martedì 21 gennaio 2020

RENZI E I MORTI DEL MORANDI. - Viviana Vivarelli.

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Dal rapporto annuale di «Time to care» di Oxfam, risulta che negli ultimi anni la ricchezza dei più ricchi del mondo è enormemente aumentata a scapito dei più poveri la cui miseria è enormemente aumentata. Poco più di 2.000 miliardari hanno una ricchezza superiore al patrimonio di 4,6 miliardi di persone, mentre alla metà più povera della popolazione resta meno dell’1%. Questo non si deve solo alla loro abilità negli affari, ma anche, purtroppo, a politiche scellerate che fanno dei Governi non i tutori dei cittadini ma i complici dei più ricchi.
Nel nostro Paese la disuguaglianza è la più accentuata d'Europa grazie alla politica corrotta e criminale di vari Governi che indifferentemente, da dx a sx, hanno penalizzato i più poveri e sono stati complici dei più ricchi. Ma il vertice di questa deriva iniqua è stato il Governo di Renzi, decisamente ultra liberista e amico di banche, grandi magnati e multinazionali e volto a ridurre i diritti sociali, del lavoro e della democrazia.
Il risultato di questa complicità dei politici più corrotti con i più ricchi del Paese è che 3 miliardari italiani (Ferrero, Del Vecchio e Pessina) possiedono quanto 6 milioni di italiani poveri. Al 14° posto di questa scala di Paperoni c'è la famiglia Benetton.
Nel 1950 fu costituita dall'IRI la Società Autostrade all'interno del piano di ricostruzione post bellica. Nel 1956 fu firmata la prima Convenzione tra ANAS e la Società Autostrade, che prevedeva che la Società Autostrade co-finanziasse con ANAS la costruzione e gestione dell'Autostrada del Sole Milano - Napoli, inaugurata nel 1964.
Nel 1999 l’Iri (Prodi) decise di privatizzare una serie di società tra cui autostrade.
I Benetton la acquistarono a debito con l'aiuto di Prodi, Draghi e D’Alema. Per i Benetton fu un affare d'oro e con un'abile operazione finanziaria l'acquisizione fu per loro a costo zero. Oltre a ciò fu concesso loro di aumentare a piacere i pedaggi ogni anno.
Ricordiamo che in Germania, Austria, Svezia e Regno Unito le autostrade sono dello Stato e sono gratuite, salvo i mezzi pesanti che sono rilevati dal satellite e pagano una quota annuale molto bassa (fino a 87 €. In Svizzera si paga un abbonamento annuo di circa € euro). In Spagna l'80% è gratuito. Ma l'Italia, grazie ai Benetton e al Pd, è tra i Paesi europei con i pedaggi più cari.
Oltre a ciò, mentre in tutti i Paesi che hanno privatizzato le autostrade è stata forte l'opera di controllo dello Stato, in Italia i vari Governi si sono totalmente disinteressati di garantire servizi efficienti e sicuri per il cittadino.
Per i Benetton la privatizzazione fu un vero colpo di fortuna, ma aumentarono altre-sì il patrimonio riducendo via via la manutenzione delle autostrade e aumentando i pedaggi fino alle esosità attuali che non rendono certo più facile la vita degli italiani né rendono più competitiva la nostra economia.
Così i Benetton, che erano partiti con una piccola macchina da maglieria 70 anni fa, sono arrivati al 14°posto tra i più ricchi d'Italia. Hanno più di 64.000 dipendenti, con un fatturato che nel 2017 ha avuto un utile netto di 234 milioni per un patrimonio netto consolidato di 16,7 miliardi. La loro società Atlantia che controlla Autostrade ha avuto un fatturato nel 2018 pari a 11 miliardi per un utile netto di 818 milioni.
Il 14 agosto 2018 il Ponte Morandi crolla facendo 39 morti ma i Benetton non fermano la festa di ferragosto che avevano organizzato coi loro amici a Cortina.
Dopo la tragedia si succedono le inchieste sullo stato di grave degrado di ponti e viadotti con pericolo di rovina. Il nostro patrimonio strutturale è vecchio e obsoleto e un ventennio di abbandono lo ha reso pericoloso e fa temere altre disgrazie. Oggi assistiamo ovunque a crolli e cedimenti. 20 ponti sono a rischio e 18 viadotti sono stati dichiarati pericolosi.
Documenti attestano che la pericolosità del Ponte Morandi era nota sia a Renzi che a Del Rio, i quali non fecero nulla. Già nel 2015 i tecnici dissero con un dossier di 546 pagine che il ponte Morandi era a rischio per un importante cedimento dei giunti e andava chiuso e ristrutturato. I ministri alle infrastrutture nel 2015 erano Lupi, Renzi e Del Rio e, se ci sono stati 49 morti, ciò si deve anche alla loro inettitudine.
A fronte di questa sciagura, i Benetton hanno contrapposto non segni di ravvedimento ma la richiesta esosa di risarcimenti per 23 miliardi per mancati guadagni nel caso che la conduzione delle autostrade passi ad Anas.
Il Governo Conte II ha emanato il decreto Milleproroghe che contiene norme sulla gestione delle autostrade e riduce le eventuali penali a carico dello Stato in caso di revoca della concessione, per cui Benetton non potrebbe usufruire di alcuna somma per mancati guadagni ma riceverebbe dallo Stato solo un rimborso per i lavori fatti (sempre che qualcuno non opponga la non retroattività della legge).
Ma ecco che ad opporsi è proprio Matteo Renzi, che vuole che l'emendamento in questione sia eliminato per favorire ancora una volta i Benetton. Fino all'ultimo Renzi dimostra di fregarsene dei morti.
Eppure ci sono prove evidenti dell'avarizia e dell'avidità dei Benetton: tra il 2009 e il 2018 Autostrade ha dimezzato gli investimenti e aumentato i dividendi così che ai soci andassero 6 miliardi, mentre solo 4 sono stati destinati alla manutenzione, in media 400 milioni l’anno.
Stando ai crolli e ai problemi di sicurezza emersi nell’ultimo anno e mezzo, appare evidente che i gestori non hanno fatto quanto era necessario, fregandosene della sicurezza della gente, ma hanno pensato solo ad aumentare i loro guadagni. E, nel periodo 2000-2017 la spesa media annua cala ulteriormente a 270 milioni.
Malgrado queste evidenze criminali, Renzi ancora li difende.
Alla revoca ai Benetton contrappone l'insinuazione che essa farebbe scappare gli investitori esteri (!). Ma i viadotti che crollano no? Dice anche che una revoca farebbe aumentare la disoccupazione come se Anas non dovesse poi fare quella manutenzione che Autostrade invece non ha fatto!
Il programma di Renzi, totalmente aderente al turboliberismo della Troika prevedeva la graduale privatizzazione di tutti i servizi pubblici con azzeramento dello stato sociale. Ma il crollo del Ponte Morandi e la gestione scellerata dei Benetton hanno provato una volta di più che lo Stato italiano è stato totalmente incapace di controllare quanto aveva privatizzato.
E' stato anche per colpa di questa incuria che Autostrade ha accumulato enormi profitti, e i Governi che dovevano controllarla, in particolare quello di Renzi, non hanno fatto nulla per evitare la degradazione e la sciagura. Se Austrade di Atlantia si è comportata in modo criminale, la stessa responsabilità penale dovrebbe colpire chi doveva controllare per tutelare i cittadini e non lo ha fatto.
Malgrado quanto è successo, nessuno dei Benetton è sotto inchiesta. Renzi prende ancora il 4,5, l'inetto Del Rio è capogruppo Pd alla Camera. Tutto come se niente fosse.
Non solo nessuno ha il minimo rimorso per la tragedia ma hanno anche la faccia di voler difendere chi ci ha marciato.
Che ora Renzi si opponga alla revoca ai Benetton aggiunge crimine a crimine.
Qualunque problema si profili, Renzi sta sempre dalla parte del capitale e contro il cittadino. Qualunque cosa Renzi ha fatto, è stato un disastro quando non anche un crimine. Eppure qualcuno riesce ancora a dargli il 4,5% di preferenze.
Gli sciacalli non muoiono mai.

I reni e il fegato di Marian Rosca, camionista romeno di 36 anni, morto a Genova il 18 agosto per le ferite riportate nel crollo del Ponte Morandi, hanno ridato la vita a tre persone.
Ripartiamo da qui.


https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=826426777822477&id=100013654877344

Silvio Pelvico. - Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano

Coerente come un budino sfatto, tetragono come un sacco vuoto, lineare come un arabesco, Salvini ha deciso – bontà sua – di farsi processare per il presunto sequestro della nave Gregoretti, dopo aver chiesto per due mesi di non essere processato. L’opposto del caso della Diciotti, l’altra nave della Marina Militare italiana bloccata per giorni in un porto italiano: prima voleva essere processato, poi non più. Ora, pretendere un po’ di fermezza da un politico è il minimo. Ma pretenderla da un cazzaro è inutile. Anche perché ha allevato, sui social e in piazza, una genia di cazzari che parlano di tutto con la sua stessa enciclopedica incompetenza. E lo applaudono a prescindere, qualunque cosa dica. “Non processatemi!”: clap clap. “Processatemi!”: clap clap. “Mangio”: clap clap. “Digiuno”: clap clap. Anche le tragedie, appena passano dalla sua bocca, diventano farse. Ma la gente stenta ad accorgersene, perché i media continuano a prenderlo sul serio. E lo farebbero anche se indossasse la divisa da clown, con la pallina rossa sul naso.
Ieri, per dire, s’è paragonato a due arrestati famosi: Giovanni Guareschi e Silvio Pellico (ma voleva dire Pelvico, visto il girovita che si ritrova). E ha annunciato che scriverà Le mie prigioni 2.0. Poi, al verbo “scrivere” applicato a sè medesimo, gli è scappato da ridere: “Farò un nuovo format televisivo”. Come Corona. Naturalmente il rischio che venga arrestato è pari a zero. La custodia cautelare, per un parlamentare, richiede l’autorizzazione del Parlamento (che la negherebbe unanime, per non regalargli altri martirii). E comunque i giudici non l’hanno mai chiesta. Per arrestare uno prima del processo, occorrono, oltre ai gravi indizi di colpevolezza, le esigenze cautelari. Cioè almeno uno dei tre pericoli canonici: fuga all’estero (purtroppo altamente improbabile), inquinamento delle prove (e qui non c’è nulla da inquinare: i fatti, cioè il blocco della Gregoretti nel porto di Augusta, sono avvenuti alla luce del sole, in mondovisione) e reiterazione del reato (impossibile perché l’imputato non è più ministro dell’Interno). Quindi la galera potrebbe toccargli solo in caso di condanna definitiva, per giunta a una pena superiore ai 4 anni: due eventualità leggermente più remote del ritorno di Renzi a Palazzo Chigi, anche se la presenza dell’avvocata Bongiorno come difensore di Salvini potrebbe essergli fatale. E comunque, casomai, se ne parlerebbe tra 8-10 anni, quando nessuno si ricorderà più di quel cazzaro che, per misteriosi motivi, nel 2020 superava il 30% dei consensi. Ma a quel punto ci toccherà proteggerlo dalla furia degli ex leghisti armati di cappi, roncole e monetine.
https://infosannio.wordpress.com/2020/01/21/silvio-pelvico/

La santificazione di Craxi e Pansa è un insulto alla Costituzione repubblicana. - Paolo Flores d’Arcais




La santificazione concomitante e parallela di Bettino Craxi e Giampaolo Pansa segna la vittoria completa di Tangentopoli su Mani Pulite e della Costituzione materiale partitocratico-affaristica sulla Costituzione Repubblicana nata dalla Resistenza antifascista.

In realtà la guerra dell’establishment contro la rivoluzione della legalità tentata da Mani Pulite iniziò quasi subito, quando le tv di Berlusconi, che per un momento avevano svolto un ruolo giornalistico con imparziali cronache di onesta informazione sulle vicende giudiziarie che andavano coinvolgendo l’intero gotha politico e imprenditoriale, diventarono le cannoniere mediatiche della neonata “Forza Italia”, con cui il medesimo Berlusconi si impadroniva di parlamento e governo. Non già l’imprenditore al posto dei politici, come pure si vociferò nel servo encomio, ma il fuorilegge dell’etere locupletato a imprenditore monopolistico da quello stesso Craxi, via “legge Mammì”.

E tuttavia, quella revanche di Tangentopoli contro Mani Pulite, di cui Berlusconi, con Fini e la Lega utili e ricompensati furbi, fu cavaliere e crociato, trovava ostacoli e resistenze, antagonisti e refrattari. Pane per i suoi denti, insomma. Non nella politica, o comunque sempre meno, poiché la speranza dell’Ulivo di Prodi svanì con la nomina del suo Flick a ministro della Giustizia, la cui prima chanson de geste fu mandare ispettori contro il pool di Borrelli. La speranza da allora sopravvisse come illusione.

Ma visse nella società civile che si manifestò e organizzò in modo autonomo, dal popolo dei fax nel maggio 1993 ai Girotondi nel 2002, continuando con “Il popolo viola”, “Se non ora quando” e le manifestazioni contro le leggi bavaglio, avendo sullo sfondo la colonna sonora e visiva delle trasmissioni di Barbato, Biagi, Santoro d’antan (quello di recenti esternazioni è ormai establishment colato), e anche la parte migliore della carta stampata, con “la Repubblica” spesso punta di diamante del giornalismo-giornalismo, e intellettuali che non temevano di mettere a repentaglio notorietà e privilegi prendendo posizione in quelle lotte, e spesso promuovendole, Bobbio, Galante Garrone, Sylos Labini, Pizzorusso, Giolitti, Visalberghi, Laterza, (nel 1994 per l’ineleggibilità di Berlusconi) Camilleri, Tabucchi, Margherita Hack, Dario Fo, Franca Rame...

Oggi di tanta passione civile, che nel “Resistere, resistere, resistere!” di Francesco Saverio Borrelli all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2002 trovò la sua più alta e quasi unica manifestazione istituzionale, non resta quasi più nulla. E la figlia di Bettino annuncia addirittura che il presidente della Repubblica troverà il modo di mettere il suo sigillo alla santificazione del criminale morto latitante venti anni fa. Perché di questo, secondo l’ordinamento costituzionale, si tratta. Bettino Craxi è stato condannato con sentenze definitive. Sulla base di leggi da lui stesso volute o mantenute, visto che era membro eminentissimo del potere legislativo (oltre che esecutivo). Ma pretendeva che lui e i suoi pari o colleghi, i politici insomma, fossero legibus soluti, potessero violare le leggi che essi stessi facevano e alla cui obbedienza erano invece tenuti i cittadini comuni.

E infatti, nel famoso discorso in parlamento del 3 luglio 1992, Craxi non negò affatto, anzi affermò tonitruante, che nel finanziamento dei partiti esistesse “uno stato di cose che suscita la più viva indignazione, legittimando un vero e proprio allarme sociale e ponendo l’urgenza di una rete di contrasto che riesca ad operare con rapidità e con efficacia. I casi sono della più diversa natura, spesso confinano con il racket malavitoso, e talvolta si presentano con caratteri particolarmente odiosi di immoralità e asocialità”.

La sua difesa fu solo che “tutti sanno”.
Tutti sanno “che buona parte del finanziamento politico è irregolare o illegale”. Questi “tutti” non sono naturalmente i cittadini, ma i politici, per cui il discorso di Craxi non approda alla sua logica conseguenza, secondo legge e democrazia: se nessuna “possa alzarsi e pronunciare un giuramento in senso contrario a quanto affermo” allora “gran parte del sistema sarebbe un sistema criminale”, e perciò tutti a casa e una nuova classe dirigente. Bensì, contro logica e democrazia: se tutti criminali nessun criminale, e insomma tutti impuniti, legibus soluti, appunto: tarallucci e vino.

Craxi, condannato, poteva da malato venire a farsi curare in Italia. Anche da detenuto non gli sarebbero certo state negate le cure migliori. Ma Craxi pretendeva di essere al di sopra di quella condanna, di essere al di sopra di ciò che come Potere legislativo aveva statuito, perché risibile era stato il tentativo di negare nel processo che gli addebiti fattuali contestatigli non fossero provati. Craxi fu condannato per una mole di prove, testimonianze, riscontri. Per aver commesso quelli che egli stesso, come potere legislativo, aveva qualificato come crimini.

Definire Craxi un criminale acclarato, morto latitante, è semplice descrizione fattuale, se si prende sul serio l’edificio costituzionale che ci rende con-cittadini. Se questa definizione è considerata calunniosa, ingiuriosa, o nel migliore dei casi “obsoleta” e da superare perché divisiva e ingenerosa, è solo perché Mani Pulite (e i pool antimafia) e le macchie di leopardo di magistratura che ancora ne onorano l’esempio, è stato e resta il vero nemico assoluto e l’unica bestia nera dell’establishment (di cui Salvini, che detesta i magistrati-magistrati, è infatti lo Scherano).

Chi oggi vuole santificare Craxi, o semplicemente si rassegna a una riabilitazione, nega la validità dell’ordinamento costituzionale che ha portato alla sua condanna, vuole più che mai due giustizie, una per i cittadini comuni e una per i potenti o “eccellenti”. Vuole che la Costituzione materiale, che ha imperversato sempre più a iniziare dal giorno dopo la promulgazione della Costituzione, faccia aggio fino a cancellarla sulla Costituzione repubblicana approvata il 22 dicembre 1947 da una delle migliori Assemblee rappresentative che le democrazie dell’intero pianeta abbiano mai conosciuto nella loro intera storia.

Quella Costituzione, che dovrebbe ancora essere la nostra, manifesta quasi ad ogni articolo (tranne il famigerato numero 7) il DNA della Resistenza antifascista e dei suoi valori unitari. La Resistenza antifascista è perciò la fonte storica di legittimità della nostra democrazia, la Grundnorm in senso kelseniano, senza la quale viene meno l’intero edificio giuridico del nostro vivere insieme, dello Stato, della Patria.

Contro questa legittimazione storica e morale Pansa ha versato il suo inchiostro da quando ha visto frustrate le sue ambizioni di direzione nel gruppo Repubblica/Espresso (lo adombra con elegante veleno Eugenio Scalfari, con inoppugnabili rimembranze dirette, ricordando Pansa il giorno dopo la morte, ma era vox populi, vox dei). Questo ingaglioffirsi di Pansa ad aedo degli odiatori della Resistenza è stato analizzato e stigmatizzato lucidamente sul sito di MicroMega da Tomaso Montanari, guadagnandosi ovvie sbrodolate d’insulto dal mainstream mediatico, anche con onore di prima pagina, di questi tempi oscuri di revisionismo storico e impalpabilità morale. MicroMega del resto aveva già dettagliatamente ricostruito il carattere falsificatorio e propagandistico dei libri di Pansa contro la Resistenza pubblicando nel gennaio del 2010 un ampio saggio di Angelo d’Orsi. Ne aveva del resto già scritto Sergio Luzzatto sul “Corriere della sera” quattro anni prima [“Perché queste tonnellate di carta copiativa trovano ogni volta un ampio pubblico di lettori, o quanto meno un ampio mercato di acquirenti? … il profilo merceologico del cliente di Pansa coincida con quello del cliente dei volumi di storia di Bruno Vespa (un giornalista che pure, in confronto a Pansa, torreggia come un gigante della storiografia). È un cliente che non sa distinguere fra chi ha credito scientifico e chi non ce l’ha, e per il quale il gesto di comprare un libro prolunga il gesto di fare zapping sul telecomando”], ne aveva puntualmente scritto Giorgio Bocca cui si deve uno dei libri più belli sulla Resistenza, e che prima di scriverne l’aveva fatta, e la lista potrebbe essere per fortuna assai lunga.

Una fortuna che riguarda il passato. Oggi di onestà intellettuale e rigore storico rimangono sempre più solo lacerti. E della passione civile che da Mani Pulite fino ai Girotondi e oltre ha preso sul serio la Costituzione repubblicana restano solo casematte di resistenza. Sarebbe bello pensare che le Sardine annuncino un risveglio di democrazia, capace di mettere di nuovo in mora santificazioni di Craxi, Pansa e consimili degenerazioni etico-politiche, e magari addirittura riaprire una stagione di lotte per giustizia-e-libertà. Staremo a vedere, nel senso che per parte nostra faremo il possibile.

http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-santificazione-di-craxi-e-pansa-e-un-insulto-alla-costituzione-repubblicana/


Matteo Salvini, questo strano ed inquietante individuo.
















Dopo aver invitato i suoi a votare per farlo andare al processo, promuove, o lo fa fare a qualcun altro per lui, la campagna #digiunoperSalvini perchè rischia la galera per aver difeso la patria.

Per aver difeso la patria da chi?
Da poveri immigrati che scappano dalle guerre e dalle dittature?

E chiede che si faccia il #digiuno per protestare contro un processo che non ha ricusato di sua propria volontà?
Lui che mangia e beve a quattro ganasce?
Ma siamo matti?



Se la suonano e se la cantano. - Massimo Erbetti


Se la suonano e se la cantano, insomma creano una situazione spiacevole per loro stessi e poi si lamenteranno delle conseguenze, il tutto con il solo scopo di fare le vittime, insomma fanno tutto da soli, a quale scopo? 
In Emilia i sondaggi vanno male, la Borgonzoni è la scelta peggiore che potessero fare, fa una gaffe dopo l'altra, promette in caso di vincita di fare cose che già esistono da almeno 15 anni, è così tanto impresentabile che neanche ai comizi la portano, riesce addirittura a perdere un sondaggio lanciato sulla propria pagina, insomma una scelta infelice, ma ormai la frittata è fatta e siccome le elezioni in Emilia sono, per il volere del leader, un referendum per la tenuta del governo, se dovesse perdere le cose per lui si metteranno veramente male... 
L'altro Matteo insegna... Solo un paio di mesi fa il tizio dichiarava riferendosi al caso Gregoretti: "La magistratura italiana butta soldi e tempo a perseguire me che ho agito nel pieno interesse del Paese sulla scorta di accordi internazionali e non persegue chi davvero delinque".
Poi il cambio di rotta "dirò ai miei di votare per farmi andare a processo"... Perché logicamente lui comanda, lui decide, lui ha pieni poteri ed è lui che decide cosa devono fare i suoi, non si leggono le carte, non si valuta la situazione, si fa solo quello che serve al tizio e il tizio ora ha bisogno di riconquistare la scena, deve far parlare di lui, altrimenti è finito e lo sa bene, molto bene. 

Però stavolta ha fatto male i suoi conti, la maggioranza diserta la seduta e il voto per mandarlo a processo è solo quello dei suoi...se la suonano e se la cantano...ma qualcosa sta cambiando e la canzone che stanno cantando e suonando non arriverà ai vertici delle classifiche...e noi non possiamo che esserne felici.

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Le vernici che mangiano inquinanti e riscaldano le case.



Applicare una mano di vernice sulle pareti di una casa potrebbe presto aiutare a riscaldarla, risparmiando energia e riducendo le emissioni di CO2. Potrebbe anche pulire l’aria che respiriamo, abbattendo sostanze chimiche e inquinanti ed eliminando agenti patogeni dannosi.

In Europa, metà del consumo energetico annuo delle città è destinato al riscaldamento e al raffreddamento. Nonostante il passaggio dell’UE verso la decarbonizzazione, il 75% del riscaldamento e del raffreddamento proviene da combustibili fossili, mentre solo il 19% è generato da energia rinnovabile .

“Le energie rinnovabili non sono ampiamente utilizzate e si spreca molta energia”, ha affermato il professor Dmitry Shchukin dell’Università di Liverpool, nel Regno Unito.

Per questo ha sviluppato una vernice termoregolante in grado di assorbire e rilasciare calore all’interno degli edifici in mattoni, mantenendo le stanze calde quando necessario utilizzando l’energia in eccesso.

“L’idea principale era quella di ristrutturare vecchie case con tali vernici”, ha detto il prof. Shchukin. “Se hai una vecchia casa storica, ad esempio, non puoi distruggerla e costruirne una nuova. Gli edifici sono i maggiori consumatori di energia. La maggior parte sono vecchi e inefficienti dal punto di vista energetico e sono responsabili di circa il 40% del consumo totale di energia e del 36% delle emissioni di anidride carbonica (CO2) nell’UE”.

La vernice, che è stata sviluppata nell’ambito di un progetto chiamato ENERPAINT, potrebbe essere usata come una forma di isolamento per aumentare l’efficienza energetica delle vecchie case senza spendere una fortuna. Durante il giorno, raccoglie il calore prodotto dai radiatori o persino dalle persone, quindi lo rilascia durante la notte quando le temperature scendono perché le caldaie vengono solitamente spente per risparmiare sulle bollette.

“Funziona in modo molto semplice”, ha detto il prof. Shchukin. “I produttori di vernici e rivestimenti hanno le proprie vernici e noi forniamo solo alcuni additivi – circa il 5% – alla vernice. Questi additivi sono i cosiddetti materiali a cambiamento di fase (PCM), come paraffine, idrati di sale e acidi grassi, racchiusi in capsule protettive di dimensioni nanometriche che migliorano il trasferimento di calore. I PCM possono immagazzinare grandi quantità di energia termica e cambiare stato – da solido a liquido e viceversa – senza alterare la propria temperatura. Durante il giorno, quando queste nanocapsule di energia assorbono e immagazzinano il calore alla loro temperatura di fusione, i PCM si trasformano in liquidi e durante le notti fredde si cristallizzano a una temperatura definita, rilasciando calore e riscaldando l’ambiente”, spiega il Prof. Shchukin.

Le aziende europee, cinesi e russe stanno mostrando interesse per questa innovativa ricerca e  ora spera di realizzare nanocapsule per vernici che possano aiutare a raffreddare gli edifici.

Un altro tipo di vernice sviluppata e commercializzata, chiamata Airlite, utilizza nanoparticelle per purificare l’aria. Queste vernici possono ridurre le sostanze inquinanti, come il biossido di azoto, uccidere batteri, virus e muffe, rimuovere i cattivi odori e respingere polvere e sporco.

La vernice Airlite, realizzata dalla start up italiana Advanced Materials, è stata testata per la prima volta nel 2007 nel Traforo Umberto I a Roma. Dopo aver pulito il tunnel e aver rimosso tutta la fuliggine e lo sporco, è stato dipinto con una mano di vernice neutralizzante inquinante. Sono state installate luci UV per attivare le proprietà fotocatalitiche della vernice.

“I livelli di inquinamento si sono ridotti nel tunnel dopo il rinnovamento”, ha affermato Leighton di AM. Ad esempio, un mese dopo i lavori di ristrutturazione, i livelli di ossido di azoto si erano ridotti del 20% al centro del tunnel . Da allora la vernice è stata utilizzata in ospedali, scuole, aeroporti, uffici e case in tutto il mondo.

L’anno scorso, 21 artisti di strada hanno utilizzato questa vernice per creare il primo murale europeo che consuma inquinamento, che si estende su 100 mq di un edificio di sette piani a Roma.



http://www.beppegrillo.it/le-vernici-che-mangiano-inquinanti-e-riscaldano-le-case/?fbclid=IwAR0FYn8_sYEt-gxmu9x0vftNsUZxw7wi5jo55Wt7he9WyucXUaiwYyH8CyY
Beppe è sempre all'avanguardia su tutto.
Ricordo che tanti anni fa, quando approcciai il suo blog, incominciai a sentir parlare di ecosistema e dei danni che stavamo causando al pianeta.
Ma era un comico e nessuno gli dette importanza.

Cetta

lunedì 20 gennaio 2020

Cara Meloni, cosa ha fatto per l’Italia? - Luisella Costamagna

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Cara Giorgia Meloni, l’altra sera da Mario Giordano ho registrato per lei una domanda Fuori dal Coro, che diceva testualmente: “Il Times l’ha inserita tra le 20 persone che cambieranno il mondo. Per il futuro, vedremo. Ma per il passato, essendo lei in politica da un quarto di secolo, anche con ruoli importanti di governo e istituzionali – ministro, vicepresidente della Camera, deputata – com’è che, in tutto questo tempo, non dico il mondo, ma almeno un po’ l’Italia non è riuscita a cambiarla?”. Nella sua risposta – al di là dell’esordio ironico “Mi vuole un gran bene Luisella Costamagna… da sempre” – ha rivendicato quanto fatto da ministro della Gioventù, “il massimo con cui mi sono potuta misurare”, “per il resto sono sempre stata all’opposizione e pure da lì qualche cosuccia sono riuscita a portarla a casa, tipo i seggiolini Salva Bebè, approvati dal Parlamento in questa legislatura”. Applausi del pubblico.
Cara Meloni, tanto tengo a lei e alla sua (ir)resistibile ascesa (FdI oltre il 10% nei sondaggi), che non posso fare a meno di sopperire alla sua umiltà ricordando che lei di cose ne ha fatte eccome. Già, perché in questi 25 anni di carriera politica, in cui ha polverizzato tutti i record di ruoli ricoperti in giovane età, non è “sempre stata all’opposizione”, anzi, è stata a lungo al governo con Berlusconi e la Lega, votando le leggi ad personam (Lodo Alfano, legittimo impedimento…), le misure economiche e fiscali che ci rendono il “paradiso” che siamo oggi, su su fino all’epocale Ruby nipote di Mubarak. Da donna avrà agito in buona fede: non in difesa di Berlusconi (certo che no!), bensì della giovane marocchina e del suo sogno di avere radici certe. Era il 2011, di lì a poco – dopo un’estate più che sprint, spread – Berlusconi si dimise e nacque il governo Monti. E lei? Pancia a terra, da grande lavoratrice qual è, a sostenerlo e votare i provvedimenti Salva Italia cui il suo ex governo ci aveva costretti (e su cui ora lei dà battaglia): la legge Fornero, il ritorno della tassa sulla prima casa (Imu), l’abbassamento del tetto sull’uso del contante. Pure il Fondo Salva-Stati, che adesso la manda in “Bestia” sui social con Salvini, fu istituito dal governo in loden che lei (non la Lega) appoggiava. E pure sull’odiato Fiscal Compact, imposto dall’Europa matrigna, invece di dire no preferì non partecipare al voto.
Su una cosa, va riconosciuto, ha tenuto il punto: il taglio dei costi della politica. Almeno dei parlamentari, visto che ha votato sì e non ha firmato per il referendum. Non si può dire altrettanto, invece, dell’abolizione delle Province: la “nuova” Meloni oggi condivide l’insofferenza popolare verso i “carrozzoni”, ma la “vecchia” votò nel 2011 contro la soppressione delle Province in Costituzione.
Cara Meloni, per tornare alla mia domanda iniziale, lei sicuramente più che “stella nascente”, come l’ha definita il Times, è “già nata” parecchi anni fa (quelli so’ inglesi e nun ricordano). Ma “stella” del firmamento della politica italiana resta comunque. Per farla brillare ancora di più in futuro, ci permettiamo solo due consigli: 
1) faccia i conti col suo passato, invece di puntare sulle dimenticanze sue e degli italiani; 
2) combatta anche doppi incarichi e assenteismo: c’è ad esempio una deputata, leader di partito, che non lascia la poltrona di consigliere comunale a Roma, anche se va poco sia all’Assemblea Capitolina (solo 6 sedute su 60 nel 2019) sia alla Camera (assente al 71% delle votazioni in questa legislatura, sestultima in classifica). In compenso impazza in tv. 
La conosce?
Un cordiale saluto.