venerdì 13 novembre 2020

Donferri, cacciato, lavorava in nero col fornitore Aspi. - Iacopo Rocca

 

È l’uomo su cui converge ogni inchiesta: i morti del Ponte Morandi, i report sulla sicurezza truccati per risparmiare, le barriere difettose che non tengono il vento. Talmente centrale, da essere sempre indagato. L’ex potentissimo capo delle manutenzioni di Autostrade per l’Italia (Aspi) Michele Donferri Mitelli era caduto in disgrazia dopo la pubblicazione delle intercettazioni in cui faceva pressione sui sottoposti per ammorbidire i report sulla sicurezza dei viadotti. Lo scandalo nel 2019 aveva portato alle dimissioni il suo grande protettore, l’ad Giovanni Castellucci. E il nuovo management aveva allontanato Donferri, un provvedimento bandiera del rinnovamento. Dalle carte della nuova inchiesta di Genova, però, emerge come il manager, per il quale la Procura aveva chiesto il carcere, non fosse andato molto lontano. Continuava a lavorare in nero per una ditta di consulenza che ha fra i suoi clienti proprio Autostrade e altre società controllate da Atlantia. A scoprirlo è stata la Guardia di Finanza, che mercoledì si è presentata presso gli uffici della Polis Consulting di Pomezia. I militari hanno sentito i dipendenti, per capire che tipo di rapporto avesse Donferri con la ditta. Tabulati e intercettazioni telefoniche hanno consentito di appurare che il manager frequentava la sede almeno tre volte a settimana, presentandosi anche durante il lockdown. Di questo però non c’è traccia in nessun contratto. E infatti Donferri, uomo che in Autostrade viaggiava su uno stipendio lordo annuo di circa 300mila euro, potrebbe finire nei guai perché riceveva la Naspi, il sussidio di disoccupazione.

Il suo nuovo inquadramento è oggetto di indagine. Lo cita nella sua ordinanza il gip Paola Faggioni: “L’uscita dal gruppo non ha impedito a Donferri di prestare la propria attività lavorativa per società collegate con Aspi (percependo in modo indebito l’indennità di disoccupazione) con elevato rischio di reiterazione di analoghe condotte criminose strumentali all’ottenimento di indebiti risparmi con conseguenti illeciti guadagni”. L’impresa è intestata ad Angela Antonia Alaia. Più spesso Donferri si confrontava con il marito, l’ingegnere Ciro Antonio Cannelonga.

La stessa Polis Consulting dichiara sul suo sito di avere appalti in corso con la galassia Atlantia: per l’aeroporto Leonardo Da Vinci (Aeroporti di Roma) sta curando la progettazione di una centrale idrica di pompaggio dell’acqua, un sistema antincendio; per Aspi ha in corso la progettazione di due gallerie, la Val di Sambro e Grizzana, della variante di valico a Bologna, e la Cavallo e Sappanico, sulla A14, ad Ancona; per Spea altre consulenze.

Contattati dal Fatto, da Aspi fanno sapere che la Polis Consulting dal 2016 è tra le migliaia di fornitori di Aspi, tuttavia non erano assolutamente a conoscenza di legami tra la ditta e Donferri. E assicurano che ora avvieranno tutte le verifiche consentite, nei limiti della norma, nei confronti del fornitore. Donferri non è solo un semplice dirigente di lungo corso, che ha attraversato la gestione pubblica e privata di Autostrade. Per chi indaga è il depositario dei segreti meglio custoditi della società.

Come dimostra la richiesta fatta alla segretaria, all’indomani del crollo del Morandi: “Portati un bel trolley grosso… devo comincia’ a prendere l’archivio là del Polcevera. Quella è roba mia”. È lui a confidare al suo superiore, Paolo Berti, che “i cavi del viadotto sono corrosi”. Quel messaggio viene cancellato da Berti all’indomani del disastro, ma è stato ritrovato dagli investigatori nelle chat di Whatsapp. E ancora, è sempre lui a portare un’ambasciata del “capo”, l’ex ad Castellucci, quando Berti sembra vacillare. È l’inizio del 2019, e Berti è stato condannato a 5 anni per la strage di Avellino. In quei dialoghi sembra essersi pentito “di non aver raccontato tutta la verità”. “Devi fare come Andreotti – gli consiglia allora Donferri – se non puoi ammazzare il nemico devi fartelo amico. Stringi un accordo con il capo”. E ancora: “Quarantatré morti de qua, quarantatré morti de là, stamo tutti sulla stessa barca. (Castellucci) Ti vuole rasserenare, ti aiuterà tutta la vita. Dai ti faccio venire a prendere con un taxi”.

Quel patto del silenzio, insomma, aveva tenuto a tutte le stagioni. Anche all’allontanamento di Castellucci. Ecco perché adesso la Procura di Genova vuole rendere più nitida la fotografia del nuovo lavoro di Donferri, l’uomo dei segreti.

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