venerdì 3 novembre 2017

Intercettazioni, via libera del Cdm alla riforma. Gentiloni: 'E' per limitare abuso'


Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e il ministro della Giustizia Andrea Orlando durante la conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministri.

Limiti a trascrizioni e a uso trojan, arriva archivio riservato.


Il Consiglio dei ministri ha approvato, su proposta del ministro della Giustizia Andrea Orlando, il decreto legislativo che riforma la disciplina delle intercettazioni. Il testo dovrà ora passare all'esame delle commissioni Giustizia per i pareri e poi tornare in Cdm.
"Noi non limitiamo l'uso delle intercettazioni ma contrastiamo l'abuso, sappiamo che questo strumento è fondamentale per le indagini e in nessuno modo vogliamo limitare la possibilità di disporre di uno strumento per la magistratura fondamentale per contrastare i reati più gravi ma è evidente che in questi anni ci sono stati frequenti abusi", Così il premier Paolo Gentiloni sulla legge delega. La riforma - ha detto il premier - delle intercettazioni, su cui vari governi si sono applicati senza però riuscire a portarla a termine, "disciplina un uso più stingente (degli ascolti, ndr) senza ledere il diritto di cronaca". 
"Il provvedimento sulle intercettazioni - ha detto il ministro Andrea Orlando - affronta un tema annoso, non restringe la facoltà dei magistrati di utilizzare le intercettazioni", "abbiamo messo una serie di vincoli che non restringono la capacità di indagine ma riducono il rischio della fuga di notizie se non sono legate a fatti penalmente rilevanti". "Le intercettazioni non sono disposte per far luce sulla sfera personale dei singoli ma per perseguire reati". 
Il provvedimento mira a regolamentare in maniera più stringente l'utilizzo di questo indispensabile strumento investigativo, per evitare che conversazioni non rilevanti ai fini delle indagini e attinenti la vita privata, possano finire negli atti processuali e da qui sui giornali. Si tenta così di dare una risposta al problema della cosiddetta "gogna mediatica" che ciclicamente alimenta polemiche.
Il testo inserisce dei vincoli alla trascrizione delle conversazioni nelle richieste dei pm e nelle ordinanze dei giudici: "Quando è necessario, sono riprodotti soltanto i brani essenziali", dispone infatti il provvedimento. Non vengono però compromessi i virgolettati dei colloqui captati, che in una bozza preparatoria del decreto erano stati vietati e sostituiti da sunti delle conversazioni: dopo il confronto con avvocati e magistrati, questa previsione è stata cassata.
Viene poi istituito presso l'ufficio del pm un archivio riservato delle intercettazioni la cui "direzione" e "sorveglianza" sono affidate al procuratore della Repubblica e il cui accesso - registrato con data e ora - sarà consentito solo a giudici, difensori e ausiliari autorizzati dal pm.
Quanto ai mezzi per intercettare, si delimita l'uso dei "trojan", ossia i captatori informatici, in pc o smartphone, che "pur ampiamente praticato nella realtà investigativa, non è stato in precedenza oggetto di alcuna regolamentazione a livello normativo", riporta la relazione illustrativa che accompagna il decreto. Ora l'obiettivo è quello di consentirne sempre l'impiego, senza particolari vincoli, per i reati più gravi, in primis terrorismo e mafia, prevedendo invece che per gli altri reati debbano essere esplicitamente motivate, nei decreti di autorizzazione, ragioni e modalità.
La riforma semplifica, inoltre, l'impiego delle intercettazioni nei reati più gravi contro la pubblica amministrazione commessi da pubblici ufficiali, uno strumento per rendere più efficace il contrasto alla corruzione. Fatto salvo il diritto di cronaca, è previsto il carcere fino a 4 anni per chi diffonde riprese audiovisive e registrazioni di comunicazioni effettuate in maniera fraudolenta per danneggiare "la reputazione o l'immagine altrui".
Gira e rigira le leggi le fanno sempre e solo per salvarsi le terga.
L'intercettazione è uno strumento fondamentale per scoprire determinati reati, limitarne l'uso con la scusa dell'abuso è esso stesso un abuso.

martedì 31 ottobre 2017

MULTE D’ITALIA - TRAVAGLIO: ''MENTRE CHIARA APPENDINO VIENE SBRANATA PER UNA MULTA DA 90 EURO CHE IL SUO CAPOGABINETTO INTENDEVA TOGLIERE A UN AMICO, RENZI E GENTILONI DIFENDONO LA BOSCHI BECCATA A TRAFFICARE SULLA MOZIONE CONTRO IL GOVERNATORE VISCO CHE HA MULTATO DUE VOLTE IL PADRE PIER LUIGI (144 E 130 MILA EURO) PER LA MALA GESTIONE DI ETRURIA''

appendino giordana
Chiara Appendino, Paolo Giordana

Un bell'applauso a Chiara Appendino che ha licenziato in tronco quel pirla del suo capogabinetto Paolo Giordana, beccato a chiamare l' Ad del Gruppo torinese trasporti perché levasse una multa da 90 euro a un amico. E un bel pernacchio a Gentiloni e Renzi che continuano a difendere la sottosegretaria Boschi, beccata a trafficare sulla mozione contro il governatore di Bankitalia Ignazio Visco che ha multato due volte il padre Pier Luigi (144 e 130 mila euro) per la mala gestione di Etruria.

MATTEO RENZI E MARIA ELENA BOSCHI VICINI VICINI
Matteo Renzi, Maria Elena Boschi - vicini, vicini....

Questa storia delle multe che per i nemici si pagano e per gli amici si tolgono, è un classico della commedia all' italiana. Ne Il vigile di Luigi Zampa, Alberto Sordi è Otello Celletti, un disoccupato che si fa raccomandare dal sindaco (Vittorio De Sica) per diventare vigile motociclista. Un giorno soccorre l' attrice Sylva Koscina che, finita in panne con la sua auto, non ha i documenti. Lui chiude un occhio e tenta pure di farle la corte declamandole "T' amo, pio bove" di Carducci.

La Koscina poi, ospite del Musichiere, ringrazia in tv il vigile che non le ha fatto la multa. E il favoritismo scatena le ire del prefetto, che protesta col sindaco, che strapazza Otello: la legge è uguale per tutti, che diamine. Così, quando Otello sorprende il sindaco che sfreccia oltre i limiti di velocità per raggiungere la sua amante, gli appioppa una sonora contravvenzione. E quello lo destituisce.

Lo zelante vigile diventa il campione dell' opposizione monarchica, che lo candida alle elezioni come modello di legalità. Senonché il sindaco attiva una "macchina del fango" ante litteram, scova alcuni altarini della sua famiglia (il padre ex militare fellone e la sorella prostituta) e lo ricatta. Celletti è costretto a ritrattare le accuse al primo cittadino, che lo reintegra sulla sua rutilante motocicletta e si fa scortare da lui nelle scorribande a tutto gas verso la casa dell' amante.

Il film esce nel 1960 decimato dai tagli della censura, perché richiama un fatto di un anno prima: il questore di Roma Carmelo Marzano multato dal vigile Ignazio Melone per un sorpasso vietato e offeso a morte per non essere stato riconosciuto e risparmiato. Il classico "lei non sa chi sono io". Anche Melone viene prontamente screditato dalla notizia che la sorella esercita il mestiere più antico del mondo.

Se un tempo la commedia all' italiana inseguiva la politica, ora è il contrario. Vedi il tragicomico ordine di servizio del Comune di Ercolano (Napoli) che diffida il servizio di nettezza urbana a "provvedere ad una accurata pulizia delle strade (spazzamento, rimozione manifesti funerari ed eventuale scerbatura)". Ma non tutte.

Solo quelle adiacenti l' hotel dove "soggiornerà l' on. M.E. Boschi sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana", nonché ad "attenzionare le suddette strade dopo che saranno state pulite". Ordine prontamente eseguito, con la lucidatura di 3-4 vie in una città zozzissima e addirittura col trasloco di decine di fioriere dagli altri quartieri.

La scena sarebbe perfetta per un film della saga di Fantozzi o per il sequel di Cetto La Qualunque. Ma ricorda pure Sua eccellenza si fermò a mangiare, commedia di Mario Mattoli e ambientata nel Ventennio, con Totò topo d' appartamenti scambiato per il medico personale del Duce e ospitato con tutti gli onori nel castello di una famiglia-bene, che lo presenta a Sua Eccellenza il Ministro (Raimondo Vianello) e ne viene derubata di un prezioso servizio di posate d' oro.

Con la differenza che nel film le Loro Eccellenze Vianello e Totò si fermano a mangiare e dormire, mentre Sua Eccellenza M. E. Boschi a Ercolano non s' è fatta vedere, essendosi ammalata di influenza etrusca per scansare il Consiglio dei ministri sulla conferma di Visco: tanta pulizia e tante fioriere per nulla.


Immigrazione, sulla nave della Ong il volantino coi bonus: 50 euro per ogni salvataggio.

Immigrazione, sulla nave della Ong il volantino coi bonus: 50 euro per ogni salvataggio

Agosto è passato ma le indagini della magistratura sul ruolo di alcune Ong nel salvataggio dei migranti nel mare tra Italia e Libia continuano, dopo la scoperta di legami tra alcune delle organizzazioni non governative e gli scafisti. A settembre il tribunale del riesame di Trapani ha confermato il sequestro della Iuventa, il peschereccio di proprietà della Jugend Rettet, l'organizzazione tedesca più coinvolta nello scandalo. Sempre da settembre è indagato anche il comandante di un'altra nave, la Vos Hestia che operava per conto di Save the children.
E ora, tra il materiale sequestrato a bordo delle diverse navi, spunta anche un volantino che era stato affisso dall'armatore il 1 agosto a bordo della Vos Hestia: oltre al bonus per la missione in base alla qualifica di ciascun membro dell'equipaggio, indica anche un premio individuale di 50 euro per ogni operazione di soccorso. Insomma, una specie di bonus-produzione.

sabato 28 ottobre 2017

Il computer che 'si finge umano' e fa l'hacker.

Rappresentazione della lettera A (fonte: Vicarious AI) © Ansa
Rappresentazione della lettera A (fonte: Vicarious AI)

Inganna i test di sicurezza anti-spam e intrusioni.


Nuova falla nei sistemi di protezione informatica contro spamintrusioni digitali e furti di password: è stato infatti sviluppato un computer che sa fingersi un essere umano riuscendo a ingannare alcuni dei test di sicurezza più diffusi nei siti Internet, ovvero i captcha, quei codici alfanumerici un po' contorti che servono a distinguere gli utenti in carne ed ossa dai programmi automatici chiamati 'bot'. Il risultato è pubblicato sulla rivista Science dai ricercatori della company californiana Vicarious AI, specializzata nel settore dell'intelligenza artificiale.

"Lo studio rivela con metodo scientifico una vulnerabilità che interessa anche colossi come Google, PayPal e Yahoo", spiega Giovanni Ziccardi, docente di informatica giuridica all'Università di Milano. "Il pericolo è che i captcha attuali non riescano più a proteggere efficacemente i form di iscrizione ai servizi online, come la posta elettronica, e che non blocchino più i programmi automatici che fanno spam inondando blog e forum di messaggi pubblicitari inopportuni".

Nati vent'anni fa per difendere i primi motori di ricerca sul web, i captcha si sono evoluti continuamente. "All'inizio - ricorda Ziccardi - chiedevano all'utente di decifrare solo lettere e numeri scritti in maniera poco leggibile in un box: poi sono diventati sempre più complessi, arrivando a usare immagini del mondo reale dove bisogna individuare oggetti o scritte. Facili da risolvere per le persone, sembravano dei rompicapo impossibili per gli algoritmi automatici. Almeno fino ad oggi". Il nuovo computer 'hacker', ispirato ai meccanismi di funzionamento del cervello umano, è infatti riuscito a violare i captcha più comuni con una percentuale di successo che arriva fino al 70%.
Lo ha fatto con un addestramento minimo, partendo da un numero di esempi molto più ridotto rispetto agli algoritmi di apprendimento profondo (deep learning) usati nell'intelligenza artificiale, che richiedevano milioni di immagini esemplificative o regole codificate su come craccare ogni tipo di immagine. "Questi sistemi cambiano continuamente, come in un gioco a guardie e ladri", commenta Ziccardi. "Dopo la pubblicazione di questo studio le aziende correranno sicuramente ai ripari, ma già adesso stanno lavorando a nuovi captcha sempre più sofisticati, capaci per esempio di riconoscere l'utente umano senza porgli domande, ma valutando il suo comportamento online, come i movimenti del mouse o i tempi di permanenza sulla pagina".

giovedì 26 ottobre 2017

G8 Genova, Strasburgo condanna Italia: "A Bolzaneto fu tortura".

G8 Genova, Strasburgo condanna Italia: "A Bolzaneto fu tortura"

La sentenza per le azioni dei componenti delle forze dell'ordine e perché lo Stato non ha condotto un'indagine efficace. Fiano (Pd) e Fratoianni (Si): "Pagina orribile della nostra storia". Tortura anche in carcere ad Asti.

STRASBURGO - Gli atti commessi dalle forze dell'ordine a Bolzaneto nei giorni del G8 del 2001 sono atti di tortura. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti umani che ha condannato l'Italia per le azioni dei membri delle forze dell'ordine, e perché lo Stato non ha condotto un'indagine efficace. Parti civili una quindicina di persone di 8 diverse nazionalità, riconosciute come vittime di torture da parte delle forze dell'ordine durante i giorni del G8 a Genova, nel luglio del 2001. Si tratta in particolare di persone che furono rinchiuse fra il 20 e il 22 luglio nel carcere di Bolzaneto. I giudici hanno riconosciuto ai ricorrenti il diritto a ricevere tra 10mila e 85mila euro a testa per i danni morali.

Nella stessa sentenza l'Italia è stata condannata anche perchè alcuni agenti di polizia penitenziaria di Asti nel 2004 hanno torturato due detenutiAndrea Cirino e Claudio Renne. "Oggi contro fatti così gravi abbiamo la legge che punisce il reato di tortura", scrive su Twitter la ministra dei Rapporti con il Parlamento, Anna Finocchiaro.

• FIANO (PD) E FRATOIANNI (SI): "BOLZANETO PAGINA ORRIBILE".
"Bolzaneto è stata una pagina orribile della nostra storia - commenta il responsabile Sicurezza del Pd, Emanuele Fiano - non ci possono essere giudizi diversi, questa sentenza lo conferma, ancora una volta". "Ci fu tortura - dichiara Nicola Fratoianni, Sinistra italiana - noi lo sapevamo. Amareggiati per aver atteso quasi 20 anni. Ora mai più quelle scene e quelle infamie". "L'amarezza - aggiunge Fratoianni - è che i responsabili di quelle atrocità siano stati coperti prima e poi tra indulti, falle legislative abbiano avuto punizioni ridicole". "Questa sentenza rappresenta un risarcimento politico-istituzionale per il movimento no global che in quei giorni si mobilitò a genova contro il G8", afferma Paolo Cento (Si).

• STRASBURGO: "TRATTATI COME OGGETTI DEL POTERE PUBBLICO".
"I ricorrenti, trattati come oggetti per mano del potere pubblico, hanno vissuto durante tutta la durata della loro detenzione in un luogo 'di non diritto' dove le garanzie più elementari erano state sospese". Così i giudici di Strasburgo definiscono, nella sentenza di condanna dell'Italia, la situazione vissuta da 48 persone a Bolzaneto. I togati evidenziano inoltre che "l'insieme dei fatti emersi dimostra che i membri della polizia presenti, gli agenti semplici, e per estensione, la catena di comando, hanno gravemente contravvenuto al loro dovere deontologico primario di proteggere le persone poste sotto la loro sorveglianza".


Nella sentenza è anche messo in risalto il fatto che "nessuno ha passato un solo giorno in carcere per quanto inflitto ai ricorrenti". E la Corte osserva che questo è stato causato principalmente da due elementi. Il primo, dicono i giudici, è stata l'impossibilità di identificare gli agenti coinvolti, sia perché a Bolzaneto non portavano segni distintivi sulle uniformi, che per la mancanza di cooperazione della polizia con la magistratura. Il secondo fattore invece "sono le lacune strutturali dell'ordine giuridico italiano" al tempo dei fatti. Nella sentenza la Corte afferma di "aver preso nota della nuova legge sulla tortura entrata in vigore il 18 luglio di quest'anno, ma che le nuove disposizioni non possono essere applicate a questo caso".

• A FARE RICORSO CINQUANTANOVE VITTIME.
A fare ricorso a Strasburgo sono state 59 persone tutte condotte a Bolzaneto tra il 20 e il 22 luglio 2001. Alcuni di loro provenivano dalla scuola Diaz, dove avevano già subito numerose violenze che la Corte di Strasburgo ha definito come torture in una sentenza di condanna dell' Italia emessa lo scorso giugno. Tutti i ricorrenti affermano di aver subito violenze. Alcuni sono stati picchiati più volte, sono stati fatti spogliare davanti ad agenti del sesso opposto, a molte delle ragazze sono stati fatti togliere anche gli assorbenti ed è stato poi negato l'uso di salviette igieniche.

Ad altre persone gli agenti hanno sottratto, a volte strappandoli via, gli oggetti personali, mai restituiti. 


Altri hanno dovuto gridare "viva il duce, viva il fascismo, viva la polizia penitenziaria". 

Le celle in cui erano una parte dei ricorrenti sono state spruzzate con gas urticanti

Tutti si sono visti negare la possibilità di contattare un avvocato, la famiglia, o per gli stranieri i loro consolati.

Undici dei 59 ricorrenti hanno accettato un accordo con il governo italiano che si è impegnato a versargli 45mila euro per danni morali e materiali e le spese legali sostenute.

Agli altri la Corte, avendo stabilito che sono stati vittime di tortura e che "nonostante gli eccezionali sforzi dei magistrati italiani" nessuno ha passato un solo giorno in carcere per quanto inflitto ai ricorrenti, ha riconosciuto risarcimenti per danni morali che variano tra i 10 e gli 85 mila euro. La differenza nelle somme dipende da due fattori: la gravità delle torture subite, e il fatto se lo Stato ha già versato oppure no gli indennizzi accordati dai tribunali nazionali.

• G8 2001, IL PROCESSO: 300 PERSONE PICCHIATE E MINACCIATE
Nei giorni del G8 del 2001, secondo quanto ricostruito dal processo sulla base anche delle testimonianze di decine di vittime, oltre 300 persone vennero private della possibilità di incontrare i loro legali, umiliate, picchiate, minacciate. Tra le mura della caserma risuonarono a più ripresa inni fascisti, molti dei ragazzi vennero costretti a rimanere immobili per ore, le donne subirono violenze fisiche e morali.

Il processo in Cassazione per le violenze di Bolzaneto si era concluso, nel giugno 2013, con  sette condanne e quattro assoluzioni. Per una decina di imputati erano scattate la prescrizione in sede penale ma non in quella civile:
tra questi anche i medici che torturarono i pazienti detenuti. La quinta sezione penale della Corte aveva assolto Oronzo Doria, all’epoca colonnello del corpo degli agenti di custodia, e gli agenti FrancoTrascio Talu. Erano invece state confermate  le 7 condanne che erano state inflitte dalla Corte d’Appello di Genova il 5 marzo 2010 nei confronti dell’assistente capo di Pubblica sicurezza Luigi Pigozzi (3 anni e 2 mesi) - che divaricò le dita della mano di un detenuto fino a strappargli la carne - degli agenti di polizia penitenziaria Marcello Mulas e Michele Colucci Sabia (1 anno) e del medico Sonia Sciandra.

Per quest’ultima la Cassazione aveva ridotto la pena, assolvendola solo dal reato di minaccia. Pene confermate a un anno per gli ispettori della polizia Matilde AreccoMario Turco e Paolo Ubaldi che avevano rinunciato alla prescrizione. La pene erano però quasi integralmente coperte da indulto.

La Cassazione aveva anche bocciato il ricorso della procura di Genova che chiedeva di contestare il reato di tortura, cosa che appunto avrebbe evitato l’estinzione del reato. Reato che come già era stato evidenziato nella sentenza Diaz non è contemplato dal nostro ordinamento.

• IL GOVERNO HA GIÁ RICONOSCIUTO I PROPRI TORTI
Nell'aprile scorso il governo italiano aveva riconosciuto i propri torti nei confronti di sei cittadini per quanto subito nella caserma di Bolzaneto il 21 e 22 luglio 2001, ai margini del G8 di Genova, e gli verserà 45 mila euro ciascuno per danni morali e materiali e spese processuali. Lo rende noto la Corte europea dei diritti umani in due decisioni in cui "prende atto della risoluzione amichevole tra le parti" e stabilisce di chiudere questi casi.

Il governo italiano, secondo quanto reso noto a Strasburgo, ha raggiunto una 'risoluzione amichevole' con sei dei 65 cittadini - tra italiani e stranieri - che hanno fatto ricorso alla Corte europea dei diritti umani. Ricorsi in cui si sostiene che lo Stato italiano ha violato il loro diritto a non essere sottoposti a maltrattamenti e tortura e si denuncia l'inefficacia dell'inchiesta penale sui fatti di Bolzaneto. I sei ricorrenti che hanno accettato l'accordo sono Mauro AlfaranoAlessandra BattistaMarco BistacchiaAnna De FlorioGabriella Cinzia Grippaudo e Manuela Tangari.


http://www.repubblica.it/cronaca/2017/10/26/news/a_bolzaneto_fu_tortura_strasburgo_condanna_italia-179372767/?ref=twhr&timestamp=1509006897000&utm_source=dlvr.it&utm_medium=twitter

Rosatellum bis, come funziona le legge elettorale dei nominati.

Rosatellum bis, come funziona le legge elettorale dei nominati

Secondo il nuovo sistema di voto, approvato in via definitiva da Palazzo Madama, 231 seggi alla Camera e 116 seggi al Senato saranno assegnati attraverso collegi uninominali con formula maggioritaria, in cui vince il candidato più votato. I restanti invece saranno distribuiti con metodo proporzionale.

Il “Rosatellum bis”, approvato a Camera e Senato con la fiducia, prevede un sistema elettorale misto, in cui la distribuzione dei seggi è per il 36% maggioritaria e per il 64% proporzionale. Con la legge elettorale dei nominati si prevedono in particolare, 231 seggi alla Camera e 116 seggi al Senato assegnati attraverso collegi uninominali con formula maggioritaria, in cui vince il candidato più votato. L’assegnazione dei restanti seggi, invece, avviene con metodo proporzionale, nell’ambito di collegi plurinominali. In questo caso sono previsti dei listini molto corti, con un minimo di due e un massimo di quattro candidati.
UN’UNICA SCHEDA, NO AL VOTO DISGIUNTO – Il voto è unico e non è prevista la possibilità del voto disgiunto. La nuova scheda elettorale reca il nome del candidato nel collegio uninominale ed il contrassegno della lista o delle liste collegate, corredate dei nomi dei candidati nel collegio plurinominale. L’elettore vota il contrassegno della lista prescelta ed il voto è attribuito anche al candidato.

CHI VIENE ELETTO – Nei collegi uninominali il seggio è assegnato al candidato che consegue il maggior numero dei voti. Per i seggi da assegnare alle liste nei collegi plurinominali, il riparto avviene a livello nazionale, con metodo proporzionale, tra le coalizioni di liste e le liste che abbiano superato le soglie di sbarramento. Il deputato eletto in più collegi plurinominali è proclamato nel collegio nel quale la lista cui appartiene ha ottenuto la minore percentuale di voti validi rispetto al totale dei voti validi del collegio. Il deputato eletto in un collegio uninominale e in uno o più collegi plurinominali si intende eletto nel collegio uninominale.
SBARRAMENTO – AL 3% PER LE LISTE E AL 10% PER LE COALIZIONI – I partiti possono presentarsi da soli o in coalizione. La coalizione è unica a livello nazionale. I partiti in coalizione presentano candidati unitari nei collegi uninominali. Lo sbarramento è al 3% per le singole liste e al 10% per le coalizioni. Per le coalizioni non vengono comunque computati i voti dei partiti che non hanno superato la soglia dell’1 per cento.

PLURICANDIDATURE E SOGLIE DI GENERE – Nei collegi plurinominali sono possibili un massimo di cinque pluricandidature. Il Rosatellum bis poi prevede specifiche disposizioni per garantire la rappresentanza di genere. “Nei collegi uninominali – si legge nel testo – nessuno dei due generi può essere rappresentato in misura superiore al 60%”. Il rapporto è valido anche per i collegi plurinominali, nei quali si prevede che la quota massima 60-40 venga rispettata a livello regionale.
TAGLIANDO ED ISTRUZIONI – E’ previsto anche un ‘tagliando antifrode’ per le schede elettorali, che saranno fornite di tagliando rimovibile con un numero progressivo, che sarà annotato prima che l’elettore entrerà nella cabina per votare. In questo modo si potrà evitare lo scambio con frode di schede prestampate. Sulla scheda elettorale ci saranno anche istruzioni per informare gli elettori su come verrà distribuito il loro voto.

DELEGA AL GOVERNO PER DISEGNARE I COLLEGI – Il testo reca una delega al Governo, da esercitare entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge, per la determinazione dei collegi uninominali e dei collegi plurinominali della Camera e del Senato, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari.
RACCOLTA DELLE FIRME – I partiti o le nuove formazioni che non sono in Parlamento o non hanno un proprio gruppo per candidarsi dovranno raccogliere, per le prossime elezioni, 750 firme. A partire dal prossimo turno elettorale il numero verrà raddoppiato. Sempre e solo per questa tornata, gli avvocati cassazionisti potranno autenticare le firme per le liste elettorali. Sono esentati dalla raccolta i partiti che si sono formati prima del 15 aprile 2017.
TRENTINO ALTO ADIGE – Il Rosatellum assume quanto votato dalla Camera a giugno con l’ok a scrutinio segreto all’emendamento Fraccaro-Biancofiore: saranno sei i collegi uninominali e cinque proporzionali.

POSSIBILE CANDIDARSI ALL’ESTERO PER CHI RISIEDE IN ITALIA – L’art. 5 prevede anche, dopo l’approvazione venerdì in commissione Affari costituzionali dell’emendamento a firma Lupi ribattezzato ‘salva Verdini’, che “gli elettori residenti in Italia possono essere candidati in una sola ripartizione della circoscrizione estero”.

Pensioni, Consulta: "Giusta rivalutazione degli assegni". Poletti: "Confermata bontà nostra scelta".



La Corte Costituzionale ha ritenuto altresì che il decreto Poletti realizzi "un bilanciamento non irragionevole tra i diritti dei pensionati e le esigenze della finanza pubblica". Una bocciatura sarebbe potuta costare allo Stato circa 30 miliardi di euro.

La Corte costituzionale ha respinto le censure di incostituzionalità sollevate dal decreto Poletti in materia di perequazione delle pensioni. Lo rende noto Palazzo della Consulta. 

Al vaglio della Consulta vi erano questioni di legittimità sollevate da numerosi tribunali e sezioni giurisdizionali della Corte dei Conti sul decreto Poletti, che il governo, allora guidato da Matteo Renzi, varò dopo la sentenza con cui i 'giudici delle leggi' bocciarono, nell'aprile 2015, la norma Fornero che aveva bloccato per gli anni 2012 -2013 la perequazione automatica delle pensioni con importo mensile di tre volte superiore al minimo Inps (circa 1.450 euro lordi). 

Il 'bonus' Poletti, dunque, stabilì una restituzione della rivalutazione, ma non totale per tutti. Il 100% è stato previsto solo per le pensioni fino a 3 volte il minimo Inps, per quelle da 3 a 4 volte fu stabilito il 40%, che scende al 20 per gli assegni superiori di 4-5 volte il minimo, e al 10% per quelli tra 5-6 volte. Chi percepisce una pensione superiore a 6 volte il minimo Inps è stato escluso dalla restituzione. 

Secondo le ordinanze con cui i giudici rimettenti hanno sollevato le questioni di legittimità, il decreto Poletti era in contrasto con i principi costituzionali di proporzionalità e adeguatezza del trattamento previdenziale, inteso come retribuzione differita, espressi dagli articoli 36 e 38 della Costituzione. In alcune ordinanze si lamentava anche la violazione del giudicato costituzionale, in relazione alla sentenza sulla norma Fornero, e la violazione del principio di ragionevolezza. In alcuni dei giudizi, poi, era stata sollevata, congiuntamente o in via subordinata, anche una questione di costituzionalità sulla disposizione, contenuta nella legge di stabilità 2014, con cui, oltre a escludere anche per l'anno 2014 la perequazione per le pensioni di importo superiore a 6 volte il valore minimo, si disciplina il meccanismo di blocco della rivalutazione fino al 2016 (poi prorogato fino al 2018 dalla legge di stabilità 2016 ). Nelle ordinanze di rimessione si sottolineava che questa disciplina, non coordinata con quella dettata nel 2011 e modificata nel 2015, fosse anch'essa in contrasto con i principi espressi dagli articoli 36 e 38 della Costituzione. 

"Bilanciati diritti ed esigenze finanza" 
La Corte Costituzionale ha ritenuto altresì che la "nuova e temporanea disciplina" prevista dal decreto Poletti "diversamente dalle disposizioni del 'Salva Italia' annullate nel 2015", realizza "un bilanciamento non irragionevole tra i diritti dei pensionati e le esigenze della finanza pubblica".  

Una bocciatura del decreto Poletti sarebbe potuta costare allo Stato circa 30 miliardi di euro. Questa, infatti, era la cifra stimata - al netto delle restituzioni già pagate dall'entrata in vigore del decreto del 2015 - dal legale dell'Inps, Luigi Caliulo, a margine dell'udienza di ieri alla Corte Costituzionale. Tale cifra, contenuta nelle memorie che gli avvocati dell'Inps avevano trasmesso alla Consulta, è stata ricavata dalla relazione di accompagnamento al disegno di legge di conversione del decreto Poletti. 

Poletti: la Corte conferma la bontà della nostra scelta.
Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, esprime "soddisfazione" per la sentenza della Corte Costituzionale. "Quando l'abbiamo fatto (il bonus, ndr) eravamo convinti di fare una cosa rispettosa della sentenza che la Corte aveva emesso, dovendo peraltro tenere conto di un altro principio costituzionale che è la tenuta del pareggio di bilancio. Bisognava trovare un equilibrio e se oggi la Corte conferma che la scelta era corretta, non possiamo che esprimere soddisfazione". 

http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Pensioni-la-Consulta-Giusta-la-rivalutazione-degli-assegni-85582c45-9390-47d4-960f-0da150dc7fe9.html