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martedì 8 gennaio 2013
CAMERON MINACCIA L’ARGENTINA. IL GOVERNO SUDAMERICANO RISPONDE E SCOPRE GLI ALTARINI GUERRAFONDAI. - Sergio Di Cori Modigliani
Dal punto di vista mediatico (oltre a quello sostanziale) è davvero molto interessante rilevare le modalità di uso e di consumo della guerra tra le due Cristine.
Il primo ministro inglese, David Cameron, ha scelto di dare una risposta alla lettera inviatagli dalla presidente argentina Cristina Kirchner, in diretta televisiva sulla BBC. Contrariamente alla tradizione giornalistica anglo-sassone, sempre molto corretta in frangenti come questi, l’emittente britannica non ha mostrato (né letto né sintetizzato) il testo originale inviato dalla Kirchner, accettando per buona la versione del primo ministro, il quale si è detto obbligato a intervenire in seguito “a minacce ricevute dal governo argentino in relazione alla sovranità di un pezzo del nostro territorio nazionale”.
Ecco qui di seguito l’estratto dell’intervista così come viene riportata dal Guardian, il più radicale tra i media britannici: UK will fight for the Falklands, says David Cameron
In Italia non se ne parla, se non per un brevissimo pezzo diffuso dall’agenzia di stampa italiana AGI.
Eccolo: Cameron, "Pronti alla guerra per difendere le Falkland"
08:05 07 GEN 2013
(AGI) - Londra, 7 gen. - Londra e' pronta alle armi per difendere le Falkland. David Cameron rispolvera parole di guerra di fronte alle nuove rivendicazioni avanzate dal presidente dell'Argentina, Cristina Kirchner, che aveva accusato Londra di esercitare sulle terre contese, e all'origine di una guerra tra i due Paesi, "un colonialismo da diciannovesimo secolo". La Gran Bretagna, ha detto Cameron intervistato dalla Bbc, possiede "forti armi di difesa" sul posto ed e' "assolutamente chiaro" che le usera' nel caso di un confronto militare. "Ricevo regolarmente una serie di rapporti sulla questione", ha sottolineato Cameron, "poiche' voglio sempre essere al corrente della nostra solidita' militare e della nostra determinazione. Abbiamo diversi caccia e' unita' militari nelle Falklands". A marzo i 3.000 abitanti delle isole esprimeranno in un referendum il desiderio di restare o meno nella Gran Bretagna.
Né in Italia, né in Gran Bretagna, né in nessun altro paese europeo –con l’eccezione della Francia, della Cekia e dell’Irlanda- sono state diffuse le reazioni sudamericane, sia quelle “ufficiali” del governo che quelle della stampa e della società civile. Ecco, qui di seguito, l’editoriale del quotidiano La Naciòn (il corrispondente argentino del nostro corriere della sera) da sempre su posizioni moderate di centro:
Il testo recita così: El Gobierno repudió las "amenazas militaristas" de Cameron por Malvinas
Mentre l’Europa fa finta di niente con la consueta miopia che la contraddistingue, pungolata soltanto da Hollande, che ha dichiarato “essendo stata inviata una copia della lettera, oltre che al segretario dell’Onu, anche all’Unione Europea, sarebbe auspicabile aprire immediatamente una discussione in merito presso le diplomazie dei 27 paesi membri” i cittadini del nostro continente non sono in grado di poter comprendere che cosa stia accadendo.
In verità, tutto ciò è una semplice tappa della “guerra tra le due Cristine”, tant’è vero che in Europa è stata completamente censurata sia l’intera dichiarazione ufficiale del governo argentino, sia le reazioni brasiliane, uruguaiane, cilene, ecuadoriane, boliviane, venezuelane, tutte relative allo scontro economico tra i due continenti.
Sostiene il governo argentino “riteniamo che le dichiarazioni del premier britannico David Cameron, che ha scelto di usare toni minacciosi dal sapore bellico come risposta a una nostra lettera diplomatica (la cui richiesta consisteva nell’aprire un tavolo di discussione) non possiamo non considerare tale risposta come un semplice diversivo per impedire alla popolazione britannica di prendere atto che il governo inglese sta scegliendo di investire una gigantesca somma di denaro pubblico in armamenti e forniture belliche, a danno della ripresa economica, dello sviluppo e del progresso. Riteniamo che la Gran Bretagna e l’Europa, invece di flettere i muscoli minacciando la guerra, dovrebbero piuttosto occuparsi di portare guerra alla disoccupazione, all’abbattimento dello stato sociale, alla miseria che si sta diffondendo sempre di più in tutto il continente europeo. Non è una novità che le potenze, quando sono all’angolo, tentano di esportare i propri problemi all’estero “inventando” delle guerre per cercare, irresponsabilmente, di poter risolvere così dei conflitti interni”.
Siamo venuti a sapere, quindi (così come la maggior parte degli internauti inglesi) attraverso i networks sudamericani, sia quelli mainstream che quelli indipendenti digitali, come il parlamento britannico stia per varare una serie di misure governative che daranno il via a un investimento di circa 80 miliardi di sterline (intorno a 100 miliardi di euro) a favore del Ministero della Difesa, nel nome della “assoluta e inderogabile necessità di provvedere alla salvaguardia e difesa nazionale”, per acquistare nuove armi e aumentare il budget militare, seguitando a tagliare le spese nei settori della sanità e dell’istruzione. La controversia su queste piccolissime isolette in fondo al Polo Sud capita a fagiolo per David Cameron.
Il fatto è che le guerre (secondo la tradizione sia formale che legale) in Gran Bretagna le dichiara e le lancia la corona. Se non c’è la firma del re, non c’è nessuna guerra. E il principe Carlo (a un passo dall’esercitare il suo mandato) -è cosa nota- è un uomo incline al pacifismo, è disponibile a risolvere subito la faccenda in maniera diplomatica e armoniosa, pende verso la green economy, e non ha nessuna intenzione di finire sui libri di Storia come il re che ha procurato al popolo britannico fame, disperazione e sofferenza per salvaguardare gli interessi dei colossi finanziari e di qualche generale in fregola. E’ proprio il caso di dire: noblesse oblige.
Questa zuffa tra la Kirchner e Cameron, pertanto, non è una cosa da poco.
E’ ben più importante delle discussioni tra Monti, Barroso e la Merkel, perché ormai l’hanno capito tutti che si tratta soltanto di finzioni formali.
E’ lo scontro tra due diverse e opposte interpretazioni del ruolo che la classe dirigente politica di ogni nazione in occidente deve assumersi la responsabilità di scegliere di avere in questo momento: proseguire nell’attuale piano di strozzamento del mondo del lavoro, aumentando la disoccupazione, abbattendo lo stato sociale, restringendo gli investimenti pubblici nel nome del rigore e dell’austerità imposte dal fiscal compact, favorendo soltanto i colossi finanziari, le banche e l’industria degli armamenti, oppure cambiare rotta e applicare delle politiche economiche espansive, di stimolo all’investimento, per rilanciare l’economia civile restringendo i budget militari. v Se prendiamo le due frasi, sia quella di Cameron che quella della Kirchner, ci rendiamo conto di quale sia la posta in gioco e come, dietro tutta questa vicenda, ci sia l’invisibile e onnipresente mano del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale. Dice Cameron: “Difenderemo le Falkland anche con la guerra se necessario”. Sostiene la Kirchner: “Meno cannoni e meno bombardieri e più lavoro e più occupazione: di questo ha bisogno l’Europa non di una guerra ”.
Cameron ha poi risposto al governo argentino con aria sprezzante e razzista “Non accettiamo da un lontano staterello sudamericano lezioni su ciò che l’Europa deve o non deve fare”.
E la Kirchner ha risposto: “E allora, se è così, perché l’Europa ci invia di continuo degli ispettori del Fondo Monetario Internazionale per dirci ciò che noi dobbiamo fare in materia economica, prospettandoci delle manovre che in Europa hanno prodotto soltanto miseria e dolore distruggendo l’economia europea?”.
Riguarda tutti noi, dunque.
Non si tratta di una polemica sterile, bensì di uno scontro sostanziale.
Tant’è vero che da anglo-argentino, questo conflitto è diventato in pochissime ore uno scontro tra l’Europa e il continente americano. Questo voleva Christine Lagarde.
E’ la conferma di una spaccatura storica che non riguarda delle isolette inutili, ma ben altra materia. Rivela uno scontro poderoso tutto interno alla vita politica britannica tra la massoneria conservatrice inglese che controlla la finanza della city e la corona, la quale –non a caso- cinque mesi fa ha ordinato come arcivescovo di Canterbury, la più alta carica religiosa, un uomo di cui si è parlato molto poco ma la cui nomina ha sconvolto più di un club che a Londra conta. Il capo dei pastori anglicani è un uomo che ha lavorato venti anni come analista finanziario nella centrale di Goldman Sachs, poi si è dimesso e ha pubblicato un libro rispetto al quale le dichiarazioni di Paolo Barnard sono gridolini da scuola elementare. In seguito a quella esperienza il capo degli anglicani sostiene di aver avuto una conversione religiosa e di aver scelto “di dedicare il resto della mia esistenza all’abbattimento della dittatura malefica dei colossi finanziari di cui conosco perfettamente i macabri rituali di morte e di devastazione delle esistenze” (è uno che parla così). La corona inglese lo adora, lo stima e lo rispetta. Soprattutto il principe Charles. Tant’è vero che l’hanno scelto tra 42 potenziali candidati.
E’ lo stesso tipo di scontro che si sta verificando in Usa tra i repubblicani e i democratici. In gioco, a Washington, sul piatto della bilancia, ci sono investimenti per 6.000 miliardi di dollari. I repubblicani li vogliono passare alla difesa dove i militari protestano perché dalla fine della guerra in Iraq, per loro, è finita la festa delle sovvenzioni statali a pioggia. Nei suoi due mandati presidenziali, George Bush jr. ha succhiato alle casse della Banca d’America 11.000 miliardi di dollari. Obama e i democratici hanno detto: basta così, e guardano al Sudamerica.
Ecco perché la nostra Christine Lagarde si è impuntata con l’Argentina. Sono in ballo decine di migliaia di miliardi di euro da investire nella finanza bellica: è la strada maestra indicata dal Fondo Monetario Internazionale, alla quale l’Italia ha aderito. E le scelte sudamericane, se si cementano con l’amministrazione Usa ponendo fine all’annoso e tragico conflitto tra il settentrione e il meridione del continente americano, possono anche far saltare l’euro e tutte le politiche di rigore e di austerità.
Non è certo casuale che nel cuore dell’Europa sia sceso in campo, personalmente, per tendere una mano al discutibile Gerard Depardieu, lo zar Putin in persona. Un segnale chiaro e forte all’Europa. In altri tempi avrebbe provocato un incidente diplomatico.
Questi sono i giochi.
L’Europa, in questo momento, è in pugno alla finanza di Londra e allo zar Vladimir Putin.
Come ha detto un diplomatico francese a un recente ricevimento a Parigi “peccato che Napoleone non ce l’abbia fatta nel 1812 sulla Beresina: sarebbe stata davvero tutta un’altra Europa”.
Una boutade che sottoscrivo, nella sua surrealtà.
Quel dittatore pazzo e megalomane di Ajaccio mi sta sempre più simpatico.
Avevano ragione sia Stendhal che Beethoven che Alessandro Manzoni.
Buona settimana a tutti.
http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it/2013/01/cameron-minaccia-largentina-il-governo.html
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