Se vi capita di svegliarvi verso le quattro o
le cinque del mattino, mentre vi voltate
nel letto in cerca di un po’più di sonno,
pensate che quella è l’ora dei campi nomadi.
A quell’ora centinaia di agenti della polizia
di Stato, carabinieri,guardie forestali, militari
in tenuta da Afghanistan sono impegnati
a smantellare i campi nomadi. Vuol dire sfondare
porte, svegliare famiglie di soprassalto,
terrorizzare bambini, svuotare casupole, distruggere
baracche, rastrellare gli abitanti a
volte per trasferirli, a volte per disperderli nelle
boscaglie o negli squallidi quartieri vicini,
dove si nascondono, come in una guerra.
Questa, infatti, è la guerra degli italiani ai rom,
60 milioni di italiani contro 170 milarom per
metà donne, per metà bambini, per metà cittadini
italiani. Si chiama trasferimento nei
campi attrezzati. Vuol dire: ruspe nel primo
campo disumano; trasferimento in un secondo
campo disumano, lontano, nel cemento, a
filo di un autostrada.
Le operazioni sono guidate dal prefetto Pecoraro,
che è a capo di un quartier generale
detto “emergenze rom”. Non c’è alcuna
emergenza rom, naturalmente; niente a che
fare con la camorra. Ma, attenzione: il prefetto
Pecoraro sta scrupolosamente eseguendo
ordini. Gli ordini sono politici. È la nuova Italia
di Berlusconi-Bossi-Maroni, in cui si aggrediscono
dovunque i deboli.
Ma la persecuzione degli zingari (specialmente
dei bambini zingari) continua. Scrive Repubblica
(11 novembre): “I piccoli rom del
comune di Roma che non conoscono l’italia -
no lo impareranno nel loro campo di appartenenza
e solo dopo potranno andare a scuola”.
Nel ridicolo linguaggio da fureria comunale,
il progetto persecutorio è chiaro: apartheid.
E’ vietato ai bambini rom l’accesso alla
scuola perché non sanno l’italiano. È vietato
ai bambini rom di imparare l’italiano, perché
non vanno a scuola. Firmato Gianni Alemanno,
sindaco di Roma.Ma niente è ragionevole
(che non vuol dire buono, ma solo pragmatico
e utile) in una infezione di cattivismo che
dilaga, porta vendetta e vendetta della vendetta.
Per esempio Alba Adriatica. Muore un uomo
in una rissa come in tante tragiche risse italiane.
Ma questa volta il colpevole è un rom.
Dunque distruzione delle case e delle auto
rom, dunque tentativo di linciaggio. Le alternative,
per gli zingari fuggitivi, sono: fame,
schiavitù, arresto, espulsione.
È l’Italia del tardo berlusconismo. Dopo molti
annunci perversi, ora questa tetra Italia passa
alle vie di fatto.
Da "il fatto quotidiano" del 15.11.09.
Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
martedì 17 novembre 2009
Riforme, altolà di Fini: ''Le regole non si riscrivono a piacimento della maggioranza''
ultimo aggiornamento: 16 novembre, ore 18:38
Prato - (Adnkronos) - Il presidente della Camera: "Non si deve far passare il principio che in una democrazia dell'alternanza ogni maggioranza modifica a proprio piacimento quelle che sono le regole di convivenza civile". Il presidente del Senato Schifani: ''E' gia' passato un anno e mezzo di legislatura e non si è fatto nulla''. Fini: ''Delirio parlare di complotto. Lodo Alfano? Si se costituzionale". Il ddl sul processo breve presentato al Senato
Prato, 16 nov. (Adnkronos) - "Sarebbe certamente un momento difficile per il nostro paese quello in cui dovesse affermarsi il principio che in una democrazia dell'alternanza ogni maggioranza modifica a proprio piacimento quelle che sono le regole del vivere civile, le regole che devono impegnare tutti gli italiani". Lo ha detto il presidente della Camera Gianfranco Fini, in un passaggio del suo intervento alla seduta straordinaria del consiglio comunale di Prato, in occasione dei 720 anni della realizzazione della sala consiliare.
"Riscrivere le regole -ha sottolineato Fini- deve necessariamente comportare l'impegno per una riscrittura che sia quanto piu' possibile condivisa. Perche' le regole riguardano tutti, perche' le istituzioni della Repubblica sono le istituzioni di ogni italiano". Secondo il presidente della Camera "e' proprio la nostra Costituzione ad indicare con chiarezza le modalita' attraverso le quali e' possibile modificare la Costituzione -ha osservato Fini- E' certamente possibile farlo avvalendosi di maggioranze ordinarie, ma in quel caso si e' sottoposti all'assenso dell'unico soggetto che in una democrazia e' sovrano: il corpo elettorale".
"L'esperienza recente -ha sottolineato Fini- deve insegnare a tutti che se vogliamo riforme condivise in grado di gettare solide basi di credibilita' delle istituzioni per il prossimo futuro, non ci si deve stancare di cercare di cercare il confronto ed evidenziare positivamente quello che puo' unire, mettendo in disparte o in secondo piano cio' che puo' dividere".
Passando poi dal tema delle riforme istituzionali a quello delle riforme strutturali, il presidente della Camera ha osservato infine che "il Paese non puo' continuare a dilaniarsi come in una perenne campagna elettorale".
In un passaggio del suo discorso, poi, Fini ha parlato di immigrazione: "Non ci puo' essere integrazione senza legalita': ci si integra solo se si e' disposti a vivere in condizioni di rispetto della legalita'". "Se e' doveroso da parte dell'Italia -ha proseguito Fini- rispettare la cultura di origine e l'identita' degli uomini e delle donne che vengono a partecipare con il loro lavoro alla crescita della nostra societa', dobbiamo anche chiedere loro di rispettare le nostre leggi, di parlare la nostra lingua, di mandare i loro figli nelle nostre scuole, e di fare proprio il valore della dignita' della persona, che e' alla base della nostra cultura, non si possono reclamare solo diritti senza essere pronti ad adempiere ad altrettanti precisi doveri".
Per Fini "integrazione non puo' significare chiudere gli occhi di fronte ad autentiche enclaves in cui non si rispettano le leggi e i diritti, non si parla la lingua italiana e non si chiede l'integrazione. Serve quindi -e' stato l'invito del presidente della Camera- un impegno delle istituzioni tutte, della politica e dei cittadini, per rendere possibile un nuovo patto di cittadinanza. L'Italia deve essere di tutti coloro che la sentono come patria, anche se per alcuni non e' la terra dei loro padri".
Sull'argomento della riforme è intervenuto in serata anche il presidente del Senato Renato Schifani. "E' sempre auspicabile" che le riforme siano condivise, "ritengo comunque che si stia perdendo del tempo prezioso. E' gia' passato un anno e mezzo di legislatura e non si e' fatto nulla", ha detto da Palermo dove si trovava per il decennale dell'Universita' Lumsa.
"Le nuove regole - ha detto Schifani- sono note da piu' anni. Se ne parla dai tempi della bicamerale. Ritengo che tutti i partiti debbano avere un sussulto di volonta' politica per mettersi attorno a un tavolo e fare presto nell'interesse del Paese".
http://www.adnkronos.com/IGN/News/Politica/Riforme-altola-di-Fini-Le-regole-non-si-riscrivono-a-piacimento-della-maggioranza_3999924547.html
Prato - (Adnkronos) - Il presidente della Camera: "Non si deve far passare il principio che in una democrazia dell'alternanza ogni maggioranza modifica a proprio piacimento quelle che sono le regole di convivenza civile". Il presidente del Senato Schifani: ''E' gia' passato un anno e mezzo di legislatura e non si è fatto nulla''. Fini: ''Delirio parlare di complotto. Lodo Alfano? Si se costituzionale". Il ddl sul processo breve presentato al Senato
Prato, 16 nov. (Adnkronos) - "Sarebbe certamente un momento difficile per il nostro paese quello in cui dovesse affermarsi il principio che in una democrazia dell'alternanza ogni maggioranza modifica a proprio piacimento quelle che sono le regole del vivere civile, le regole che devono impegnare tutti gli italiani". Lo ha detto il presidente della Camera Gianfranco Fini, in un passaggio del suo intervento alla seduta straordinaria del consiglio comunale di Prato, in occasione dei 720 anni della realizzazione della sala consiliare.
"Riscrivere le regole -ha sottolineato Fini- deve necessariamente comportare l'impegno per una riscrittura che sia quanto piu' possibile condivisa. Perche' le regole riguardano tutti, perche' le istituzioni della Repubblica sono le istituzioni di ogni italiano". Secondo il presidente della Camera "e' proprio la nostra Costituzione ad indicare con chiarezza le modalita' attraverso le quali e' possibile modificare la Costituzione -ha osservato Fini- E' certamente possibile farlo avvalendosi di maggioranze ordinarie, ma in quel caso si e' sottoposti all'assenso dell'unico soggetto che in una democrazia e' sovrano: il corpo elettorale".
"L'esperienza recente -ha sottolineato Fini- deve insegnare a tutti che se vogliamo riforme condivise in grado di gettare solide basi di credibilita' delle istituzioni per il prossimo futuro, non ci si deve stancare di cercare di cercare il confronto ed evidenziare positivamente quello che puo' unire, mettendo in disparte o in secondo piano cio' che puo' dividere".
Passando poi dal tema delle riforme istituzionali a quello delle riforme strutturali, il presidente della Camera ha osservato infine che "il Paese non puo' continuare a dilaniarsi come in una perenne campagna elettorale".
In un passaggio del suo discorso, poi, Fini ha parlato di immigrazione: "Non ci puo' essere integrazione senza legalita': ci si integra solo se si e' disposti a vivere in condizioni di rispetto della legalita'". "Se e' doveroso da parte dell'Italia -ha proseguito Fini- rispettare la cultura di origine e l'identita' degli uomini e delle donne che vengono a partecipare con il loro lavoro alla crescita della nostra societa', dobbiamo anche chiedere loro di rispettare le nostre leggi, di parlare la nostra lingua, di mandare i loro figli nelle nostre scuole, e di fare proprio il valore della dignita' della persona, che e' alla base della nostra cultura, non si possono reclamare solo diritti senza essere pronti ad adempiere ad altrettanti precisi doveri".
Per Fini "integrazione non puo' significare chiudere gli occhi di fronte ad autentiche enclaves in cui non si rispettano le leggi e i diritti, non si parla la lingua italiana e non si chiede l'integrazione. Serve quindi -e' stato l'invito del presidente della Camera- un impegno delle istituzioni tutte, della politica e dei cittadini, per rendere possibile un nuovo patto di cittadinanza. L'Italia deve essere di tutti coloro che la sentono come patria, anche se per alcuni non e' la terra dei loro padri".
Sull'argomento della riforme è intervenuto in serata anche il presidente del Senato Renato Schifani. "E' sempre auspicabile" che le riforme siano condivise, "ritengo comunque che si stia perdendo del tempo prezioso. E' gia' passato un anno e mezzo di legislatura e non si e' fatto nulla", ha detto da Palermo dove si trovava per il decennale dell'Universita' Lumsa.
"Le nuove regole - ha detto Schifani- sono note da piu' anni. Se ne parla dai tempi della bicamerale. Ritengo che tutti i partiti debbano avere un sussulto di volonta' politica per mettersi attorno a un tavolo e fare presto nell'interesse del Paese".
http://www.adnkronos.com/IGN/News/Politica/Riforme-altola-di-Fini-Le-regole-non-si-riscrivono-a-piacimento-della-maggioranza_3999924547.html
lunedì 16 novembre 2009
Democrazia stuprata. Giornalisti guitti o distratti
Editoriale di Alessandro Cardulli
Democrazia: dal greco demos (popolo) e kratos (potere). Tradotto: governo popolare di cui parla Erodoto, già nel V secolo avanti Cristo. Sarà poi Aristotele a individuare e distinguere tre forme di governo: la monarchia, il governo di uno; l’aristocrazia, il governo dei migliori dal punto di vista del censo e della collocazione sociale, se così si può dire;la democrazia, governo del popolo, dei cittadini, appunto.
Un’altra parola che interessa la democrazia :guitto. Nei dizionari si trovano come sinonimi: gretto, meschino,misero,privo di dignità,, sordito, sporco, sudicio in senso morale e non per quante volte si lava. Una terza parola è :distratto. Sempre dai vocabolari il significato: disattento,sbadato, che ha la mente altrove. Ci dicono i fatti anche di questi ultimi giorni, che viviamo in un regime di democrazia stuprata da continue violenze dalla destra che governa e dai media, dalla carta stampata, alla tv, alla radio dove pullulano i giornalisti guitti e quelli distratti.
Squallidi esponenti della maggioranza di governo si affannano a dire che la “ legge vergogna” presentata per salvare il capoccia dai processi incombenti è un specie di dovere perché Berlusconi ha il consenso del popolo italiano, qualcuno si limita a dire della maggioranza del popolo, e quindi il diritto di governare. Berlusconi stesso ogni giorno ripete che lo ha scelto il popolo. Anche Gianfranco Fini conversando con la Annunziata ha espresso questa convinzione, certo negando che ci sia un complotto contro il premier. Si tratta di una colossale bugia. Intanto sempre meno siamo in presenza di un “governo del popolo”. I cittadini non hanno voce in capitolo, ormai neppure “in basso”, dai municipi, ai comuni, alle Regioni, al Parlamento. Le istituzioni si governano in regime, per richiamare Aristotele, di “aristocrazia”. Ma non nel senso aristotelico perché i governanti vengono scelti da ristretti gruppi alla testa dei partiti, per il Pdl dal “monarca” di Arcore.
Berlusconi non ha il sostegno del popolo
Ma la colossale bugia riguarda soprattutto il fatto che il partito di Berlusconi abbia avuto un voto plebiscitario.Alle elezioni dell’aprile scorso ha riportato il 37,38% dei voti. Con la Lega e l’Mpa si è arrivati ad una maggioranza di governo poco sotto al 48%. Questa percentuale è calcolata sui voti validi e cioè su 36 milioni. I cittadini che avevano diritto al voto erano 47 milioni. Basta un piccolo calcolo: Berlusconi è sostenuto dal voto di circa 17 milioni di elettori su 47 milioni, neppure un cittadino su tre .Distratto Fini, distratta l’Annunziata. Altra distrazione sempre nel corso di “1/2 h”.Dice Fini che la Corte Costituzionale quando ha bocciato il Lodo Alfano ha dato una motivazione diversa rispetto alla precedente bocciatura, chiedendo di fatto, una diversa procedura perché riguarda un mutamento della Costituzione. Ai due distratti sarà utile ricordare che la Consulta ha bocciato il Lodo Alfano non solo perché è stato fatto con legge ordinaria ma, soprattutto, perché violava l’articolo 3 della Costituzione, il principio dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Il politico distratto e il giornalista distratto non hanno contribuito a produrre conoscenza che è il sale della democrazia.
Contro i magistrati si inventano di tutto
Ma in questi giorni disgraziati per la nostra Repubblica, illuminati dalla forza degli appelli contro le sciagurate leggi per salvare Berlusconi e dai centomila che sono scesi in piazza sabato saldando lavoro e democrazia, sono stati i guitti, in giornalisti della corte berlusconiana a giocarsela alla grande, a spargere veleno e bugie, raccontando bugie sul lavoro dei magistrati, novelli fannulloni per usare la terminologia breve del ministro Brunetta, pensate non fanno processi al pomeriggio, lavorano solo quattro ore al giorno quando ve bene. Si inventano cancellieri che non ci sono, i giudici diventano semplici impiegati dello stato che devono solo obbedir tacendo; non sanno, ignoranti o in malafede, che alla magistratura spetta l'esercizio del potere giudiziario, uno dei tre poteri dello stato di diritto nella teoria classica di Montesquieu.
Ci illustrano, i guitti, attraverso gli schermi televisivi, che Berlusconi è talmente minacciato nella sua sicurezza dai brigatisti, ci manca dicano che sono comunisti, tanto da dover lasciare la sua residenza che tanto ama, dove trascorre notti movimentate non dalla br. Si trasferisce per qualche notte a Palazzo Chigi che lui, ci dicono i guitti, non gradisce perché gli ricorda il teatrino della politica. Dice il presidente della Camera, sempre nella intervista della Annunziata, che non gli risulta che ci siano questi pericoli per Berlusconi. Non risulta neppure ai servizi, ma i guitti devono fare il loro mestiere di violentatori della democrazia. Così come battono la gran cassa sul fatto che la crisi è superata e il Pil( prodotto interno lordo) ha preso un brodino, ma solo per un mese. La produzione industriale è di nuovo calata pesantemente, l’occupazione falcidiata, la cassa integrazione alle stelle, i conti pubblici sforano ogni limite, le entrate sono crollate,l’avanzo netto ce lo siamo mangiati .
I guitti non battono ciglio, elogiano perfino la Finanziaria approvata dal Senato con il governo che è andato sotto più volte, la stessa maggioranza divisa. E ai guitti si aggiungono anche molti distratti. Può continuare così? Firme, appelli, assemblee, manifestazioni, tutto si può mettere in campo. Se la società civile esiste ancora batta un colpo, si faccia sentire, diventi opposizione vera, forte e unita. Torni a far politica, spinga i partiti perché escano dalle casematte, dai fortini sbrecciati. Demos e Kratos: la democrazia è questa.
Democrazia: dal greco demos (popolo) e kratos (potere). Tradotto: governo popolare di cui parla Erodoto, già nel V secolo avanti Cristo. Sarà poi Aristotele a individuare e distinguere tre forme di governo: la monarchia, il governo di uno; l’aristocrazia, il governo dei migliori dal punto di vista del censo e della collocazione sociale, se così si può dire;la democrazia, governo del popolo, dei cittadini, appunto.
Un’altra parola che interessa la democrazia :guitto. Nei dizionari si trovano come sinonimi: gretto, meschino,misero,privo di dignità,, sordito, sporco, sudicio in senso morale e non per quante volte si lava. Una terza parola è :distratto. Sempre dai vocabolari il significato: disattento,sbadato, che ha la mente altrove. Ci dicono i fatti anche di questi ultimi giorni, che viviamo in un regime di democrazia stuprata da continue violenze dalla destra che governa e dai media, dalla carta stampata, alla tv, alla radio dove pullulano i giornalisti guitti e quelli distratti.
Squallidi esponenti della maggioranza di governo si affannano a dire che la “ legge vergogna” presentata per salvare il capoccia dai processi incombenti è un specie di dovere perché Berlusconi ha il consenso del popolo italiano, qualcuno si limita a dire della maggioranza del popolo, e quindi il diritto di governare. Berlusconi stesso ogni giorno ripete che lo ha scelto il popolo. Anche Gianfranco Fini conversando con la Annunziata ha espresso questa convinzione, certo negando che ci sia un complotto contro il premier. Si tratta di una colossale bugia. Intanto sempre meno siamo in presenza di un “governo del popolo”. I cittadini non hanno voce in capitolo, ormai neppure “in basso”, dai municipi, ai comuni, alle Regioni, al Parlamento. Le istituzioni si governano in regime, per richiamare Aristotele, di “aristocrazia”. Ma non nel senso aristotelico perché i governanti vengono scelti da ristretti gruppi alla testa dei partiti, per il Pdl dal “monarca” di Arcore.
Berlusconi non ha il sostegno del popolo
Ma la colossale bugia riguarda soprattutto il fatto che il partito di Berlusconi abbia avuto un voto plebiscitario.Alle elezioni dell’aprile scorso ha riportato il 37,38% dei voti. Con la Lega e l’Mpa si è arrivati ad una maggioranza di governo poco sotto al 48%. Questa percentuale è calcolata sui voti validi e cioè su 36 milioni. I cittadini che avevano diritto al voto erano 47 milioni. Basta un piccolo calcolo: Berlusconi è sostenuto dal voto di circa 17 milioni di elettori su 47 milioni, neppure un cittadino su tre .Distratto Fini, distratta l’Annunziata. Altra distrazione sempre nel corso di “1/2 h”.Dice Fini che la Corte Costituzionale quando ha bocciato il Lodo Alfano ha dato una motivazione diversa rispetto alla precedente bocciatura, chiedendo di fatto, una diversa procedura perché riguarda un mutamento della Costituzione. Ai due distratti sarà utile ricordare che la Consulta ha bocciato il Lodo Alfano non solo perché è stato fatto con legge ordinaria ma, soprattutto, perché violava l’articolo 3 della Costituzione, il principio dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Il politico distratto e il giornalista distratto non hanno contribuito a produrre conoscenza che è il sale della democrazia.
Contro i magistrati si inventano di tutto
Ma in questi giorni disgraziati per la nostra Repubblica, illuminati dalla forza degli appelli contro le sciagurate leggi per salvare Berlusconi e dai centomila che sono scesi in piazza sabato saldando lavoro e democrazia, sono stati i guitti, in giornalisti della corte berlusconiana a giocarsela alla grande, a spargere veleno e bugie, raccontando bugie sul lavoro dei magistrati, novelli fannulloni per usare la terminologia breve del ministro Brunetta, pensate non fanno processi al pomeriggio, lavorano solo quattro ore al giorno quando ve bene. Si inventano cancellieri che non ci sono, i giudici diventano semplici impiegati dello stato che devono solo obbedir tacendo; non sanno, ignoranti o in malafede, che alla magistratura spetta l'esercizio del potere giudiziario, uno dei tre poteri dello stato di diritto nella teoria classica di Montesquieu.
Ci illustrano, i guitti, attraverso gli schermi televisivi, che Berlusconi è talmente minacciato nella sua sicurezza dai brigatisti, ci manca dicano che sono comunisti, tanto da dover lasciare la sua residenza che tanto ama, dove trascorre notti movimentate non dalla br. Si trasferisce per qualche notte a Palazzo Chigi che lui, ci dicono i guitti, non gradisce perché gli ricorda il teatrino della politica. Dice il presidente della Camera, sempre nella intervista della Annunziata, che non gli risulta che ci siano questi pericoli per Berlusconi. Non risulta neppure ai servizi, ma i guitti devono fare il loro mestiere di violentatori della democrazia. Così come battono la gran cassa sul fatto che la crisi è superata e il Pil( prodotto interno lordo) ha preso un brodino, ma solo per un mese. La produzione industriale è di nuovo calata pesantemente, l’occupazione falcidiata, la cassa integrazione alle stelle, i conti pubblici sforano ogni limite, le entrate sono crollate,l’avanzo netto ce lo siamo mangiati .
I guitti non battono ciglio, elogiano perfino la Finanziaria approvata dal Senato con il governo che è andato sotto più volte, la stessa maggioranza divisa. E ai guitti si aggiungono anche molti distratti. Può continuare così? Firme, appelli, assemblee, manifestazioni, tutto si può mettere in campo. Se la società civile esiste ancora batta un colpo, si faccia sentire, diventi opposizione vera, forte e unita. Torni a far politica, spinga i partiti perché escano dalle casematte, dai fortini sbrecciati. Demos e Kratos: la democrazia è questa.
sabato 14 novembre 2009
La sede di "Libero" presidiata da soldati armati di mitragliatore
"Ieri pomeriggio passando in viale Majno a Milano sono rimasto sorpreso dai soldati che vedete.
Fucile mitragliatore imbracciato (pallottola in canna?) e giubbotto antiproiettile d'ordinanza.
Manco sapevo che quella fosse la sede di Libero la cui libertà di pensiero ben conoscete.
E quindi tutti noi che avevamo criticato Maroni per quella scelta eravamo nel torto.
Avevamo come al solito frainteso.
Non della sicurezza dei cittadini si trattava ma di quella dei servi leccaculo di questo governo."
http://albertocane.blogspot.com/2009/11/la-sede-di-libero-presidiata-da-soldati.html
Pubblicato dalla blogger Annamaria Farina sul blog di Beppe Grillo.
venerdì 13 novembre 2009
Legge su misura per Berlusconi: lascerà impuniti i reati dei «colletti bianchi» (El Pais)
di Elysa Fazzino.
I processi di Berlusconi, ma non solo. La disputa scoppiata in Italia sul disegno di legge per il “processo breve” ha larga eco sui siti dei media esteri. El Pais fa un richiamo sulla homepage per sottolineare che resteranno impuniti migliaia di casi, i reati dei cosiddetti “colletti bianchi”. Il giornale conservatore Le Figaro titola su Berlusconi «in manovra» per evitare la giustizia. Vari siti britannici, come il Guardian, danno rilievo anche all’ultimo processo che incombe sul premier, quello di divorzio.
«Manovra di Berlusconi per l'immunità mentre la moglie chiede una fetta del suo impero», titola il Guardian, che nel sommario recita: «Il Primo ministro italiano lancia una controffensiva contro la Corte costituzionale nel giorno in cui Veronica Lario porta in tribunale la separazione». La legge proposta dal campo di Berlusconi, scrive John Hooper, «contiene provvedimenti radicali che fermerebbero i processi in cui lui è imputato». E’ una delle due leggi con cui Berlusconi risponde alla sentenza della Consulta che gli ha tolto l’immunità. Un’altra proposta punta a ridargli l’immunità. In evidenza la denuncia dell’Associazione nazionale magistrati, secondo cui «almeno 100mila» processi rischiano di essere terminati.
«Gli effetti sul sistema legale italiano, noto per ritardi e inefficienze, sarebbe drammatico», commenta il Guardian, facendo notare che tra i processi a rischio c’è quello che riguarda una delle più grandi frodi societarie al mondo, il crac Parmalat.
Il Financial Times parla di una riforma giudiziaria «controversa», che limiterebbe la durata di alcuni processi già in corso a sei anni e possibilmente terminerà due casi contro il premier. Guy Dinmore specifica che Berlusconi non ha chiarito in che modo la legge potrebbe riguardarlo. Secondo una fonte legale che segue da vicino i due casi, se la legge passa, il processo Mediaset sarebbe estinto, ma «non è chiaro quando sarebbe estinto il processo in cui è accusato di avere corrotto David Mills».
Angela Finocchiaro, riferisce il Ft, ha sbattuto una copia della legge contro il muro dicendo che con la legge gli zingari accusati di furto sarebbero processati mentre i casi delle grandi corporation sarebbero lasciato cadere. Ha citato come esempio il caso sulla bancarotta Parmalat.
«La nuova legge», osserva Il Times, «probabilmente incontrerà ostacoli costituzionali, legali e politici». «Gli oppositori – spiega Richard Owen - dicono che non è la riforma giudiziaria di cui l’Italia ha bisogno ma una misura “disperata” e ad hoc per salvare Berlusconi dalla condanna per corruzione». Il Times però preferisce titolare sul divorzio e dire che «la fortuna di Berlusconi è in gioco». Solo di divorzio parla il Daily Mail, secondo cui si sono frantumate le speranze di Berlusconi di un divorzio tranquillo.
El Pais titola: «La riforma giudiziaria di Berlusconi archivierà migliaia di casi». La legge lascerà impunita la maggioranza dei reati dei “colletti bianchi” con «effetti devastanti» secondo i giudici. Miguel Mora racconta che il Parlamento italiano ha vissuto un’altra giornata «tra il buffo e il drammatico». Ecco perché: mentre un’unità medica alla Camera fa test antidroga ai deputati che lo desiderano, i loro colleghi al Senato «si estasiano con la nuova legge su misura per Silvio Berlusconi». El Pais definisce la legge l’ultimo dispositivo «salva Primo ministro» e nota che è stato presentato «a tutta velocità». Si applicherà solo a chi non ha precedenti condanne, tranne un caso inserito «per esigenza della Lega Nord»: gli stranieri accusati di immigrazione illegale non avranno diritto al processo breve.
L’obiettivo ufficiale, scrive El Mundo, è di impedire che i processi si eternizzino. L’opposizione qualifica l’iniziativa come «incostituzionale» e «immorale». Il titolo: «Il Parlamento italiano dibatte una legge che potrebbe sospendere i processi contro Berlusconi». Spiega Irene Velasco: «Sono molti quelli che considerano che si tratta in realtà di una legge su misura degli interessi del Primo ministro e che l’obiettivo non dichiarato è di far sì che il magnate della comunicazione possa ancora una volta possa schivare la giustizia».
Con il titolo «Berlusconi manovra per evitare la giustizia», Le Figaro è meno sfumato: l’adozione della legge «eviterebbe al presidente del Consiglio di dover comparire in giustizia». Il testo è frutto di un «compromesso laborioso», raggiunto in un incontro «tempestoso» tra Berlusconi e Gianfranco Fini, riferisce Richar Heuzé. Se la legge fosse adottata, il processo Mills, aperto tre anni fa, «sarebbe già prescritto». Lo stesso per il processo Mediaset. L’ostacolo principale per Berlusconi sarà il Quirinale: il presidente della Repubblica non è disposto a ratificare una legge che ritiene contraria alla Costituzione, conclude Le Figaro. CONTINUA ...»
Le Monde: «Berlusconi difende una riforma della giustizia che divide l’Italia». Il premier aveva promesso di difendersi davanti ai tribunali, nota Philippe Ridet, ma «per ora è nello studio della sua residenza romana, insieme al suo avvocato, che si prepara a sfuggire alla giustizia». Poiché la riforma non può essere retroattiva, saranno gli «sherpa» di Berlusconi a dovere trovare una misura transitoria che permetta di applicarla ai processi in corso. Lavoro «delicato» per fare in modo che la norma non corra il rischio di incostituzionalità. Le Monde parla di mezza vittoria per Berlusconi, che non è riuscito a convincere Fini a «impegnare le sue truppe». C’è un ostacolo politico, spiega Ridet: la preparazione delle elezioni regionali di marzo «concentra tutta l’attenzione» degli alleati del premier. «Il mercanteggiamento elettorale è cominciato».
Sul Nouvel Observateur, Marcelle Padovani parla di brutti tempi per Berlusconi, che ormai ha la risata forzata: «La giustizia gli ha tolto l’immunità, la sua popolarità è in calo e i suoi alleati preparano il seguito». Sul sito compare anche un articolo Ap sulla legge per il “processo breve”, che « potrebbe aiutare Berlusconi nei suoi guai con la giustizia».
Il servizio Ap è ripreso anche da vari siti Usa, tra cui quello del New York Times. In Italia – si legge sul Nyt - i processi sono notoriamente «lenti e inefficienti» e ciò ha portato a frequenti appelli per una riforma della giustizia. «Ma la discussione è stata per anni adombrata dai problemi legali di Berlusconi». Il Wall Street Journal si occupa della questione con un articolo di Stacy Meichtry: «Gli alleati di Berlusconi propongono una legge» che aiuterebbe il premier con i suoi problemi legali. Circola sui siti Usa anche una notizia Upi, che è la sola a titolare: «Legge accelererebbe i tribunali italiani», dove i processi vanno avanti a «passo glaciale».
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Mondo/2009/11/visti-da-lontano-20091311.shtml?uuid=444d4960-d055-11de-82e7-5bccff4d3984&DocRulesView=Libero
I processi di Berlusconi, ma non solo. La disputa scoppiata in Italia sul disegno di legge per il “processo breve” ha larga eco sui siti dei media esteri. El Pais fa un richiamo sulla homepage per sottolineare che resteranno impuniti migliaia di casi, i reati dei cosiddetti “colletti bianchi”. Il giornale conservatore Le Figaro titola su Berlusconi «in manovra» per evitare la giustizia. Vari siti britannici, come il Guardian, danno rilievo anche all’ultimo processo che incombe sul premier, quello di divorzio.
«Manovra di Berlusconi per l'immunità mentre la moglie chiede una fetta del suo impero», titola il Guardian, che nel sommario recita: «Il Primo ministro italiano lancia una controffensiva contro la Corte costituzionale nel giorno in cui Veronica Lario porta in tribunale la separazione». La legge proposta dal campo di Berlusconi, scrive John Hooper, «contiene provvedimenti radicali che fermerebbero i processi in cui lui è imputato». E’ una delle due leggi con cui Berlusconi risponde alla sentenza della Consulta che gli ha tolto l’immunità. Un’altra proposta punta a ridargli l’immunità. In evidenza la denuncia dell’Associazione nazionale magistrati, secondo cui «almeno 100mila» processi rischiano di essere terminati.
«Gli effetti sul sistema legale italiano, noto per ritardi e inefficienze, sarebbe drammatico», commenta il Guardian, facendo notare che tra i processi a rischio c’è quello che riguarda una delle più grandi frodi societarie al mondo, il crac Parmalat.
Il Financial Times parla di una riforma giudiziaria «controversa», che limiterebbe la durata di alcuni processi già in corso a sei anni e possibilmente terminerà due casi contro il premier. Guy Dinmore specifica che Berlusconi non ha chiarito in che modo la legge potrebbe riguardarlo. Secondo una fonte legale che segue da vicino i due casi, se la legge passa, il processo Mediaset sarebbe estinto, ma «non è chiaro quando sarebbe estinto il processo in cui è accusato di avere corrotto David Mills».
Angela Finocchiaro, riferisce il Ft, ha sbattuto una copia della legge contro il muro dicendo che con la legge gli zingari accusati di furto sarebbero processati mentre i casi delle grandi corporation sarebbero lasciato cadere. Ha citato come esempio il caso sulla bancarotta Parmalat.
«La nuova legge», osserva Il Times, «probabilmente incontrerà ostacoli costituzionali, legali e politici». «Gli oppositori – spiega Richard Owen - dicono che non è la riforma giudiziaria di cui l’Italia ha bisogno ma una misura “disperata” e ad hoc per salvare Berlusconi dalla condanna per corruzione». Il Times però preferisce titolare sul divorzio e dire che «la fortuna di Berlusconi è in gioco». Solo di divorzio parla il Daily Mail, secondo cui si sono frantumate le speranze di Berlusconi di un divorzio tranquillo.
El Pais titola: «La riforma giudiziaria di Berlusconi archivierà migliaia di casi». La legge lascerà impunita la maggioranza dei reati dei “colletti bianchi” con «effetti devastanti» secondo i giudici. Miguel Mora racconta che il Parlamento italiano ha vissuto un’altra giornata «tra il buffo e il drammatico». Ecco perché: mentre un’unità medica alla Camera fa test antidroga ai deputati che lo desiderano, i loro colleghi al Senato «si estasiano con la nuova legge su misura per Silvio Berlusconi». El Pais definisce la legge l’ultimo dispositivo «salva Primo ministro» e nota che è stato presentato «a tutta velocità». Si applicherà solo a chi non ha precedenti condanne, tranne un caso inserito «per esigenza della Lega Nord»: gli stranieri accusati di immigrazione illegale non avranno diritto al processo breve.
L’obiettivo ufficiale, scrive El Mundo, è di impedire che i processi si eternizzino. L’opposizione qualifica l’iniziativa come «incostituzionale» e «immorale». Il titolo: «Il Parlamento italiano dibatte una legge che potrebbe sospendere i processi contro Berlusconi». Spiega Irene Velasco: «Sono molti quelli che considerano che si tratta in realtà di una legge su misura degli interessi del Primo ministro e che l’obiettivo non dichiarato è di far sì che il magnate della comunicazione possa ancora una volta possa schivare la giustizia».
Con il titolo «Berlusconi manovra per evitare la giustizia», Le Figaro è meno sfumato: l’adozione della legge «eviterebbe al presidente del Consiglio di dover comparire in giustizia». Il testo è frutto di un «compromesso laborioso», raggiunto in un incontro «tempestoso» tra Berlusconi e Gianfranco Fini, riferisce Richar Heuzé. Se la legge fosse adottata, il processo Mills, aperto tre anni fa, «sarebbe già prescritto». Lo stesso per il processo Mediaset. L’ostacolo principale per Berlusconi sarà il Quirinale: il presidente della Repubblica non è disposto a ratificare una legge che ritiene contraria alla Costituzione, conclude Le Figaro. CONTINUA ...»
Le Monde: «Berlusconi difende una riforma della giustizia che divide l’Italia». Il premier aveva promesso di difendersi davanti ai tribunali, nota Philippe Ridet, ma «per ora è nello studio della sua residenza romana, insieme al suo avvocato, che si prepara a sfuggire alla giustizia». Poiché la riforma non può essere retroattiva, saranno gli «sherpa» di Berlusconi a dovere trovare una misura transitoria che permetta di applicarla ai processi in corso. Lavoro «delicato» per fare in modo che la norma non corra il rischio di incostituzionalità. Le Monde parla di mezza vittoria per Berlusconi, che non è riuscito a convincere Fini a «impegnare le sue truppe». C’è un ostacolo politico, spiega Ridet: la preparazione delle elezioni regionali di marzo «concentra tutta l’attenzione» degli alleati del premier. «Il mercanteggiamento elettorale è cominciato».
Sul Nouvel Observateur, Marcelle Padovani parla di brutti tempi per Berlusconi, che ormai ha la risata forzata: «La giustizia gli ha tolto l’immunità, la sua popolarità è in calo e i suoi alleati preparano il seguito». Sul sito compare anche un articolo Ap sulla legge per il “processo breve”, che « potrebbe aiutare Berlusconi nei suoi guai con la giustizia».
Il servizio Ap è ripreso anche da vari siti Usa, tra cui quello del New York Times. In Italia – si legge sul Nyt - i processi sono notoriamente «lenti e inefficienti» e ciò ha portato a frequenti appelli per una riforma della giustizia. «Ma la discussione è stata per anni adombrata dai problemi legali di Berlusconi». Il Wall Street Journal si occupa della questione con un articolo di Stacy Meichtry: «Gli alleati di Berlusconi propongono una legge» che aiuterebbe il premier con i suoi problemi legali. Circola sui siti Usa anche una notizia Upi, che è la sola a titolare: «Legge accelererebbe i tribunali italiani», dove i processi vanno avanti a «passo glaciale».
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Mondo/2009/11/visti-da-lontano-20091311.shtml?uuid=444d4960-d055-11de-82e7-5bccff4d3984&DocRulesView=Libero
mercoledì 11 novembre 2009
Sta per sorgere un Nuovo Ordine Mondiale
di S. Pavini - 6 novembre 2009
La preparazione di un Nuovo Ordine Mondiale è figlia di un lungo percorso la cui ultima fase in Italia è iniziata nel 1928 con la nascita dell’Opus Dei ed è culminata il 14/10/1978 con l’ascesa al soglio di Pietro di Giovanni Paolo II, 264° papa di S. Romana Chiesa che ne ha sancito la vittoria politica.
L’Opus Dei, un’organizzazione internazionale che può contare su un numero di seguaci abbastanza esiguo (di circa 80.000 persone), ma che ricoprono ruoli sociali e politico religiosi di notevole rilievo ed influenza.
L’Opus Dei possiede una ricchezza immensa, anche perché i rispettivi membri sono tenuti a donare tutti i loro beni al momento dell’entrata nell’organizzazione (beni non soggetti a restituzione in caso di abbandono).
Sotto il pontificato di Karol Wojtyla, l’Opera di Dio ha prosperato oltre ogni più rosea previsione: una delle prime cose che Karol Wojtyla fece subito dopo la sua nomina a papa fu quella di recarsi a pregare sulla tomba del fondatore dell’Opus Dei, Josè Maria Escrivà De Balaguer, che nel 1992, dopo un breve processo di canonizzazione, fu beatificato.
Ma che c’entra il pontificato Wojtyla con il disegno politico di creare un grande centro in Italia?
Da parte di eminenti personaggi che avevano guidato anche la Democrazia Cristiana era giunto il momento di liberarsi in modo definitivo di alleanze politiche ingombranti e scomode per spianare la strada ad una nuova formazione che avrebbe riunito destra e sinistra in un grande abbraccio mortale.
Dobbiamo tornare indietro nel tempo all’epoca delle stragi di mafia e di Tangentopoli negli anni 92/93 dello scorso secolo.
Proprio nel 1993 in piena Tangentopoli il giudice milanese Borrelli ed il pool investigativo appurarono il transito nelle casse dello IOR, la banca del Vaticano, di 108 miliardi di lire in certificati del Tesoro destinati al pagamento di maxitangenti (Enimont).
Secondo il giornalista Gianluigi Nuzzi (Vaticano SPA) monsignor Donato De Bonis, già braccio destro di Paul Marcinkus e primo prelato dello Ior, in seguito nominato vescovo dell' Ordine di Malta, avrebbe movimentato in pochi anni, tra il 1989 e il 1993, 275 milioni di euro in contanti più 200 miliardi di lire in titoli di Stato in favore di ben identificati personaggi.
In pratica esistevano due Ior di cui uno, quello parallelo, sarebbe stato attivo nel riciclaggio di denaro sporco, tangenti, provviste nere ed altro ancora.
Ritengo che la banca vaticana abbia supportato contemporaneamente due gruppi mafiosi in contrasto tra loro ed altrettanti due gruppi politici antagonisti, uno che aspirava alla fondazione di un grande partito di centro destinato a sostituire la DC alleato con i partiti di sinistra ed un altro alleato con il gruppo veteromafioso che cercava disperatamente di mantenere in vita il precedente assetto politico-economico.
Il figlio di Vito Ciancimino, Massimo, infatti ha rivelato che le transazioni in del padre passavano tramite i conti e le cassette dello Ior e le provviste passavano attraverso il Conte Romolo Vaselli ed il conte Arturo Cassina, cavalieri dell’ordine equestre del santo Sepolcro retto all’epoca dal Gran Maestro l’arcivescovo di Monreale Monsignor Cassisa.
Questi personaggi insieme all’ex sindaco di Palermo Ciancimino ed altri erano collegati agli esattori Salvo, all’ On Salvo Lima, i quali erano i referenti politici in Sicilia dell’On. Giulio Andreotti co-titolare insieme al monsignor De Bonis del conto 001-3-14774-C presso lo IOR, nominalmente intestato alla Fondazione Cardinale Spellman attraverso cui venivano movimentate cifre consistenti (corrispondenti a circa 26 milioni di euro) che si diramavano per destinazioni diverse.
A riguardo dell'operazione politica di sostituire la DC nel 1998 era partita l’inchiesta coordinata dal dr. Giancarlo Capaldo, procuratore aggiunto di Roma, denominata operazione "Sofia", che investigava su una ben definita ipotesi: quella del tentativo ispirato e diretto dal Vaticano di creare un Grande Centro politico che avrebbe preso il potere. Tale iniziativa sarebbe stata alimentata da notevoli capitali affluiti in Vaticano. Durante le investigazioni compiute da nuclei segreti della guardia di Finanza sarebbe emerso che i referenti di questa complessa operazione sarebbero stati l’on. Antonio Matarrese e l’on. Pierluigi Bersani. In particolare l’on. Matarrese avrebbe avuto nella sua disponibilità fondi neri per 670 miliardi delle vecchie lire. Tra i del progetto ci sarebbe stato anche l’on. Raffaele della Valle, primo capogruppo di FI alla camera dei deputati in seguito defilatosi dalla complessa operazione.
A favore di questo progettto si collocavano Francesco Cossiga, Pierferdinando Casini, Clemente Mastella, Vincenzo Scotti, Roberto Formigoni, Giuseppe Pisanu, Rocco Buttiglione, Fabrizio Cicchitto e molti altri ancora anche formalmente aderenti a partiti di opposizione.
Tale schieramento è risultato vincente a tutto campo. Mentre l’ala militare della mafia veniva sconfitta (cattura di Riina, Provenzano etc), emergeva nell’ombra una organizzazione più discreta e silenziosa che si appoggiava a Matteo Messina Denaro avendo come interlocutore privilegiato il sen. Marcello Dell’Utri.
A suggello di questa vittoria che vide cadere sul campo Ignazio Salvo e l’on. Lima, assassinati non si sa da chi, il Papa Giovanni Paolo II in una memorabile omelia pronunciata durante una sua visita pastorale ad Agrigento nel 1993 espresse parole di fuoco nei confronti della Mafia e dei mafiosi.
Nel frattempo Woityla compie passi veloci per un cambiamento radicale nella politica e nell’ordinamento della Santa Sede: per primo (1981) riceve in S. Carlo dei Catinari una delegazione della Sinagoga di Roma (visita poi restituita nel 1986), poi abolisce la norma che prevedeva scomunica automatica per i cattolici che aderivano alla massoneria introdotta da Papa Clemente XII nel 1738, poi (1982) trasforma l’Opus Dei in prelatura personale, disposizione che permette all’Opera di dover rendere conto del suo operato solo ed unicamente al pontefice ed infine (2000) emana la Legge Fondamentale dello Stato del Vaticano che in riforma della precedente legge del 1929 stablisce che il sommo pontefice in quanto sovrano dello Stato del Vaticano ha la pienezza dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario.
E Berlusconi?
Fa la sua parte. E riceve encomi ed onorificenze, ormai libero dall’interdizione papale per essere stato membro della loggia massonica P2.
Nel 2003 Carlo di Borbone delle due Sicilie, nella qualità di Gran Prefetto del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, insignisce il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi del Collare Costantiniano di Gran Croce con placca d’Oro, un' altissima onorificenza sino ad ora conferita solo all’ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga (le cui dimissioni a due mesi dal termine stopparono l’elezione di Andreotti a presidente della Repubblica) ed all’ambasciatore Antonio Benedetto Spada, gran tesoriere dell’Ordine.
II Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio è il più antico Ordine equestre-religioso (risalendo all’impero romano), il quale si propone la Glorificazione della Croce, la Propaganda della Fede e la difesa della Santa Romana Chiesa.
Secondo il suo statuto iI numero dei Balì Cavalieri di Gran Croce di Giustizia non può essere superiore a cinquanta, in memoria dei prescelti dal Costantino per la custodia del Labaro, e ciascuno di essi ha il titolo di uno degli antichi Baliaggi o Priorati e il trattamento di Eccellenza e di Don.
Il Presidente Berlusconi si è trovato in buona compagnia, unitamente alle varie teste coronate, ai nobili di antica stirpe e ad altissimi porporati ha ritrovato tra gli altri:
S.E. Rev.mo Monsignore Ferrara Sotir, Vescovo di Piana degli Albanesi (Palermo) capo della chiesa bizantina d’Italia
S.E. Rev.mo Monsignore Salvatore Cassisa, Vescovo Emerito di Monreale (Palermo)
Onorevole Salvatore Cuffaro, già Presidente della Regione di Sicilia (Palermo)
S.E. Generale Filiberto Cecchi, Capo di Stato Maggiore dell’esercito Italiano
Dr Joaquín Navarro Valls, già Direttore della Sala Stampa della Santa Sede numerario dell’Opus Dei
Em.mo e Rev.mo D. Eduardo Cardinale Martínez-Somálo Prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e per le Società di vita apostolica già camerlengo (n 2 della Chiesa cattolica) fino al compimento del suo ottantesimo compleanno.
Tra cotanti membri di sangue blu e tonache purpuree compare anche l’on. Nicolò Nicolosi deputato e già sindaco di Corleone (Palermo).
Oggi il presidente dello Ior è Ettore Gotti Tedeschi membro dell’Opus Dei. Presidente del Banco Santander in Italia, Gotti Tedeschi è anche consigliere della Cassa depositi e prestiti e docente di etica della finanza alla Cattolica di Milano. Editorialista dell’Osservatore romano e consulente del Santo Padre è amico personale e ascoltato consigliere dell'on. Giulio Tremonti ministro del governo Berlusconi.
Cosa si profila dunque?
Pierluigi Bersani sta per trionfare nelle elezioni primarie del suo partito, cosa che lo porterà alla segreteria del PD.
Si tratta forse di quel lungo percorso tracciato da poteri tanto forti quanto occulti che stanno perfezionando la fisionomia e l’organigramma di un Nuovo Ordine Mondiale con a capo supremo il premio Nobel per la Pace Barak Obama?
La preparazione di un Nuovo Ordine Mondiale è figlia di un lungo percorso la cui ultima fase in Italia è iniziata nel 1928 con la nascita dell’Opus Dei ed è culminata il 14/10/1978 con l’ascesa al soglio di Pietro di Giovanni Paolo II, 264° papa di S. Romana Chiesa che ne ha sancito la vittoria politica.
L’Opus Dei, un’organizzazione internazionale che può contare su un numero di seguaci abbastanza esiguo (di circa 80.000 persone), ma che ricoprono ruoli sociali e politico religiosi di notevole rilievo ed influenza.
L’Opus Dei possiede una ricchezza immensa, anche perché i rispettivi membri sono tenuti a donare tutti i loro beni al momento dell’entrata nell’organizzazione (beni non soggetti a restituzione in caso di abbandono).
Sotto il pontificato di Karol Wojtyla, l’Opera di Dio ha prosperato oltre ogni più rosea previsione: una delle prime cose che Karol Wojtyla fece subito dopo la sua nomina a papa fu quella di recarsi a pregare sulla tomba del fondatore dell’Opus Dei, Josè Maria Escrivà De Balaguer, che nel 1992, dopo un breve processo di canonizzazione, fu beatificato.
Ma che c’entra il pontificato Wojtyla con il disegno politico di creare un grande centro in Italia?
Da parte di eminenti personaggi che avevano guidato anche la Democrazia Cristiana era giunto il momento di liberarsi in modo definitivo di alleanze politiche ingombranti e scomode per spianare la strada ad una nuova formazione che avrebbe riunito destra e sinistra in un grande abbraccio mortale.
Dobbiamo tornare indietro nel tempo all’epoca delle stragi di mafia e di Tangentopoli negli anni 92/93 dello scorso secolo.
Proprio nel 1993 in piena Tangentopoli il giudice milanese Borrelli ed il pool investigativo appurarono il transito nelle casse dello IOR, la banca del Vaticano, di 108 miliardi di lire in certificati del Tesoro destinati al pagamento di maxitangenti (Enimont).
Secondo il giornalista Gianluigi Nuzzi (Vaticano SPA) monsignor Donato De Bonis, già braccio destro di Paul Marcinkus e primo prelato dello Ior, in seguito nominato vescovo dell' Ordine di Malta, avrebbe movimentato in pochi anni, tra il 1989 e il 1993, 275 milioni di euro in contanti più 200 miliardi di lire in titoli di Stato in favore di ben identificati personaggi.
In pratica esistevano due Ior di cui uno, quello parallelo, sarebbe stato attivo nel riciclaggio di denaro sporco, tangenti, provviste nere ed altro ancora.
Ritengo che la banca vaticana abbia supportato contemporaneamente due gruppi mafiosi in contrasto tra loro ed altrettanti due gruppi politici antagonisti, uno che aspirava alla fondazione di un grande partito di centro destinato a sostituire la DC alleato con i partiti di sinistra ed un altro alleato con il gruppo veteromafioso che cercava disperatamente di mantenere in vita il precedente assetto politico-economico.
Il figlio di Vito Ciancimino, Massimo, infatti ha rivelato che le transazioni in del padre passavano tramite i conti e le cassette dello Ior e le provviste passavano attraverso il Conte Romolo Vaselli ed il conte Arturo Cassina, cavalieri dell’ordine equestre del santo Sepolcro retto all’epoca dal Gran Maestro l’arcivescovo di Monreale Monsignor Cassisa.
Questi personaggi insieme all’ex sindaco di Palermo Ciancimino ed altri erano collegati agli esattori Salvo, all’ On Salvo Lima, i quali erano i referenti politici in Sicilia dell’On. Giulio Andreotti co-titolare insieme al monsignor De Bonis del conto 001-3-14774-C presso lo IOR, nominalmente intestato alla Fondazione Cardinale Spellman attraverso cui venivano movimentate cifre consistenti (corrispondenti a circa 26 milioni di euro) che si diramavano per destinazioni diverse.
A riguardo dell'operazione politica di sostituire la DC nel 1998 era partita l’inchiesta coordinata dal dr. Giancarlo Capaldo, procuratore aggiunto di Roma, denominata operazione "Sofia", che investigava su una ben definita ipotesi: quella del tentativo ispirato e diretto dal Vaticano di creare un Grande Centro politico che avrebbe preso il potere. Tale iniziativa sarebbe stata alimentata da notevoli capitali affluiti in Vaticano. Durante le investigazioni compiute da nuclei segreti della guardia di Finanza sarebbe emerso che i referenti di questa complessa operazione sarebbero stati l’on. Antonio Matarrese e l’on. Pierluigi Bersani. In particolare l’on. Matarrese avrebbe avuto nella sua disponibilità fondi neri per 670 miliardi delle vecchie lire. Tra i del progetto ci sarebbe stato anche l’on. Raffaele della Valle, primo capogruppo di FI alla camera dei deputati in seguito defilatosi dalla complessa operazione.
A favore di questo progettto si collocavano Francesco Cossiga, Pierferdinando Casini, Clemente Mastella, Vincenzo Scotti, Roberto Formigoni, Giuseppe Pisanu, Rocco Buttiglione, Fabrizio Cicchitto e molti altri ancora anche formalmente aderenti a partiti di opposizione.
Tale schieramento è risultato vincente a tutto campo. Mentre l’ala militare della mafia veniva sconfitta (cattura di Riina, Provenzano etc), emergeva nell’ombra una organizzazione più discreta e silenziosa che si appoggiava a Matteo Messina Denaro avendo come interlocutore privilegiato il sen. Marcello Dell’Utri.
A suggello di questa vittoria che vide cadere sul campo Ignazio Salvo e l’on. Lima, assassinati non si sa da chi, il Papa Giovanni Paolo II in una memorabile omelia pronunciata durante una sua visita pastorale ad Agrigento nel 1993 espresse parole di fuoco nei confronti della Mafia e dei mafiosi.
Nel frattempo Woityla compie passi veloci per un cambiamento radicale nella politica e nell’ordinamento della Santa Sede: per primo (1981) riceve in S. Carlo dei Catinari una delegazione della Sinagoga di Roma (visita poi restituita nel 1986), poi abolisce la norma che prevedeva scomunica automatica per i cattolici che aderivano alla massoneria introdotta da Papa Clemente XII nel 1738, poi (1982) trasforma l’Opus Dei in prelatura personale, disposizione che permette all’Opera di dover rendere conto del suo operato solo ed unicamente al pontefice ed infine (2000) emana la Legge Fondamentale dello Stato del Vaticano che in riforma della precedente legge del 1929 stablisce che il sommo pontefice in quanto sovrano dello Stato del Vaticano ha la pienezza dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario.
E Berlusconi?
Fa la sua parte. E riceve encomi ed onorificenze, ormai libero dall’interdizione papale per essere stato membro della loggia massonica P2.
Nel 2003 Carlo di Borbone delle due Sicilie, nella qualità di Gran Prefetto del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, insignisce il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi del Collare Costantiniano di Gran Croce con placca d’Oro, un' altissima onorificenza sino ad ora conferita solo all’ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga (le cui dimissioni a due mesi dal termine stopparono l’elezione di Andreotti a presidente della Repubblica) ed all’ambasciatore Antonio Benedetto Spada, gran tesoriere dell’Ordine.
II Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio è il più antico Ordine equestre-religioso (risalendo all’impero romano), il quale si propone la Glorificazione della Croce, la Propaganda della Fede e la difesa della Santa Romana Chiesa.
Secondo il suo statuto iI numero dei Balì Cavalieri di Gran Croce di Giustizia non può essere superiore a cinquanta, in memoria dei prescelti dal Costantino per la custodia del Labaro, e ciascuno di essi ha il titolo di uno degli antichi Baliaggi o Priorati e il trattamento di Eccellenza e di Don.
Il Presidente Berlusconi si è trovato in buona compagnia, unitamente alle varie teste coronate, ai nobili di antica stirpe e ad altissimi porporati ha ritrovato tra gli altri:
S.E. Rev.mo Monsignore Ferrara Sotir, Vescovo di Piana degli Albanesi (Palermo) capo della chiesa bizantina d’Italia
S.E. Rev.mo Monsignore Salvatore Cassisa, Vescovo Emerito di Monreale (Palermo)
Onorevole Salvatore Cuffaro, già Presidente della Regione di Sicilia (Palermo)
S.E. Generale Filiberto Cecchi, Capo di Stato Maggiore dell’esercito Italiano
Dr Joaquín Navarro Valls, già Direttore della Sala Stampa della Santa Sede numerario dell’Opus Dei
Em.mo e Rev.mo D. Eduardo Cardinale Martínez-Somálo Prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e per le Società di vita apostolica già camerlengo (n 2 della Chiesa cattolica) fino al compimento del suo ottantesimo compleanno.
Tra cotanti membri di sangue blu e tonache purpuree compare anche l’on. Nicolò Nicolosi deputato e già sindaco di Corleone (Palermo).
Oggi il presidente dello Ior è Ettore Gotti Tedeschi membro dell’Opus Dei. Presidente del Banco Santander in Italia, Gotti Tedeschi è anche consigliere della Cassa depositi e prestiti e docente di etica della finanza alla Cattolica di Milano. Editorialista dell’Osservatore romano e consulente del Santo Padre è amico personale e ascoltato consigliere dell'on. Giulio Tremonti ministro del governo Berlusconi.
Cosa si profila dunque?
Pierluigi Bersani sta per trionfare nelle elezioni primarie del suo partito, cosa che lo porterà alla segreteria del PD.
Si tratta forse di quel lungo percorso tracciato da poteri tanto forti quanto occulti che stanno perfezionando la fisionomia e l’organigramma di un Nuovo Ordine Mondiale con a capo supremo il premio Nobel per la Pace Barak Obama?
http://www.antimafiaduemila.com/content/view/21454/48/
Iscriviti a:
Post (Atom)