venerdì 30 aprile 2021

Silvio Berlusconi ricoverato da 22 giorni per «strascichi del Covid». - Simona Ravizza

 

L'ex premier è al San Raffaele dal 6 aprile. I ben informati sulla sua salute parlano di esami con qualche valore anomalo.

Da 22 giorni in ospedale. Silvio Berlusconi è ricoverato dal 6 aprile al San Raffaele, dov’è arrivato direttamente in elicottero di ritorno da Châteauneuf-Grasse (Valbonne), la località dove ha casa la figlia Marina. Dall’ospedale nulla filtra sulle sue condizioni, ma i ben informati assicurano che, al contrario di altri ricoveri considerati strategici per le vicende processuali, stavolta le condizioni del leader di Forza Italia sono da tenere particolarmente sotto controllo. Esami con qualche valore anomalo.

I problemi di salute di Berlusconi.

Il motivo? Problemi immunitari, che possono essere anche uno strascico del Covid: Berlusconi era risultato positivo al coronavirus il 2 settembre scorso. Il peggioramento delle sue condizioni di salute — e in particolare, l’insorgere di una polmonite bilaterale — lo aveva costretto al ricovero all’ospedale. Le dimissioni il 14 settembre. E adesso, oltre ai soliti problemi cardiaci, l’ex premier sconterebbe ancora gli «strascichi del Covid», come spiega il suo legale, l’avvocato Federico Cecconi, al termine dell’udienza del processo Ruby ter, sospeso fino a che Berlusconi non verrà dimesso. «Sulle sue condizioni mi limito a dire che è ancora ospedalizzato — ha detto Cecconi — non fatemi dire altro. Penso che a nessuno di noi — ha aggiunto — possa fare piacere essere ricoverato da tre settimane».


CorriereDellaSera

L’ultima di Renzi il Saudita: editorialista di Arab News. - Lorenzo Giarelli

 

Nuovo impegno per Matteo diventato “columnist”. L’esordio è un articolo in lode ad AlUla, “città del futuro e del passato”.

Matteo Renzi ha un nuovo lavoro. Non pago delle attività di senatore, leader di partito, imprenditore, conferenziere, componente del FII Institute saudita e della Royal Commission per AlUla, adesso l’ex premier è anche editorialista per Arab News, storico quotidiano con sede a Riyad e considerato molto vicino al regime. Un ruolo che conferma il recente trasporto di Renzi per il mondo arabo, sancito da numerose trasferte – ultima delle quali il Gran premio di Formula 1 in Bahrein – e dalla ormai celebre definizione di “Nuovo Rinascimento” che il leader di Italia Viva dedicò all’Arabia Saudita del suo amico principe Bin Salman.

L’editoriale d’esordio di Renzi è di qualche giorno fa ed è disponibile nella versione online del quotidiano. Titolo: “AlUla can be the city of the future, as well as of the past”; AlUla può essere la città del futuro, così come del passato. L’articolo contiene una sbrodolata di elogi per la città saudita, al centro di un progetto di urbanistica green di cui si occupa la già menzionata Royal Commission. Renzi si affida subito alle citazioni, scegliendo di aprire le sue 5 mila battute con l’immarcescibile “la bellezza salverà il mondo”, prima di avventurarsi in un parallelo tra AlUla e la storia di Matera.

Secondo Renzi – e qui ci permettiamo di tradurre dall’inglese, sperando di non scalfire prosa e contenuto dell’elaborato – “negli anni ‘50 Matera era povera e trascurata tanto che gli abitanti furono spostati in alcuni nuovi quartieri residenziali”, finché negli anni ‘80 non si decise per una “rinascita” attraverso “investimenti pubblici e privati”. Tutto questo per dire che oggi AlUla può seguire quel modello di città in cui “una comunità moderna vive in armonia con il suo passato”.

AlUla è allora “una grande opportunità”, anche grazie all’irreprensibile lavoro della Corona: “AlUla e l’Arabia Saudita stanno seguendo un approccio community-inclusive e culture-first”. Il Regno, insomma, citato come esempio di inclusività sociale oltreché di attenzione per la cultura. Prepariamoci, perché nei prossimi decenni “AlUla sarà un museo vivente” e il progetto della Royal Commission di cui Renzi fa parte è “assicurare che gli abitanti della regione siano centrali nel successo a lungo termine della città”.

Un inno ai diritti civili che prepara il lettore a una certa enfasi letteraria che sopraggiunge quando Renzi immagina l’imminente età dell’oro della regione: “L’obiettivo è connettere la comunità di AlUla con il resto del mondo in una maniera che rinforzerà, ispirerà e soddisferà le persone e il Regno per le generazioni a venire”. E siccome c’è ancora spazio per un paio di frasi fatte, meglio ribadire che “AlUla può diventare una città del futuro, non solo del passato”; d’altra parte – Renzi lo ripete proprio – “la bellezza salverà il mondo” e quindi, per sillogismo aristotelico, presto AlUla salverà un po’ tutti noi.

Da notare come il giornale, a fine articolo, inserisca due annotazioni. La prima è la stessa che compare nella pagina personale di Matteo Renzi sul sito di Arab News, quella in cui viene annoverato tra i “columnist” del quotidiano e in cui saranno raccolti i suoi articoli. Accanto alla foto di Matteo, c’è la sua presentazione (non è chiaro se autoprodotta): “Matteo Renzi è ex sindaco di Firenze, ex primo ministro italiano e componente del board della Royal Commission for AlUla”. Con comodo oblio per gli attuali incarichi politici nel nostro Paese, evidentemente trascurabili di fronte ai nuovi impegni sauditi.

La seconda annotazione, in corsivo, è un avviso che si utilizza di solito quando i giornali ospitano contributi di persone che potrebbero pensarla in maniera diversa rispetto alla linea editoriale: “I punti di vista espressi dagli autori di questa sezione sono personali e non necessariamente riflettono la linea di Arab news”. Frase di rito, ma vista la volatilità politica del personaggio meglio mettere le mani avanti. Pure in Arabia Saudita.

ILFQ

La soluzione politica. - Marco Travaglio

 

Non so voi, ma io trovo lunare l’alato dibattito che s’è alzato alla notizia che finalmente la Francia ha arrestato alcuni nostri terroristi dopo averli protetti per decenni. Chi dice che oggi non sono più gli stessi di allora, chi rimpiange la “dottrina Mitterrand”, chi sostiene che catturarli è vendetta e non giustizia, chi invoca la pacificazione, la fine della guerra, la soluzione politica, chi tira in ballo la “riconciliazione” in Sudafrica, chi chiede “la verità” e propone liberazioni in cambio di confessioni. Ora, la verità su quei 12 assassini è scritta nelle sentenze definitive della Cassazione “in nome del popolo italiano”: basta leggerle. Chi vuole aggiungere qualcosa vada dal giudice e lo faccia, ma senza altri sconti oltre a quelli previsti dal Codice: Battisti ha sempre negato qualunque delitto e poi, appena arrestato ed estradato ha confessato tutto. Dalla cella. “Vendetta” è quando la vittima rende pan per focaccia al colpevole; quando il colpevole viene processato secondo le norme e le garanzie dello Stato di diritto, si chiama “giustizia”. La dottrina Mitterrand c’entra come i cavoli a merenda: per quanto assurda, prevedeva l’asilo a chi non si fosse macchiato di delitti di sangue e non avesse condanne definitive (oltre a rinnegare la lotta armata): due condizioni opposte a quelle dei 12 beccati o fuggiti l’altroieri. Dire che arrestarli oggi non ha senso perché sono cambiati è il classico nonsense. Ovvio che sono cambiati: nessuno resta uguale per 30 anni. Ma, se non fossero fuggiti 20 o 30 o 40 anni fa, avrebbero già scontato la pena e sarebbero fuori, visto il concetto elastico di “certezza della pena” vigente in Italia. È proprio perché a suo tempo si sottrassero alla giustizia e al carcere che finiscono dentro solo ora: colpa loro e di nessun altro.

Comodo darsi alla latitanza, fare la bella vita protetti dai governi e dagli “intellettuali” amici, raccontare balle su libri e giornali, e poi, quando finalmente arriva il redde rationem, strillare “non siamo più quelli di una volta”. Che cos’è, un macabro scherzo? Negli anni 70 in Italia, diversamente dal Sudafrica, non ci fu alcuna “guerra civile”: c’erano terroristi rossi e neri (a volte coperti o infiltrati da apparati deviati dello Stato) che ammazzavano a sangue freddo politici, magistrati, forze dell’ordine, giornalisti, sindacalisti, operai, gente comune. Chi dovrebbe pacificarsi con loro: i morti ammazzati? Gli orfani e le vedove? Il perdono è una scelta individuale: chi vuole lo dà, chi non vuole non lo dà. Ma lo Stato non deve pacificarsi con nessuno perché non ha dichiarato guerra a nessuno. Furono i terroristi a dichiararla unilateralmente allo Stato e ai suoi servitori. L’unica soluzione politica è chiudere bene a chiave le celle, perché non scappino un’altra volta.

ILFQ

giovedì 29 aprile 2021

Vaccino - AstraZeneca, fatto!

 

Ieri, 28 aprile, ho finalmente fatto la prima dose di vaccino Astra Zeneca.

L'appuntamento attribuitomi era per ieri dalle 9 alle 10 a Partinico.

Arrivati a Partinico, mi accompagnava mio figlio, ci hanno dirottato dalla Via Siracusa 2, come scritto sul messaggio, in Via Biagio Petrocelli, sede dell'Ufficio Tributi e della Polizia Municipale, poiché il sito indicato in un primo tempo era stato cambiato; in ogni caso, tutto si è svolto nei tempi stabiliti, ed ha funzionato alla perfezione.

Ho già la prossima data per la seconda dose fissata per il 15 luglio, stesso posto, anche se sul messaggio inviato c'era il posto fissato anteriormente.

Ieri sono stata bene, non ho riscontrato alcun problema, questa mattina, invece, ho dolore al braccio dell'iniezione e dolori sparsi in tutto il corpo. Anche un po' di febbre: 36.7°, per me che mi attesto a 36° massimo, come temperatura corporea, quel punto 7 è già febbricola. Ci aggiorniamo.

Cetta

Ora e sempre Resistenza. - Marco Travaglio

 

Manca un giorno alla nuova Dittatura Sanitaria e nessuno dice nulla. Nove giorni fa, tomo tomo cacchio cacchio, il Consiglio dei ministri ha deciso che lo stato di emergenza vigente dal 31.1.2020, anziché scadere il 30 aprile durerà almeno fino al 31 luglio. E i partigiani di Lega, FI e Iv, che fieramente si opposero alle precedenti proroghe del duce Giuseppi, sono scesi dalle barricate e hanno votato a favore. E i giornaloni, che l’anno scorso conducevano un’eroica Resistenza contro le due proroghe del caudillo di Volturara Appula, ci abbandonano alla terza. A luglio l’Espresso denunciava in copertina lo “Stato di Cont-ingenza” del satrapo che “vuole allungare l’emergenza per tutto l’anno” e “trasforma la fragilità del suo governo nello strumento per conservare il potere”. L’emerito Cassese lanciava sul Corriere uno straziante grido di dolore: “Non dimentichiamo che Viktor Orbán cominciò la sua carriera politica su posizioni liberali”, “Lo stato di emergenza è illegittimo perché l’emergenza non c’è”. E La Stampa titolava un editoriale di Cacciari “Un’illogica dittatura democratica”. Poi a ottobre il nuovo golpe dell’Orbán con la pochette, con la scusa della seconda ondata di sua invenzione: “Emergenza non c’è”, tuonava il subcomandante Cassese a Omnibus.

A dicembre l’italovivo Rosato invocava “un cambio di passo” perché “Palazzo Chigi ha abusato dell’emergenza”. Il 20 dicembre, con 553 morti in 24 ore, Cassese denunciava sul Messaggero le “misure non previste dalla Costituzione e dettate in nome dell’emergenza che tale non è”. Antonella Boralevi fremeva di sdegno: “Il potere ci tiene da un anno, come un regime sudamericano, in uno stato di emergenza”. Galli della Loggia, sul Corriere, diceva basta “forzature, colpi di mano e personalismi” di Conte. Lawrenzi d’Arabia si sgolava: “Non abbiamo tolto i pieni poteri a Salvini per darli a Conte” (battutona ripetuta a pappagallo dal trio Faraone-Bellanova-Boschi). Poi il semprevigile Domani: “Non solo Recovery: ecco i pieni poteri di Conte”. Ancora l’Innominabile, in trasferta su El País: “Conte non ha il mojito, ma vuole pieni poteri come Salvini”, è “un vulnus democratico”, “la Costituzione non è una storia su Instagram”. E il Corriere che rilanciava un dotto studio della Fondazione Leonardo (presieduta nientemeno che da Violante): “Cesarismo e task force”. Il golpe era alle porte, ma fu sventato dalla Liberazione dei Migliori. Che però ci regalano altri tre mesi di emergenza. E la Resistenza dov’è? Cassese che fa? I due Matteo disertano così? I giornaloni mollano sul più bello? Ragazzi, vi vogliamo belli tonici come un anno fa. Resta un giorno per ripristinare la democrazia. Non deludeteci.

ILFQ

Eutanasia: assolti Welby e Cappato. "Un passo avanti, ora la legge".

 

I due erano stati assolti già in primo grado dall'accusa di assistenza al suicidio offerto a Davide Trentini.

Sono stati assolti Mina Welby e Marco Cappato, rispettivamente copresidente e tesoriere dell'associazione Luca Coscioni. I giudici della corte d'assise d'appello ha confermato l'assoluzione di primo grado.

Il procuratore generale di Genova Roberto Aniello aveva chiesto la conferma dell'assoluzione.

I due erano stati assolti in primo grado dall'accusa di assistenza al suicidio offerto a Davide Trentini, malato di Sla e morto in una clinica in Svizzera nel 2017.

Il pg ha parlato per quasi due ore nella prima udienza del processo d'appello. Adesso la parola è passata ai legali degli imputati.    

"E' un passo avanti e adesso voglio chiedere a tutti di aiutarci a raccogliere le firme per il referendum. Davide avrebbe sorriso alla lettura della sentenza come ha sorriso quando se ne è andato". Così Mina Welby, copresidente dell'associazione Luca Coscioni. "Con questa decisione -ha detto Marco Cappato, tesoriere dell'associazione- si stabilisce un precedente importante, un principio importante: non è necessario essere attaccati a una macchina per essere aiutato a morire se si è anche dipendenti da un trattamento di sostegno vitale".

ANSA

mercoledì 28 aprile 2021

Grandi ritorni: il Mes. - Marco Travaglio

 

Oggi userò questo spazio per solidarizzare toto corde con Luigi Marattin. Sì, non è un refuso e nemmeno arteriosclerosi: intendo proprio il deputato italovivo. Che ieri, intervenendo alla Camera sul Recovery, mi ha dato grande soddisfazione, riprendendo una campagna che il Fatto lanciò fin dalla nascita del governo Draghi: “Vogliamo il Mes”. A furia di sentirlo invocare per due anni, in tutti i dibattiti parlamentari, le prime pagine di giornale, i talk televisivi, le conferenza stampa di Conte, i vertici della fu maggioranza giallorosa, ci eravamo alla fine convinti e anche un po’ arrapati su quel meraviglioso acronimo di tre lettere (Meccanismo europeo di Stabilità o Fondo salva-Stati). Per due anni ci domandavamo perché nessuno lo chiedesse in Europa e tutti lo pretendessero in Italia (a parte i putribondi populisti): che sia una fregatura tipo Grecia? Ma alla fine, per sfinimento, ci eravamo arresi: viva il Mes. Del resto, se ne parlavano bene Calenda e Lawrenzi d’Arabia (“col Mes molti morti in meno e tanti vaccini in più”), come dubitarne? Così quando Conte, che non lo voleva, fu sostituito da Draghi, non avemmo dubbi: è il Migliore, il Mes ce lo darà. Invece, nel discorso della fiducia, non se lo filò di pezza. Anche perché nessuno glielo chiese. Anzi tutti gli chiesero di non prenderlo perché ormai c’era Lui. “Presidente Draghi, il nostro Mes è lei!”, proruppe il renziano Faraone, noto economista della Magna Grecia, con la salivazione leggermente fuori controllo.

I giornaloni che avevano sempre il Mes in bocca spiegarono che l’“effetto Draghi”, con la sola imposizione delle mani, faceva precipitare lo spread, rendendo il Mes superfluo, forse dannoso. Strano: col Conte-2 lo spread s’era dimezzato (da 222 del 13.8.2019 a 106 del 6.1.2021) e nessuno se n’era accorto; poi la crisi innescata dall’Innominabile l’aveva fatto schizzare a 122 (lui che voleva farci risparmiare ben 360 milioni di interessi sul debito) e nessuno se n’era accorto; con Draghi lo spread scese nei primissimi giorni da 105 a 98, per poi tornare a 105. Il quale Draghi, nella conferenza stampa del 19 marzo, lo liquidò tranchant: “Oggi prendere il Mes sarebbe buttare via i soldi”. E tanto bastò a placare l’astinenza da Mes dei suoi più accaniti cultori, da Folli a Franco, da Molinari a Sallusti. Insomma, temevamo di non risentirne mai più parlare. Poi, ieri, lo sparo nel buio. Marattin ci ha strappato le parole di bocca: “Dobbiamo accedere alla linea pandemica del Mes. È trascorso un anno e noi di Iv non abbiamo cambiato idea” (in realtà l’han cambiata per la terza volta, ma fa lo stesso). Purtroppo non se l’è filato nessuno. Ma noi sì: sappia che siamo con lui.

ILFQ