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lunedì 13 agosto 2018

UNA STELLA INTRUSA NEL SISTEMA SOLARE. - Barbara Bubbi


Rappresentazione artistica del Sistema Solare. Credit NASA

Una quasi-catastrofe avrebbe modellato miliardi di anni fa le regioni esterne del Sistema Solare, lasciando le regioni interne praticamente illese. I ricercatori hanno scoperto che il passaggio ravvicinato di un’altra stella potrebbe spiegare molte delle caratteristiche osservate nelle regioni remote del nostro sistema. Lo studio è stato pubblicato su The Astrophysical Journal.
I pianeti del Sistema Solare si formarono all’interno di un vasto disco protoplanetario di gas e polveri circostante il Sole. Dal momento che la massa complessiva di tutti gli oggetti situati al di là di Nettuno è molto inferiore al previsto, e che tali corpi celesti hanno in gran parte orbite inclinate ed eccentriche, è probabile che alcuni processi abbiano rimodellato il Sistema Solare esterno dopo la sua formazione. Secondo Susanne Pfalzner del Max Planck Institute for Radio Astronomy a Bonn, Germania, e i suoi colleghi, il passaggio ravvicinato di una stella intrusa avrebbe causato la bassa densità di massa osservata nel Sistema Solare esterno, e avrebbe forzato quegli oggetti remoti a percorrere orbite eccentriche e inclinate.
Le simulazioni numeriche dimostrano che molti corpi celesti aggiuntivi a elevate inclinazioni attendono di essere scoperti. “Il nostro team si è occupato per anni di cercare le conseguenze di passaggi stellari ravvicinati su altri sistemi planetari, senza mai considerare che noi in realtà potremmo trovarci proprio in uno di quei sistemi”, spiega Susanne Pfalzner. “La bellezza di questo modello è la sua semplicità”.
Lo scenario di base della formazione del Sistema Solare è ben noto: il Sole si è accesso in seguito a collasso gravitazionale di una densa nube di gas e polveri. Nel corso del processo si è formato attorno alla nostra stella un disco appiattito, in cui sono cresciuti i pianeti, insieme a oggetti più piccoli come asteroidi, pianeti nani, e così via. Osservando il Sistema Solare fino all’orbita di Nettuno, sembra quasi tutto al suo posto: gran parte dei pianeti si muovono su orbite pressochè circolari e le loro inclinazioni orbitali variano solo leggermente. Tuttavia, al di là di Nettuno, le dinamiche diventano molto disordinate. Il mistero più grande è il pianeta nano Sedna, che si sposta lungo un’orbita inclinata e altamente eccentrica, ed è così lontano da non poter essere stato portato a quell’orbita remota in seguito a dinamiche planetarie. Appena al di là di Nettuno accade qualcosa di strano. La massa complessiva di tutti gli oggetti cala drammaticamente di quasi tre ordini di grandezza. Questo avviene più o meno alla stessa distanza in cui le dinamiche orbitali diventano disordinate.
Secondo il team la spiegazione potrebbe essere il passaggio di una stella che si avvicinò al Sistema Solare primordiale, strappando via gran parte del materiale esterno del disco protoplanetario del Sole e portando gli oggetti rimanenti ad assumere orbite inclinate ed eccentriche. Realizzando migliaia di simulazioni al computer, i ricercatori hanno analizzato le dinamiche del passaggio di questa stella invasiva. I risultati suggeriscono che la stella perturbatrice avesse una massa simile o di poco inferiore a quella del Sole, e che sia arrivata ad una distanza dalla nostra stella pari a circa tre volte quella di Nettuno.
Sorprendentemente, il passaggio stellare non spiega soltanto le strane orbite degli oggetti del Sistema Solare esterno, ma fornisce anche una spiegazione naturale per varie caratteristiche inaspettate del nostro sistema, come il rapporto di massa tra Nettuno e Urano, e l’esistenza di due diverse popolazioni di oggetti della Fascia di Kuiper. Una questione su cui indagare è la probabilità di un simile evento. Stelle come il Sole nascono tipicamente in grandi gruppi, in cui le stelle sono densamente accorpate. Pertanto gli incontri tra vicine stellari erano significativamente più comuni nel lontano passato. Il team ha scoperto, grazie ad un’altra simulazione, che nel giovane Sistema Solare la probabilità per il Sole di sperimentare un incontro ravvicinato con un’altra stella era del 20-30 percento. Pertanto l’ipotesi dello studio potrebbe essere la spiegazione più semplice per le caratteristiche singolari osservate nel Sistema Solare esterno.

domenica 13 maggio 2018

Due stelle 'intruse' nella Via Lattea.

Rappresentazione artistica di una veloce nana bianca che potrebbe essere sopravvissuta all’esplosione della compagna (fonte: DAVID A. AGUILAR/ Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics) © Ansa
Rappresentazione artistica di una veloce nana bianca che potrebbe essere sopravvissuta all’esplosione della compagna (fonte: DAVID A. AGUILAR/ Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics)

Arrivano dalla Grande Nube di Magellano.


Scoperte due stelle 'intruse' nella Via Lattea: sono velocissime e arrivano da un'altra galassia, la Grande Nube di Magellano. Lo indicano le analisi preliminari, riportate da Science sul suo sito, del catalogo di 1,3 miliardi di stelle compilato dal satellite Gaia, dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa) e appena reso disponibile agli astronomi di tutto il mondo. Il catalogo è una delle più grandi banche dati dell'astronomia: contiene informazioni su posizione, movimento, luminosità e colori di 1,3 miliardi di stelle della Via Lattea, raccolte dal satellite lanciato nel 2013

In pochi giorni dal rilascio dei dati, avvenuto il 25 aprile, c'è stato già un diluvio di scoperte, tutte pubblicate sul sito arXiv. Per esempio il gruppo guidato da Tommaso Marchetti all'università di Leida, nei Paesi Bassi, si è concentrato sulle stelle che si muovono velocemente, che sono molto affascinanti perché, ripercorrendo a ritroso la loro traiettoria, è possibile risalire al luogo da dove arrivano e agli eventi violenti che le hanno 'accelerate'. 

Delle 28 studiate, è risultato che almeno due arriverebbero da un'altra galassia, forse la Grande Nube di Magellano. Grazie ai dati di Gaia, è stato confermato che anche un'altra stella velocissima, nota dal 2005 e chiamata HVS3, arriva dalla Grande Nube di Magellano, addirittura dal 'cuore' della galassia, come dimostra Denis Erkal, dell'università britannica del Surrey. 

Gli astronomi ipotizzano che tutte queste stelle nomadi potrebbero aver ricevuto un 'calcio' dalla forza di gravità di un grande buco nero presente nella Grande Nube di Magellano. Altri astronomi si sono concentrati sullo studio delle nane bianche, i resti di stelle simili al Sole: Ken Shen, dell'università della California a Berkeley, ne ha scoperte tre che sfrecciano velocissime, a circa 2.400 chilometri al secondo. Le tre stelle secondo gli astronomi, sarebbero 'sopravvissute' a un cataclisma cosmico. Un tempo ognuna ruotava in coppia con una stella dalla massa più grande, che quando è esplosa come supernova avrebbe scagliato la compagna nello spazio.