giovedì 2 giugno 2011

"Quei tre sono malati di gioco ma in A scommettono in tanti". - di CORRADO ZUNINO


Doni, Bettarini e Signori travolti dall'inchiesta di Cremona ma sarebbero solo la punta di un fenomeno molto più vasto. "La scommessa come fondo nero per fare il regalo all'amante..."

"Quei tre sono malati di gioco ma in A scommettono in tanti"
ROMA - Da cinquant'anni è nel calcio professionistico, con ruoli diversi. Da tempo ha scelto di collaborare con le procure italiane e raccontare il calcio sporco che gira intorno. L'abbiamo incontrato nelle Marche, area calda del nuovo scandalo del calcioscommesse, zona di calciatori biscazzieri e ricevitorie senza controllo. Dal 2006, l'anno di Calciopoli, segnalava il ritorno della scommessa taroccata sui campionati italiani, dalla serie A alla Lega Pro. "Evviva le procure", dice adesso, stanco, "dipendesse dalla Federcalcio italiana queste storie immonde non uscirebbero mai".
Ce li aveva indicati, in quell'incontro in un ristorante in collina: Doni, Bettarini, Sommese. "Il calcio sapeva che erano tornati a giocare. Tutti e tre sono stati coinvolti, e giudicati colpevoli, in scandali precedenti. Doni per Atalanta-Pistoiese di Coppa Italia, il 2001, chiamò anche i cugini di terzo grado a scommettere sul pareggio. Bettarini e Sommese sono venuti fuori nell'inchiesta del 2004. Pene ridicole per calciatori al tramonto, chiusa l'attività sono tornati a fare quello che hanno sempre fatto. Sono malati di gioco. E Bettarini è diventato il centro del nuovo sistema".
Quei tre giocatori infedeli, ci segnalò nell'ultimo incontro, poi ne indicò altri sette. "Parlo solo di quelli che conosco in presa diretta, ma le partite vendute dai calciatori italiani sono diffuse dal Nord al Sud, dai professionisti alla Terza categoria. Dovete sapere che Bettarini aveva il suo centro scommesse in
largo Como, nel centro di Milano. E non era certo da solo. Bettarini, certo, era l'organizzatore, l'uomo che dava le indicazioni all'associazione: partite da addomesticare, risultato finale, giocatori su cui fare pressioni. Ma viaggiava sempre di scorta a un calciatore più famoso di lui, il centravanti degli anni '90, ogni anno una casacca diversa. Sono inseparabili: scommettono su tutto. Vedono un'auto passare in largo Como e uno dice all'altro: "Cento euro che la targa è dispari?". Così, scommesse a ruota libera, per dare un senso alla vita".

Il racconto del dirigente di lungo corso segnala una squadra intera di calciatori scommettitori, gran parte in attività. C'è il prolifico attaccante del Nord-Est. Il vecchio centravanti a cui il fisico appesantito non concede più le prestazioni che l'hanno portato alla nazionale. Spesso i taroccatori sono attaccanti, "un ruolo sensibile, che può cambiarti la partita". E spesso le scommesse si fermano al primo tempo delle gare: la conformazione delle scommesse, la loro ampiezza, oggi facilità i brogli. "Chievo-Bologna di quest'anno grida ancora vendetta". Nel mazzo degli atleti citati c'è il ragazzo che si è ritirato a soli 28 anni, centrocampista del Frosinone, e quello dell'Albinoleffe, stretto amico di Bettarini. "I calciatori sono la parte peggiore del calcio. Quelli in attività scommettono perché hanno gli ingaggi blindati dalla famiglia, spesso dalle fidanzate, e allora hanno bisogno dei diecimila euro per fare il regalo all'amante. Scommettono nei ritiri, al computer. Scommettono il sabato sulle partite che giocheranno il giorno dopo. E questa non è un'abitudine solo dei calciatori". E di chi altri? "Nel nuovo giro ci sono allenatori, procuratori, presidenti del calcio. Sì, alcuni presidenti scommettono: a loro serve per sistemare i bilanci".

Al capezzale di Papi Silvio per salvare l’impero. - di Sara Nicoli.



Salvare le aziende. Anche ieri sera a cena a Palazzo Grazioli, Papi Silvio ha parlato di questo con quattro dei suoi cinque rampolli (Piersilvio, Marina, Luigi e Barbara, Eleonora è rimasta in America). Il Cavaliere non è come Bossi, ma ha anche lui un discreto fiuto politico, soprattutto quando si tratta della salvaguardia dei gioielli di famiglia e quello che è apparso subito chiaro dai numeri emersi dalle urne di Milano, è che adesso per lui non sarà solo difficile tenere in piedi il governo, ma soprattutto salvaguardare il patrimonio di famiglia.

L’attesa sentenza sul Lodo Mondadori, che dovrebbe arrivare tra la metà e la fine di giugno, è solo la punta dell’iceberg di quelli che sono i reali problemi sul futuro delle imprese della real casa del Biscione. Il primo aspetto riguarda la costante dissipazione dell’immagine internazionale del Cavaliere, dovuta più che altro agli scandali riportati dalla stampa estera con lo stupore che si prova quando un uomo politico così compromesso resta aggrappato alla poltrona anzichè dimettersi. Berlusconi, dimostrandosi un piccolo despota disposto a tutto pur di mantenere il potere, ha finito con il farsi il vuoto attorno; l’immagine di un Obama imbarazzato mentre lui tenta di trovare scuse, come un discolo qualsiasi, sui suoi guai con la giustizia, è stata la pietra tombale della sua credibilità. Il guaio è che il Cavaliere ha costruito la sua fortuna economica anche con lo sfruttamento dei rapporti politici internazionali ottenuti attraverso gli incarichi istituzionali. Qualche nome per tutti: Putin, Gheddafi (finchè è durato), ma anche Sarcozy. Accanto, ormai, gli è rimasto solo Putin e forse non per molto ancora. In prospettiva, dunque, c’è da mettere un discreto abbattimento delle potenzialità economiche internazionali, sia quelle in essere che quelle, ovviamente, possibili e future. Un conto è trattare da presidente del Consiglio, un conto come semplice imprenditore.

L’altro aspetto riguarda il futuro delle sue televisioni. Mediaset e Fininvest sono gravate da forti debiti con le banche, Sky è ormai una realtà ineludibile del panorama televisivo (nonostante gli sforzi fatti da Romani per boicottarne la crescita) e ora si rincorrono le voci secondo cui De Benedetti potrebbe usare il denaro del multone Mondadori (forse “solo” 500 milioni di euro anzichè 750) per comprare La7 da Telecom e farne l’arma letale mediatica proprio contro il nemico Silvio.

E, ancora, i guai di famiglia, con la moglie Veronica che ancora aspetta la decisione definitiva del tribunale sul suo – s’immagina- più che congruo vitalizio e il Milan. Che sì, ha vinto lo scudetto, ma non è servito a riempire le urne di Milano. Insomma, tutto sembra congiurare contro il Cavaliere. E i figli sono preoccupati. Intanto: secondo i calcoli della vera manager di famiglia, la figlia Marina, il danno economico derivante dal multone Mondadori costringerà a ridimensionare – almeno per un po’ – l’impero Mediaset; sono previsti possibili tagli al personale per le produzioni interne mentre non verrebbe toccata Endemol, che continua ad essere una gallina dalle uova d’oro. I tagli potrebbero invece riguardare proprio Mondadori ed Einaudi che potrebbe essere messa in vendita per ripianare almeno una parte del buco. E, comunque, forse non basterebbe neppure.

Insomma, tempi duri all’orizzonte che hanno convinto il Cavaliere a tentare, comunque, di blindare le prossime nomine Rai per non incorrere nel problema (in caso di un’accelerazione ulteriore della crisi del sistema) di trovarsi pure la tv pubblica contro. Prima di partire per Bucarest, Berlusconi avrebbe visto a cena alcuni consiglieri d’amministrazione Rai (Rositani, Gorla, Verro) per raccomandare la massima coesione su quanto proporrà il neo dg Lorenza Lei, ovvero nomine che vanno da Susanna Petruni al Tg2 al fedelissimo Carlo Nardello al personale. Insomma, il lupo perde il pelo, ma non il vizio.

Detto questo, la famiglia resta in grande apprensione, soprattutto sul fronte degli affari televisivi. In caso di acquisto de La7 da parte di De Benedetti (o di una società da lui partecipata) si dovrebbero mettere in campo dei seri sbarramenti per tutelare la torta pubblicitaria che oggi fagocita da sola Mediaset e che si troverebbe, inevitabilmente, sotto tiro. E un conto è essere a capo del governo, un altro essere solo un concorrente sul mercato. Su questo ha messo l’accento la figlia Marina, altro che invito alle dimissioni, al ritiro a vita privata; il Caimano dovrà restare sul campo fino a consunzione; quando c’è di mezzo la cassaforte di famiglia, ogni sacrifico è lecito.



I Giovani della Lega mollano Berlusconi. - di Lorenzo De Cicco


Lorenzo De CiccoMentre i leader del Carroccio, almeno formalmente, rimangono fedeli al presidente del Consiglio, l’universo dei Giovani padani, il movimento giovanile della Lega Nord, è in subbuglio. Per molti seguaci di Renzo Bossi la sconfitta di Milano è stata l’ennesima prova che l’alleanza con Berlusconi è giunta al capolinea. Per rendersi conto di cosa bolle in pentola, basta farsi un giro sul forum ufficioso* dell’organizzazione. “Abbandonare Berlusconi è vitale per noi leghisti”, scrive Alsesto22, che ammette: “Molti di noi non sono andati a votare perchè ormai hanno le scatole piene di Scilipoti, Berlusconi e compagnia cantante. La Moratti ha perso perchè contro di lei vi è stato un voto di protesta contro Berlusconi”. La “favoletta dei ministeri a Milano” da queste parti non ha convinto nessuno: “La Lega deve abbandonare questa alleanza. Credo che il Bossi di dieci anni fa non avrebbe avuto nessun dubbio a lasciare Berlusconi”.

Qualcuno che difende il premier c’è, ma più per opportunismo che per convinzione. “Dividere il centrodestra mentre la sinistra si sta unendo in un gozzoviglio non è una cosa saggia”, scrive Quasarnova, che però poi aggiunge: “Io sono il primo che spero che Berlusconi vada fuori dalle palle anche perché fa prendere voti alla sinistra e smerda la destra”.

L’insoddisfazione della base nasce da lontano. La batosta rimediata nel capoluogo meneghino ha solo rigirato il dito nella piaga. Già prima dell’elezione, sul forum del Mgp figuravano appelli espliciti: “Non votate la Moratti”, o “Chi è leghista davvero vota Pisapia”. Mentre subito dopo il voto gli applausi sono tutti per Matteo Salvini, l’unico dirigente che ha criticato apertamente il Pdl. E spuntano fuori vecchi rancori: “Il Ministero dell’Agricoltura ci spettava per diritto. Ma Berlusconi ha preferito accontentare i furbetti”.

Secondo molti militanti la via per uscire dal pantano è quella “di fare riforme condivise, cosa impossibile finché esisterà Berlusconi”. “Ma non sarà ora che il popolo di centrodestra capisca che si può fare anche a meno di Berlusconi? – scrive un altro utente – Può mai da un solo uomo dipendere il destino di una nazione intera?”.

Il segnale per far capire ai leader nazionali del partito che la strategia deve cambiare può essere il referendum del 12 e 13 giugno. “Io vado a votare fosse l’ultima cosa che faccio nella vita – scrive Albertos – Se Berlusconi e Bossi vogliono farmi una centrale sotto casa me lo devono chiedere. Non siamo i loro sudditi”. “Sarebbe giusto che la Lega dia un segno stavolta – scrive un altro visitatore – L’aria è cambiata e se non vuole proprio affondare del tutto con B, si deve schierare da qualche parte”.




2 giugno, Berlusconi tra i fischi. Presenti 80 delegazioni diplomatiche del mondo.


Nel 150esimo dell'Unità d'Italia, la Capitale diventa punto d'incontro delle diplomazie mondiali. In programma oggi, insieme alle tradizionali cerimonie, incontri trilaterali tra il premier e alcuni capi di Stato. Accoglienza tra gli applausi per Napolitano, arrivano i fischi della folla per Berlusconi. In una città blindata

Nel 150esimo dell’Unità d’Italia, la Festa della Repubblica si fa più internazionale che mai. Le delegazioni diplomatiche di 80 Paesi sono volate in una Roma blindata, guidate da diversi capi di Stato. Almeno 40, tra cui il presidente russoDmitrij Medvedev, quello israeliano Shimon Peres, quello dell’Autorità nazionale palestineseAbu Mazen, re Juan Carlos di Spagna e il segretario di Stato delle Nazioni Unite Ban Ki-moon. In rappresentanza degli Stati Uniti partecipa il vicepresidente Joe Biden. Accolto tra moltissimi applausi il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, mentre alcuni fischi hanno raggiunto il premier Silvio Berlusconi. Per la prima volta alle celebrazioni partecipa anche il ministro dell’Interno, Roberto Maroni.

Accanto ai tradizionali festeggiamenti – come la deposizione della corona d’alloro sulla tomba del Milite ignoto, all’Altare della Patria, e la parata militare ai Fori imperiali – il presidente del Consiglio,Silvio Berlusconi, ha in programma una serie di incontri. Prima un trilaterale con Medvedev e Biden, seguito subito dopo da quello con il presidente dell’Unione europea, Herman VanRompuy, e quello afgano Hamid Karzai. Che intanto ha parlato fitto il vicepresidente Usa, seduto accanto a lui, poco prima dell’inizio delle celebrazioni. Domani per Berlusconi appuntamento con il presidente dell’Anp Abu Mazen. Chiusura con il gran galà al Quirinale: un’affollata cena e un concerto, omaggio del presidente della Repubblica alle delegazioni. E proprio GiorgioNapolitano aveva già incontrato ieri la presidente dell’Argentina, Cristina Kirchner, il segretario dell’Onu Ban Ki-moon e il vicepresidente cinese Xi Jinping, oltre a Biden e Medvedev.

I media israeliani non escludono oggi neanche un incontro a tre fra il rappresentante statunitense Biden e i presidenti di Israele e Anp, a margine delle celebrazioni del 2 giugno. Prima della partenza per Roma, Peres si era detto “pronto” a incontrare e a “stringere la mano come sempre” ad Abu Mazen. Che è stato definito dal collega “un partner per la pace” e “un interlocutore credibile”. Una linea più morbida, scelta da Peres, rispetto a quella del premier israelianoBenjamin Netanyahu.

Per l’evento, comunque, la città è blindata. Alla massiccia presenza internazionale corrisponde un dispiegamento di forze dell’ordine. Con più di 2mila tra soldati e agenti, tiratori scelti sui tetti e forze speciali. Vietato sorvolare la Capitale dall’alba fino alle 22 di stasera, mentre per l’accesso al pubblico all’area della celebrazione sono stati previsti due varchi, uno in piazza Venezia e l’altro in piazza del Colosseo. Già ieri, Roma era sotto controllo, con la bonifica delle sedi dove alloggiano le delegazioni e servizi di scorta per i loro spostamenti.



Berlusconi ''rimprovera'' la scrutatrice.



Pretendere che tutti gli sorridano e gli stringano la mano, non è da clima dittatoriale?





Berlusconi: “In parlamento ci occuperemo di Annozero”. Poi nomina Alfano segretario. -



Restano coordinatori La Russa, Verdini e Bondi. All'attuale ministro della Giustizia va invece la guida politica. Mentre si attendono le sue dimissioni, per la successione sono pronti in quattro: Lupi, Cicchitto, Vito e Longo. Intanto il premier attacca "la tenaglia dei media" e sul referendum dice: "Lasceremo libertà di voto"

Una conferenza stampa del tutto inaspettata. Alle 22 Silvio Berlusconi convoca i giornalisti non solo per annunciare la nomina di Angelino Alfanocome segretario politico nazionale, ma soprattutto per dare la sua versione della sconfitta elettorale e attaccare “la tenaglia dei media” specie di “Annozero, una trasmissione micidiale che ha dato una visione distorta della realtà di Milano e delle città in cui si votava”. Una trasmissione contro cui il Cavaliere annuncia di voler “prendere provvedimenti” in Parlamento.
Il premier parla a tutto campo: dalla leadership nel 2013 (“Ancora non sappiamo chi sarà il candidato premier”), alla riforma della giustizia (“Rimane assolutamente in campo”) fino alle indicazioni di voto per il referendum del 12 e 13 giugno: “Lasceremo libertà di voto”, ha spiegato Berlusconi senza specificare a quale dei quattro quesiti si riferisse. Sul referendum si è verificato anche un piccolo incidente con uno dei portavoce del Popolo Viola, Gianfranco Mascia: “Lo sa che i referendum la spazzeranno via? Berlusconi, si farà processare?”, ha chiesto Mascia prima di essere portato via a forza dalla sicurezza.

Il nome di Angelino Alfano è stato votato all’unanimità dall’ufficio di presidenza del Pdlconfermando la volontà del premier di rinnovare il partito per “tornare più forte di prima (Leggi l’articolo). E’ stato lo stesso Silvio Berlusconi a leggere al termine della riunione un dispositivo in cui viene introdotta la carica che sarà ricoperta dall’attuale ministro della Giustizia. Ora toccherà al Consiglio nazionale, in previsione per giugno, modificare lo statuto del partito che al momento non prevede la figura del “segretario nazionale”. ”Mi dimetterò da ministro della Giustizia non appena il consiglio nazionale mi immetterà nell’esercizio della funzione e non prima del decreto sul codice antimafia e di quello sulla semplificazione dei riti dei processi civili”, ha precisato Alfano nel corso della conferenza stampa con il presidente del Consiglio.
Ma chi è destinato a prendere il posto di Guardasigilli? “Abbiamo valutato varie personalità, ma non è il momento di fare nomi”, ha detto il premier. In realtà i nomi che circolano sono quattro: il ciellino Maurizio Lupi, attuale vice presidente della Camera che incontrerebbe però le resistenze della Lega; il fedelissimo capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto, iscritto nel 1980 alla loggia massonica P2 con la tessera 2232; il senatore Piero Longo, avvocato difensore del Cavaliere insieme a Niccolò Ghedini; infine il ministro per i Rapporti con il Parlamento Elio Vito che lascerebbe il suo dicastero a Claudio Scajola, ex ministro dimissionario allo Sviluppo economico.

A fianco di Alfano, gli attuali coordinatori del Pdl: Ignazio La Russa, Denis Verdini e Sandro Bondi. Che manterranno le loro cariche, nonostante quest’ultimo avesse presentato le sue dimissioni subito dopo la disfatta del centrodestra ai ballottaggi. Il segretario Alfano sarà “l’unica guida politica” del partito, mentre i tre coordinatori avranno competenze settoriali. La Russa si occuperà di propaganda, Verdini di organizzazione e Bondi di filosofia dei valori. Il potere e le deleghe dei tre saranno trasferiti al segretario, che poi procederà all’assegnazione dei rispettivi settori di competenza. Un annuncio previsto proprio durante la riunione di oggi, dopo le indiscrezioni che si sono susseguite tra ieri e stamattina.

Esce trionfante da Palazzo Grazioli Maurizio Gasparri. Secondo il capogruppo del Pdl al Senato, la nomina di Angelino Alfano “dimostra la coesione e l’unità” del Pdl. Nessun rompete le righe, dunque, ma “la capacità di guardare avanti”. “Con la designazione di Alfano – ha aggiunto – dimostriamo di guardare avanti. La designazione è stata fatta con il contributo di tutti e dà il senso della prospettiva e della continuità. I coordinatori – ha concluso – continuano ad agire, quindi senza strappi né rotture con le varie aree di provenienza”.

Critica la posizione di Alessandra Mussolini: ”Alfano? Penso che così litigheranno in quattro – ha detto la deputata intervenendo a La Zanzara su Radio24 – Serviva un atto di coraggio per cambiare veramente. Così ne sposti uno e ne scontenti cento. O si faceva un unico coordinatore oppure così è una babele. La batosta presa non ci ha insegnato niente, resta tutto così com’è. O dai anche all’elettore un’idea di meritocrazia oppure…“ Commentando il nuovo organigramma del Pdl, la nipote del Duce ha aggiunto: “Berlusconi non è finito ma ci vuole un cambiamento. Bondi, poverino, non citiamolo perché si dimette. La Russa invece si occuperà del ministero della Difesa: meno risate finte in tv e si occupasse di più delle questioni militari che in questi giorni purtroppo sono attuali”. Fini? “Fini – continua la nipote del Duce – è una persona allucinante: poteva stare nel Pdl senza tanto casino e oggi avrebbe avuto le sue soddisfazioni, invece è andato a fare la spalla muta di Casini”.



mercoledì 1 giugno 2011

Calcio scommesse, 16 arresti tra cui Signori Indagati Bettarini e Cristiano Doni.


L'inchiesta partita da una denuncia della Cremonese. Gli inquirenti hanno scoperto l'esistenza di una "organizzazione criminale" che tentava, corrompendo i giocatori, di falsare le partite e scommettere sul risultato finale senza rischi. Così facendo, secondo il Gip Guido Salvini, sono stati influenzati i campionati di serie B e Lega Pro. L'Atalanta rischia di vedersi cancellare la promozione in A

Una vera e propria “organizzazione criminale” composta da calciatori, ex calciatori, titolari di ricevitorie e liberi professionisti, con l’obiettivo di manipolare gli incontri di calcio per poter scommettere forti somme e arrivando così a falsare i “campionati di serie B e Lega Pro in corso”, incidendo “sulle ultime fasi del campionato, con gravi danni per le società, per gli scommettitori leali e per la regolarità delle competizioni sportive”.

L’ordinanza del Gip, Guido Salvini, ricostruisce l’indagine che ha portato stamani all’arresto di 16 persone, tra cui l’ex capitano della Lazio e attaccante della nazionale, Beppe Signori, e a iscrivere nel registro degli indagati 44 persone per associazione a delinquere finalizzata alla truffa e alla frode sportiva. Tra questi anche Stefano Bettarini e Cristiano Doni, storico capitano-bandiera dell’Atalanta. La squadra bergamasca rischia di vedersi cancellare la promozione in A appena conquistata. Doni, infatti, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, è l’uomo di riferimento dell’associazione per falsare le partite dell’Atalanta. In particolare gli incontri con Ascoli, Padova e Piacenza.

Alcune delle persone coinvolte nell’inchiesta “indicavano nel capitano dell’Atalanta Cristiano Doni uno dei calciatori che avevano realizzato la combine unitamente al difensore del PiacenzaGervasoni Carlo”, scrive il Gip per la partita Atalanta-Piacenza del 19 marzo scorso che finì 3-0, risultato che era “l’obiettivo dell’organizzazione” che aveva scommesso sul match. Il gip segnala inoltre la “seconda rete di Cristiano Doni su calcio di rigore assegnato per un fallo di Gervasoni”, il difensore del Piacenza. Sulla partita scommise anche Stefano Bettarini, soprannominato “il bello”. In un sms intercettato l’ordine: “Fai 1852 al Bello (Bettarini Stefano) 1 Atalanta i soldi li ha Angelo lui è in attivo”. L’incontro di calcio Atalanta-Piacenza, prosegue il gip, “veniva pianificato in Bologna e precisamente in via Bassi 7, presso lo studio Professionisti Associati”. Su quella partita Beppe Signori “ha investito 60.000 euro”.

Seguendo il flusso di scommesse di Signori, inoltre, gli inquirenti sono arrivati a scoprire che il gruppo ha tentato di falsare anche l’incontro Inter-Lecce, ma fallendo nell’intento: la vittoria della squadra milanese per tre reti a zero. L’obiettivo fu mancato, così Massimo Erodiani, uno degli uomini chiave dell’organizzazione, telefona a Francesco Giannone (indicato come “organizzatore, promotore e scommettitore su eventi sportivi manipolati”) per comunicargli che la sua preoccupazione “è in primis fare recuperare i soldi a te… a Manlio (Bruni) e a Beppe (Signori)… la prossima partita ve la diamo gratis e loro recuperano tutto”. L’ex attaccante della Nazionale aveva scommesso “150mila euro”. Il bomber è indicato, inoltre, come “elemento centrale del gruppo di scommettitori di Bologna” e partecipava alle riunioni “per la pianificazione delle partite e delle scommesse”. Per raggiungere l’obiettivo, inoltre, gli inquirenti hanno accertato che almeno in un episodio l’organizzazione è arrivata a somministrare dei calmanti ai giocatori della Cremonese per far sì che giocassero al dì sotto delle loro possibilità. Al termine della partita cinque giocatori e un massaggiatore della squadra si erano sentiti male. Da quell’episodio ha preso il via l’inchiesta.

Il sistema era piuttosto semplice ma ben organizzato. Una sorta di società in cui la testa, composta da Signori e controllava due settori separati: uno dedicato a corrompere i giocatori, l’altro a gestire le scommesse. E, “quasi un sodalizio nel sodalizio”, ci sono “più gruppi di scommettitori” che ne “costituiscono un punto di riferimento stabile”. Gruppi “omogenei” che “anticipano quasi sempre il denaro necessario per pagare i giocatori corrotti”. Cosi facendo l’organizzazione riusciva a “manipolare contemporaneamente anche cinque partite” anche grazie a un “tariffario di massima per la compera” degli incontri. Secondo quanto scrive il Gip nell’ordinanza, il giro d’affari e l’attività dell’associazione, crea “un terreno fertile per l’insinuazione di elementi di una criminalità organizzata ai più alti livelli”. Nella misura di custodia cautelare, infatti, si segnala “la presenza tra gli investitori e scommettitori di alcuni gruppi dai contorni incerti, quale quello degli zingari”, a capo del quale c’era Almir Gegic detto “lo zingaro”, slovacco arrestato nell’operazione. Inoltre era presente anche un gruppo albanese. Il gip spiega che “sono investiti da questi gruppi per ogni partita truccata capitali dell’ordine delle centinaia di migliaia di euro” di cui non è nota la “provenienza”, dunque non si possono “escludere fatti di riciclaggio”.