Nel giorno in cui inizia il processo ai vertici dell'azienda per disastro ambientale, dall'Europa arriva una nuova stangata per il nostro Paese. Secondo l'accusa, lo Stato ha violato il proprio diritto alla vita e all'integrità psico-fisica, per non avere prevenuto gli effetti dell'inquinamento prodotto dall'impianto siderurgico.
Nel giorno in cui inizia il processo ai vertici dell’Ilva per disastro ambientale, dall’Europa arriva una nuova stangata per il nostro Paese. Lo Stato italiano è formalmente sotto processo di fronte alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, con l’accusa di non aver protetto la vita e la salute di 182 cittadini di Taranto dagli effetti negativi delle emissioni dell’Ilva. La Corte di Strasburgo ha ritenuto sufficientemente solide, in via preliminare, le prove presentate, e ha così aperto il procedimento contro lo Stato italiano.
A rivolgersi a Strasburgo sono stati, nel 2013 e nel 2015, 182 cittadini che vivono a Taranto e nei comuni vicini. Alcuni rappresentano i congiunti deceduti, altri i figli minori malati. A febbraio, la Corte aveva accettato la domanda di trattazione prioritaria del ricorso collettivo. Nel testo, i ricorrenti affermano che lo Stato ha violato il loro diritto alla vita, all’integrità psico-fisica e al rispetto della vita privata e familiare e che in Italia non possono beneficiare di alcun rimedio effettivo per vedersi riconoscere queste violazioni. Fonti della Corte, citate dall’agenzia Ansa, precisano che la decisione di comunicare i ricorsi al governo significa che le prove presentate dai ricorrenti contro l’operato dello Stato sono molto forti.
Nel ricorso, i cittadini di Taranto sostengono che “lo Stato non ha adottato tutte le misure necessarie a proteggere l’ambiente e la loro salute, in particolare alla luce dei risultati del rapporto redatto nel quadro della procedura di sequestro conservativo e dei rapporti Sentieri”. Le autorità nazionali e locali, secondo l’accusa, hanno omesso di predisporre un quadro normativo ed amministrativo idoneo a prevenire e ridurre gli effetti gravemente pregiudizievoli derivanti dal grave e persistente inquinamento prodotto dal complesso dell’Ilva. I ricorrenti contestano inoltre al governo il fatto di aver autorizzato la continuazione delle attività del polo siderurgico attraverso i cosiddetti decreti salva Ilva.
Intanto, al Palazzo di giustizia di Taranto ha preso il via la prima udienza del processo per il presunto disastro ambientale causato dall’Ilva. Alla sbarra ci sono 44 persone fisiche e tre società: tra gli imputati eccellenti, figurano i fratelli Fabio e Nicola Riva della proprietà Ilva (oggi in amministrazione straordinaria), l’ex governatore della Puglia, Nichi Vendola, il sindaco di Taranto Ippazio Stefano, l’ex presidente dell’Ilva Bruno Ferrante, l’ex responsabile dei rapporti istituzionali dell’Ilva Girolamo Archinà, l’uomo che rubò il microfono a un cronista che chiedeva conto a Emilio Riva dei morti di cancro causati dall’Ilva e ne rideva al telefono insieme a Vendola. Si sono costituite in giudizio circa mille parti civili, tra le quali la Regione Puglia rappresentata in aula dal governatore Michele Emiliano.
Quando l'uomo commette l'errore di anteporre il proprio tornaconto a quello di altri uomini dei quali si è assunto la responsabilità, è giusto che intervenga un organo superiore a correggere l'errore.
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