lunedì 1 ottobre 2012

Il festival degli sprechi. - Gian Antonio Stella




Tra il 2000 e il 2006 la Sicilia ha ricevuto il quintuplo dei fondi assegnati a tutte le Regioni del Nord messe insieme.

Fanno davvero male, di questi tempi, bastonate come quella che Bruxelles ha appena dato alla Regione Siciliana. Dove sono stati bloccati 600 milioni di fondi Ue, una boccata di ossigeno, perché l'Unione non si fida più di come vengono spesi nell'isola i soldi comunitari.
«C'è stata una difficoltà di comprensione...», ha detto un funzionario al Giornale di Sicilia. Testuale. Purché non si levino ritornelli contro la «perfida Europa» nella scia di quelli lanciati dal regime mussoliniano contro le sanzioni: «Sanzionami questo / amica rapace...». Prima che dai vertici europei, l'andazzo era già stato denunciato infatti dalla Corte dei conti.
In una dura relazione di poche settimane fa i magistrati contabili avevano scritto di «eccessiva frammentazione degli interventi programmati» (troppi soldi distribuiti a pioggia anziché investiti su pochi obiettivi-chiave), di «scarsa affidabilità» dei controlli, di «notevolissima presenza di progetti non conclusi», di «tassi d'errore molto elevati» tra «la spesa irregolare e quella controllata», di «irregolarità sistemiche relative agli appalti». Una per tutte, quella rilevata nella scandalizzata relazione che accompagna il blocco dei fondi: l'appalto dato a un signore con «procedimenti giudiziari a carico». Come poteva l'Europa non avere «difficoltà di comprensione»?
Dice Raffaele Lombardo, il quale ieri ha fatto un nuovo assessore alla Cultura destinato a restar lì un battito di ciglia fino alle dimissioni annunciate il 31 luglio, che si tratta solo di questioni «tecniche» di cui chiederà conto «ai dirigenti che se ne sono occupati». Mah...
Sono anni che la Sicilia, cui la Ue aveva inutilmente già dato un ultimatum a gennaio, è ultima nella classifica di chi riesce a spendere i fondi Ue. E la disastrosa performance , insieme con quella della Puglia e delle altre tre regioni già «diffidate» (Campania, Calabria e Sardegna) ci ha trascinato al penultimo posto, davanti solo alla Romania, nell'Europa a 27.
I numeri diffusi mesi fa dal ministro Fabrizio Barca sono raggelanti. Tra il 2000 e il 2006 l'isola ha ricevuto 16,88 miliardi di fondi europei pari a cinque volte quelli assegnati a tutte le regioni del Nord messe insieme. Eppure su 2.177 progetti finanziati quelli che un anno fa, il 30 giugno 2011, risultavano conclusi erano 186: cioè l'8,6%. La metà della media delle regioni meridionali. Uno spreco insensato negli anni discreti, inaccettabile oggi.
Dice il centro studi di Svimez che il Pil pro capite delle regioni del Sud dal 1951 al 2009, anziché crescere, ha subito rispetto al Nord un netto arretramento. Calando in valuta costante dal 65,3% al 58,8%. Quanto alle aree povere del cosiddetto «Obiettivo uno», quelle più aiutate da Bruxelles perché il Pil pro capite non arriva al 75% della media europea, la risacca è stata altrettanto vistosa. 
In queste condizioni, buttare via quelle preziose risorse europee che non piovono da una magica nuvoletta ma sono accumulate con i contributi di tutti i cittadini Ue, italiani compresi, grida vendetta. Buttarle per incapacità politica, per ammiccamenti ai vecchi vizi clientelari, per cedimenti alla criminalità organizzata o per i favori fatti a questa o quella cricca di amici e amici degli amici, è una pugnalata. Non solo ai siciliani, non solo ai meridionali ma a tutti gli italiani. Quelli che giorno dopo giorno, Moody's o non Moody's, cercano di spiegare all'Europa d'avere imboccato davvero una strada diversa.

La Cassa degli Statali manda in rosso l'Inps. - Enrico Marro



L'impatto della fusione con Inpdap e Enpals.


ROMA - Quando a dicembre, col decreto salva Italia, il governo Monti varò il SuperInps sembrò davvero una buona idea. Di mettere insieme l'Inps, che gestisce le pensioni dei lavoratori privati, l'Inpdap, che pensa invece ai dipendenti pubblici, e l'Enpals, il piccolo istituto del settore sport e spettacolo, se ne parlava da molti anni. E forse solo un governo tecnico poteva riuscire a vincere le mille resistenze politico-corporative. Sembrava davvero una bella idea inglobare nel più efficiente Inps, guidato da Antonio Mastrapasqua, il carrozzone Inpdap e tagliare gli sprechi. Tanto che la relazione tecnica al salva Italia quantificava in «non meno di 20 milioni di euro» i risparmi ottenibili già nel 2012, per poi salire a 50 milioni nel 2013 e a 100 milioni nel 2014. Solo che ora si scopre che l'accorpamento ha effetti devastanti sul bilancio del SuperInps.
Patrimonio a rischio
Nel giro di «pochi anni» si potrebbe arrivare all'«azzeramento» del patrimonio netto, aprendo «un problema di sostenibilità dell'intero sistema pensionistico». Colpa dell'Inpdap che, entrando nell'Inps, scarica sul bilancio ben 10,2 miliardi di euro di disavanzo patrimoniale e quasi 5,8 miliardi di euro di passivo per l'esercizio 2012. Lo si legge nella nota di assestamento al bilancio 2012 dell'Inps, un documento di 38 pagine che sarà esaminato, probabilmente giovedì, nella riunione del Consiglio di indirizzo e vigilanza presieduto da Guido Abbadessa. Ma vediamo come si è arrivati a tanto.
Recessione più dura
La nota di assestamento si è resa necessaria per tener conto del peggioramento del quadro economico e della confluenza dei bilanci dell'Inpdap e dell'Enpals nell'Inps. A dire il vero, per quanto riguarda gli effetti della recessione, l'adeguamento contenuto nella nota è insufficiente. Le previsioni di bilancio sono state infatti riviste alla luce del Def (Documento di economia e finanza) presentato dal governo lo scorso aprile e non del suo recente aggiornamento. In pratica la nota di assestamento Inps è ottimistica perché formulata sulla base di una stima del prodotto interno lordo (quella di aprile) in calo dell'1,2% nel 2012 mentre le ultime previsioni del governo indicano un -2,4%. Un'economia che decresce significa meno posti di lavoro e meno entrate contributive per l'Inps, con conseguente peggioramento dei conti. Ma i guai veri non sono questi, bensì arrivano dall'assorbimento del bilancio dell'Inpdap.
Lo Stato evadeva i contributi
L'istituto di previdenza dei dipendenti pubblici ha infatti portato in dote, si fa per dire, un disavanzo patrimoniale quantificato al primo gennaio 2012 in 10 miliardi e 269 milioni. Perché? Due le cause, si legge nella nota di assestamento. 1) La riduzione dei dipendenti pubblici nel corso degli anni, che ha ridotto le entrate mentre le spese per pensioni continuavano ad aumentare. 2) Il fatto che, fino al 1995, le amministrazioni centrali dello Stato non versavano i contributi alla Ctps, la Cassa dei trattamenti pensionistici dei dipendenti dello Stato, che era una delle 10 casse fuse nell'Inpdap nel 1996 proprio perché le normative europee richiedevano la creazione di un istituto con un bilancio trasparente. Ma anche dopo il '96, spiega la nota, le amministrazioni dello Stato hanno versato «solo la quota della contribuzione a carico del lavoratore (8,75%, ndr ) e non la quota a loro carico» pari al 24,2%.
L'unificazione degli Enti
Per far fronte ai crescenti buchi di bilancio e al conseguente peggioramento del deficit patrimoniale, lo Stato ha disposto per il 2012 un trasferimento all'Inpdap di 6,4 miliardi. Nonostante ciò, si legge nel documento all'esame del Civ, «si prevede per l'Inpdap un disavanzo economico di 5 miliardi e 789 milioni» che porterà il risultato complessivo dell'esercizio 2012 del SuperInps in rosso di 8 miliardi e 869 milioni, contro un - 2,2 miliardi dell'esercizio 2011. Ma gli effetti peggiori si hanno sullo stato patrimoniale. Prima dell'incorporazione di Inpdap e Enpals, l'Inps aveva chiuso il 2011 con un avanzo di 41 miliardi. Tolti i 10,2 miliardi di passivo Inpdap e aggiunti i 3,4 miliardi di attivo portati invece dall'Enpals, il patrimonio di partenza del SuperInps, all'inizio del 2012, era di circa 34 miliardi. Ma alla fine dell'anno, sottratta la perdita d'esercizio di 8,8 miliardi, si scenderà a 25 miliardi: 16 miliardi in meno nel giro di un anno.
L'allarme del Civ
Anche nei prossimi anni, si osserva nella nota di assestamento, i conti dell'ex Inpdap chiuderanno in forte disavanzo, tanto più che il governo ha appena deciso una nuova riduzione dei dipendenti pubblici (secondo il ministro Patroni Griffi scenderanno di 300 mila nei prossimi tre anni). Tutto ciò si ripercuote «negativamente sul patrimonio netto dell'Inps con il rischio di un suo azzeramento in pochi anni». Per questo il Civ raccomanda almeno «una incisiva attività di vigilanza diretta ad accertare il corretto versamento dei contributi da parte delle pubbliche amministrazioni e in particolare degli enti locali». Ma la preoccupazione principale delle parti sociali (sindacati e imprese) presenti nello stesso Civ è che, se lo Stato non interverrà a sanare il disavanzo pregresso dell'Inpdap, a colmare i buchi saranno chiamate le gestioni in attivo, come per esempio quella dei parasubordinati (80 miliardi di avanzo patrimoniale) e delle prestazioni temporanee (ammortizzatori sociali, assegni familiari, malattia), che finora hanno compensato i fondi in rosso dello stesso Inps (trasporti, elettrici, telefonici, dirigenti d'azienda, coltivatori diretti e lavoratori autonomi).
Il welfare dell'Inpdap
Fin qui il Civ. Ma quando la fusione di Inpdap ed Enpals sotto l'Inps sarà completata è probabile che verranno passate al setaccio anche le molte provvidenze che l'Inpdap ha finora assicurato ai lavoratori e ai pensionati pubblici: in tutto 5 milioni e mezzo di cittadini con le loro famiglie. Ogni anno l'istituto concede prestiti e mutui agevolati (nel 2011, 100 mila prestazioni) e indice bandi per: «Case albergo», «Soggiorni senior», borse di studio, ospitalità nei suoi convitti per studenti e residenze per anziani, vacanze in Italia e all'estero per lo studio delle lingue, soggiorni termali, contributi sulle spese sanitarie. Un universo di prestazioni finanziato da un contributo obbligatorio in capo ai dipendenti pubblici pari allo 0,35% della retribuzione e allo 0,15% per i pensionati. L'Inpdap si faceva vanto di aver sviluppato negli anni «un modello di welfare integrativo di eccellenza». Ma è chiaro che la musica potrebbe cambiare.

GDF denuncia casa famiglia. La retta quotidiana era di 223 euro, beni sequestrati per 980.000 euro.




Questa vicenda di cronaca ci aiuta a capire meglio il pianeta case famiglia, dove spesso operatori senza scrupoli ricavano grossi guadagni sulla pelle di bambini a cui necessita un aiuto. Si è sempre parlato delle rette giornaliere che queste strutture lucrano su ogni bambino, ma lo spaccato fornito dal caso di Biella informa meglio di ogni immaginazione.
Il Nucleo di Polizia Tributaria di Biella, congiuntamente alla polizia giudiziaria presso la Procura della Repubblica, dopo indagini durate diversi mesi ha denunciato 6 persone che hanno commesso gravi irregolarità (riscontrate durante un controllo effettuato la scorsa estate) presso una Comunità Terapeutica per Minori affetti da gravi problemi neuro psichiatrici. I finanzieri hanno, inoltre, sottoposto a sequestro preventivo per equivalente più di 230.000 euro di crediti commerciali che la cooperativa vantava verso ASL e comuni delle Regioni Piemonte, Valle d'Aosta e Lombardia.
Le complesse indagini hanno permesso di provare che la comunità biellese, fin dal 2009 presentava gravi ed endemiche carenze organiche in quanto gli operatori non erano né numericamente, né professionalmente, sufficienti a garantire sicurezza ed adeguata vigilanza sui minori ricoverati nella struttura, così come previsto dalla rigorosa normativa di riferimento (DGR regione Piemonte n. 41/2004).
La comunità terapeutica per minore, che era gestita da una Cooperativa sociale, prestava, di fatto, cure ben lontane dagli standard contrattuali previsti, con una forte carenza di figure professionali quale quella dello psicologo, dello psicoterapeuta e del neuropsichiatra. Tutto ciò con la piena consapevolezza del Direttore Sanitario della struttura che, nonostante fosse a conoscenza della grave e cronica inadeguatezza numerica del personale operatore, richiedeva alle ASL competenti un aggravio della già elevata retta giornaliera pari a 223 euro più IVA per ospite, con la motivazione di "dover supervisionare più accuratamente" i minori.
Il Direttore Sanitario ed il Presidente della Cooperativa che gestiva la struttura, sono stati denunciati per i reati previsti dagli artt. 640 bis, 591 e 356 del C.P. per truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, abbandono di minori o incapaci e frode nelle pubbliche forniture.
Anche la posizione di due membri della Commissione di vigilanza delegata dall'ASL e di un direttore e di un ex direttore sanitario del distretto ASL è stata posta al vaglio della magistratura inquirente per omissione d'atti d'ufficio, in quanto in sede di visite ispettive le gravi carenze organiche/strutturali della comunità terapeutica non venivano rilevate, mentre quelle più lievi venivano in parte evidenziate, senza però far osservare le prescrizioni impartite, permettendo, così, la continuazione, da parte del gestore della struttura sanitaria, nel reato di truffa aggravata ai danni della sanità pubblica.
Il Pubblico Ministero, accogliendo la richiesta avanzata dalle Fiamme Gialle biellesi, ha avanzato al G.I.P., istanza di sequestro preventivo per equivalente di beni per un importo complessivo di 980.000 € che è stato reso esecutivo su 230.000 € di crediti commerciali della cooperativa. 

Pierfischiettando Casini. - Marco Travaglio



Carta Canta - l'Espresso, 28 settembre 2012.

Siccome in Italia il rinnovamento della politica si fa conservando gli stessi politici, che però cambiano continuamente idea e nome ai loro partiti, Pierferdinando Casini si crede il non plus ultra del nuovo che avanza: infatti ha 57 anni e ne ha trascorsi più in Parlamento (29) che fuori, essendo entrato alla Came

ra nel 1983 per non uscirne più. Ha militato nella Dc, nel Ccd con Berlusconi e nell'Udc contro Berlusconi, ma ora ha sciolto l'Udc per traghettarla nel “Partito della Nazione” che si propone una grande coalizione col Pd e con Berlusconi per un bel Monti-bis.

E dire che, nel dicembre '94, quando il primo governo del Cavaliere cadde per la sfiducia di Bossi, i governi tecnici gli davano l'orticaria: infatti rifiutò di appoggiare quello di Lamberto Dini, antesignano di Monti, perché era “la versione raffinata, tecnico-universitaria, del ribaltone politico”, un “gioco scorretto” contro “il bipolarismo che abbiamo costruito”, per “far dimenticare il voto popolare” e negare “la parola agli elettori” (17 gennaio '95). Quando poi, un anno dopo, Dini si candidò con una sua lista nel centrosinistra, Casini tuonò: “Se c'è una persona inaffidabile è Dini: ha fatto un governo tecnico che doveva restare neutrale e invece è diventato un partito” (24 marzo '96). Ora naturalmente patrocina una “Lista Monti” con dentro un bel po' di ministri tecnici, da Corrado Passera ad Andrea Riccardi (Monti, purtroppo per lui, è già senatore a vita), tutti invitati alla sua convention diuretica di Chianciano. E guai a chi dà loro degli “inaffidabili” per le loro fregole ben poco tecniche e molto politiche.

Nel dicembre 2005, quand'era presidente della Camera per grazia berlusconiana ricevuta, Casini minacciò di ritirare l'appoggio al secondo governo Berlusconi se il centrodestra non avesse subito cambiato la legge elettorale. Naturalmente fu accontentato: il nuovo sistema di voto lo scrisse il ministro Roberto Calderoli sotto dettatura di Casini. E fu subito Porcellum: proporzionale senza preferenze, ma con liste bloccate e soprattutto con un mostruoso premio di maggioranza alla coalizione vincente. Pierferdy, tutto contento, regalò al Cavaliere il suo Follini come vicepremier.

Ora, fischiettando come se niente fosse, si batte come un leone contro il Porcellum che aveva dettato lui e addirittura promuove una raccolta di firme per reintrodurre le preferenze che aveva bocciato lui. E se nel '95 osteggiava il governo Dini nemico del “bipolarismo che abbiamo costruito”, oggi il nemico del bipolarismo è lui, Pierfischiettando: infatti sogna la grande coalizione e non vuol saperne di una legge elettorale che costringa i partiti a dichiarare prima del voto con chi si alleeranno. Un uomo tutto d'un pezzo. O d'un prezzo. Dopo aver votato una trentina di leggi vergogna in favore dei corrotti, invoca un giorno sì e l'altro pure la legge anticorruzione. E promette, ça va sans dire, liste pulite: “Riteniamo sia giusto presentare un'offerta politica composta da persone perbene”. Fantastico.

Ma forse chi, come il Pd, vuole portarlo all'altare dovrebbe pretendere qualche garanzia più precisa, visti i precedenti. Stiamo pur sempre parlando del formidabile talent scout che portò in Parlamento Totò Cuffaro, Calogero Mannino e Saverio Romano quand'erano imputati per storie di mafia (il primo fu poi condannato e gli altri due assolti, però Mannino è di nuovo sotto processo per la trattativa fra lo Stato e Cosa Nostra). Ora non vorremmo che Pierfischiettando ci ricascasse, visto che ai suoi raduni sfilano abitualmente Paolo Cirino Pomicino (due condanne definitive: finanziamento illecito e corruzione), Giorgio La Malfa (una condanna per finanziamento illecito), Lorenzo Cesa (reo confesso di una dozzina di tangenti e salvato per un vizio di forma), Emma Marcegaglia (la cui azienda di famiglia ha patteggiato per corruzione), lo stesso Passera (indagato per frode fiscale) e alcuni emissari di Italia Futura di Luca Cordero di Montezemolo (condannato in primo grado per abusi edilizi).

Urge chiarimento sul concetto di “persone perbene”.

domenica 30 settembre 2012

QUEI 45 IMPRENDITORI CHE CHIEDEVANO LA DEPENALIZZAZIONE DEL FALSO IN BILANCIO.

OGGI IN PARLAMENTO

Milena Gabanelli, durante la puntata di Report appena andata in onda:

La corruzione la scopri guardando la contabilità. Da dove vengono i soldi? Da dentro l’impresa, dove taroccando le voci di spesa puoi frodare il fisco o far saltar fuori i soldi che ti servono per oliare chi vuoi. Tutti pensiamo che il papà, l’ispiratore della legge che fa sparire il reato di falso in bilancio è Berlusconi. In realtà Berlusconi non ha fatto altro che ascoltare quello che la spina dorsale del Paese gli chiedeva. La prova è in questa lettera datata 17 aprile 1997, pubblicata dal Sole 24 Ore e firmata dalla migliore imprenditoria italiana. Siamo nei periodi… verso l’uscita di Tangentopoli, quindi un periodo duro. Di che cosa si lamentano gli imprenditori italiani? Del fatto che sono costretti a pagare le tangenti e che questo altera il mercato perché premia i più bravi a corrompere e non i più bravi a produrre? No. Il mondo dell’imprenditoria e della finanza, il migliore, esprime solidarietà al presidente della Fiat Cesare Romiti, appena condannato per falso in bilancio, frode fiscale, finanziamento illecito ai partiti e questa lettera è una accorata richiesta di depenalizzazione del falso in bilancio.
Questo è il passaggio cruciale: “si chiede di escludere dal perimetro delle responsabilità operative i fatti che abbiano una rilevanza marginale rispetto alle dimensioni dei conti delle imprese”. Cioè in sostanza vuol dire, per esempio: se un’impresa ha un patrimonio netto di qualche miliardo, non puoi trascinarla in
tribunale perché ha falsificato le carte per qualche decina di milioni. L’imprenditoria dice: “smettetela di guardare dentro le nostre carte che a noi va bene di continuare a pagare.
Seguono 45 firme, fra le quali: Piero Antinori, Antoine Bernheim, Enrico Bondi, Giancarlo Cerruti, Enrico Cuccia, Diego Della Valle, Ennio Doris, Giuseppe Gazzoni, Luigi Lucchini, Achille Maramotti, Alfio Marchini, Vittorio Merloni, Leonardo Mondadori, Letizia Moratti, Giannola Nonino, Umberto Nordio, Sergio Pininfarina, Andrea Riffeser Monti, Aldo Braghetti Peretti, Gianmario Rossignolo, Gianfranco Zoppas. Una solidarietà che diventerà legge perché nel 2003, la condanna a Romiti sarà revocata perché il fatto non costituisce più reato, non è più previsto come reato dalla egge.
Val la pena di ricordare un altro episodio che avveniva proprio nei giorni in cui veniva pubblicata questa lettera: un imprenditore onesto che fabbricava autobus e non voleva saperne di pagare tangenti, perde una gara per la fornitura all’ATM di Milano.
Aveva investito molto, si era indebitato perché le caratteristiche del bando le aveva soltanto lui; l’appalto se lo porterà a casa l’Iveco della Fiat. Ambrogio Mauri, per non affrontare la difficoltà di licenziare i suoi dipendenti, si spara al cuore. Alla famiglia
non è mai arrivata una lettera di solidarietà dalla spina dorsale del paese, che continua a fare corpo unico con questa classe politica. E finché questo corpo unico non si spezzerà, il cuore della corruzione nessuno lo toccherà. 


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Così va l'Italia.



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Telefonata choc in tribunale: "Ingroia morirà". - Salvo Palazzolo


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Rafforzata la scorta al procuratore aggiunto. Una chiamata anonima ha fatto scattare misure di sicurezza straordinarie attorno al magistrato che coordina l'inchiesta sulla trattativa mafia-Stato.
Telefonata choc in tribunale: "Ingroia morirà" Rafforzata la scorta al procuratore aggiunto Il procuratore aggiunto Antonio Ingroia
Lunedì mattina, una telefonata anonima al centralino del palazzo di giustizia di Palermo ha annunciato: "Ingroia morirà".
Un uomo, dal marcato accento siciliano, ha parlato di un progetto di attentato nei confronti del procuratore aggiunto che coordina l'inchiesta sulla trattativa mafia-Stato. L'allarme è scattato immediatamente: la questura ha deciso un rafforzamento delle misure di sicurezza attorno al magistrato, che segue anche le indagini su uno dei clan mafiosi più potenti della città, quello di San Lorenzo-Resuttana.
Secondo quanto risulta a Repubblica, la scorta del procuratore aggiunto sarebbe stata potenziata anche con un apposito servizio di bonifica antibomba. Ingroia ha annunciato ieri pomeriggio di aver chiesto una proroga alle Nazioni Unite, per posticipare ancora di quindici giorni l'inizio del suo incarico in Guatemala: il magistrato resterà in Sicilia sino a fine mese, anche per partecipare alla prima udienza davanti al gup Piergiorgio Morosini, per l'inchiesta trattativa mafia-Stato. Poi, dovrebbe trasferirsi in Sud America per ricoprire l'incarico di responsabile di una unità investigativa che opera all'interno di una commissione Onu.
di Salvo Palazzolo - 26 settembre 2012

Tratto da: palermo.repubblica.it
Tutta la redazione di ANTIMAFIADuemila, nell'apprendere dell'ennesimo inquietante episodio di minaccia nei confronti del procuratore Antonio Ingroia, esprime la vicinanza, la solidarietà e tutto il proprio sostegno al pm.