sabato 30 novembre 2024

Avvistati tre "mostri galattici" nell'Universo primordiale che potrebbero mettere tutto in discussione. - Nicoletta Fersini

 

Il James Webb Space Telescope (JWST) continua a indagare le galassie formatesi già nei primi miliardi di storia cosmica. Parliamo in particolare del progetto Fresco, che analizza sistematicamente un campione di Elg (emission line galaxies), quindi galassie con forti righe di emissione nei loro spettri. In base a queste, i ricercatori sono in grado di valutare la loro distanza e la quantità di stelle in esse contenute. Il risultato? Tre di queste – i “Mostri Rossi” – si sono distinte per il loro contenuto stellare, mettendo così in discussione i modelli di formazione delle galassie: la formazione stellare nell’Universo primordiale sarebbe molto più efficiente di quanto pensassimo.

Il nuovo studio.

I risultati della ricerca sono stati pubblicati nell’articolo Accelerated formation of ultra-massive galaxies in the first billion years, sulla rivista Nature, lo scorso 13 novembre e si riferiscono al lavoro di un team internazionale di esperti guidato dall’Università di Ginevra.

“Recenti osservazioni del James Webb Space Telescope (JWST) hanno rivelato un’inaspettata abbondanza di galassie massicce candidate nell’Universo primordiale – si legge nell’abstract -, che si estendono ulteriormente nello spostamento verso il rosso e a una luminosità inferiore rispetto a quanto precedentemente trovato dalle indagini submillimetriche”. L’abstract prosegue spiegando che gli studi su questi “candidati” finora si erano basati principalmente su “dati ultravioletti del frame di riposo”, mancando quindi i “dati spettroscopici” per confermare lo spostamento verso il rosso.

I tre “Mostri Rossi” nell’Universo primordiale.

Lo studio si riferisce in particolare a 36 galassie massicce, nell’ambito del progetto Fresco del JWST. Ci si aspettava che nel primo miliardo di anni dopo il Big Bang vi fossero solo galassie giovani e piccole, eppure alcune di quelle appena scoperte sembrano diverse, più grandi e “mature”. Tre di queste, in particolare, sono state ribattezzate “Mostri Rossi” per via dell’elevato contenuto di polvere e del conseguente colore rossastro che assumono nelle immagini del James Webb e hanno una massa simile alla nostra Via Lattea.

I ricercatori hanno notato una efficienza quasi doppia rispetto di successiva formazione per quanto concerne il contenuto stellare. Qualcosa di inaspettato, dunque, che non ribalta del tutto le teorie cosmologiche standard (in particolare il modello Lambda Cold Dark Matter) ma comunque pone nuovi interrogativi sull’Universo primordiale.

“Trovare tre bestie così massicce nel campione rappresenta un bel rompicapo. Molti processi nell’evoluzione delle galassie tendono a introdurre una fase che limita l’efficienza con cui il gas può convertirsi in stelle, ma in qualche modo questi mostri rossi sembrano aver eluso rapidamente la maggior parte di questi ostacoli”, ha affermato Stijn Wuyts dell’Università di Bath. Come spiega Maura Sandri su Media Inaf, “finora si riteneva che tutte le galassie si fossero formate gradualmente all’interno di grandi aloni di materia oscura, in grado di catturare gas (atomi e molecole) in strutture legate dalla gravità” e che “al massimo il 20% di questo gas viene trasformato in stelle“. I tre “mostri rossi”, invece, ci dicono che le galassie massicce nell’Universo primordiale “potrebbero essere cresciute in modo molto più rapido ed efficiente”.

“Quando studieremo queste galassie in modo più approfondito, esse offriranno nuovi spunti di riflessione sulle condizioni che hanno plasmato le prime epoche dell’Universo. I ‘Mostri Rossi ‘sono solo l’inizio di una nuova era nella nostra esplorazione dell’Universo primordiale, ha affermato l’autore principale dello studio Mengyuan Xiao.


Fonte fotoMedia Inaf - Immagine Jwst dei tre Mostri Rossi. Crediti: Nasa/Csa/Esa, M. Xiao & P. A. Oesch (Università di Ginevra), G. Brammer (Istituto Niels Bohr), Archivio Dawn Jwst


https://tecnologia.libero.it/avvistati-tre-mostri-rossi-universo-primordiale-95645

mercoledì 27 novembre 2024

Omochiralità.

 

Con il termine omochiralità ci si riferisce, in chimica, a un gruppo di molecole non necessariamente uguali, ma con la stessa configurazione assoluta (R o S). In biologia alcune molecole costituenti gli esseri viventi sono omochirali. Praticamente tutti gli amminoacidi hanno configurazione L e tutti i carboidrati biologicamente rilevanti hanno configurazioni D.

L'origine dell'omogeneità chirale in natura non è ancora chiara come non è ancora chiaro se la vita avrebbe potuto evolversi nello stesso modo qualora al posto degli stereoisomeri presenti ci fossero state le loro immagini speculari, ad esempio se tutti gli amminoacidi fossero stati D e non L. In ogni caso, le strutture tridimensionali di macromolecole complesse, come le proteine, non potrebbero formarsi partendo dal racemo e non dagli amminoacidi otticamente puri. È stato dimostrato sperimentalmente che gli amminoacidi riescono a formare meglio aggregati partendo da substrati enantiopuri piuttosto che partendo da racemi.

Si pensa che l'origine dell'omochiralità sia avvenuta in tre passaggi sequenziali: una rottura della simmetria, che crea un piccolo eccesso enantiomerico, una amplificazione, in cui si ha un arricchimento di molecole di una data configurazione, e una trasmissione, in cui l'eccesso enantiomerico interagendo con altre molecole genera stereoselettivamente altre molecole chirali.

https://it.wikipedia.org/wiki/Omochiralit%C3%A0

martedì 26 novembre 2024

Solidarietà, collaborazione.


Penso che: se magistratura, politica e Corte Costituzionale, invece di contrastarsi, lavorassero assieme, tutto andrebbe al suo posto e tutto funzionerebbe molto meglio!

Solidarietà e collaborazione sono le uniche armi che l'uomo possiede per amministrare bene e produrre progresso economico e sociale.

cetta

L’autonomia differenziata dopo la sentenza della Corte costituzionale. - Enzo Di Salvatore

 

Cosa accadrà al referendum contro l’Autonomia differenziata? Come interverrà il Parlamento? In attesa della pubblicazione delle motivazioni alla base della sentenza della Corte Costituzionale del 14 novembre, una cosa si può dire con certezza: la Corte ha voluto confermare, una volta per tutte, che l’autonomia riveste un ruolo essenziale ma non al punto di minare l’unità della Repubblica, la solidarietà tra le Regioni, l’eguaglianza tra i cittadini e la garanzia dei diritti fondamentali delle persone.

La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità di alcune disposizioni della legge Calderoli, rendendo, di fatto, inapplicabile la legge nella sua interezza. E questo comporta che il Parlamento debba ora intervenire di nuovo, sostituendo le disposizioni dichiarate illegittime con altre disposizioni, che siano conformi a quanto stabilito dalla Corte. Non solo: essa ha anche precisato che molte altre disposizioni della legge devono essere interpretate in un certo modo e non in un altro, pena l’illegittimità anche di queste. Il punto, in estrema sintesi, è il seguente: la legge Calderoli vorrebbe fare dell’autonomia differenziata un’autonomia speciale, consentendo che ciascuna Regione possa far man bassa (interamente) di tutte le materie elencate all’art. 117 Cost. (tranne quelle espressamente escluse); e questo non sarebbe possibile.
D’altra parte, se la specialità è considerata al primo comma dell’art. 116 Cost. (e riguarda solo le cinque Regioni ivi elencate), mentre la differenziazione è disciplinata al terzo comma dello stesso art. 116 Cost., ciò vuol dire che specialità e differenziazione non sono la stessa cosa: per rendere speciali le altre quindici Regioni (Abruzzo, Marche, Lazio, ecc.) non sarebbe sufficiente una legge ordinaria, ma occorrerebbe una legge di revisione dell’art. 116 Cost. Ragion per cui, non ha senso che parte della classe politica continui a capovolgere la lettura della pronuncia e a ripetere che i giudici costituzionali abbiano inteso confermare la bontà della differenziazione in sé e che, pertanto, sia ora sufficiente apportare qualche ritocco qua e là alla legge. Esattamente il contrario: tra quanto stabilisce la Costituzione e quanto vorrebbe la legge Calderoli la distanza resta profonda. Vero è che il Parlamento per poter intervenire dovrà attendere necessariamente che la sentenza della Corte sia pubblicata e così pure i commentatori per dare della stessa un giudizio più approfondito. Il comunicato stampa ci fa sapere che quella legge è illegittima e ci dice anche perché, ma non ci dice quale sia stato il ragionamento seguito dalla Corte. Per esempio, non è chiaro come la Corte sia arrivata a stabilire che la legge Calderoli, nell’affidare al governo la determinazione dei LEP, sia priva di idonei criteri direttivi e che per questa parte essa limiterebbe «il ruolo costituzionale del Parlamento»: non è chiaro, cioè, in che modo questo rilievo si colleghi all’interesse delle Regioni ricorrenti e alla lamentata invasione della competenza regionale da parte dello Stato. 

Quello che, tuttavia, l’opinione pubblica si chiede ora è cosa accadrà con il referendum: si terrà? non si terrà? Anche in questo caso occorrerà attendere e vedere cosa stabilirà l’Ufficio centrale per il referendum (presso la Corte di Cassazione). Sempreché i quesiti proposti siano ammissibili in sé, l’Ufficio centrale, infatti, dovrà stabilire se, a seguito della sentenza della Corte costituzionale, il referendum sia, per così dire, ancora attuale e conforme all’obiettivo perseguito dai promotori: nel caso del quesito referendario di abrogazione parziale della legge, l’Ufficio dovrà verificare se le disposizioni oggetto del referendum siano state dichiarate illegittime; nel qual caso dichiarerà che le operazioni relative non avranno più corso (art. 39, legge n. 352 del 1970); nel caso dei quesiti referendari di abrogazione totale della legge, il discorso si fa, invece, più complicato. In via di principio (e, come si diceva, a condizione che l’abrogazione totale della legge sia ammissibile in sé), non vi sarebbero problemi a consentire che il referendum si celebri comunque, poiché se la sentenza della Corte si muove sul piano della legittimità della legge, l’abrogazione referendaria prescinderebbe da ciò: l’obiettivo dei promotori è quello di abrogare la legge nel significato politico che esprime e non già perché essa sia presumibilmente illegittima.

Ma il problema è proprio questo: dalla proposta di abrogazione totale non è possibile ricavare un significato politico univoco e, dopo la pronuncia della Corte, quel significato potrebbe anche essere mutato: tanto più alla luce dell’interpretazione costituzionalmente orientata fornita dalla Corte. Quello che al momento sappiamo – e che la Corte una volta per tutte ha voluto confermare – è che entro la forma di Stato italiana l’autonomia gioca certo un ruolo essenziale, ma non al punto da porre a repentaglio l’unità della Repubblica, la solidarietà tra le Regioni, l’eguaglianza tra i cittadini e la garanzia dei diritti fondamentali delle persone. Non è molto, si dirà, ma non è neppure pochissimo.

Professore ordinario di Diritto costituzionale Università degli studi di Teramo. Ha scritto su diritto dell’ambiente, federalismo, Unione europea.

È direttore del Centro di ricerca “Transizione ecologica, sostenibilità e sfide globali” presso l’Università degli Studi di Teramo e Presidente del corso di laurea in diritto dell’ambiente e dell’energia presso la stessa Università.


https://www.libertaegiustizia.it/2024/11/23/lautonomia-differenziata-dopo-la-sentenza-della-corte-costituzionale/



La politica, molto spesso, legifera senza consultare Costituzione e leggi varate in precedenza dai propri predecessori.

cetta

Se il Potere non gradisce i magistrati. - Domenico Gallo

 

Lunedì in Consiglio dei ministri  arriva la norma che prevede azioni disciplinari per i magistrati che prendono posizioni pubbliche su un argomento di cui si occupano o di cui si occuperanno.

“Elon Musk ha ragione, toghe rosse andatevene”. È il testo di uno striscione esposto nella notte tra il 19 e il 20 novembre di fronte ai tribunali di Firenze, Prato, Lucca e Pistoia. Sono note le reazioni furiose seguite ai provvedimenti della magistratura che non hanno convalidato il ricorso alla procedura accelerata di frontiera adottata nei confronti di alcuni richiedenti asilo, provenienti da paesi strumentalmente dichiarati sicuri, facendo naufragare nel ridicolo il c.d. modello Albania, di cui questo Governo ha menato gran vanto. A ben vedere l’aggressione politica e mediatica nei confronti dei giudici esprime l’insofferenza di questo potere politico nei confronti del controllo di legalità e ne smaschera la pulsione autoritaria. Quanto sia profonda quest’insofferenza ce lo dimostra il fatto che adesso si scatena la piazza contro i Tribunali.

Se l’aggressione contro i giudici del Tribunale di Roma e Bologna è una reazione irritata per provvedimenti giurisdizionali sgraditi, che hanno dato torto al Ministero dell’interno, l’intimidazione nei confronti della magistratura non si ferma qui. Molto più grave è l’aggressione portata nei confronti del procuratore della Repubblica aggiunto di Reggio Calabria, Stefano Musolino, segretario di Magistratura Democratica. Due Consigliere laiche del CSM, Isabella Bertolini (FI) e Claudia Eccher (Lega) hanno presentato un esposto, chiedendo l’apertura di una pratica per il trasferimento d’ufficio, muovendo a Musolino l’accusa di aver partecipato a un dibattito «avente una spiccata connotazione antigovernativa» con affermazioni «di contenuto politico». L’esposto è stato inviato anche alla Procura Generale della Cassazione sollecitando l’avvio di un procedimento disciplinare a carico del magistrato, reo di aver criticato il ddl sicurezza in un dibattito pubblico. Il fatto che un tale esposto non abbia alcun fondamento giuridico e sia destinato ad essere cestinato, non rende, per questo, l’iniziativa meno insidiosa. Dal punto di vista politico si tratta di una arrogante  pretesa di “obbedienza” al governo rivolta al corpo dei magistrati, impedendo loro ogni forma di dissenso.

In passato questa aspirazione a mettere in riga i magistrati aveva trovato compiuta realizzazione con la legge 24 dicembre 1925 n. 2300, che consentiva al Governo di dispensare dal servizio quei funzionari pubblici che: «per ragioni di manifestazioni compiute in ufficio o fuori di ufficio non diano piena garanzia di un fedele adempimento dei loro doveri o si pongono in condizioni di incompatibilità con le generali direttive politiche del governo». A ben vedere sembra trattarsi delle stesse censure sollevate da Bertolini ed Eccher nei confronti di Musolino. Senonché quelle censure sono cadute insieme a quel regime politico che le aveva generate. Una delle prime conseguenze della caduta del regime fascista fu la revoca del bavaglio imposto ai magistrati. Con la circolare 6 giugno 1944, n.285, il liberale Arangio Ruiz, Ministro di grazia e giustizia, restituì ai magistrati il diritto di esprimersi liberamente e di partecipare alla vita politica: «ho deciso di rimuovere il divieto che impediva al personale della magistratura e degli uffici giudiziari la pubblica professione della fede politica di ciascuno. Persuaso che nella presente situazione dell’Italia e nella perdurante necessità di difendere la libertà riconquistata, dopo così dure prove, la partecipazione alla vita politica sia un dovere civico, penso che sarebbe per i funzionari dell’ordine giudiziario un privilegio odioso il contrastare loro l’adempimento di questo dovere, limitando “a priori” nei loro riguardi l’esercizio dei diritti politici al semplice atto del dare il proprio voto nelle elezioni». 
La direttiva del Guardasigilli liberale Arangio Ruiz, fu confermata, l’anno successivo, dal Guardasigilli comunista Palmiro Togliatti che, con la circolare del 18 agosto 1945, ribadì la libertà dei magistrati di partecipare alla vita politica. Adesso quel ciclo, apertosi con il ritorno alla democrazia liberale, rischia di chiudersi sotto le raffiche di vento di coloro che vogliono riscrivere la Storia.

Ritornano di attualità le parole di Fabrizio De André: «Ascolta/ una volta un giudice come me/ giudicò chi gli aveva dettato la legge:/ prima cambiarono il giudice/ e subito dopo/la legge».

Magistrato, giudice della Corte di Cassazione. Eletto senatore nel 1994, ha svolto le funzioni di Segretario della Commissione Difesa nell’arco della XII legislatura, interessandosi anche di affari esteri, in particolare del conflitto nella ex Jugoslavia.


https://www.libertaegiustizia.it/2024/11/23/se-il-potere-non-gradisce-i-magistrati/

giovedì 21 novembre 2024

Uova rosa: tutto quello che c'è da sapere sulla lumaca mela. - Hasan Jasim

 

Se hai notato nel tuo giardino dei grappoli di uova rosa brillante, a prima vista potrebbero sembrare innocue, ma non lasciarti ingannare.

Queste uova dai colori vivaci appartengono alla specie invasiva della lumaca mela, una specie pericolosa che rappresenta una grave minaccia per gli ecosistemi locali.

Originarie del Sud America, le lumache di mele si sono diffuse in tutto il mondo, causando danni a piante, raccolti e habitat naturali. Continua a leggere per scoprire perché queste lumache sono una preoccupazione crescente e come possono avere un impatto sul tuo ambiente.

Le lumache di mela sono piuttosto popolari negli acquari, in particolare specie come Pomacea bridgesii e Pomacea diffusa. Le persone le amano perché, a differenza della maggior parte delle lumache, non sgranocchiano le piante nella vasca.

Sono anche popolari negli acquari per il loro aspetto e le loro dimensioni unici. Alcune specie possono persino crescere fino a 6 pollici (15 cm), circa le dimensioni di una palla da baseball o di un pugno umano, rendendole una delle lumache d'acqua dolce più grandi al mondo. 

Alcune persone le chiamano anche lumache misteriose o lumache di mela con la punta a punta. Sono disponibili in una varietà di colori, tra cui marrone, albino, giallo, blu, viola, rosa e giada, e talvolta presentano interessanti motivi a bande.

Ma nonostante siano un successo nel mondo degli acquari, alcune specie di chiocciole mela sono in realtà considerate infestanti in natura, dove possono rovinare piante e raccolti. È interessante notare che in alcuni posti le chiocciole mela vengono addirittura mangiate e trattate come una prelibatezza.

Perché le lumache di mele sono così invasive?

Riconosciute come una delle 100 peggiori specie invasive a livello mondiale, le lumache di mele hanno il potenziale per devastare gli ecosistemi locali, soppiantando le specie autoctone e danneggiando gli habitat acquatici.

Con l'aumento delle temperature globali, le lumache di mela sono state in grado di migrare verso regioni in cui le condizioni sono più favorevoli. Prosperano in ambienti umidi come stagni, laghi e paludi, specialmente nei climi più caldi, e si sono persino adattate per sopravvivere ai viaggi via terra.

Sono adatti alle regioni tropicali dove c'è un mix di stagioni secche e piovose. Queste creature hanno persino la capacità di muoversi sulla terraferma, usando uno speciale "coperchio" (l'opercolo) per sigillare i loro gusci ed evitare di seccarsi mentre aspettano la fine dei periodi secchi sepolti nel fango.

Scarico irresponsabile in acquario

Le lumache di mele sono originarie di regioni come il Sud America, l'America Centrale e le Indie Occidentali. Tuttavia, quando si diffondono oltre i loro habitat naturali, possono causare notevoli problemi ambientali.

L'introduzione delle lumache di mela negli Stati Uniti è dovuta in gran parte allo scarico irresponsabile negli acquari. Segnalate già negli anni '70 in Texas, da allora si sono diffuse in numerosi stati. La Louisiana ne ha documentato la presenza nel 2006.

"L'idea principale è che spesso diventano un po' troppo grandi o forse troppo abbondanti e, per qualche motivo, il proprietario dell'acquario decide di non volerli più",  spiega  Bill Walton, uno specialista dell'Alabama Cooperative Extension System.

"Così decidono di rilasciarli nei corsi d'acqua."

Dall'ambizione culinaria all'invasione globale

Il problema della chiocciola mela non è una novità.

Negli anni '80, una specie di lumaca mela è stata introdotta a Taiwan con la speranza di lanciare un'industria di escargot. L'obiettivo era quello di fornire fonti proteiche alternative per gli agricoltori, che dipendevano in larga misura dal riso per il loro sostentamento.

Tuttavia, quella che sembrava una buona idea si è trasformata in un disastro. Non solo le lumache non sono diventate una scelta alimentare popolare, almeno non per la gente del posto, ma hanno anche portato con sé una spiacevole sorpresa: un parassita noto come Angiostrongylus cantonensis (verme polmonare del ratto). Questo parassita può essere pericoloso per gli esseri umani se le lumache non vengono cucinate correttamente, ponendo seri rischi per la salute.

A peggiorare le cose, invece di aiutare gli agricoltori locali, le lumache hanno iniziato a minacciare le coltivazioni di riso di Taiwan e a sconvolgere i delicati ecosistemi. Come se non bastasse, le lumache si sono diffuse rapidamente in tutta l'Asia e hanno raggiunto le Hawaii, dove hanno causato ulteriori danni all'agricoltura locale e all'ambiente.

Negli Stati Uniti, le lumache di mela sono considerate una seria minaccia per l'agricoltura, la salute pubblica e il commercio, motivo per cui si chiedono misure di quarantena a livello nazionale.

Nel 2012 l'Unione Europea ha vietato la vendita e il rilascio di tutte le lumache di mela per fermarne la rapida diffusione.

Uova di chiocciola mela: cosa fare se le trovi.

Le uova di chiocciola di mela possono effettivamente apparire molto belle, con i loro grappoli rosa o arancioni brillanti e traslucidi che assomigliano a piccoli gioielli che brillano alla luce del sole. E sapevi che ogni grappolo contiene tra 500 e 700 uova?

Anche se possono rappresentare uno spettacolo mozzafiato nel tuo acquario o laghetto, è importante ricordare che questi gruppi colorati possono rapidamente dare origine a un'invasione di lumache.

Se trovate uova di chiocciola mela, è importante maneggiarle con cura, poiché queste chiocciole possono essere dannose per gli ecosistemi acquatici. Ecco cosa fare:

  1. Non toccare a mani nude : le lumache di mele possono trasportare parassiti che possono colpire sia gli esseri umani che gli animali domestici. Indossare sempre i guanti quando le maneggiate.
  2. Rimuovi le uova : raschia delicatamente le uova dalle superfici come piante, rocce o pareti dell'acquario usando una spatola di plastica o un raschietto. Una spazzola morbida può aiutare se sono incastrate.
  3. Smaltire le uova in modo sicuro : mettere le uova in un sacchetto di plastica sigillato, schiacciarle e gettarle nella spazzatura. Non gettarle nel water, perché potrebbero diffondersi in altri sistemi idrici.
  4. Controlla le lumache: ispeziona l'area per eventuali lumache che potrebbero essersi schiuse e rimuovile. Le lumache di mele si riproducono rapidamente, quindi è importante agire in fretta.

Cosa uccide le lumache di mele?

Se sei un giardiniere, il pensiero che le lumache di mele invadano il tuo giardino può essere inquietante. Uno dei modi migliori per affrontarle è rimuovere loro cibo, acqua e riparo, costringendoli a trasferirsi altrove.

Le lumache di mela vivono solitamente in zone di acqua dolce attorno al tuo giardino. Prosciugare queste fonti d'acqua può ridurre significativamente il loro habitat. Una volta prosciugata l'acqua, puoi rimuovere le lumache rimaste.

Se hai a che fare con lumache adulte, uno dei modi più semplici per ucciderle è congelarle. Per una soluzione permanente, mettile nel freezer a 0°C per circa 12 ore.

Se vuoi sedarli temporaneamente (per una più facile gestione), mettili nel freezer a circa 5°C per circa 30 minuti. Dopodiché, smaltiscili correttamente.

Sebbene occuparsi di lumache adulte aiuti, la strategia più efficace è quella di colpire la loro generazione successiva, quelle fastidiose uova rosa. Rimuovere e distruggere queste uova non appena le si individua è fondamentale per prevenire future invasioni.

Avere a che fare con le lumache di mele può sembrare una dura battaglia, ma con un piccolo sforzo puoi proteggere il tuo giardino e impedire a questi invasori di diffondersi.

Rimuovendo le uova e prendendo misure contro le lumache adulte, aiuterai a mantenere le tue piante al sicuro e le tue fontane sotto controllo. Ricorda, agire rapidamente è fondamentale e può fare la differenza.

Le lumache di mele possono essere bellissime, ma sono tutt'altro che innocue. La loro rapida riproduzione e la capacità di danneggiare gli ecosistemi locali le rendono una seria minaccia per giardini e corsi d'acqua.

Agendo rapidamente per rimuovere le uova, congelare le lumache e gestire le fonti d'acqua del tuo giardino, puoi contribuire a proteggere l'ambiente da questi parassiti invasivi.

Ricordate, restare vigili e agire tempestivamente è la miglior difesa contro le lumache di mele. Condividete questo articolo per diffondere la notizia ai vostri amici e familiari!

https://hasanjasim.online/pink-eggs-all-you-need-to-know-about-the-apple-snail/

Raffaele Fitto assolto in secondo grado dall’accusa di corruzione nell’inchiesta Fiorita: “Non ci fu tangente”. - di F. Q. | 29 Settembre 2015




In primo grado l'ex ministro era stato condannato a 4 anni di carcere (e cinque di interdizione dai pubblici uffici). Ora la Corte di Appello di Bari ha completamente ribaltato la sentenza perché "il fatto non sussiste". I legali dell'ex governatore pugliese: "Ora basta illazioni, sospetti e mezze parole".

“Il fatto non sussiste”. Tradotto: assoluzione con formula piena. La Corte di Appello di Bari ha giudicato innocente l’ex ministro Raffaele Fitto dal reato di corruzione nel processo di secondo grado La FioritaIn primo grado, nel 2013, il leader di Riformisti e Conservatori era stato condannato a quattro anni di reclusione (poi ridotti a uno per effetto dell’indulto) e cinque di interdizione dai pubblici uffici. Ora i giudici hanno ribaltato la sentenza. L’accusa riguardava una presunta tangente da 500mila euro pagata dall’imprenditore romano Gianpaolo Angelucci sotto forma di finanziamento ai partiti. Nello specifico, nel 2006 la Tosinvest di Antonio Angelucci, sempre secondo l’accusa, aveva versato mezzo milione di euro alla lista La Puglia prima di tutto creata dallo stesso Fitto in occasione delle elezioni regionali del 2005. Secondo la procura, tale somma è stata una tangente pagata per ottenere dalla Regione Puglia (di cui Fitto all’epoca era governatore) la gestione di undici residenze sanitarie assistite nell’ambito di un appalto da 198 milioni di euro. Nelle motivazioni della sentenza (pubblicate ad agosto di due anni fa) quella somma di denaro “si connota illecitamente in quanto è stato il prezzo della corruzione del Fitto da parte dell’Angelucci”.

Per questo motivo, il 12 febbraio 2013 l’ex delfino di Berlusconi è stato condannato per i reati di corruzione, illecito finanziamento ai partiti e abuso d’ufficio nonché assolto da peculato e da un altro abuso d’ufficio. La decisione arrivò dopo una camera di consiglio durata più di 24 ore. Per l’ex ministro il pm Renato Nitti aveva chiesto la condanna a 6 anni e 6 mesi di reclusione. Angelucci era stato condannato a 3 anni e sei mesi per corruzione e illecito finanziamento. A leggere quanto scritto dai giudici, per ottenere i 500mila euro da Angelucci Fitto compì una “diretta intromissione nelle decisioni spettanti ai direttori generali delle Asl sulla attivazione delle Rsa e sul tipo di gestione da scegliere”, poi accentrò “in una gara unica tutti gli appalti per gestire le Rsa”. “Ciò – si leggeva nelle motivazioni – al fine di creare a monte tutti i presupposti perché venisse espletata una gara di tale portata economica ed impegno organizzativo per i soggetti proponenti” che “solo un unico e importante gruppo imprenditoriale sarebbe stato capace di presentare”.

In secondo grado, invece, i giudici hanno assolto sia Fitto che l’imprenditore Angelucci, che fu arrestato durante le indagini per la corruzione che oggi viene dichiarata insussistente. Per l’ex ministro Fitto è stata anche confermata l’assoluzione per un abuso d’ufficio, mentre sono stati dichiarati prescritti gli altri reati che gli venivano contestati, fra i quali l’illecito finanziamento e altri due episodi di abuso d’ufficio. Angelucci era stato condannato a 3 anni e sei mesi per corruzione e illecito finanziamento. Nel 2013, inoltre, vennero sequestrati i 500mila euro ritenuti il contenuto della tangente a La Puglia prima di tutto. Ora quel denaro dovrà essere restituito al movimento. Revocate anche le confische per 6 milioni di euro nei confronti delle società di Angelucci.

“Tutte le illazioni, tutti i sospetti, tutte la mezze parole su Raffaele Fitto devono lasciare spazio a questa sentenza che ha avuto il coraggio, nonostante il reato fosse prescritto, di dichiararne la insussistenza” hanno dichiarato gli avvocati Francesco Paolo Sisto e Luciano Ancora, difensori di Fitto. “Per la difesa è una grande soddisfazione – hanno aggiunto – ma anche per l’uomo e per l’uomo politico, crediamo sia il recupero di quello che non aveva mai perso”. Per l’avvocato Gianni Di Cagno, difensore di Giampaolo Angelucci, “poiché da 10 anni non si fa altro che parlare di una presunta tangente e di una corruzione che non è mai esistita, credo che a questo punto non solo l’opinione pubblica ma alcuni organi dello Stato debbano delle scuse a qualcuno”.
“Questa vicenda decennale – ha aggiunto il difensore – ha creato un gravissimo danno economico al consorzio San Raffaele. Riteniamo che azioni di questo tipo, quando incidono così pesantemente sul tessuto economico, forse dovrebbero essere avviate con maggiore prudenza“.