mercoledì 29 gennaio 2020

Il salame disseta - Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano del 29 Gennaio

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Si pensava che il Premio Cazzata 2020 l’avesse già vinto in un mese Salvini con l’immortale annuncio “Domenica non vinciamo, ma stravinciamo in Emilia Romagna e lunedì citofoniamo a Conte l’avviso di sfratto”: sia perché domenica ha perso, sia perché i governi nascono e muoiono con le elezioni politiche nazionali. 
Ma ormai è così malmesso che ha perso pure quel premio. I candidati più accreditati ad aggiudicarselo sono i pidini e i giornaloni al seguito che da due giorni martellano il seguente sillogismo. Premessa maggiore: “Bonaccini batte la Borgonzoni”. Premessa minore: “I 5Stelle straperdono”. Conclusione: “Ora nel governo il Pd ordina e il M5S esegue”. Sarebbe comprensibile in bocca a Salvini, convinto non si sa da chi che il governo dipenda dal voto in una regione. Ma è bizzarro che lo dica chi ripeteva il mantra “Se perdiamo in Emilia Romagna, al governo non cambia niente”. Se l’“asse politico del governo”, che Zingaretti e Orlando vorrebbero spostare dal M5S al Pd, dipendesse dai sondaggi (che peraltro danno il M5S terzo a poca distanza dal Pd) o dalle Regionali, il Pd dovrebbe abbattere il Conte 2 e chiedere subito le elezioni con gli stessi argomenti di Salvini, visto che al momento il centrodestra è davanti ai giallorosa. Anzi, cinque mesi fa non avrebbe mai dovuto fare il governo con i 5Stelle, visto che già in agosto la somma di Pd, LeU e M5S era inferiore a quella di Lega, FdI e FI. Ma all’epoca per il Pd valevano le regole della democrazia parlamentare. E già i 5Stelle furono molto generosi, regalando a Pd e LeU metà dei ministri avendo il doppio dei loro parlamentari. È cambiato qualcosa? Zero. Dunque non si capisce di quale riequilibrio, rimpasto, cambio di asse si vada cianciando.
Ma l’abolizione della logica ha questo di bello: che poi vale tutto. Infatti anche Renzi ha il suo sillogismo. Premessa maggiore: “I 5Stelle sono finiti e non hanno futuro”. Premessa minore: “Non ha vinto il Pd, ma Bonaccini che è riformista come me”. Conclusione: “Bisogna stilare un’agenda di governo riformista contro il populismo”. E parla di elezioni dove Italia Viva era così viva da non presentarsi neppure, dunque non poteva perdere perché non giocava proprio. Uno spasso. Ma riecco Orlando, con un’altra conclusione delle sue: “Ora vogliamo una norma diversa da quella di Bonafede sulla prescrizione”. Cioè: siccome Bonaccini ha vinto anche coi voti del M5S e il M5S ha perso perché i suoi elettori han votato quasi tutti Bonaccini, il Pd cancella la legge promessa quattro anni fa dal Pd solo perché l’hanno fatta i 5Stelle. E riesuma la vergogna della prescrizione che falcidia 120mila processi all’anno.
Come se la bontà di una legge dipendesse da chi la vota o dalle elezioni in Emilia Romagna. Siamo ai livelli del falso sillogismo di Montaigne: “Il salame fa bere. Bere disseta. Dunque il salame disseta”. Ma un falso sillogismo tira l’altro. La Stampa: “La Calabria volta le spalle ai grillini: meno voti che redditi di cittadinanza”. E il Messaggero: “Calabria, un beneficiato su 3 dal Reddito ha preferito non dare il voto al Movimento”. Titoli che denotano un’idea raccapricciante della democrazia e degli elettori: quella feudale, malata, clientelare, corrotta, mafiosa che si facciano le leggi per comprare voti e i beneficiari debbano ricambiarne gli autori votandoli a scatola chiusa. Del resto, quando il Rdc partì, si disse che i 5Stelle non lo facevano perché lo ritenevano giusto e doveroso, ma per fare voto di scambio al Sud. Poi i 5Stelle persero le Europee anche al Sud, allora si disse che il Rdc era stato bocciato, ergo era un errore, anzi “un flop” (come se 500 euro al mese anziché 0 fossero niente). E ora ci si scandalizza se chi lo riceve vota per chi gli pare anziché fare come nella Napoli di Lauro: una scarpa regalata prima del voto e l’altra dopo.
Ma ormai la logica non abita più qui, neppure fra i 5Stelle. Che, con tutti i guai che hanno, continuano a scannarsi su un falso problema: se debbano allearsi di qui all’eternità col Pd, o con la Lega, o con nessuno. La risposta l’han data domenica i loro elettori in Emilia Romagna: dovendo scegliere fra un energumeno che li ha umiliati e traditi per un anno e mezzo e un governatore normale e rispettoso, hanno votato il secondo contro il primo. Ora nessuno chiede ai 5Stelle di rinunciare alla propria identità-diversità, né di sposare il centrosinistra finché morte non li separi (se al posto di Zinga arrivasse un Calenda o un Gori, ci sarebbe da fuggire a gambe levate). Ma oggi quello è il campo meno indigeribile e incompatibile con loro. Con buona pace dei (pochi) nostalgici della Lega, cui non è bastata la batosta alle Europee per l’alleanza cannibalizzante con Salvini. E con buona pace dei soloni della Salvinistra, che han sempre equiparato 5Stelle e Lega come “le due destre” e messo in guardia il Pd dal contaminarsi col M5S: ancora quattro mesi fa sfilavano luttuosi in tv, profetizzando sette secoli di sventure per la sinistra se si fosse mischiata con quei pericolosi incensurati e avesse accettato un imbroglione “senz’anima” come Conte. Quello – oracolavano – era il miglior regalo a Salvini. Infatti… Ora qualcuno si stropiccerà gli occhi per questo titolo a pag. 6 di Repubblica: “Conte adesso parla da leader: ‘Un fronte contro le destre’”. E per questo a pag. 10: “Il salto a sinistra degli ex grillini: per Bonaccini 4 su 10”. Manca solo la conclusione: “Quindi chi scriveva che i 5Stelle sono di destra e il governo Conte fa il gioco di Salvini è un pirla”.
Ps. A proposito di sillogismi, ci sarebbero pure i “giornalisti” e i “politici” che solidarizzano da tre giorni con Gaia Tortora perché ho scritto cose vere senza nominarla né pensarla, lei mi ha mandato affanculo su Twitter, dunque lei è la vittima e io l’aggressore. Ma quella non è né logica né illogica: è cabaret.


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martedì 28 gennaio 2020

Addio alle pensioni senza tasse in Portogallo. Lisbona mette un'imposta del 10% agli stranieri. - Ettore Livini

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Il governo di Antonio Costa cambia il regime fiscale per gli assegni previdenziali dei residenti non abituali. La norma inserita nella finanziaria del 2020 non è retroattiva e sarà applicata solo alle nuove richieste ed è stata varata per il pressing della sinistra radicale e della Ue.

MILANO - Il Portogallo riduce i benefici fiscali per i pensionati stranieri che scelgono di vivere nel paese. Un emendamento della finanziaria 2020 proposta dal governo socialista di Antonio Costa prevede una tassa del 10% (con un pagamento minimo di 7.500 euro) su tutte le entrate previdenziali degli stranieri "residenti non abituali" in loco, categoria che fino ad oggi beneficiava di una totale esenzione fiscale per 10 anni. La misura - ha precisato il portavoce dell'esecutivo - si applicherà solo ai nuovi arrivati e non riguarda dunque retroattivamente chi sta già usufruendo di queste agevolazioni. Durissima la reazione degli imprenditori del settore edilizio che hanno beneficiato negli ultimi anni del boom della domanda estera: "Scoraggiare gli investimenti stranieri è un crimine contro la nazione", ha commentato Luis Lima, numero uno dell'associazione degli intermediari immobiliari).

La trasformazione del Portogallo in una sorta di paradiso fiscale per pensionati risale al 2009 quando il Paese, in piena crisi finanziaria e alla ricerca di nuove entrate, varò il programma di incentivi che consentiva agli "immigrati economici" di percepire per intero i loro assegni previdenziali senza pagare un euro di tasse. Il programma ha avuto enorme successo e almeno 27mila stranieri hanno fatto i bagagli riorganizzandosi una seconda vita a Lisbona, Porto o in Algarve. Sfruttando non solo l'"aiutino" erariale ma pure il costo della vita decisamente competitivo del paese. Gli italiani emigrati in Portogallo a tasse zero erano nel 2019 ben 2.897, mille in più dell'anno precedente, con una pensione lorda media (quindi netta nel loro caso) di 2.719,99 euro al mese.
 
Ora i tempi sono un po' cambiati. Affitti e ristoranti, specie nelle zone più turistiche, sono cresciuti. Molte nazioni europee hanno protestato con Bruxelles per la concorrenza fiscale lusitana. Il Bloco de Esquerda ha più volte contestato gli aiuti ai residenti non abituali accusandolo di essere discriminatorio contro i pensionati locali che pagano tutte le loro tasse. E Costa, che guida un governo di minoranza appoggiato proprio dalla sinistra radicale, ha deciso di provare a prendere più piccioni con una fava: imponendo una tassa "light" in grado di non spaventare troppo gli aspiranti nuovi cittadini stranieri, di garantire l'appoggio in Parlamento dei partner di governo al budget e di allentare le tensioni con la Ue.   


https://www.repubblica.it/economia/2020/01/28/news/addio_alle_pensioni_senza_tasse_in_portogallo_lisbona_mette_un_imposta_del_10_agli_stranieri-246961176/

Andrea Scanzi: “Il Tajani rianimato da una regione ancora masochista.”



Domenica sera, durante la maratona di Enrico Mentana su La7, poco dopo le 23 è accaduto qualcosa di prodigioso: è comparso Antonio Tajani. Da sempre, Tajani brilla dello stesso fascino luminoso che caratterizza le bietole lesse. Anche quando il berlusconismo era arrembante e non come adesso tramontante, lui pareva un ballerino di quarta fila (per giunta infortunato). Del resto Tajani è uno che, nel ’68, mentre i coetanei scendevano in piazza, faceva il leader dei giovani monarchici (non è una battuta). E già questo fotografa appieno il personaggio. Tajani – per quanto la natura glielo consenta, s’intende – era tutto garrulo: tal Jole Santelli aveva innegabilmente e come previsto spezzato le reni al bolscevico Pippo Callipo, che a dispetto del nome da Walt Disney sott’acido era un ottimo candidato. Non pervenuti i 5 Stelle, che da sempre alle Regionali sono competitivi come Mazzarri contro l’Atalanta e che, a questo giro, si sono persino superati in masochismo. Tajani esultava beffardo in tivù, sempre con quella bella presenza scenica da mausoleo egizio caduto anzitempo in disgrazia. Mentana ha provato a ricordargli che in Emilia-Romagna, dove la presenza delle spoglie mortali di Sgarbi ha puntualmente coinciso con l’ennesima Waterloo elettorale, Forza Italia ha faticato a superare il 2%. Tajani ha però fatto finta di nulla. Poi si è dileguato, intendo più del solito, per consegnarsi agli ameni baccanali forzisti e ai balli sinuosi con Gasparri & Santelli.
Letteralmente: l’allegra comitiva ha proprio fatto il trenino moscio sulle note di Gloria di Tozzi, e in tutta onestà neanche Pasolini in Salò aveva osato tanto per raccontare la tragicommedia malsana insita nei poteri che crollano. Vedere Tajani e derivati che esultano a fine gennaio 2020, mentre su scala nazionale Forza Italia si fa superare da chiunque (forse persino da Italia Viva: una gogna che non si augura a nessuno), è stata un’immagine oltremodo surreale. Un po’ come vivere nel presente e, di colpo, scivolare in un varco spaziotemporale assai sadico. Qual è il nichilismo antico a cui la maggioranza dei calabresi non vuol proprio rinunciare? Certo, il centrosinistra di Oliverio ha regalato praterie al centrodestra. E i 5 Stelle son bravi come nessuno a evirarsi da soli (per poi andarne pure fieri, spacciando il gesto insano per coerenza). È però allucinante come, dopo tutti questi decenni e sfaceli forzitalioti, una regione così potenzialmente straordinaria si sia voluta consegnare a Berlusconi. Quello stesso Berlusconi che, in campagna elettorale, scherzava (?) sul fatto che conosce Jole Santelli da 26 anni ma lei “non me l’ha mai data”. Quello stesso Berlusconi accolto da sindaci locali addirittura col baciamano (il primo cittadino di Soriano, Vincenzo Bartone). Pure l’affluenza al voto, ancor più se rapportata a quella in Emilia-Romagna, è stata stitica. Quasi che votare, per molti calabresi, fosse una iattura o come minimo una perdita di tempo. È noto come un’eroica ma cospicua minoranza combatta come nessuno e soffra in Calabria come nessuno, cercando di non lasciare solo Gratteri e quelli belli come lui, ma non riescono a far breccia. Tocca ribadirlo con durezza e temo disillusione: la Calabria è riuscita a regalare un mezzo plebiscito a un partito pressoché morto, che in natura ormai non esiste quasi più e che in Emilia-Romagna ha superato a fatica il 2%. Perché la maggioranza di voi vuole così poco bene a una regione così bella, amici calabresi? Quand’è che le cose cambieranno, ma cambieranno davvero e in meglio? Buona fortuna.

amenità





Cambiare le regole si può, si deve.

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Per ridare alla politica il suo alto significato di "arte di governare" bisognerebbe:
- cambiare alcune leggi come, ad esempio, quella elettorale che dovrebbe contenere tutte le cautele necessarie a non permettere che si verifichino i problemi che si sono dovuti affrontare fino ad oggi;
pertanto, si dovrebbe studiare una legge che eviti la formazione di quei piccoli gruppi di "rapaci" che non superando la soglia del 10% di sbarramento e che non avendo programmi o collocazioni distinte, si appoggiano una volta all'una e l'altra volta all'altra fazione del parlamento a seconda della loro convenienza, creando solo scompiglio; per cui si dovrebbe innalzare la soglia di sbarramento ad almeno il 30%; si avrebbero così solo tre grossi partiti, (anche se sarebbe meglio averne solo due: l'Inghilterra e gli USA con il sistema bipartitico hanno meno problemi di governabilità);
- poi si dovrebbe vietare ai fannulloni senza dignità e responsabilità, di emigrare da un partito all'altro, con nonchalance, vendendosi al miglior offerente ( "se non ti senti più in sintonia con il partito per cui sei stato eletto, in rispetto della volontà di chi ti ha scelto, devi dimetterti e tornare a casuccia tua");
- diminuire il numero di deputati e senatori, infatti, meno teste di tufo ci sono e più è facile legiferare per il bene comune;
- condannare pecuniariamente, infine, con ammende salatissime, quei fannulloni che hanno promesso mari e monti e poi non hanno mantenuto le proposte avanzate.

Ma la mia è un'idea utopistica.
Quei signori che si sono appropriati del Parlamento, infatti, si sono asserragliati in quella bomboniera e non intendono mollarla, si fanno leggi ad hoc che incentivano loro stessi tartassando la plebe che li mantiene, assumendo, al contempo, il ruolo di semidei.
E chi li smonta più questi parassiti?

C.

La forza della mafia. - Giorgio Bongiovanni


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In Calabria vince la Santelli
di Giorgio Bongiovanni
Governerà il presidente di un partito fondato da un uomo della mafia.

Per diciotto anni, dal 1974 al 1992, Marcello Dell'Utri è stato il garante “decisivo” di un accordo tra Berlusconi e Cosa nostra, con un ruolo di “rilievo per entrambe le parti: l’associazione mafiosa, che traeva un costante canale di significativo arricchimento; l’imprenditore Berlusconi, interessato a preservare la sua sfera di sicurezza personale ed economica”. E' uno dei passaggi della sentenza definitiva con cui l'ex senatore di Forza Italia fu condannato a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Nelle motivazioni, i giudici della Suprema Corte parlano di un vero e proprio “patto di protezione andato avanti senza interruzioni”. E Dell’Utri era il garante per “la continuità dei pagamenti di Silvio Berlusconi in favore degli esponenti dell’associazione mafiosa, in cambio della complessiva protezione da questa accordata all’imprenditore”.
Pagine che raccontano un pezzo di storia dei fondatori del partito Forza Italia, taciuto da grandi organi di informazione e al contempo dimenticato dalle masse.
Nonostante ciò in una regione come la Calabria, dove oltre la metà degli aventi diritto non è andata a votare, è stato premiato dai cittadini il candidato di quel partito fondato da un mafioso.
Jole Santelli, descritta come una "berlusconiana di ferro", ha vinto le elezioni ottenendo il 55,57% dei consensi, battendo così il candidato del centrosinistra Pippo Callipo (30,07%), grazie al sostegno di tutto il centrodestra unito.
Come è potuto accadere, nel 21°secolo, una cosa del genere?
Per decenni, negli anni Sessanta, Settanta, Ottanta, in Sicilia la mafia esprimeva il proprio voto appoggiando, come partito di riferimento, la Democrazia Cristiana, poi, per un breve periodo i Socialisti, fino a sostenere, negli anni dopo le stragi, come raccontato da decine di collaboratori di giustizia, proprio il neonato partito Forza Italia.
Può essere accaduta una cosa simile anche in Calabria?
Vogliamo pensare che la maggioranza dei cittadini che hanno votato per Forza Italia, un partito decaduto e ridotto ai minimi dopo gli sfaceli dei governi Berlusconi, siano onesti ed abbiano fatto una scelta simile per ignoranza, incoscienza o, mi sia passato il termine, per stupidità.
Ma abbiamo il sospetto che vi sia dell'altro.
Lo scorso anno, intervistato nel programma "La Confessione", condotto da Peter Gomez su "Nove", il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, aveva stimato che nei territori ad alta densità 'ndranghetista l'associazione mafiosa riesce a garantire anche il 30% dei voti. Inoltre spiegava che in Calabria c'è sempre "un'alternanza di potere" e che "la ‘Ndrangheta cerca di non stare mai all’opposizione, puntando sempre sul cavallo vincente", e qualora sbagli cavallo, “cercando poi di posizionarsi, di cercare di capitalizzare quel poco che hanno fatto”.
Se dati del genere sono veri, tenuto conto che l'affluenza in Calabria è stata pari al 44,32%, si ha la misura dell'influenza che la 'Ndrangheta, l'organizzazione criminale in questo momento più potente e ricca del Mondo in quanto monopolista del traffico internazionale di stupefacenti, può aver avuto anche nelle elezioni di ieri.
Nella migliore delle ipotesi, chi ha votato Forza Italia è un cittadino onesto, seppur ignaro o stupido. Nella peggiore, è un mafioso consapevole che si tratta di un partito storicamente fondato da un uomo della mafia, condannato in via definitiva.
Questione di logica, seppur drammatica ed inquietante.
Ovviamente c'è anche una Calabria che tenta di rialzare la testa, appoggiando l'operato dei magistrati che tentano di liberare quella terra dal giogo mafioso (prove siano le migliaia di persone che la scorsa settimana si sono recate a Catanzaro per sostenere l'azione del procuratore Gratteri, ndr) ma è presente, purtroppo, anche tanta omertà. La stessa che in Sicilia si vedeva negli anni della mattanza in cui, nonostante i morti ammazzati ed il sangue che scorreva nelle strade, si negava l'esistenza della mafia.
Nel tempo Cosa nostra si è apparentemente indebolita, falcidiata dai numerosissimi arresti eccellenti ma sempre rimanendo punto di riferimento negli affari e nelle logiche criminali.
Ne dà atto un processo come quello 'Ndrangheta stragista, in corso davanti la Corte d'Assise di Reggio Calabria, condotto dal procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo.
La 'Ndrangheta, da parte sua, ha alzato il proprio livello, mischiandosi, come riferito dalle più recenti inchieste, con pezzi di massoneria deviata, politica ed imprenditoria dando vita ad un sistema di potere criminale in grado di condizionare una democrazia. Come ha ricordato proprio Lombardo in una recente intervista, “le mafie sono una minaccia molto seria per il sistema economico mondiale. Avendo enormi capitali da investire, le grandi mafie, la ‘Ndrangheta in particolare, sono protagoniste di importanti movimentazioni finanziarie, generano meccanismi pericolosissimi che tendono ad alterare gli equilibri del mercato”. E di questo non si può essere complici. Senza se e senza ma.


http://www.antimafiaduemila.com/rubriche/giorgio-bongiovanni/77459-la-forza-della-mafia.html?fbclid=IwAR2nP196Q_56hWCNdNBnuK7MfHiyX734cNGyWmI3T-3y7GdLg3eSkIuvtl4

lunedì 27 gennaio 2020

Citofonati sta fava. - Tommaso Merlo



A Salvini non fregava nulla dell’Emilia-Romagna. Voleva solo usarla per prendersi Roma. Lo ha ammesso lui stesso. Vittoria e poi a casa il governo Conte. Ed invece a casa ci torna lui, a citofonarsi sta fava. Pur di vincere Salvini ha battuto la pianura padana palmo a palmo riducendo la Borgonzoni ad una triste comparsa e quella regione ad uno zerbino verso la sua ascesa personale. Si è trasferito lungo le rive del Po e si è messo ad annusare prosciutti e salami e a sciacallare sullo scibile pur di raccattare qualche voto. La solita caciara, settimane buttate via a zonzo a sparar minchiate. La sua specialità. La sua vita. Arroganza, superficialità, volgarità. Salvini era sicuro di vincere anche questa volta. Sicurissimo. Ed invece incassa una sonora sconfitta che politicamente vale doppio. L’Emilia-Romagna dimostra che la deriva politica e culturale del salvinismo si può ancora fermare. Con serietà e sobrietà. Quella che doveva essere l’ennesimo colpo di mano, potrebbe rivelarsi l’inizio del suo declino. Quando i cittadini vanno a votare, il sovranismo nero è minoranza nel paese. L’Italia è molto meglio di Salvini, non è così retrograda e becera. È solo sfiduciata e sfiancata da decenni di malapolitica e di crisi. È solo stanca ed ha smesso di combattere permettendo all’ennesimo clown di farsi largo. Il giorno dopo i vincitori fanno a gara ad attestarsi la vittoria e celebrare il solito funerale al Movimento, ma se ha vinto Bonaccini è perché ha governato bene, è una persona capace e rispettabile e l’unico candidato che potesse spuntarla. Gli elettori usano la testa e le elezioni politiche sono tutt’altro film. Nemmeno Salvini lo ha capito. La sua presenza in Emilia-Romagna si è rivelata un boomerang, ha compattato i suoi oppositori e convinto molti cittadini a reagire. Altro segnale di appannamento di una leadership che dopo le sbornie estive di mojito sembra aver perso irrimediabilmente lucidità e smalto. Non solo penose gaffe, ma anche il retrogusto di uno spot venuto a noia. Ma inutile illudersi. Salvini ci riproverà e anche presto. Vuole il potere e lo vuole subito. Prima che scemi l’isterismo di massa che lo ha portato a percentuali elettorali impressionanti. Prima che gli italiani capiscano che bluff di uomo sia e gli facciano fare la fine del suo fratello-gemello Renzi. Quella del virus stagionale. Prima che gli italiani capiscano che non si scherza non certe derive ultraconservatrici. Dopo la vittoria emiliano romagnola e con tre anni di governo davanti, per Salvini sarà più difficile farcela. Dipenderà tutto dal rilancio dell’azione del governo Conte e anche dal rilancio di tutti coloro che si oppongono al sovranismo nero e alla deriva politica e culturale che rappresenta. Salvini era sicuro di vincere in Emilia-Romagna. Sicurissimo. Ed invece se ne torna a casa a citofonarsi sta fava. Driiiing. Casa Salvini? Lo spacciatore di paure e di minchiate?

https://infosannio.wordpress.com/2020/01/27/citofonati-sta-fava/