Il notaio, ex presidente del Consiglio romano, è accusato di abuso d’ufficio, concussione e falso in atto pubblico per aver, insieme ai consiglieri Romolo Rummo e Antonio Sgobbo, “abusato della loro qualità e dei poteri derivati dalla loro carica” e costretto “ripetutamente i notai del distretto” a lasciare la gestione di alcuni incarichi ad altri professionisti.
Ha abusato della sua posizione di presidente e consigliere per sfilare a diversi notai alcuni incarichi e indirizzarli a colleghi prediletti. Il tutto condito da pressioni ai disobbedienti, minacciati di possibili conseguenze negative per la loro vita professionale. Sono le accuse che hanno portato a processo per abuso d’ufficio, concussione e falso in atto pubblico il notaio Cesare Felice Giuliani, al vertice del consiglio nazionale del notariato e del distretto di Roma che comprende anche Velletri e Civitavecchia.
L’inchiesta parte proprio dal distretto romano, quando nell’ottobre 2015 il notaio Andrea Mosca denuncia le pressioni subite in prima persona e anche da altri colleghi da parte del presidente Giuliani e dei consiglieri Romolo Rummo e Antonio Sgobbo, all’epoca anche coordinatore della commissione vigilanza e deontologia. I tre, si legge negli atti d’indagine del sostituto procuratore Roberto Felici, hanno “abusato della loro qualità e dei poteri derivati dalla loro carica” e costretto “ripetutamente i notai del distretto” a lasciare la gestione di alcuni incarichi sulla “dismissione del patrimonio immobiliare” di “Enasarco e Roma Capitale” al Consiglio notarile di Roma. Il presidente Giuliani e gli altri due consiglieri hanno spinto i colleghi, si aggiunge, a non “accettare l’incarico direttamente dalle parti”, con la “minaccia di possibili conseguenze negative sulla loro vita professionale”, compresa “l’instaurazione di procedimenti disciplinari”.
Hanno inoltre “pilotato l’assegnazione degli incarichi” ad altri notai “selezionati in modo arbitrario”, procurando loro “un ingiusto vantaggio patrimoniale”. Infine, a Giuliani e ai due colleghi è contestato anche di aver redatto “un verbale di audizione disciplinare al notaio Andrea Mosca” che sarebbe falso.
La vicenda giudiziaria, che si trascina ormai da diversi anni, aveva creato qualche malumore all’interno del consiglio nazionale. Basti pensare che nell’agosto 2019 i consiglieri si erano riuniti in seduta straordinaria per discutere del caso Giuliani. In 15 su 20 avevano votato a favore del presidente. “Una larga maggioranza mi ha supportato e invitato a proseguire il mandato – aveva spiegato al Fatto Quotidiano lo stesso Giuliani – con piena fiducia nell’operato e nelle indagini della magistratura. C’era stata la possibilità di fare un passo indietro su Roma, ma essendoci questa inchiesta si è deciso di andare avanti con il mandato perché è iniziata con me ed è giusto che termini con me”.
Poche settimane fa (4 dicembre), il portale di federnotizie.it, gestito dell’associazione sindacale notai della Lombardia, ha pubblicato dieci domande indirizzate a Giuliani. Tra queste, si chiede se ha “mai pensato alle dimissioni”, in virtù della sua “vicenda giudiziaria e per la presunta incompatibilità della doppia carica di presidente del Consiglio nazionale notarile e del consiglio notarile di Roma”. Sul tavolo del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, è finita, dallo scorso luglio, anche un’istanza di vigilanza, per le note vicende, sul consiglio notarile di Roma presieduto da Giuliani. Ma al momento il Guardasigilli non avrebbe ancora risposto.