaria potrebbe alzare il ditino e censurare il sussidio di disoccupazione perché favorisce i disoccupati. O i permessi di maternità perché favoriscono le mamme. Che senso ha, dunque, dire che il reddito va cambiato perché non va ai lavoratori e non crea posti di lavoro, cioè fa ciò per cui è stato pensato? Se poi i navigator e i Centri per l’impiego, una volta a regime, faranno incontrare la domanda (altissima) e l’offerta (bassissima) di lavoro, tanto meglio. Ma i posti di lavoro si creano con gli investimenti pubblici e privati e, se arriveranno, avremo meno poveri assoluti che chiederanno il reddito. Ma intanto il reddito garantisce loro di non sprofondare nella miseria più nera, facili prede della criminalità e altre tragedie sociali. Purché un lavoro lo cerchino e non lo rifiutino se viene loro offerto. Ma, per valutare il successo o l’insuccesso del Rdc, i dati da esaminare sono altri: non il numero dei posti di lavoro, ma quello dei poveri assoluti col reddito. Che, dopo 8 mesi, è altissimo: 2,5 milioni su 5 censiti (di cui 1 milione sono finti perché lavorano in nero) ricevono ogni mese in media 520 euro. Così in pochi mesi (stime Inps) il tasso di povertà si è ridotto dell’8%, l’indice di diseguaglianza dell’1,2% e il numero dei poveri assoluti di circa il 60%.
2. Il martellamento quotidiano contro la blocca-prescrizione che “allunga i processi” fino a renderli “eterni”. Anche questa è una panzana (i processi sono già eterni, anche perché molti avvocati li allungano per arrivare alla prescrizione) e una scemenza in sé (i primi effetti del blocco si avranno fra 7-8 anni, visto che vale per i reati perpetrati dal 1° gennaio 2020, che devono ancora essere scoperti o addirittura commessi, e si prescriveranno quasi tutti fra 5 o 7 anni e mezzo, dando al Parlamento tutto il tempo per abbreviare – volendo – i tempi dei processi). Ma soprattutto è una polemica insensata, perché nessuno ha mai chiesto di bloccare la prescrizione per accorciare i processi (quello è un effetto collaterale, non il movente della legge Bonafede). La riforma serve a evitare che ogni anno centinaia di migliaia di imputati colpevoli – di solito ricchi e potenti, i più pericolosi – restino impuniti facendosi beffe dello Stato, della Giustizia e delle vittime. E, fra 7-8 anni, nei primi processi con la prescrizione bloccata dopo il primo grado, nessun colpevole la farà più franca perché è scaduto il tempo.
3. Ieri Repubblica apriva così: “Cancellare Salvini”. Vasto programma. Per carità, è confortante che il giornale che per due anni ha gonfiato Salvini come un tacchino, il padrone dell’Italia, il vero premier, il ministro unico che fa il bello e il cattivo tempo (anche se non faceva una mazza), “chiude i porti” (ovviamente sempre aperti), pilotava masse sterminate di discepoli a suon di fake news della formidabile Bestia e del retrostante Putin, il campione del Sovranismo, il nuovo Mussolini, il genio del male responsabile di qualunque disgrazia sull’orbe terracqueo, abbia deciso un bel mattino di “cancellarlo”. Poi però uno gira pagina e rimane deluso: il titolo tonitruante, abolite inspiegabilmente le virgolette, riassume un’intervista al capogruppo Pd Graziano Delrio. Il quale, come i geni di Repubblica, non vuol cancellare Salvini, ma i suoi decreti Sicurezza, in barba al programma di governo che parla solo di correggerlo sulle critiche di Mattarella alle multe eccessive alle navi delle Ong che entrano nei porti italiani senz’autorizzazione (condotta vietata e sanzionata in qualunque Paese civile). Il guaio è che questo è proprio quello che sogna ogni notte Salvini, per poter dire che il Conte2 ha riaperto i porti che lui finge di avere chiuso (con la collaborazione straordinaria di Repubblica) e riguadagnare i consensi perduti. Chi volesse davvero “cancellare Salvini”, o almeno sgonfiarlo un po’, dovrebbe lasciar lavorare l’ottima ministra Lamorgese e pensarci non una, ma mille volte prima di abolire le sanzioni (certamente eccessive, ma per principio sacrosante) per chi entra senza permesso in casa nostra e moltiplicare gli sbarchi che non Salvini, ma Minniti prima di lui aveva ridotto al minimo possibile.
Ma questo è il discorso pubblico nell’Italia del 2020: il sussidio ai disoccupati non va bene perché va ai disoccupati. La blocca-prescrizione non va bene perché sfavorisce i colpevoli. Salvini si cancella rianimando Salvini. E gli infermieri non arrivano mai.